Profili operativi degli strumenti di allerta

Mario Tommaso Buzzelli
06 Ottobre 2020

L'articolo si propone di analizzare i principali profili operativi degli strumenti di allerta contenuti nel nuovo Codice della Crisi e dell'Insolvenza (CCII), a partire dall'obbligatoria adozione di un adeguato assetto societario (organizzativo, amministrativo e contabile) – anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della conseguente attività di monitoraggio e vigilanza a cura di amministratori, sindaci e revisori, per poi focalizzarsi sui meccanismi di rilevazione ed analisi degli indici della crisi, soffermandosi in particolar modo sul DSCR.
Premessa

L'articolo si propone di analizzare i principali profili operativi degli strumenti di allerta contenuti nel nuovo Codice della Crisi e dell'Insolvenza (CCII), a partire dall'obbligatoria adozione di un adeguato assetto societario (organizzativo, amministrativo e contabile) – anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della conseguente attività di monitoraggio e vigilanza a cura di amministratori, sindaci e revisori, per poi focalizzarsi sui meccanismi di rilevazione ed analisi degli indici della crisi, soffermandosi in particolar modo sul DSCR.

Le modifiche introdotte aprono a una rivoluzione in primo luogo culturale a cui gli “imprenditori” devono adeguarsi, richiedendo loro di dotarsi di mezzi idonei ad individuare i segnali di crisi per poter gestire in modo (più) tempestivo (rispetto al passato) la presenza di crisi aziendali.

Infatti, l'art. 2086 del codice civile, così come modificato (con l'aggiunta di un nuovo comma) dal D.Lgs. n. 14/2019 (CCII), prescrive che «L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».

Direttamente collegato a questa previsione, ai fini della tempestiva rilevazione della crisi, vi è l'articolo 13 del CCII, il quale al comma 1 dispone che: «Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell'attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l'esercizio in corso o, quando la durata residua dell'esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare e l'adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto nell'articolo 24».

Il comma 2 del medesimo articolo 13 CCII aggiunge poi che: «Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elabora con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni I.S.T.A.T., gli indici di cui al comma 1 che, valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell'impresa. Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili elabora indici specifici con riferimento alle start-up innovative di cui al D.L. 18 ottobre 2012, n.179, convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, alle PMI innovative di cui al decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2015, n. 33, alle società in liquidazione, alle imprese costituite da meno di due anni. Gli indici elaborati sono approvati con decreto del Ministero dello sviluppo economico».

Dalle disposizioni normative sopra riportate si ricava che costituiscono “indicatori” di crisi gli «squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell'attività». Gli squilibri in parola, rilevanti ai fini degli obblighi segnaletici richiesti dalla legge, sono rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza:

  • dell'assenza di sostenibilità dei debiti per almeno i 6 mesi successivi;
  • del pregiudizio per le prospettive di continuità aziendale per l'esercizio in corso o, se la durata residua è inferiore, per i sei mesi successivi;
  • della presenza di ritardi reiterati e significativi nei pagamenti, anche sulla base dei limiti previsti dall'articolo 24, comma 1, CCII.

La sostenibilità dei debiti e i ritardi nei pagamenti sono aspetti che fanno chiaro richiamo alla capacità dell'azienda di far fronte ai propri impegni di pagamento e, dunque, alle condizioni di equilibrio finanziario della stessa.

In questa prospettiva, costituiscono indici significativi quelli che misurano:

a) la sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare (il riferimento è qui a indici rappresentativi dell'equilibrio finanziario dinamico);

b) l'adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi (richiamo a indici rappresentativi dell'equilibrio finanziario statico, per quanto il patrimonio netto delle imprese è influenzato anche da grandezze dinamiche, quali i flussi finanziari attesi, derivanti dall'applicazione del fair value, del valore d'uso e dell'impairment test). La tabella che segue riassume schematicamente quanto sopra illustrato:

Va notato che gli (esempi di) indici significativi richiamati dalla norma fanno specifico riferimento all'esigenza di monitorare le condizioni di equilibrio finanziario, ma non alla continuità aziendale.

Pertanto la non sostenibilità dei debiti (che certamente si connette ad una situazione di squilibrio finanziario in generale) costituisce (solo) uno degli elementi da considerare per valutare le prospettive di continuità, potendo le minacce a quest'ultima dipendere anche da altri eventi.

Il sistema degli indici premonitori della crisi

Nell'esercizio della delega prevista dal comma 2 dell'art. 13 CCII, il CNDCEC (nel documento "Crisi d'impresa. Gli indici dell'allerta" del 19 ottobre 2019) ha elaborato un sistema di indici partendo dall'analisi della letteratura esistente in materia di modelli di previsione della crisi (insolvenza). Il modello individuato è stato selezionato in base all'efficacia e alla semplicità d'uso nonché sviluppato, secondo l'interpretazione data del CNDCEC, nel rispetto di due condizioni richieste dalla norma citata, ossia: da un lato, che il sistema di indici costruito consenta di effettuare una valutazione unitaria (cioè complessiva e sistematica) circa la sussistenza di un indizio di crisi e, dall'altro, che gli indici in questione contengano quantomeno quelli definiti dal legislatore al comma 1 dell'articolo 13 CCII.

Seguendo tale impostazione il CNDCEC ha individuato due categorie di indici:

a) alla prima appartengono n. 2 indici c.d. di primo livello, applicabili indistintamente a tutte le imprese:

  • patrimonio netto negativo in conseguenza di perdite;
  • debt service cover ratio (DSCR) a sei mesi < 1.

La tabella che segue riassume quanto sopra illustrato:

a) alla seconda categoria appartengono n. 5 indici c.d. di secondo livello, che presentano valori soglia differenti a seconda del settore economico di riferimento:

  • indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra gli oneri finanziari e i ricavi;
  • indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;
  • indice di ritorno liquido dell'attivo, in termini di rapporto tra cash flow e attivo;
  • indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine;
  • indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l'indebitamento previdenziale e tributario e il totale dell'attivo.

La tabella che segue riporta i sopra elencati indici elaborati dal CNDCEC con riferimento a ciascun settore individuato:

Dal punto di vista logico il sistema è gerarchico e l'applicazione degli indici in parola deve avvenire nella sequenza indicata. A tal fine è stata adottata una struttura “ad albero” e allo stesso tempo combinata.

La presenza di uno stato rilevante di crisi, nei termini di cui all'art. 13 comma 1, è diagnosticata attraverso la preliminare rilevazione della presenza di ritardi reiterati e significativi nei pagamenti (per la quale il documento fornisce puntuali indicazioni) nonché attraverso la verifica della presenza di un patrimonio netto negativo o inferiore al minimo di legge, infine mediante l'evidenza della non sostenibilità del debito (sempre che venga confermata la nostra reiterata richiesta di modifica in tal senso dell'articolo 13) nei sei mesi successivi attraverso i flussi finanziari liberi al servizio dello stesso.

Prima di soffermarci sul DSCR è opportuna qualche riflessione sull'altro indice di primo livello costituito dal patrimonio netto negativo.

È un indice di crisi che trova applicazione per tutte le imprese la presenza di un patrimonio netto negativo o, per le società di capitali, al di sotto del limite di legge. Il patrimonio netto diviene negativo o scende sotto il limite legale per effetto di perdite di esercizio, anche cumulate e rappresenta causa di scioglimento della società di capitali (art. 2484, co. 4 cod. civ.).

Indipendentemente dalla situazione finanziaria, detta circostanza costituisce quindi un pregiudizio alla continuità aziendale, fintantoché le perdite non siano state ripianate e il capitale sociale riportato almeno al limite legale. Il fatto che il patrimonio netto sia divenuto negativo può essere superato da una ricapitalizzazione. Ai fini segnaletici è ammessa la prova contraria dell'assunzione di provvedimenti di ricostituzione del patrimonio al minimo legale.

Il Debt Service Coverage Ratio (DSCR)

Il DSCR è un indice di crisi che trova applicazione per tutte le imprese e assume rilevanza segnaletica quando, calcolato con riferimento ad un orizzonte temporale di sei mesi, risulta essere inferiore ad 1.

Il DSCR è un indicatore di performance finanziaria (già) molto diffuso nella redazione dei business plan aziendali per verificare la sostenibilità complessiva dell'indebitamento finanziario dell'impresa il quale, a seguito del ruolo assegnatogli di principale indicatore predittivo dell'insolvenza nell'ambito delle procedure di allerta, sta conoscendo una forte ripresa di interesse tra gli addetti ai lavori circa le sue modalità di determinazione.

Va evidenziato che l'indice in parola, così come definito dal CNDCEC, ha una capacità di intercettare flussi di cassa più ampia rispetto alla configurazione standard che viene utilizzata tipicamente in ambito bancario, proprio perché nel contesto della crisi si è voluto ampliare la sua capacità di cogliere le dinamiche finanziarie complessive dell'impresa, a prescindere da momentanei squilibri rivenienti dalla gestione operativo-caratteristica.

Il documento del CNDCEC ha identificato due approcci alternativi di calcolo del DSCR, i quali si differenziano per essere più o meno in grado di riflettere le complessità strutturali dell'impresa e per gestire o meno lo scaduto esistente. La scelta tra i due approcci «è rimessa agli organi di controllo e dipende dalla qualità ed affidabilità dei relativi flussi informativi».

Primo approccio di calcolo

Il DSCR, nella versione più semplificata è calcolato come rapporto tra i flussi di cassa liberi previsti nei sei mesi successivi che sono disponibili per il rimborso dei debiti previsti nello stesso arco temporale. Valori di tale indice superiori ad uno denotano la stimata capacità di sostenibilità dei debiti su un orizzonte di sei mesi, mentre valori inferiori ad uno la relativa incapacità.

Sotto il profilo operativo il DSCR deriva da un budget di tesoreria, redatto dall'impresa, che rappresenti le entrate e le uscite di disponibilità liquide attese nei successivi sei mesi. Da tale budget si ricavano il numeratore e il denominatore dell'indice:

  1. al denominatore si sommano le uscite previste contrattualmente per rimborso di debiti finanziari (verso banche o altri finanziatori). Il rimborso è inteso come pagamento della (sola) quota capitale contrattualmente prevista per i successivi sei mesi;
  2. al numeratore si sommano tutte le risorse disponibili per il suddetto servizio al debito, dati dal totale delle entrate di liquidità previste nei prossimi sei mesi, incluse le giacenze iniziali di cassa, dal quale sottrarre tutte le uscite di liquidità previste riferite allo stesso periodo, ad eccezione dei rimborsi dei debiti posti al denominatore.

Nella tabella che segue è riportato un semplice esempio di modalità di calcolo del DSCR nella versione più semplificata proposta dal CNDCEC:

Secondo approccio di calcolo

Nella seconda versione, più analitica, il calcolo del DSCR è effettuato ponendo a rapporto i flussi di cassa complessivi liberi al servizio del debito attesi nei sei mesi successivi con i flussi necessari per rimborsare il debito non operativo che scade negli stessi sei mesi.

Al numeratore, costituito dai flussi al servizio del debito, vanno inseriti:

  1. i flussi operativi al servizio del debito. Essi corrispondono al free cash flow from operations (FCFO) dei sei mesi successivi, determinato sulla base dei flussi finanziari derivanti dall'attività operativa applicando il principio OIC 10, deducendo da essi i flussi derivanti dal ciclo degli investimenti. A tal fine non concorrono al calcolo dei flussi operativi gli arretrati di cui alle lett. e) e f);
  2. le disponibilità liquide iniziali;
  3. le linee di credito disponibili che possono essere usate nell'orizzonte temporale di riferimento. In relazione alle linee autoliquidanti, esse dovrebbero essere considerate fruibili per la sola parte relativa ai crediti commerciali che, sulla base delle disposizioni convenute, sono 'anticipabili'.

Si precisa che ai fini del calcolo del numeratore del DSCR l'incasso dei crediti liquidi ed esigibili nei confronti della pubblica amministrazione, diversa dagli enti locali che hanno dichiarato lo stato di dissesto, andrebbe portato in conto al momento alla scadenza prevista e, se scaduta, come pagamento a pronti.

Il denominatore corrisponde al debito non operativo che deve essere rimborsato nei sei mesi successivi. Esso è costituito da:

  • pagamenti previsti, per capitale ed interessi, del debito finanziario;
  • debito fiscale o contributivo, comprensivo di sanzioni ed interessi, non corrente, e cioè debito il cui versamento non è stato effettuato alle scadenze di legge (e pertanto è o scaduto ovvero oggetto di rateazioni), il cui pagamento, anche in virtù di rateazioni e dilazioni accordate, scade nei successivi sei mesi;
  • debito nei confronti dei fornitori e degli altri creditori il cui ritardo di pagamento supera i limiti della fisiologia. Nel caso di debito derivante da piani di rientro accordati dai fornitori/creditori, rileva la parte di essi, comprensiva dei relativi interessi, che scade nei sei mesi. Le linee di credito in scadenza nei sei mesi successivi, sono collocate al denominatore salvo che se ne ritenga ragionevole il rinnovo o il mantenimento.

Nella tabella che segue è riportato un semplice esempio di modalità di calcolo del DSCR nella versione più analitica proposta dal CNDCEC:

In conclusione

A conclusione di queste brevi note si evidenzia come il CNDCEC sottolinei che l'analisi degli indicatori non deve essere effettuata sui dati consuntivi ma deve avere una visione prospettica, privilegiando un'ottica incentrata sulla preventivazione finanziaria, nella quale il piano d'impresa assurga a strumento di governance e di comunicazione sociale.

Anche il sistema bancario sta improntando in modo vigoroso le proprie analisi verso i flussi di cassa prospettici come strumento non solo di early warning ma anche di gestione della fase di erogazione e monitoraggio del credito.

Quanto sopra detto presuppone, in definitiva, un assetto organizzativo che vada oltre la visione meramente storica, basata cioè sui valori statici del bilancio d'esercizio o di periodo, estendendosi a strumenti di valutazione prospettica che misurino, fra l'altro, la capacità dell'impresa di far fronte alle obbligazioni assunte e a quelle derivanti dalla prevedibile evoluzione della gestione.

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