Fallimento dell'esecutato e sorte dell'ordinanza di assegnazione di crediti pignorati

01 Ottobre 2020

Nell'espropriazione di crediti presso terzi, il fallimento del debitore esecutato, dichiarato dopo la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione di cui all'art. 553 c.p.c. e nelle more del giudizio di opposizione agli atti esecutivi contro di essa proposta dal terzo pignorato, non comporta né la caducazione dell'ordinanza di assegnazione, né la cessazione ipso iure della materia del contendere nel giudizio di opposizione...
Massima

Nell'espropriazione di crediti presso terzi, il fallimento del debitore esecutato, dichiarato dopo la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione di cui all'art. 553 c.p.c. e nelle more del giudizio di opposizione agli atti esecutivi contro di essa proposta dal terzo pignorato, non comporta né la caducazione dell'ordinanza di assegnazione, né la cessazione ipso iure della materia del contendere nel giudizio di opposizione; non spetta al giudice dell'opposizione stabilire se gli eventuali pagamenti compiuti dal terzo pignorato in esecuzione dell'ordinanza di assegnazione siano o meno efficaci, ai sensi dell'art. 44 l.fall., in considerazione del momento in cui vennero effettuati.

Il caso

All'esito di un'espropriazione forzata presso terzi avente per oggetto i crediti vantati dalla società esecutata nei confronti di due amministrazioni comunali, il giudice dell'esecuzione pronunciava ordinanza di assegnazione in favore del creditore procedente.

Uno dei terzi pignorati proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso detta ordinanza; pochi mesi dopo, tuttavia, interveniva il fallimento della società esecutata.

Nel giudizio ex art. 617 c.p.c. – interrotto e quindi riassunto dall'amministrazione comunale opponente – si costituiva la curatela fallimentare, chiedendo che l'azione esecutiva promossa in danno della fallita fosse dichiarata improcedibile e che il creditore ivi risultato assegnatario venisse condannato alla restituzione delle somme riscosse dopo la dichiarazione di fallimento in virtù dell'ordinanza sub iudice.

Il tribunale adito, invece, dichiarava la cessazione della materia del contendere, sostenendo che il fallimento dell'esecutato intervenuto prima che sia avvenuta la distribuzione delle somme ai creditori comporta l'improcedibilità dell'azione esecutiva ai sensi dell'art. 51 l.fall. e la conseguente caducazione di tutti gli atti di essa, ivi compresa l'ordinanza di assegnazione, sicché, venuto meno l'oggetto dell'opposizione, non vi era più motivo di decidere il merito della stessa.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La Corte di cassazione, investita del ricorso proposto dal creditore procedente, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, imputando al giudice dell'opposizione agli atti esecutivi due errori di fondo: avere ravvisato nella dichiarazione di fallimento, da un lato, una causa di improcedibilità del processo esecutivo e, dall'altro lato, una causa di inefficacia sopravvenuta dell'ordinanza di assegnazione emessa prima del fallimento dell'esecutato.

Osservazioni

La sentenza in commento desta particolare interesse perché la disamina dei rapporti che intercorrono tra l'espropriazione forzata e il fallimento pone in risalto alcune tematiche sulle quali vale la pena d'indugiare.

Un primo aspetto riguarda la struttura e la finalità del pignoramento presso terzi: come noto, si tratta di quella particolare forma di espropriazione che ha per oggetto beni o crediti di somme di denaro appartenenti al debitore esecutato e che si trovano in possesso di un terzo, che non diviene parte del processo esecutivo, essendo semplicemente chiamato a collaborare per consentire l'individuazione dei beni o crediti pignorati, tramite la dichiarazione di quantità prescritta dall'art. 547 c.p.c.

Quando vengano pignorati crediti, l'espropriazione non cade su una cosa materiale, ma su un diritto e la pretesa del creditore procedente viene soddisfatta mediante la sostituzione di costui al debitore esecutato nel credito vantato nei confronti del terzo pignorato, ovvero tramite il mutamento del soggetto attivo dell'obbligazione dedotta in esecuzione, verificandosi il subentro dell'assegnatario nella medesima posizione che l'esecutato aveva nei confronti del suo debitore.

Il provvedimento che realizza tale sostituzione coattiva è l'ordinanza di assegnazione, che costituisce, dunque, l'atto conclusivo dell'espropriazione presso terzi, perché con essa viene raggiunto lo scopo del processo esecutivo.

Tale conclusione non può essere revocata in dubbio in ragione del fatto che, con la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione, il creditore procedente non vede necessariamente soddisfatta la propria pretesa, laddove non abbia poi luogo l'effettivo pagamento da parte del terzo pignorato. Una simile circostanza, infatti, rileva esclusivamente dal punto di vista sostanziale e non processuale, come si evince dall'art. 2928 c.c., il quale stabilisce che il diritto del procedente verso il debitore si estingue solo con la riscossione del credito assegnato, allo scopo di consentire al creditore d'intraprendere una nuova azione esecutiva in base al medesimo titolo qualora all'assegnazione del credito pignorato non segua la sua concreta riscossione per inadempimento del debitor debitoris.

D'altra parte, ciò è coerente con la natura pro solvendo del trasferimento attuato con l'ordinanza di assegnazione, vieppiù se si considera che oggetto dell'espropriazione presso terzi possono essere pure crediti non immediatamente esigibili (si veda l'art. 553 c.p.c.), ovvero condizionati o litigiosi: ben si comprende, dunque, come, in questi casi, sarebbe del tutto irragionevole ipotizzare che il processo esecutivo si protragga fittiziamente fino al momento in cui il credito verrà incassato dall'assegnatario (circostanza che potrebbe verificarsi anche a distanza di anni), posto che – come detto – la sostituzione del creditore procedente all'esecutato lo fa subentrare nella medesima posizione che quest'ultimo aveva nei confronti del terzo pignorato, sicché l'ordinanza di assegnazione non produce l'effetto di rendere immediatamente esigibile un credito che non possedeva già tale qualità.

Del tutto condivisibilmente, dunque, la sentenza che si annota ha affermato che non può essere dichiarato improcedibile un processo esecutivo che si è già esaurito con la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione e che, al limite, può rivivere solo in quanto quest'ultima venga dichiarata invalida ovvero revocata all'esito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso avverso di essa.

Sotto questo profilo, peraltro, va evidenziato che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il processo esecutivo (e, allo stesso modo, il procedimento di liquidazione delle attività fallimentari) va considerato non già come una sequenza continua di atti ordinati a un unico provvedimento finale, bensì come una successione di subprocedimenti, consistenti ciascuno in una serie autonoma di atti e di distinti provvedimenti successivi, per cui le situazioni invalidanti che si producono in una fase sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo solo in quanto impediscano il conseguimento dello scopo ultimo dell'intero procedimento esecutivo, vale a dire l'espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori (Cass. civ., sez. un., 27 ottobre 1995, n. 11178 e, successivamente, Cass. civ., sez. I, 7 maggio 1999, n. 4584; Cass. civ., sez. III, 16 gennaio 2007, n. 837 e Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2009, n. 20814); ne consegue che non tutti i vizi che possono attingere gli atti del processo esecutivo conducono necessariamente alla sua riattivazione, una volta che si sia concluso, giacché la predetta strutturazione comporta la sanatoria dei vizi che non sono stati tempestivamente denunciati nell'ambito della fase in cui si sono manifestati, in quanto non siano idonei a influire sul suo esito.

Un secondo aspetto concerne gli effetti sul processo esecutivo della dichiarazione di fallimento dell'esecutato.

In linea generale, in virtù di quanto stabilito dall'art. 51 l.fall., la procedura esecutiva pendente diviene improcedibile, salvo che il curatore non dichiari di volerla proseguire ai sensi dell'art. 107, comma 6, l.fall., sostituendosi ovvero subentrando al creditore che l'ha avviata per coltivarla e beneficiare dell'attività fino a quel momento espletata. Un tanto, ovviamente, non può verificarsi quando il processo esecutivo si sia già concluso e, dunque, quando – nell'ambito di un'espropriazione presso terzi – sia stata pronunciata l'ordinanza di assegnazione.

Neppure il giudizio di opposizione agli atti esecutivi (che, in quanto ordinario giudizio di cognizione, dovrà essere dichiarato interrotto a termini dell'art. 43 l.fall.), potrà essere attinto da improcedibilità, dal momento che, investendo la regolarità di atti del processo esecutivo, non può per definizione avere per oggetto pretese verso il fallimento, nemmeno qualora si trattasse del subprocedimento volto all'accertamento del credito dell'esecutato nei confronti del terzo, atteso che a venire in rilievo sarebbe una pretesa creditoria (non nei confronti, ma) del fallimento.

Da questo punto di vista, i giudici di legittimità hanno ritenuto di dovere prendere le distanze dal precedente di Cass. civ., sez. I, 6 luglio 1999, n. 6968, che aveva prestato adesione alla tesi secondo cui la dichiarazione di fallimento intervenuta nelle more dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione determina l'improcedibilità dell'esecuzione, fondamentalmente facendo leva sul disposto dell'art. 44 l.fall., che sanziona con l'inefficacia tutti i pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento, non potendosi discriminare – ai fini dell'applicazione di tale norma – tra i pagamenti effettuati direttamente dal fallito o, in sua vece, dal terzo pignorato in forza dell'ordinanza di assegnazione.

Contrariamente a quanto sostenuto in tale arresto, nella sentenza in commento si è osservato che l'ordinanza di assegnazione è l'atto processuale che conclude l'esecuzione (che non si protrae, dunque, fintantoché l'esecutato non risulta definitivamente liberato a seguito della proficua escussione del credito pignorato e assegnato), mentre il pagamento del terzo costituisce atto negoziale successivo ed esterno a essa, sicché non può influire sulla stabilità e sull'efficacia dell'ordinanza di assegnazione (che pagamento non è e non può, dunque, risentire della dichiarazione di fallimento, una volta che sia già stata emessa).

Tant'è vero che dell'ordinanza di assegnazione intervenuta prima della dichiarazione di fallimento si può concretamente avvalere, a beneficio della massa, il curatore, nel senso che è a costui che il debitor debitoris dovrà effettuare il pagamento dovuto in forza dell'ordinanza di assegnazione.

Conclusioni

La sentenza annotata contribuisce a fare chiarezza sui rapporti tra processo esecutivo e fallimento, in particolare quando la conclusione del primo interviene prima della dichiarazione del secondo.

Per completare la disamina svolta, va spesa qualche parola in merito alla sorte dei pagamenti dovuti in forza dell'ordinanza di assegnazione.

La norma di riferimento è l'art. 44 l.fall., che sancisce l'inefficacia rispetto ai creditori di tutti gli atti compiuti dal fallito e dei pagamenti da lui eseguiti o ricevuti dopo la dichiarazione di fallimento, mentre, al comma 3, stabilisce che tutte le utilità conseguite dal fallito nel corso della procedura per effetto degli atti dei quali è predicata l'inefficacia sono acquisite al fallimento.

Il principio al quale sono ispirate dette disposizioni, costituenti la proiezione del cosiddetto spossessamento sostanziale e processuale disposto dagli artt. 42 e 43 l.fall., è quello della cristallizzazione, alla data del fallimento, dei rapporti facenti capo al fallito, sia dal lato attivo che dal lato passivo. L'ampia dizione utilizzata dal legislatore, peraltro, fa sì che debbano ritenersi ricompresi nell'ambito di applicabilità dell'art. 44 l.fall. tutti i pagamenti, siano essi volontari o coattivi, ovvero ogni tipo di prestazione, anche non strettamente pecuniaria (per esempio, la datio in solutum), che abbia un effetto estintivo di un debito del fallito, in quanto effettuata con suo denaro o su suo incarico o in sua vece, fatta eccezione per la compensazione (che riceve una specifica disciplina nell'art. 56 l.fall.); per questo motivo, secondo la giurisprudenza, anche il pagamento effettuato dopo la dichiarazione di fallimento dal terzo debitore in favore del creditore del fallito che, ancorché in forza di ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione in data antecedente, abbia ottenuto l'assegnazione coattiva di un credito ai sensi dell'art. 553 c.p.c., ricade nell'ambito di operatività dell'art. 44 l.fall., trattandosi di pagamento che estingue sia il debito del terzo pignorato nei confronti del fallito, sia il debito di quest'ultimo nei confronti del creditore assegnatario. Infatti, come osservato pure nella sentenza annotata, l'assegnazione viene disposta salvo esazione e a essa sopravvive il debito dell'insolvente, a norma dell'art. 2928 c.c., mentre l'estinzione del diritto dell'assegnatario verso il debitore che ha subito l'espropriazione si verifica a seguito della riscossione del credito assegnato, sicché è a tale momento che si ricollega l'effetto satisfattivo per il creditore procedente.

Così, è stato affermato che l'ordinanza di assegnazione, non implicando il trasferimento della proprietà della somma al creditore assegnatario fintantoché non ne sia stato effettuato materialmente il pagamento, preclude la facoltà di pretenderne la consegna onde soddisfare il proprio credito al di fuori della procedura fallimentare e che l'eventuale pagamento è inefficace, a prescindere dall'esperimento dell'azione revocatoria (che attinge gli atti compiuti prima della dichiarazione di fallimento), a seguito della perdita – coeva al fallimento – del diritto di disporre da parte del debitore del fallito sancita dall'art. 44 l.fall. (Cass. civ., sez. III, 30 marzo 2005, n. 6737).

In questi casi, il terzo deve pagare al curatore del fallimento, che potrà agire nei confronti dell'accipiens (ossia del creditore assegnatario che abbia ricevuto il pagamento dal debitore del fallito) per ottenere la ripetizione di quanto ricevuto in violazione dell'art. 44 l.fall. (Cass. civ., sez. I, 14 marzo 2011, n. 5994); di converso, il destinatario di tale azione avrà facoltà di insinuarsi al passivo per il corrispondente importo, onde ottenere il soddisfacimento del proprio credito in moneta fallimentare.

Diversamente, quando anche l'ordinanza di assegnazione sia stata pronunciata dopo la dichiarazione di fallimento, pure il solvens (ossia il terzo pignorato) sarà assoggettato all'azione recuperatoria della curatela, dal momento che, per effetto dell'art. 51 l.fall., la titolarità del credito oggetto di pignoramento non può dirsi legittimamente trasferita in capo al creditore del fallito, sicché il pagamento deve dirsi avvenuto in favore di un soggetto nemmeno astrattamente legittimato a riceverlo e reputarsi, dunque, privo di alcuna efficacia liberatoria (così, da ultimo, Cass. civ., sez. I, 8 luglio 2020, n. 10867).

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