Domande di restituzione o riduzione in pristino ex art. 389 c.p.c. anche in via autonoma

25 Settembre 2020

In tema di Cassazione con rinvio, le domande di restituzione o di riduzione in pristino di cui all'art. 389 c.p.c. possono essere proposte al giudice designato ai sensi dell'art. 383 c.p.c. anche in via autonoma a quelle oggetto del giudizio di rinvio.

La Corte di cassazione aveva cassato con rinvio una sentenza della Corte d'appello e così la parte che aveva versato all'avversario le somme per le spese legali in esecuzione della sentenza impugnata (e cassata) agiva in un separato giudizio per la restituzione degli importi corrisposti.
La Corte d'Appello adita aveva dichiarato non ammissibile l'azione ritenendo che le domande di restituzione o di riduzione in pristino conseguenti al giudizio di cassazione dovessero proporsi esclusivamente nel giudizio di rinvio.
La parte ricorreva allora in Cassazione.
Secondo la Corte d'Appello, ai sensi dell'art. 389 c.p.c., il giudizio di rinvio è l'unica sede funzionalmente e inderogabilmente competente a decidere sulle domande di restituzione o riduzione in pristino a seguito del procedimento in Cassazione.
Ad avviso del ricorrente invece simili richieste sono diverse per petitum e causa petendi rispetto all'oggetto del giudizio, per così dire, “originario” e pertanto possono essere proposte anche con un'azione autonoma al di fuori del giudizio di rinvio.
Gli Ermellini condividono il motivo di ricorso ricordando la giurisprudenza consolidata in argomento in base alla quale le domande di restituzione e di riduzione in pristino di cui all'art. 389 c.p.c. possono essere proposte al giudice individuato ai sensi dell'art. 383 c.p.c. anche in via autonoma rispetto a quelle oggetto del giudizio di rinvio (in tal senso Cass. civ., Sez. Un., n. 12190/2004 e Cass. civ., n. 13454/2011).
La Cassazione spiega infatti che l'art. 389 c.p.c. parla semplicemente di “giudice di rinvio” (quale giudice designato), ma nessuna disposizione impedisce che le domande possano essere promosse in un giudizio separato.
Peraltro l'autonomia dei due procedimenti è confermata dal fatto che in caso di proposizione distinta non vi è alcuna necessità di riunione poiché - appunto - causa petendi e petitum sono diversi.
I Giudici ricordano che la ratio di tale distinzione deriva dalla volontà di consentire all'interessato di ottenere il più presto possibile la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata.
In altri termini, agendo con separato giudizio ex art. 389 c.p.c., la parte non è tenuta ad attendere i tempi della definizione della lite “principale”.
Di fatto l'azione in esame non è riconducibile allo schema della ripetizione di indebito ma si ricollega semplicemente all'esigenza di ripristinare lo “status quo ante restando irrilevante la buona o mala fede dell'accipiens.
L'azione inoltre è soggetta a prescrizione decennale secondo un recente arresto della Suprema Corte (Cass. civ., n. 9245/2020).
L'unico limite all'autonomia descritta è il caso in cui il giudizio di rinvio si concluda prima di quello ex art. 389 c.p.c. con una decisione identica a quella contenuta nella sentenza cassata.
In questa ipotesi il giudice delle restituzioni deve rigettare la domanda davanti a lui proposta (così Cass. civ., n. 19153/2012).
In effetti se la richiesta di restituzione deriva dalla cassazione con rinvio della sentenza impugnata, non vi sarebbe spazio per accogliere la pretesa ove, proprio a seguito del giudizio di rinvio, la sentenza impugnata (e cassata) venisse di fatto nuovamente confermata, ribadendo così la ragione giustificativa del pagamento di cui si chiede la restituzione (in tal senso Cass. civ., n. 7500/2007).
Si configura in tale ipotesi una deroga al principio di autonomia prima indicato.
La fattispecie oggetto della decisione in commento tuttavia non rientra in simile ipotesi e così il ricorso viene accolto.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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