Licenziamento disciplinare: la violazione del termine di difesa ha natura procedurale e rende operativa la tutela indennitaria cd. debole

Il caso. La Corte di merito, nel riformare parzialmente la sentenza, pur concordando con il giudice di primo grado circa la sussistenza della giusta causa risolutoria, aveva tuttavia accolto la censura del ricorrente volta ad evidenziare come il provvedimento espulsivo fosse stato adottato prima del decorso dei cinque giorni dalla contestazione degli addebiti previsti dall'art. 7, St. lav., in violazione delle disposizioni dell'art. 7, comma 5, St. lav., tese ad assicurare, nell'interesse di entrambe le parti, il ponderato esercizio del potere disciplinare nella sua forma più severa.

Pertanto, la Corte, in applicazione del citato art. 18, comma 6, St. lav., pur confermando la risoluzione del rapporto di lavoro aveva determinato il risarcimento nella misura minima prevista, in considerazione della "presenza della giusta causa solidamente rinvenuta nel fatto addebitato…", dei precedenti del lavoratore e della "circoscritta contrazione del termine di cinque giorni tra la contestazione e il recesso, praticamente impartito quattro giorni pieni dopo la (tempestiva) contestazione effettuata nel corso dell'orario di lavoro".

Avverso la sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione.

Violazione del termine di difesa e tutela indennitaria cd. debole. In tema di licenziamento disciplinare, la violazione del termine di cinque giorni tra la contestazione dell'addebito e il licenziamento integra una violazione di natura procedurale ex art. 7, St. lav., e rende operativa la tutela indennitaria cd. debole prevista dal successivo art. 18, comma 6, St. lav., quale modificato dalla l. n. 92 del 2012, non ledendo le esigenze difensive del lavoratore in vista del processo.