Accertamento fiscale: salvo il contribuente assolto in sede penale per gli stessi fatti oggetto di giudizio tributario?

La Redazione
06 Ottobre 2020

Tenendo conto che nel processo tributario valgono le regole in materia di prova imposte dall'art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992, che consentono l'ingresso anche alle presunzioni semplici, l'imputato assolto in sede penale, seppur con formula piena, può essere comunque ritenuto responsabile fiscalmente nel caso in cui l'atto impositivo risulti fondato su validi indizi. Così si esprime la Suprema Corte nell'ordinanza n. 21121/20, depositata il 2 ottobre.

Tenendo conto che nel processo tributario valgono le regole in materia di prova imposte dall'art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992, che consentono l'ingresso anche alle presunzioni semplici, l'imputato assolto in sede penale, seppur con formula piena, può essere comunque ritenuto responsabile fiscalmente nel caso in cui l'atto impositivo risulti fondato su validi indizi. Così si esprime la Suprema Corte nell'ordinanza n. 21121/20, depositata il 2 ottobre.

Mediante atto impositivo, l'Amministrazione finanziaria contestava un maggior reddito di partecipazione ai soci di una società, tra i quali anche il contribuente, identificato quale socio di fatto.


Quest'ultimo impugnava l'avviso di accertamento dinanzi alla CTP, negando la sua qualità di socio di fatto. La Commissione accoglieva il suo ricorso basandosi sulla sentenza penale di proscioglimento dello stesso dai reati fiscali.
L'Agenzia delle Entrate appellava la pronuncia dinanzi alla CTR della Campania, la quale confermava la sentenza del Giudice di prima istanza.


A questo punto, l'Ufficio propone ricorso per cassazione, criticando il fatto che il Giudice si sia fondato ai fini della decisione sugli esiti assolutori del giudizio penale a carico del contribuente.

I Giudici di legittimità dichiarano il ricorso fondato, osservando come la sentenza penale assolutoria non spieghi in modo automatico efficacia di giudicato nell'ambito del processo tributario, anche se i fatti accertati siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria abbia promosso l'accertamento nei confronti del contribuente, potendo essi essere presi in considerazione solo quali fonti di prova nel giudizio tributario. A tal proposito, gli Ermellini rilevano altresì che la motivazione di una pronuncia può essere redatta per relationem rispetto a quella di altra decisione solo se ne riproduce i contenuti e li rende oggetto di autonoma valutazione critica.


Infine, la Corte ribadisce che nel contenzioso tributario, non può essere attribuita alcuna autorità di cosa giudicata alla sentenza penale irrevocabile emessa in materia di reati fiscali, anche se i fatti esaminati siano i medesimi, visto che nel processo tributario valgono i limiti in materia di prova stabiliti dal comma 4 dell'art. 7, D.Lgs. n. 546/1992, i quali consentono l'ingresso anche alle presunzioni semplici, le quali non sono idonee da sole a supportare una pronuncia penale di condanna. Di conseguenza, il contribuente assolto in sede penale per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste può comunque essere ritenuto responsabile ai fini fiscali quando l'atto impositivo si fondi su indizi validi, i quali sarebbero insufficienti ai fini di un giudizio di responsabilità penale ma idonei ai fini di quello tributario.


Alla luce di tali argomentazioni, la Corte accoglie il ricorso.

Fonte: Diritto e Giustizia

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