Distanze tra edifici: essenziale lo stato dei luoghi
25 Settembre 2020
Questa sovrapposizione di norme rende la materia di difficile interpretazione. Anche le Regioni hanno cercato di intervenire sulla materia, ma sono state frenate dalla Corte Costituzionale (Corte cost., ord. n. 173/2011) che ha ribadito la competenza del Legislatore statale e la inderogabilità delle norme. Sta di fatto che disciplinare le distanze - e soprattutto provvedere allo loro misurazione - non è sempre agevole come potrebbe apparire a prima vista. Mai come in questo caso il punto di partenza è rappresentato dall'esame accurato dello stato dei luoghi per stabilire chi abbia edificato per primo, se esistono pareti finestrate, se sono presenti luci o vedute ed una serie di ulteriori ammennucoli. Ovviamente, in via preliminare, occorre stabilire se siamo in presenza di una costruzione in senso tecnico. Nel caso in esame, a quanto pare, il Giudice di merito è scivolato sulla classica buccia di banana omettendo di approfondire lo stato dei luoghi.
Il caso in esame. Un condominio cita in giudizio il vicino chiedendo la demolizione delle opere realizzate in violazione delle distanze legali. A finire sotto la lente, in particolare, è la realizzazione di una autorimessa non totalmente interrata che, a detta dell'attore, sarebbe stata realizzata violando la disciplina civilistica in materia di distanze prevista dagli artt. 873 e segg. c.c. nonché le distanze previste dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore. Tribunale e Corte d'Appello si muovono a senso unico e, salomonicamente, sentenziano la demolizione delle opere respingendo la domanda relativa al risarcimento del danno. Il vicino non si arrende e propone ricorso in Cassazione; la Seconda Sezione Civile, con l'ordinanza n. 18500 del 20 febbraio 2020 resa pubblica mediante deposito in cancelleria il successivo 4 settembre, rimescola le carte e rimette la questione alla Corte d'Appello per i necessari approfondimenti.
Per la soluzione della vicenda il punto di partenza è rappresentato dall'esame dello stato dei luoghi. Il convenuto fa notare che i due suoli confinanti (ovvero il proprio e quello dell'attore) si trovano a livelli diversi; in particolare il fondo del convenuto sporgeva, rispetto al piano di campagna del condomìnio attore, di m. 0,78 e di m. 0,53 dalla giacitura del terreno. A questo punto occorre inserire una parentesi di ordine tecnico-costruttivo. La “giacitura del terreno” indica l'inclinazione del suolo rispetto al piano orizzontale; sulla base di questo parametro, i terreni si possono classificare in due modi: terreni piani e terreni inclinati. Il terreno viene definito “piano” quando presenta una superficie uniformemente orizzontale che non supera una pendenza dello 0,5%. Quando questo parametro viene superato, il terreno viene considerato “inclinato”. Nel caso in esame, a quanto pare, ci troviamo di fronte ad un terreno inclinato.
Quando il muro di contenimento è costruzione. Quando i suoli limitrofi si trovano a livelli diversi, occorre stabilire se il dislivello è naturale ovvero è opera dell'uomo. Quando il dislivello è di origine naturale, il muro di contenimento non viene considerato una vera e propria “costruzione” in senso tecnico, in quanto esso assolve essenzialmente alla funzione di evitare lo smottamento del terreno dal fondo a monte, verso quello a valle. Viceversa, quando il dislivello è opera dell'uomo, sia il terrapieno che il muro di contenimento vengono considerati entrambi come “costruzioni” (Cass. 16925/2003; Cass. n. 121/2010; Cass. n. 12239/2002; Cass., n. 8393/2000; Cass., n. 4804/2000; Cass. civ., n. 4511/1997).
Il principio da applicare. La Cassazione accoglie la tesi del ricorrente: quando i suoli confinanti si trovano (come nel caso in esame) su “quote” diverse, «deve ritenersi costruzione qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo … e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa ...» (Cass. n. 4277/2011; n. 2173/2019).
L'errore del giudice di merito. Secondo la Cassazione, il giudice di merito è caduto in errore in quanto, pur misurando le diverse quote (piano strada, piano campagna dell'attore; piano campagna del convenuto; giacitura del terreno rispetto ai fondi confinati e rispetto alla strada) non ha stabilito in base a quale di essa andava misurato il manufatto realizzato dal convenuto. È stato trascurato anche un altro elemento essenziale: premesso che la disciplina delle distanze si applica solo alle costruzioni (intese in senso tecnico come manufatti fuori terra), occorre stabilire se, nel caso in esame, si tratti di un manufatto interrato (che, come tale, non può essere considerato come costruzione e, quindi, non soggetta alla normativa) ovvero debba essere considerato come una vera e propria costruzione fuori terra.
La proprietà del muro quando i fondi sono su quote diverse. Siamo in presenza di fondi posti su quote diverse. In questo caso, il proprietario del fondo superiore è proprietario del muro di confine a condizione che il salto di quota sia di origine naturale; viceversa, se il salto di quota è determinato da opere dell'uomo, sarà chi ha effettuato tali opere a farsi carico della realizzazione delle relative opere di contenimento. Sotto questo profilo, quindi, occorre stabilire, nel caso in esame, l'origine del salto di quota tra i due fondi confinati. Sulla base di questi presupposti, la Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha rinviato la causa alla Corte d'Appello per approfondire i dettagli relativi allo stato dei luoghi e decidere di conseguenza.
Fonte: www.dirittoegiustzia.it
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