Ancora contrasto tra giurisprudenza di merito e della Cassazione sulla moratoria ultrannuale per il pagamento dei creditori privilegiati

Alessandro Lendvai
22 Settembre 2020

In tema di concordato con continuità, la fissazione del termine annuale, ex art 186-bis l.fall., recepisce la necessità di assicurare i termini certi di pagamento per i creditori con diritto di prelazione sui beni necessari alla continuazione dell'attività di impresa...
Massima

In tema di concordato con continuità, la fissazione del termine annuale, ex art 186-bis l.fall., recepisce la necessità di assicurare i termini certi di pagamento per i creditori con diritto di prelazione sui beni necessari alla continuazione dell'attività di impresa, in quanto, non essendone prevista la liquidazione e con essa un termine, il loro pagamento deve necessariamente essere assicurato; pertanto non è possibile ritenere che il piano e la proposta concordataria prevedano una dilazione nel pagamento superiore all'anno

Il caso

In un procedimento di concordato preventivo misto, quindi con continuità aziendale prevalente e liquidazione di beni non strumentali all'esercizio di impresa, in sede di valutazione di ammissibilità il tribunale effettuava alcuni rilievi critici, concedendo al proponente un termine per chiarimenti. La società ricorrente, pertanto, provvedeva alla formulazione di una nuova proposta che, per quanto interessa evidenziare in questa sede, prevedeva un allungamento del termine di pagamento di alcuni creditori privilegiati, che passava da un anno dall'omologa a due anni. Di conseguenza la debitrice precisava che “i titolari di tali ragioni creditorie saranno ammessi al voto secondo le modalità che gli organi della procedura indicheranno e, per questo, sono inclusi in una autonoma “classe””.

Il tribunale, tuttavia, riteneva che la proposta, così come riformulata, non fosse idonea a superare i rilievi mossi al trattamento dei creditori privilegiati, quanto ai tempi di pagamento. Sul presupposto, infatti, che nel concordato preventivo vige il principio di “indifferenza concorsuale” per i creditori privilegiati, salvo quanto previsto dall'art. 186 bis, comma 2, lett. c, l. fall. (moratoria fino ad un anno), la prevista moratoria biennale avrebbe dovuto ritenersi inammissibile.

La questione

La pronuncia in commento, nell'affrontare il tema dell'ammissibilità di una moratoria ultrannuale per il pagamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo con continuità aziendale, ha preso posizione in modo fermo e deciso per la soluzione negativa, ribadendo un convinto orientamento già da poco affermato a chiare lettere (Trib. Modena 24 marzo 2020, in questo portale, con nota di COLNAGHI, La moratoria ultrannuale dei creditori privilegiati e la conseguente inammissibilità della proposta concordataria).

Il tribunale di Modena ha articolato il proprio ragionamento sulla lettura della disciplina positiva del concordato preventivo, facendo emergere che, mentre i creditori chirografari possono essere oggetto di una proposta che ne preveda la falcidia con riferimento sia al quantum (con il limite di cui all'art. 160, comma 4, l. fall.) che al quando del pagamento, i creditori privilegiati continuano a godere di un regime di indifferenza concorsuale, con i limiti generali, sul quantum, dell'incapienza attestata ai sensi dell'articolo 160, comma 2, l. fall. e speciali, sul quando, con riferimento al solo concordato preventivo con continuità aziendale, della menzionata moratoria annuale del pagamento prevista dall'articolo 186 bis, comma 2, lett. c)l. fall.

Tale ultima norma prevede “una moratoria fino ad un anno dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto”. Il diverso regime di pagamento dei creditori privilegiati si giustifica pertanto solo a causa di una continuità che, non prevedendo la liquidazione di beni strumentali alla prosecuzione dell'attività su cui gravano i privilegi, vede la necessità di contemperare le ragioni del ceto creditorio privilegiato con quelle della prosecuzione dell'attività di impresa, che comunque deve essere in grado di assicurarne il pagamento, sia pure non immediato ma nel termine massimo in un anno dall'omologa. Quando invece il piano preveda la liquidazione di beni su cui operano cause di prelazione, in quanto non correlati alla continuità dell'esercizio imprenditoriale, la moratoria non potrà essere invocata, ma dovranno continuare ad applicarsi le regole generali della liquidazione coattiva dei beni per il tramite della vendita competitiva, da avviarsi subito dopo l'omologazione.

Al di là di questi confini, ritiene il collegio modenese, non si può andare, secondo una lettura sistematica che deve tener conto, in primo luogo, della nuova formulazione della norma in questione nel codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, sia pure, come noto, non ancora entrato in vigore (art. 86Moratoria nel concordato in continuità 1. Il piano può prevedere una moratoria fino a due anni dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Quando è prevista la moratoria i creditori hanno diritto al voto per la differenza fra il loro credito maggiorato degli interessi di legge e il valore attuale dei pagamenti previsti nel piano calcolato alla data di presentazione della domanda di concordato, determinato sulla base di un tasso di sconto pari alla metà del tasso previsto dall'art. 5 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, in vigore nel semestre in cui viene presentata la domanda di concordato preventivo”).

Tenendo presente, poi, “che in pochi anni la produzione legislativa ha fortemente inciso nel settore delle garanzie reali mobiliari e immobiliari (cfr. artt. 1 e 2 del d.l. 3 maggio 2016, n. 59 che introducono il pegno non possessorio su beni d'impresa e il trasferimento immobiliare sospensivamente condizionato all'inadempimento a garanzia dei finanziamenti bancari alle imprese), indicando una linea di intervento legislativo volto a salvaguardare e a rinforzare (quindi non a deprimere come nella interpretazione qui avversata) il valore assegnato alle garanzie reali dall'ordinamento giuridico”.

In conclusione si impone una lettura coerente con i principi di ordine pubblico economico delineati dagli artt. 2740 c.c. e ss. che non deprima le plurime finalità delle garanzie quali:

i) la funzione economica di consentire l'accesso al credito anche a imprese con attività connotata da vari titoli di rischiosità;

ii) la mitigazione dei costi connessi alle asimmetrie informative tra impresa e finanziatori;

iii) la mitigazione dei rischi connessi alla condotta degli amministratori e in genere del debitore.

In questo quadro il tribunale considera inaccettabile, in conclusione, un trattamento dei creditori privilegiati rimesso, come per i chirografari, “alla determinazione unilaterale del debitore, con un sostanziale sovvertimento del valore assegnato dall'ordinamento alla tutela delle garanzie reali, impropriamente demandata alla serie indeterminata delle possibili articolazioni negoziali della proposta concordataria e al conseguente empirismo delle valutazioni prive di ancoraggio sistematico”.

Osservazioni

Nel prosieguo, tenuto conto che la decisione annotata è sostanzialmente identica a quella di poco precedente già citata e annotata, si metteranno comunque in evidenza alcune questioni di rilievo connesse al tema trattato, evitando ripetizioni superflue.

1. Il primo tema rilevante è che il tribunale, pur dichiaratosi ovviamente consapevole della formulazione da parte di dottrina e giurisprudenza di interpretazioni diverse dalla propria, non sembra, in questo caso, confrontarsi esplicitamente con il costante orientamento della Cassazione di segno divergente.

E' infatti dal 2012 che è stato inaugurato un indirizzo interpretativo di legittimità (Cass. 26 settembre 2014, n. 20388; Cass. 9 maggio 2014, n. 10112; Cass. 2 settembre 2015, n. 17461; Cass. 23 febbraio 2016, n. 3482) che è rimasto immutato fino ad avere una recentissima ulteriore conferma (Cass. 18 giugno 2020, n. 23843).

Non sfugge, peraltro, che tale indirizzo è stato sottoposto spesso ad aspra critica, ritenendolo responsabile di aver portato “inopinatamente non soltanto a sdoganare la possibilità di applicare la moratoria anche al concordato liquidatorio, ma anche per un periodo finanche superiore a quello imposto dai tempi tecnici della liquidazione e quindi ben oltre l'arco di un anno, ma sostanzialmente sine die” (LAMANNA, La massima durata della moratoria nel concordato preventivo in continuità, in questo portale).

L'iter argomentativo della Cassazione è rimasto sempre il medesimo, come di seguito si tenterà di sintetizzare.

L'ammissibilità di una proposta di concordato preventivo che preveda il pagamento dilazionato dei creditori privilegiati è stata derivata dalla riforma dell'art. 160 1. fall. - operata con il d.lgs. n. 169/2007 c.d. "correttivo" – che ha espressamente previsto che “la proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d)”. Coerentemente, evidenzia la Cassazione, il nuovo art. 177, comma 3, 1. fall. prevede che, ai fini della legittimazione al voto, “i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell'articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”.

La ragione dell'innovazione è rinvenuta nella Relazione illustrativa del d.lgs. "correttivo", dove si evidenzia che “la normativa precedentemente in vigore non consentiva, in sede di concordato preventivo, ed a differenza di quanto poteva invece accadere nell'ambito di un concordato fallimentare, di offrire un pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, neppure con riferimento a quella parte del loro credito destinata a rimanere comunque insoddisfatta avuto riguardo al presumibile valore di realizzo dei beni sui quali il privilegio cade. Si è quindi voluto, al fine di incentivare ulteriormente il ricorso allo strumento del concordato preventivo, e di eliminare una illogica diversità di disciplina rispetto al concordato fallimentare, prevedere che anche la proposta di concordato preventivo possa contemplare il pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, semprechè la misura del soddisfacimento proposta non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di vendita dei beni sui quali il privilegio cade”.

Quindi, se la regola generale è quella del pagamento non dilazionato dei crediti privilegiati, allora il pagamento dei crediti medesimi con dilazione superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della stessa liquidazione, in caso di concordato liquidatorio) equivale a soddisfazione non integrale di essi, che, in linea di principio, come è certamente consentita dall'art. 160 comma 2, 1. fall. con riferimento al quantum, si ritiene possa esserlo anche riguardo al quando. Come il creditore privilegiato può subire una perdita economica per la riduzione del proprio credito in conseguenza dell'incapienza dei beni su cui grava la prelazione, così detta perdita può essere conseguente al ritardo (rispetto ai tempi "normali") con il quale i creditori conseguono la disponibilità delle somme ad essi spettanti. Tale perdita sarà compensata dall'attribuzione del voto e, pertanto, la sua determinazione in concreto “(rilevante ai fini del computo del voto dei privilegiati) costituisce, ovviamente, accertamento in fatto che il giudice del merito dovrà compiere, alla luce anche della relazione giurata ex art. 160, comma 2, 1. fall. e tenendo conto di eventuali interessi offerti ai creditori e dei tempi tecnici di realizzo dei beni gravati nell'ipotesi di soluzione alternativa al concordato, oltre che del contenuto concreto della proposta nonché della disciplina degli interessi di cui agli artt. 54 e 55 1. fall. (richiamata dall'art. 169 1. fall.)” (Cass. 9 maggio 2014, n. 10112).

Merita anche qui ricordare che il passaggio argomentativo è stato oggetto di dura critica. Si considera, infatti, “palesemente strumentale e artificioso” detto passaggio, in cui la Cassazione “per ammettere la possibilità di dilazione compensandola con l'ammissione al voto, assume che essa, comportando un sacrificio per i creditori prelazionari, equivalga ad un pagamento non integrale. La realtà è tutta diversa, poiché un conto è discutere della soddisfazione in termini quantitativi, altro discuterne in termini cronologici, e assimilare i due aspetti è come sommare fichi e castagne, operazione, come ben si sa, assolutamente contrastante sia con la logica che con l'aritmetica, come ci hanno insegnato alle scuole elementari” (LAMANNA, L'indistinta ammissibilità del pagamento dilazionato dei crediti muniti di prelazione, in questo portale).

Conferma della tesi favorevole all'ammissibilità della dilazione del pagamento dei crediti privilegiati veniva riscontrata: i) nell'art. 182 ter 1. fall. (su cui v. infra), in tema di transazione fiscale, il quale consente espressamente il pagamento, non solo in percentuale, ma anche dilazionato di crediti per tributi muniti di privilegio e, per alcuni, addirittura solo dilazionato e ii) proprio nell'art. 186 bis, comma 2, lett. c), 1. fall. sulla cui interpretazione verte la decisione annotata.

In merito osserva la Suprema Corte che “l'esclusione del diritto di voto - con una sorta di "moratoria" coatta paragonabile a quella di cui all'abrogato istituto dell'amministrazione controllata - vale come conferma - a contrario, per i concordati senza continuità aziendale - del principio generale sancito dall'art. 177, coma 3, 1. fall.”, sopra già citato (Cass. 9 maggio 2014, n. 10112).

In questo quadro, non sembra privo di interesse notare che, a fronte di un'esplicitazione non del tutto chiara da parte della Cassazione dei criteri e dei limiti con cui configurare la dilazione in questione (evitando il rischio sopra evidenziato che diventi sine die), è stato proprio il tribunale di Modena, in diversa e altrettanto autorevole composizione, a individuare una soluzione plausibile. Infatti, in un concordato con continuità aziendale in cui si proponeva, tra l'altro, il pagamento integrale dei crediti assistiti da cause legittime di prelazione nei limiti del valore dei beni con dilazione in parte entro il primo anno (con interessi legali) e in parte entro il secondo anno (con interessi al 4%), il tribunale concludeva per l'ammissibilità della proposta osservando, quanto alla dilazione dei privilegiati, “che quella infrannuale è prevista dall'art. 186-bis l.fall. mentre si ritiene di dover prendere atto della giurisprudenza della Cassazione (sent. n. 10112 e 20388 del 2014 e n. 17461 del 2015) secondo la quale è ugualmente consentita una moratoria ultra annuale a condizione che il creditore venga ammesso al voto per un importo pari alla perdita conseguente al ritardo; tuttavia tale presa d'atto non può spingersi fino al punto di dover accettare il principio, che sembra presente nella richiamata giurisprudenza, secondo cui l'entità del ritardo sarebbe discrezionalmente rimessa al debitore proponente; tale soluzione difficilmente può essere ritenuta accettabile in quanto si presta ad evidenti abusi; non si richiede infatti alcuna motivazione circa la necessità di un pagamento dilazionato e già questo è discutibile poiché sarebbe lecito attendersi che la dilazione oltre l'anno debba essere quantomeno motivata (e attestata) con la necessità di non gravare finanziariamente il piano e consentire la continuità aziendale così da dar modo al tribunale di valutare la legittimità del sacrificio imposto ai prelazionari; inoltre la tesi della dilazione indiscriminata oltre l'anno dei privilegiati pone un ulteriore problema dato dall'esistenza del principio sancito dall'art. 160, comma 2 sull'ordine delle cause legittime di prelazione in quanto, secondo la tesi prevalente, non si dovrebbero soddisfare i creditori di rango inferiore fino a quando non vengono soddisfatti quelli di rango superiore, per cui delle due l'una: o non si possono pagare i creditori fino a quando quelli con privilegio di rango superiore non vengono soddisfatti oppure si segue l'ordine dei pagamenti indicato nella proposta con il rischio che i creditori muniti di privilegio subiscano un trattamento deteriore; deve dunque ritenersi che la dilazione ultra annuale sia consentita solo laddove sia attestato che i tempi di pagamento ultra annuali non sono più lunghi di quelli che sarebbero necessari nell'alternativa liquidatoria e nella fattispecie tale attestazione sussiste” (Trib. Modena 8 febbraio 2016).

Più drastica appare ora la visione del tribunale di Modena, quando afferma conclusivamente “che la responsabilità patrimoniale può attuarsi senza la vendita dei beni necessari alla continuità, purché la stessa assicuri ai creditori prelatizi sui medesimi beni quanto deriverebbe dalla loro liquidazione in un anno dall'omologazione” (Trib. Modena 24 marzo 2020, cit.).

2. Si è sopra menzionato l'art. 182 ter, come novellato ad opera della legge n. 232 dell'11 dicembre 2016, che prevede per i crediti privilegiati di natura erariale e contributiva la possibilità di dilazione oltre l'anno con adesione del creditore mediante la semplice espressione del voto favorevole.

Come si è visto, secondo la Cassazione questa norma fornisce un argomento a favore della generale dilazionabilità del pagamento dei crediti privilegiati. Anche su questo punto non sono mancate critiche (v. LAMANNA, L'indistinta, cit.) e lo stesso tribunale di Modena sostiene che non è “dato comprendere in virtù di quale criterio interpretativo, sia ravvisabile nella previsione in esame un principio applicabile a tutti i crediti assistiti da cause legittime di prelazione, posto che - come è stato correttamente rilevato – è razionale che lo Stato preveda per le proprie pretese una dilazione senza predeterminazione legale del termine laddove risulta irrazionale (id est, contraria ai principi di ordine pubblico economico cfr. ad esempio art 2808 c.c. 5) che tale dilazione venga ex imperio imposta ai crediti prelatizi “ordinari” se non nei limiti di ragionevole compatibilizzazione indicati nella norma in vigore e in quella espressamente dedicata dal codice della crisi d'impresa per le future insolvenze” (Trib. Modena 24 marzo 2020, cit.).

Sul punto si riscontra un dibattito sulla possibilità di considerare, sotto il profilo della natura del credito, l'art. 182-ter norma speciale per il trattamento dei crediti erariali e contributivi rispetto a quella generale dell'art. 186-bis riguardante tutti i crediti privilegiati, oppure, sotto il profilo della natura del concordato, la prima come norma generale, quindi valida per tutti i concordati, la seconda speciale e relativa al solo concordato in continuità.

In dottrina si rinviene la menzione di un precedente inedito del tribunale di Roma che aderisce alla seconda opzione, con la conseguenza, sembra di comprendere, che l'art. 182-ter non sarebbe applicabile ai concordati in continuità perché per gli stessi varrebbe la norma speciale dell'art. 186-bis (Trib. Roma, 22 dicembre 2017, ric. Gruppo Bonifaci s.r.l., inedito, in AMBROSINI, Concordato preventivo con continuità aziendale: problemi aperti in tema di perimetro applicativo e di miglior soddisfacimento dei creditori, in ilcaso.it).

In realtà risulta che il tribunale di Roma, in altra decisone inedita, si è espresso anche a favore della soluzione opposta, sostenendo che “in questo contesto generale, il legislatore ha introdotto con l'art. 186-bis una deroga con riferimento al concordato in continuità, prevedendo la possibilità per il proponente di godere di una moratoria, rimandando sino ad un anno l'adempimento degli impegni concordatari verso i creditori privilegiati capienti allo scopo di renderne possibile il pagamento attraverso gli utili derivanti dalla prosecuzione dell'attività di impresa.

Da ciò che è stato detto si ricava che la società proponente può beneficiare al massimo di un anno di tempo per soddisfare i creditori privilegiati con i flussi di cassa della continuità dell'azienda gestita in via diretta.

Ciò posto, nel caso in esame, (…) si evince che il pagamento del credito privilegiato per le spese di giustizia sarebbe effettuato oltre l'anno e ciò in contrasto con quanto si è appena detto.

Non appare, inoltre, chiaro quali sono i creditori privilegiati pagati entro l'anno e se i privilegiati soddisfatti oltre l'anno siano i creditori tributari e previdenziali, previsione ammissibile ai sensi dell'art. 182 ter” (Trib. Roma, 27 marzo 2019, ric. Oxford s.r.l., inedito).

Le due opzioni di rapporto genus/species sono entrambe logicamente sostenibili scegliendo una o l'altra visuale ma, proprio per questo, sembra preferibile la prima che, vedendo la situazione sotto l'angolazione della natura dei crediti, consente di giungere così al risultato più coerente con il sistema, consistente nella possibilità di dilazionare il credito tributario oltre l'anno anche nel concordato in continuità, nel quale, altrimenti, quello che nello stesso ambito viene concesso da una parte (moratoria annuale) verrebbe in parte tolto dall'altra (impossibilità di dilazionare oltre l'anno crediti che in altri tipi di concordato lo sarebbero).

Conclusioni

Allo stato attuale una proposta concordataria con dilazione ultrannuale per il pagamento dei crediti privilegiati avrebbe buone probabilità di essere ritenuta inammissibile da molti collegi di merito, mentre l'impugnazione di tale decisione negativa innanzi alla Suprema Corte con ragionevole certezza verrebbe accolta; ancora recentemente, infatti, si legge “come, nel caso in esame, la società debitrice avesse proposto, ai sensi del sopra richiamato L. Fall., art. 186 bis, un piano concordatario con continuità aziendale che prevedeva una dilazione ultrannuale nel pagamento dei creditori privilegiati che deve ritenersi legittima (…) qualora accompagnato dalla previsione del diritto di voto e del pagamento degli interessi” (Cass. 18 giugno 2020, n. 23843, cit.).

L'art. 86 del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza parrebbe aver risolto il problema per il futuro (v. LAMANNA, La massima, cit., COLNAGHI cit.) ma in una materia così spinosa sarà comunque interessante osservare le prime interpretazioni applicative della norma.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate direttamente nel commento.

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