Non costituisce abuso l'apposizione di una vetrina sul muro comune in corrispondenza del proprio locale commerciale

Maurizio Tarantino
30 Settembre 2020

L'apposizione di una vetrina o mostra sul muro comune perimetrale, da parte di un condomino, in corrispondenza di un proprio locale destinato a esercizio di attività commerciale, non costituisce di per sé abuso della cosa comune idoneo a ledere il compossesso del muro comune che fa capo, come ius possidendi, a tutti i condomini, se effettuata nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 c.c.

Il caso. La Corte d'Appello, in accoglimento del gravame avanzato contro la sentenza resa in primo grado, aveva accolto le domande proposte dagli attori, riconoscendo a costoro il diritto di utilizzare i muri dell'androne di ingresso del Condominio e dichiarando illegittima l'utilizzazione fatta di tale androne dalle convenute condomine, le quali si erano impossessate degli spazi dei muri per fini commerciali.

Le contestazioni. Avverso la pronuncia in esame, le condomine avevano proposto ricorso in Cassazione eccependo che la Corte d'Appello aveva erroneamente ritenuto che gli attori avessero correttamente agito ai sensi dell'art. 1102 c.c., non potendo altrimenti agire ai sensi dell'art. 1105, ultimo comma, c.c.. Inoltre, le ricorrenti contestavano l'omesso esame del fatto decisivo costituito dalla circostanza che le vetrine apposte sui muri condominiali erano asservite all'immobile di proprietà da oltre quarant'anni, sicché alcuna alterazione vi sarebbe stata del preesistente stato di fatto e della destinazione del muro comune.

L'utilizzo del muro comune. La Corte d'Appello aveva ritenuto che i muri condominiali posti nell'androne costituivano parti comuni di sicura utilità per i locali terranei destinati ad esercizi commerciali siti nel cortile, pertanto essi non potevano essere utilizzati solo da alcuni condomini con esclusione di altri. Tuttavia, a parere della S.C., la Corte d'Appello non aveva preso in considerazione le circostanze attestanti l'uso di fatto pregresso dei muri dell'androne ad opera delle condomine. Difatti, la nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l'art. 1102 c.c., non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima. Detto ciò, con particolare riguardo al muro perimetrale dell'edificio - anche in considerazione delle sue funzioni accessorie di appoggio di tubi, fili, condutture, targhe e altri oggetti analoghi -, l'apposizione di una vetrina da esposizione o mostra sul detto muro da parte di un condomino, in corrispondenza del proprio locale destinato all'esercizio di attività commerciale, non costituisce di per sé abuso della cosa comune idoneo a ledere il compossesso del muro comune che fa capo come “jus possidendi” a tutti i condomini, se effettuata nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c. (Cass. civ., sez. II, n. 1499/1998).

L'intervento del giudice sulla gestione dei beni comuni. La Corte territoriale aveva dettato le quote di superficie spettanti ai proprietari dei locali terranei per l'uso frazionato dell'androne. In particolare, secondo i giudici di merito, non vi erano provvedimenti da adottare per l'amministrazione della cosa comune; sicché, la domanda di determinazione delle modalità di utilizzazione dei muri dell'androne era ammissibile, non essendo perseguibile la diversa via di cui all'art.1105, ultimo comma, c.c.. Diversamente da tale ragionamento, gli Ermellini hanno evidenziato che: i condomini possono convenire il giudizio il Condominio per ottenere la sola determinazione in millesimi del valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare; oppure, ricorrere all'intervento sostitutivo dell'autorità giudiziaria nell'interesse della res, ai sensi dell'art. 1105, comma 4, c.c., se intendono evitare il pregiudizio che possa derivare alla cosa comune in presenza di una paralisi gestionale. Pertanto non è consentito ricorrere al Giudice per ottenere determinazioni finalizzate al “migliore godimento” delle cose comuni (come nella specie), in quanto spetta unicamente al gruppo l'espressione della volontà associativa di autorganizzazione contenente i futuri criteri di comportamento vincolanti per i partecipanti della comunione.
In conclusione, per i motivi esposti, la S.C. ha ritenuto inammissibile la determinazione giudiziale in sede contenziosa delle superfici dell'androne utilizzabili dai condomini proprietari dei locali terranei, cui la Corte d'Appello aveva proceduto, peraltro, senza che al giudizio partecipassero nemmeno i restanti condomini, essendo l'androne oggetto di proprietà comune ai sensi dell'art 1117 c.c..
Per i motivi esposti, il ricorso è stato accolto; per l'effetto, la pronuncia è stata cassata con rinvio.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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