Processo verbale

29 Settembre 2020

Il codice di procedura civile non contiene una definizione di processo verbale, mutuabile, invece, dall'art. 155 c.p.p. a mente del quale il processo verbale è atto compilato da un pubblico ufficiale «per fare fede delle operazioni compiute e delle dichiarazioni ricevute da lui o da altro pubblico ufficiale ch'egli assiste».
Inquadramento

Il codice di procedura civile non contiene una definizione di processo verbale, mutuabile, invece, dall'art.155 c.p.p. a mente del quale il processo verbale è atto compilato da un pubblico ufficiale «per fare fede delle operazioni compiute e delle dichiarazioni ricevute da lui o da altro pubblico ufficiale ch'egli assiste».

L'art. 44 disp.att.c.p.c. intitolato “Compilazione dei processi verbali” ne chiarisce la funzione strumentale rispetto al potere di accertamento e di decisione spettante all'organo giudiziario: documentare e provare ciò è avvenuto in udienza. In questo senso si è parlato di un potere di documentazione che spetterebbe al “giudice” inteso come” ufficio complesso” costituito non soltanto dall'organo cui è demandato il giudizio ma anche dagli ausiliari, cancelliere e ufficiale giudiziario, con l'attribuzione al primo di questi del potere di documentazione in senso stretto.

Processo verbale: ruolo del giudice e del cancelliere

L'art. 126 c.p.c. attribuisce al cancelliere un generale potere di documentazione che si ritrova nell'art. 130 c.p.c. che affida al predetto ausiliario la redazione del processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice. In tali casi viene meno un potere autonomo di redazione proprio del cancelliere nei confronti del giudice, tuttavia, la previsione normativa della duplice sottoscrizione (art.130, comma2 c.p.c.) induce ad escludere che il ruolo del cancelliere possa esser relegato alla mera scritturazione del verbale.

Peraltro, l'attribuzione della pubblica fede – fino a querela di falso - dipende proprio dalla sottoscrizione del cancelliere ex art.57 c.p.c.

L'eventuale dissenso del cancelliere in ordine alla redazione del verbale di udienza rispetto a quanto disposto dal giudice, nell'esercizio del suo potere di direzione dovrebbe, in caso di insanabilità del contrasto, essere anch'esso “verbalizzato”: sarà poi decisiva la statuizione del giudice che potrà esercitare detto potere solo sino alla chiusura del verbale (con l'apposizione in calce delle sottoscrizioni previste per legge) e mai dopo tale momento.

Contenuto del processo verbale e potere sindacatorio del giudice

L'art.126 c.p.c. – sul punto non toccato dalle modifiche introdotte dal d.l. n.90/2014 (“Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari”) - prevede che «il processo verbale deve contenere l'indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonché le dichiarazioni ricevute».

La mancata inclusione di un atto nel verbale determina la sua inesistenza (Cass. civ., sez. I 12 giugno 1971, 1619).

Deve rilevarsi come, attualmente, il Giudice provvede direttamente alla attività di verbalizzazione telematica tramite il software Consolle del Magistrato.

Detto software, attraverso la funzione “Modellatore”, consente di predisporre un archivio di modelli di verbale, differenziati per fase ed attività processuale, al quale poter attingere contestualmente alla verbalizzazione in udienza o nella fase precedente di studio dell'udienza salvando il relativo verbale.

Ciò rende senz'altro più agevole la materiale redazione dei verbali e consente, soprattutto, di contenere i tempi di svolgimento dell'udienza.

Il Giudice provvede, nell'oralità e nel contraddittorio dei difensori, a predisporre in forma riassuntiva il contenuto delle loro deduzioni ed eccezioni, in applicazione di quanto previsto dagli artt. 126 c.p.c. e art. 84 disp. att. c.p.c., secondo cui le parti ed i loro difensori non possono dettare le loro deduzioni nel processo verbale.

È, dunque, rimessa alla valutazione discrezionale del Giudice, espressione del potere di direzione e di controllo dell'udienza, riconosciuto dall'art. 127 c.p.c., l'individuazione delle deduzioni e delle eccezioni ammissibili nello snodo processuale di riferimento, e di quelle che non siano già state formulate negli atti di causa.

Secondo alcuni autori il giudice, e meno ancora il cancelliere, non potrebbe ritenere la superfluità di una verbalizzazione, mentre sarebbe nel diritto della parte ottenerla. Tali conclusioni possono essere condivise con il limite della sussistenza di un rapporto di connessione fra le deduzioni difensive e l'oggetto del processo, di pertinenza delle deduzioni difensive e di congruenza delle istanze e deduzioni rispetto ad una difesa che deve essere attuata, ai sensi dell'articolo 88 c.p.c. secondo lealtà e probità.

Ne discende che sarebbe legittimo il rifiuto del giudice di verbalizzare una deduzione difensiva già rassegnata, o superflua e non pertinente con lo svolgimento dell'udienza. Va precisato che tale potere sindacatorio sussiste solo in relazione ai “verbali” ai quali è chiamato il giudice a partecipare dovendosi escludere per quelli di esclusiva competenza del cancelliere salvo il potere anche in capo a quest'ultimo di omettere la verbalizzazione di quanto sia inequivocabilmente e chiaramente esorbitante dall'attività processuale che con il processo verbale si intende documentare.

Con riferimento alla verbalizzazione delle dichiarazioni rese in sede di assunzione probatoria testimoniale alcuni autori sono favorevoli alla verbalizzazione integrale a fronte di chi, invece, esclude la necessità che debba essere verbalizzato tutto ciò che la parte o il testimone ritiene di esporre. La soluzione praticabile sembra essere quella per cui non può ritenersi la sussistenza di un obbligo per il giudice di inserire nel verbale esattamente la deposizione dettata dal testimone: piuttosto il giudice riassumerà le risposte in maniera da tradurre con la maggiore precisione possibile nello scritto quanto oralmente dichiarato non senza tener conto di alcune espressioni che indicano bene il concetto e che è necessario vengano quindi inserite in verbale nella loro esattezza (anche terminologica). Deve anche ammettersi la verbalizzazione di aggiunte e dichiarazioni di precisazioni rese dal testimone dopo la rilettura della sua deposizione, con il limite del divieto di deviazione dai fatti.

Modalità redazionali del processo verbale; la lettura ai presenti e il potere di dettatura

Il verbale deve essere scritto in lingua italiana ai sensi dell'art. 122 c.p.c. che, secondo la giurisprudenza si riferisce agli “atti processuali in senso proprio” (tra i quali, i provvedimenti del giudice e gli atti dei suoi ausiliari, gli atti introduttivi del giudizio, le comparse e le istanze difensive, i verbali di causa (Cass.civ., sez.III, 12 marzo 2013 n. 6093 e Cass.civ., sez.I, 16 giugno 2011 n. 13249). Si prevede, inoltre, che il verbale sia scritto con carattere chiaro e facilmente intellegibile, in continuazione, senza spazi bianchi e senza alterazioni o abrasioni (art.46 disp att. c.p.c.). Gli spazi vuoti, quindi, debbono essere interlineati ed eventuali «aggiunte, soppressioni o modificazioni eventuali debbono essere fatte in calce all'atto, con nota di richiamo, senza cancellare la parte soppressa o modificata».

Ai sensi del secondo comma dell'art. 168 del c.p.c. i verbali di udienza devono essere conservati in originale dal cancelliere e ad essi si applicano le norme dettate per la conservazione ed il rilascio degli atti processuali (in particolare, per il rilascio di copie autentiche si applicano gli artt. 743 e ss. c.p.c., mentre per la collazione l'art. 746 c.p.c.).

La legge 14 aprile 1957 n.251, ormai abrogata, consentiva la redazione a macchina del verbale.

Attualmente l'art. 4 del d.P.R. 13.02.2001 dispone che tutti gli atti e i provvedimenti del processo possono essere compiuti con documenti informatici sottoscritti con firma digitale dalle parti o dal giudice ovvero, nel caso di processi verbali, dal cancelliere: il documento informatico, infatti, costituisce una variante del documento scritto.

La lettura del verbale da parte del cancelliere è prevista (art.126, 2 comma c.c.) come obbligatoria (se vi sono altri intervenuti) in difetto di disposizioni legislative contrarie. Per il verbale di udienza la lettura è prevista, invece, solo in caso di espressa istanza di parte (art.130 comma 2 c.p.c.). Tuttavia la giurisprudenza ritiene che la mancata lettura da parte del giudice della verbalizzazione delle dichiarazioni dei soggetti intervenuti costituisce mera irregolarità della prova testimoniale e non già nullità della stessa, potendo presumersi, fino a querela di falso, che quanto riportato a verbale corrisponda a quanto dichiarato al giudice da parte dei testimoni (Cass. civ., sez. lav., 3 settembre 2003, n. 12828).

La dettatura del verbale è esclusa se non proviene dal giudice il quale, a norma dell'articolo 84, ult.comma disp att. c.p.c. può autorizzarla ad opera delle parti e/o dei difensori, con riferimento alle deduzioni di questi ultimi.

La giurisprudenza ha precisato, che, in carenza di una specifica comminatoria di nullità, il mancato rispetto delle norme relative alla dettatura e alla redazione del processo verbale (artt. 57 e 130 c.p.c.) non vizia l'udienza civile e non rende gli atti in essa compiuti inidonei al raggiungimento del loro scopo, tenuto conto, altresì, che con la sottoscrizione del giudice viene ugualmente soddisfatta la finalità sostanziale di attribuire pubblica fede a quanto documentato nel verbale medesimo (Cass.civ., sez.II, 25 ottobre 2006, n. 22841).

Distruzione e/o smarrimento

Le ipotesi di distruzione o smarrimento possono essere accomunate. Si ricorrerà alla surrogazione attraverso le copie autentiche o, in difetto, attraverso la ricostruzione anche con la collaborazione dei difensori delle parti sotto controllo del giudice (ad esempio attraverso la produzione ad opera dei difensori di copie non autentiche del processo verbale, non contestate quanto a conformità all'originale).

Sottoscrizione del processo verbale

Con riferimento alla sottoscrizione del processo verbale, importanti modifiche sono state introdotte dall'art.45 del d.l. n.90/2014 (“Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari”.

La norma predetta ha modificato l'art. 126 c.p.c. e l'art. 207 c.p.c. relativo alle prove: si evince il venir meno dell'obbligo delle parti intervenute nel processo di sottoscrivere le loro dichiarazioni raccolte nel verbale di udienza e ciò anche quando a renderle siano i testimoni.

La giurisprudenza, peraltro, anche prima della novella del 2014, quindi vigente l'obbligo per i terzi di sottoscrivere il verbale, ha sempre affermato che la mancata sottoscrizione del verbale d'udienza da parte del dichiarante non determinava la nullità dell'atto, ma una mera irregolarità, ai sensi dell'art. 126 c.p.c., tenuto conto che le nullità degli atti processuali sono solo quelle previste dalla legge e che la mancata sottoscrizione della parte personalmente intervenuta in udienza non riceve specifica sanzione normativa, conservando il verbale l'efficacia probatoria di atto pubblico che fa fede fino a querela di falso della sua provenienza dal giudice che lo forma in qualità di pubblico ufficiale e delle dichiarazioni in esso riportate ancorchè non sottoscritte (Cass.civ., Sez. II, 18 aprile 2011, n. 8874 e Cass. civ., sez. lav., 3 settembre 2003, n. 12828).

Inoltre, come di recente precisato dal Tribunale di Milano, sez. IX civile, decreto 15 luglio 2014, l'obbligo di sottoscrizione (dei terzi) permane, invece, ovesi tratti di raccogliere un “accordo” delle parti che abbia natura transattiva (art. 185, ult.co. c.p.c.) e riguardi, quindi, la formalizzazione dell'esito positivo del tentativo di conciliazione da effettuarsi secondo la modalità prevista dall'art. 88 disp.att. c.p.c. posto che alcuna modifica normativa ha interessato detta norma nella parte in cui dispone ancora che «la convenzione conclusa tra le parti per effetto della conciliazione davanti al Giudice Istruttore è raccolta in separato processo verbale, sottoscritto dalle parti stesse, dal giudice e dal cancelliere».

In questi casi, suggerisce il Tribunale meneghino, richiamando la Circolare del Ministero della Giustizia, 27 giugno 2014, «il giudice provvederà a stampare su carta il verbale in modo da consentirne alle parti la sottoscrizione».

Analogamente dovrà procedersi nel caso di proposizione della querela di falso in corso di causa ove la stessa venga proposta personalmente dalla parte essendo richiesta, ai fini della sua ammissibilità, la sottoscrizione dell'atto ad opera della parte personalmente.

L'art. 126 c.p.c., così come modificato dall'art. 45 decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, prevede, come in passato, la sottoscrizione del verbale da parte del cancelliere e rimane l'obbligo della sottoscrizione da parte del giudice ogni qualvolta questi abbia presieduto alla formazione del processo verbale (art.126comma 2 c.p.c. e 130 c.p.c.).

Le cd. note di udienza in fogli separati dal verbale a questo allegati o tramite dispositivi USB

Deve ammettersi la validità della pratica, invalsa in alcuni fori, di allegare al verbale di udienza delle deduzioni dei difensori contenute in fogli separati o in dispositivi. Infatti, in un caso equiparabile, ovvero le conclusioni definitive delle parti contenute in un foglio separato dal processo verbale ed a questo allegato, la Suprema Corte ha ritenuto non necessario che tale foglio sia sottoscritto dal giudice o dal cancelliere, purchè della circostanza si dia atto nel verbale di udienza, il quale fa piena prova di quanto il pubblico ufficiale attesta essere avvenuto in sua presenza (Cass. civ., sez. II, n. 3364/1985).

L'utilizzo di dispositivi di redazione di deduzioni o di bozze di verbale da parte dei difensori ha carattere residuale: viene ammesso, previa autorizzazione del Giudice ai sensi dell'art. 84 disp. att. c.p.c., solamente laddove sia necessario procedere alla redazione di deduzioni di particolare complessità (contenenti indicazioni di dati catastali, numerici, tecnici) che non potrebbero essere verbalizzate in forma riassuntiva dal Giudice.

In ogni caso, al momento della trattazione della causa, il Giudice valuta la rilevanza e l'ammissibilità delle deduzioni predisposte dai difensori e provvede all'eventuale inserimento delle stesse nel verbale di udienza (evitando possibilmente l'utilizzo di drive USB per il trasferimento di dati all'interno del computer del Giudice, in quanto potenziale veicolo di minacce informatiche, non controllabili da parte dei difensori).

Efficacia probatoria e falsità del processo verbale

Il processo verbale fa fede fino a querela di falso di quanto il verbalizzante attesta di aver fatto o comunque essere avvenuto al suo cospetto (quindi in ordine all'an). Ciò significa che una allegazione di fatti contrari alle risultanze del verbale non può essere presa in esame dal giudice senza il previo esperimento della querela di falso (Cass. civ., sez. II, n. 10282/2010; Cass. civ., sez.III, 5 febbraio 2013, n. 2637).

Secondo alcuni autori, la disciplina della querela di falso, dettata dalla legge processuale, è tale da non potersi applicare all'impugnazione di un verbale, in quanto presuppone che il documento impugnato sia prodotta dalla parte e che questa possa disporre della sua utilizzazione.
Ciò non può valere per i verbali di udienza, che sono atti d'ufficio, sottratti alla disponibilità delle parti.

Per tale ragione, la prevalente dottrina ritiene che il verbale, in quanto atto pubblico, sia contrastabile con la querela di falso, a cui non sarebbe applicabile la relativa disciplina processuale. Se la sua falsità influenza la decisione del giudice, la medesima dovrà farsi valere con l'impugnazione della sentenza, poiché si traduce in motivo di nullità della sentenza.
Ciò comporta che la querela di falso dovrebbe essere proposta con lo stesso atto di impugnazione, sottoscritto anche dalla parte personalmente ex art. 221 comma 2 c.p.c.; il relativo giudizio, poi, sarebbe rimesso al tribunale competente ex art. 9 c.p.c. e, considerato il suo carattere pregiudiziale rispetto a quello di impugnazione della sentenza per nullità, quest'ultimo dovrebbe essere sospeso fino alla formazione del giudicato ex art. 227 del c.p.c.

Correzione, integrazione e riapertura del processo verbale

È esclusa la possibilità di correggere il processo verbale dopo la chiusura. Rimane salva la formazione di un nuovo processo verbale (rinnovazione) nel quale si manifesti l'intento correttivo. È inapplicabile l'articolo 287 c.p.c. e il prelativo procedimento di correzione previsto solo per i provvedimenti del giudice. I vizi consistenti in errori materiali ed omissioni potranno essere sanati, nel corso della verbalizzazione, tramite correzioni, aggiunte, soppressioni o modificazioni, fatte in calce all'atto, con nota di richiamo ed interlineando la parte soppressa o modificata, senza renderla illeggibile.

Il provvedimento del giudice con cui, successivamente alla chiusura del verbale di udienza, viene disposta la riapertura del verbale stesso, implica la revoca del provvedimento già pronunciato di fissazione dell'udienza successiva con immediata trattazione della causa. È bene precisare che, ai fini della validità della riapertura dell'udienza, è necessaria, pena la sua nullità, la pronuncia della riapertura in presenza del difensore di controparte, salva la comunicazione d'ufficio a quest'ultimo del provvedimento stesso. Pertanto una volta concluso il verbale non è consentito riaprirlo in assenza delle parti in precedenza ritualmente presenti ed ammettere, sempre in tale assenza, la produzione di documenti che si rivelino poi decisivi atteso che ciò viola il diritto di difesa delle parti assenti (Cass. civ.,sez.III, 5 settembre 2011, n. 18114 e Cass.civ.,sez.III, 27 giugno 2007,n. 14848).

I vizi del processo verbale e la omessa redazione

La omessa sottoscrizione dell'organo abilitato alla documentazione comporta la mancanza di un requisito previsto dalla legge come costitutivo del processo verbale. La sottoscrizione non rileva in sé per sé (come per le sentenze) ma solo come fatto dimostrativo della provenienza del verbale dal pubblico ufficiale abilitato alla documentazione; ciò comporta che, qualora si riesca in qualunque modo a dimostrare la regolare provenienza del processo verbale dall'organo abilitato alla documentazione, il medesimo dovrà considerarsi esistente ed in grado di produrre i suoi effetti tipici.

Ne consegue che, in alcuni casi, pur mancando la sottoscrizione, è esclusa qualunque conseguenza ove emerga in modo non equivoco la regolare provenienza del processo verbale (come il caso in cui alla udienza successiva sia dia atto da parte di tutti i soggetti partecipanti al precedente che quel verbale è stato redatto e, solo per errore, non sottoscritto o come nel caso in cui manchi la sola sottoscrizione del cancelliere: con la sottoscrizione del giudice viene ugualmente raggiunto lo scopo di attribuire pubblica fede al verbale stesso.

L'art. 126 c.p.c., così come modificato dall'art. 45 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, prevede, come in passato, la sottoscrizione del verbale da parte del cancelliere e rimane l'obbligo della sottoscrizione da parte del giudice ogni qualvolta questi abbia presieduto alla formazione del processo verbale (art.126, comma 2 e 130 c.p.c.).

Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che la mera mancanza della sottoscrizione da parte del giudice istruttore e del cancelliere del verbale dell'udienza di rimessione della causa al collegio per la discussione non comporta la nullità anche della sentenza che definisce il giudizio, ove il tenore della decisione non dipenda da tale adempimento formale, dovendo trovare applicazione il principio di cui all'art. 159 c.p.c. secondo cui la nullità di un atto non comporta quella degli atti successivi che ne sono indipendenti (Cass.civ., sez. III, 8 agosto 1992,n. 9411 e Cass. civ., sez.III, 25 marzo 1999 n.2820).

Inoltre la previsione della sottoscrizione del verbale ad opera sia del giudice che del cancelliere non comporta che lo stesso verbale non possa essere sottoscritto (digitalmente) solo dal Giudice, in quanto solo il difetto assoluto di sottoscrizione, ovvero di contemporanea mancanza della firma del cancelliere e del giudice, rende nullo il processo verbale. Quindi, la mancanza della sola sottoscrizione del cancelliere non è idonea a determinare la nullità del processo verbale quando quest'ultimo è chiamato solamente a concorrere con la propria attività di documentazione a quella del giudice. Infatti, con la sottoscrizione del giudice si è comunque raggiunto lo scopo di dare pubblica fede a quanto documentato e riportato nel verbale di udienza (Cass. civ., sez. trib., 20 aprile 2007, n. 9389; Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2006, n. 22841; Cass. civ., sez. lav., 25 maggio 1996, n. 4849; Cass. civ., 13 gennaio 1984, n. 290; Cass. civ., 25 maggio 1983, n. 3599).

Invece, la mancata assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale d'udienza non importa l'inesistenza o la nullità dell'atto, in quanto la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice, essendo esplicata in concorso con essa; né, comunque, la predetta mancanza incide sulla idoneità dell'atto al concreto raggiungimento degli scopi cui è destinato (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 1987, n. 888; Cass. civ., sez.V, 20 aprile 2007, n. 9389).

In proposito il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 14.2.2007, in risposta al quesito posto da alcuni presidenti di Tribunale in ordine alla legittimità del rifiuto di alcuni giudici di tenere udienza senza l'assistenza del cancelliere (atteso l'obbligo dei predetti di sottoscrivere il verbale), ha precisato quanto segue: «…La presenza del cancelliere in udienza e la redazione da parte dello stesso del processo verbale non costituiscono adempimenti imposti a pena di nullità dell'udienza e degli atti nel corso della stessa compiuti, ritenendosi sufficiente che il verbale rechi la firma del solo giudice».

L'orientamento è motivato dal rilievo che la legge attribuisce al magistrato la funzione di direzione dell'udienza e quindi anche del relativo processo verbale e che, conseguentemente, la sottoscrizione di quest'ultimo da parte del giudice è sufficiente ai fini della prova dell'adempimento dell'onere di documentazione imposto dalla legge. L'interpretazione si fonda inoltre, per quanto riguarda i profili processuali, sulle regole che disciplinano la nullità degli atti nel processo civile e, in particolare, sui principi secondo cui non può essere pronunciata la nullità di un atto per inosservanza delle forme se la nullità non sia comminata espressamente dalla legge ovvero se l'atto, pur mancando di requisiti formali, abbia comunque raggiunto lo scopo cui è destinato (art. 156 c.p.c.), scopo che, nella specie, si rinviene nella avvenuta documentazione dell'attività compiuta in udienza. In altri termini, la giurisprudenza, in applicazione del principio della cosiddetta «strumentalità delle forme processuali», riconosce valido il verbale sottoscritto dal solo magistrato (ritenendo che esso sia comunque idoneo al raggiungimento dello scopo di pubblica documentazione cui è destinato) ma è ben lungi dall'affermare che spetti al giudice redigerlo.

Quanto alla omessa redazione del processo verbale, secondo parte della dottrina, fatta eccezione per i casi in cui il processo verbale è requisito essenziale dell'atto (es. la conciliazione giudiziale), in caso di omessa redazione del processo verbale, per il principio della oralità del processo e della libertà delle forme, non si avrà inesistenza giuridica dell'attività processuale non documentata, purchè sia possibile ottenere aliunde la prova dell'attività che è stata posta in essere e non documentata.

Un diverso e contrastante orientamento, invece, ritiene che la mancata redazione del processo verbale o la sua redazione in forma incompleta, costituisca causa dell'inesistenza giuridica dell'atto, partendo dal presupposto che la sua redazione non sarebbe richiesta ad probationem, bensì ad substantiam.

Non determina nullità del verbale la mancata indicazione della data, in quanto la stessa può sempre desumersi dal ruolo di udienza; nel caso di contrasto tra data risultante dal verbale e quella risultante dal ruolo, viene preferita la prima (l'altra ha efficacia meramente ricognitiva).

La trascrizione del processo verbale

Il processo verbale costituisce valido titolo ai fini della trascrizione, dovendosi ciò desumere dal disposto dell'art. 2657 c.c. e dalla circostanza che ha natura di atto pubblico; non può essere utilizzato, invece, ai fini dell'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, possibile solo in forza di sentenza e di altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce espressamente tale effetto (sarà, dunque, necessario che il creditore, sulla base del processo verbale, ottenga un decreto ingiuntivo, in forza del quale potrà iscrivere l'ipoteca giudiziale).

Alcuni processi verbali, inoltre, possono legittimare una esecuzione per consegna o rilascio o il soddisfacimento forzato di un credito pecuniario, e ciò nel caso in cui tale efficacia sia ad essi attribuita direttamente dalla legge o con provvedimento del giudice.
Costituisce titolo esecutivo anche il verbale di conciliazione che si conclude dinanzi al consulente tecnico d'ufficio (nel momento in cui viene inserito nel fascicolo d'ufficio).
In tutti questi casi sarà comunque necessaria la spedizione in forma esecutiva ex artt. 475 e ss. c.p.c.

Riferimenti
  • Cendon P., Commentario al codice di procedura civile, Giuffrè p. 799 e ss.;
  • Massari A., Processo verbale (Diritto processuale civile), in Nss. D.I. XIII, Torino 1966, 1220 e ss.;
  • Novario F., Processo civile telematico, Torino, 2017, p. 148.

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