Il diritto di credito per indennizzo assicurativo nel fallimento e nel concordato preventivo

13 Ottobre 2020

Il diritto di credito per indennizzo assicurativo in conseguenza di evento dannoso verificatosi anteriormente alla procedura concorsuale rientra nell'attivo della medesima a prescindere dalla data della richiesta risarcitoria formulata dal danneggiato. A tale principio non fa eccezione il caso di infortunio sul lavoro ma solo quello della c.d. RCA (responsabilità civile autoveicoli).
Natura giuridica del diritto di credito per indennizzo assicurativo nel fallimento e nel concordato preventivo

Al fine di comprendere quali effetti produce il fallimento (o la procedura di concordato preventivo) sul diritto di credito per indennizzo assicurativo sorto in conseguenza del verificarsi di un evento dannoso coperto da una polizza per la responsabilità civile, è necessario qualificare la natura giuridica del diritto medesimo.

Occorre premettere che la presente riflessione prende in considerazione solo il caso di evento dannoso verificatosi anteriormente all'introduzione della procedura concorsuale.

Ebbene, circa la natura giuridica del diritto di credito suddetto, la Corte di Cassazione, con sentenza risalente nel tempo ma il cui orientamento non risulta modificato, ha stabilito che "In materia di fallimento, poiché lo spossessamento colpisce tutto il patrimonio del debitore, comprese le entità prive di autonomia o di valore economico immediato, deve essere acquisito all'attivo del fallimento dell'assicurato il diritto di credito per indennizzo assicurativo, senza che rilevi l'esistenza o meno di una richiesta del danneggiato nei confronti dell'assicurato danneggiante o l'accertamento del relativo obbligo; tali circostanze incidono, infatti, sulla liquidità ed esigibilità del credito ma non sulla sua esistenza in quanto la situazione giuridica attiva dell'assicurato sussiste sin dal momento della stipula del contratto di assicurazione; ne consegue che, intervenuto il fallimento, l'assicuratore non può esercitare la facoltà di pagare direttamente al terzo danneggiato, incompatibile con le regole del concorso sui beni del danneggiato" (Cass.n. 11228 del 28.8.2000).

Pertanto, secondo la Suprema Corte, il disposto di cui al secondo comma dell'art. 1917 c.c., secondo il quale “L'assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l'indennità dovuta, ed è obbligato al pagamento diretto se l'assicurato lo richiede” non trova applicazione in caso di fallimento dell'assicurato.

A ciò consegue, come sintetizzato in una pronuncia di merito, che “Nell'ipotesi di fallimento dell'assicurato per la responsabilità civile, l'assicuratore è tenuto a pagare l'intera indennità al Fallimento, al passivo del quale viene ammessa la ricorrente danneggiata, con il privilegio di cui all'art. 2767 c.c. (App. Bologna 15 novembre 1997, in Rep. F.it. 1999, voce Assicurazione [contratto], 159).

“Pertanto la …omissis… dovrà versare il dovuto a mani del Curatore, che effettuerà successivamente il pagamento alla danneggiata in sede di riparto, in base alle regole del concorso” (Tribunale di Vicenza, 24 Maggio 2007 in Il Caso.it).

Il fatto che la più recente giurisprudenza di legittimità abbia ribadito che “l'obbligo indennitario di cui agli artt. 1892-1917 c.c. scaturisce dall'avverarsi del rischio descritto nel contratto, e non dalla richiesta dell'assicurato” (Cass. ord n. 14481 del 9.7.2020) conferma quanto sopra esposto.

Ad un esame sommario, potrebbe apparire diversa l'ipotesi del concordato preventivo.

Infatti, ai sensi del primo comma dell'art. 167 l.fall., “Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale”.

Cionondimeno, tradizionalmente (v. per tutte Cass. 21 ottobre 1964, n. 2636) la giurisprudenza di legittimità utilizza il termine “cristallizzazione” per definire la netta distinzione che, in forza dell'art. 168 l.fall., sussiste tra debiti anteriori e posteriori all'introduzione della procedura, con il conseguente divieto di soddisfare, al difuori del concorso formale, i creditori per titolo o causa anteriore.

Tenuto conto del fatto che, come sopra visto, il secondo comma dell'art. 1917 c.c. attribuisce alla Compagnia assicurativa soltanto una facoltà, e non un obbligo, di rimborsare direttamente il terzo (eccetto il caso di richiesta espressa dell'assicurato che, in caso di procedure concorsuali, non dovrebbe formularsi, se non nel rispetto del principio della par condicio creditorum), sembra senz'altro prudente, anche in caso di procedura di concordato preventivo, che l'indennizzo sia versato direttamente alla liquidazione giudiziale (o, nel caso in cui il pagamento avvenga ante omologa, sul conto corrente aperto dal commissario giudiziale) che poi provvederà a soddisfare il danneggiato in sede di riparto, in base alle regole del concorso.

A tal riguardo, sembra opportuno osservare che la Compagnia di assicurazione (che, è bene ricordarlo, non è obbligata direttamente verso il danneggiato) dovrà solo tenere indenne l'assicurato in concordato preventivo nei limiti della misura percentuale che lo stesso ha proposto di pagare (o pagherà effettivamente) al danneggiato creditore con la proposta di concordato.

Qualora, invece, la Compagnia decida di risarcire direttamente il terzo, anche nel caso di accordo transattivo ritenuto conveniente, dovrà verificarsi se tale pagamento comporti una violazione della par condicio creditorum, nella percentuale di soddisfazione qualora la proposta medesima non preveda, comunque, il pagamento integrale dello stesso.

Per tali motivi, si ribadisce, si ritiene preferibile un atteggiamento prudenziale degli organi della procedura di concordato preventivo che conduca i medesimi, nel caso in questione, ad incassare la somma dovuta dalla Compagnia di assicurazione per poi procedere al pagamento del danneggiato con i piani di riparto, nei modi e tempi previsti dal piano e dalla proposta concordataria omologata.

Concorre a tale conclusione il fatto che configurerebbe una causa di responsabilità degli organi della procedura l'ipotesi in cui venisse da loro autorizzato il pagamento diretto in favore del danneggiato da parte della Compagnia di assicurazione e non si riuscisse, poi, ad effettuare i successivi pagamenti con i piani di riparto rispettando l'ordine dei privilegi e, quindi, in concreto, avendo già soddisfatto interamente il privilegio ex art. 2767 C.C., grado 11°, e non potendo, invece, più soddisfare integralmente gli altri creditori con grado di privilegio superiore.

Tali considerazioni valgono, senza distinzioni, sia per il concordato liquidatorio che per quello in continuità.

Ai suddetti principi, fa eccezione il caso dell'assicurazione obbligatoria per la rca (responsabilità civile auto). Infatti, come ben noto, in tale ipotesi sussiste un'azione diretta del danneggiato contro l'assicuratore del soggetto fallito ex art. 18 L. 990/1969 e, pertanto, la Suprema Corte ha affermato e ribadito (da ultimo con sentenza n. 128 del 2016) il seguente principio di diritto: "il privilegio di cui all'art. 2767 cod. civ., avente ad oggetto l'indennità dovuta dall'assicuratore all'assicurato e la cui previsione è ispirata all'esigenza di sottrarre il terzo al concorso dei creditori chirografari dell'assicurato, trova applicazione solo nel settore dell'assicurazione volontaria e non anche con riguardo all'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, in cui la legge 24 dicembre 1969, n. 990 riconosce al danneggiato l'azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore".

L'ipotesi particolare dell'infortunio sul lavoro

Occorre, ora, esaminare il caso specifico dell'infortunio sul lavoro di un dipendente, proprio o di altri, provocato della società che poi accede alla procedura concorsuale.

Anche in tale ipotesi, non trova applicazione il disposto di cui all'art 1917, comma 2, c.c.

In tale senso la S. Corte (cfr. Cass. lavoro, ordinanza interlocutoria n. 11921 del 13.5.2008), che, sul presupposto che "Con il fallimento dell'assicurato viene pertanto meno la facoltà di pagamento diretto, non potendosi ipotizzare una alterazione, rimessa alla decisione dell'assicuratore, delle regole del concorso che il legislatore ha presupposto, dettando l'art. 2767 c.c." ha ritenuto necessario sottoporre al Giudice delle leggi “la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1917 c.c., comma 2^, per lesione degli artt. 3, 35, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede azione diretta del lavoratore per il credito risarcitorio da danno differenziale per infortunio sul lavoro nei confronti dell'assicuratore del datore di lavoro”.

A tale questione la Corte Costituzionale ha risposto con la sentenza n. 131 del 6.5.2009 con la quale, da un lato, ha osservato che “In riferimento al preteso contrasto con l'art. 3 Cost., il giudice a quo lamenta la violazione del principio di parità di trattamento assumendo, quali termini normativi di riferimento, alcune isolate disposizioni che, in difformità dalla regola generale secondo la quale solamente le parti contraenti hanno titolo per azionare i diritti scaturenti dal contratto, prevedono la possibilità per terzi di esercitare diritti derivanti da un contratto stipulato da altri soggetti. Tuttavia questa Corte ha costantemente affermato che le norme derogatorie di princìpi generali sono inidonee a fungere da tertia comparationis (v., ad esempio, la sentenza n. 295 del 1995 e l'ordinanza n. 109 del 2006) e che la scelta di introdurre norme eccezionali è espressione di discrezionalità legislativa, non censurabile in riferimento all'art. 3 Cost., se non esercitata in modo palesemente irragionevole”. Inoltre, ha rilevato che “Per quanto riguarda, invece, l'art. 32, primo comma, Cost., si deve ripetere che siamo in presenza di un contratto (quello di assicurazione contro la responsabilità civile per infortuni sul lavoro) che, nel nostro ordinamento, è del tutto facoltativo per il datore di lavoro ed è diretto a soddisfare esclusivamente un interesse di quest'ultimo. Ne consegue che il credito che il datore di lavoro vanta nei confronti dell'assicuratore non ha nulla a che vedere con la tutela del diritto all'integrità fisica del lavoratore”.

Infine, e decisivamente, ai fini del presente scritto, ha stabilito che “Il rimettente sostiene, poi, che il diritto di azione del lavoratore infortunato tutelato dall'art. 24, primo e secondo comma, Cost., sarebbe leso perché al danneggiato è precluso, non solo di citare nel processo penale il datore di lavoro e, per esso, il fallimento, ma anche di provocare, in seno allo stesso processo penale o alla procedura fallimentare, un'iniziativa del fallimento intesa a favorire il risarcimento diretto da parte della compagnia assicuratrice ai sensi dell'art. 1917, secondo comma, del codice civile. La censura è palesemente infondata. Il fatto che il lavoratore non possa provocare un'iniziativa del fallimento diretta a favorire il risarcimento diretto da parte dell'assicuratore non dipende dal suddetto art. 1917 c.c., ma dalle norme che regolano la procedura fallimentare ed impediscono che, dopo la dichiarazione di fallimento, il debitore possa procedere al pagamento di singoli debiti al di fuori della procedura concorsuale”.

Tutela del danneggiato

Infine, è opportuno esaminare le iniziative che può intraprendere il danneggiato a tutela del proprio diritto al risarcimento nel caso in cui il responsabile civile sia sottoposto al fallimento, o al concordato preventivo.

L'art. 2767 c.c. stabilisce che “Nel caso di assicurazione della responsabilità civile, il credito del danneggiato per il risarcimento ha privilegio sull'indennità dovuta dall'assicuratore”. Questa norma è perfettamente coerente con il principio della par condicio creditorum e comporta, come sopra visto, che anche il creditore in forza di obbligazione sorta da atto illecito dovrà soggiacere, come tutti gli altri creditori, alle regole sul concorso. Occorre aggiungere, per completezza, che il privilegio di cui all'art. 2767 c.c. occupa il grado undicesimo nell'ordine dei privilegi sui beni mobili (cfr. art. 2778 c.c., n. 11).

Qualora il danneggiato sia un lavoratore dipendente del datore di lavoro fallito, o in concordato, e l'evento dannoso sia qualificabile quale infortunio sul lavoro, allora il diritto di credito al risarcimento dei danni subiti rientra nella previsione dell'art. 2751-bis n. 1 c.c., che dà un privilegio prevalente su quello di grado undicesimo di cui all'art. 2767 c.c. Atteso il fatto che il lavoratore potrà richiedere solo il cosiddetto danno differenziale al risarcimento ricevuto dall'INAIL, appare evidente che lo stesso INAIL potrà insinuarsi al passivo del fallimento ( o dovrà veder inserito il proprio credito nel passivo del concordato, in presenza dei presupposti di legge).

A tal riguardo, è opportuno osservare che se l'INAIL si insinua al passivo del fallimento proponendo azione di rivalsa nei confronti dei soggetti civilmente responsabili, ai sensi degli artt. 10 e 11 del T.U. 30 giugno 1965, n. 1124, l'Istituto, agendo contro il datore di lavoro dell'assicurato infortunato (quando il primo debba rispondere penalmente dell'evento lesivo o sia accertata con sentenza la responsabilità di un soggetto del cui operato il datore di lavoro sia civilmente responsabile), fa valere in giudizio un diritto di credito proprio, nascente direttamente dal rapporto assicurativo, di natura chirografaria. Con l'azione di surroga ex art. 1916 c.c., invece, l'INAIL agisce nei confronti dei terzi responsabili, estranei al rapporto assicurativo, per ottenere il rimborso dell'indennità corrisposte all'infortunato sul lavoro o ai suoi superstiti, e fa valere in giudizio il diritto al risarcimento del danno spettante all'assicurato potendo quindi, solo in questo caso, giovarsi del privilegio al medesimo spettante (cfr. Cass. 11324 del 26.4.2019).

In ogni caso, il danneggiato nell'evento dannoso, per far valere il diritto al risarcimento del danno verso il fallito, dovrà necessariamente proporre domanda di ammissione al passivo del fallimento, nei modi e termini stabiliti dalla legge fallimentare, richiedendo espressamente l'ammissione del credito vantato in privilegio sull'indennizzo eventualmente pagato dalla Compagnia assicuratrice. Nel caso di concordato preventivo, dovrà invece verificare, da un lato, che il proprio credito sia correttamente inserito nell'elenco dei creditori depositato dal debitore e, dall'altro, che all'attivo sia appostato il diritto di credito verso la Compagnia di assicurazione. Ovviamente, si dovrà anche verificare quale sia il trattamento economico proposto nell'ambito del piano di concordato presentato.

È evidente che sull'indennizzo pagato dall'Assicuratore verranno, comunque, ad incidere, come su ogni attività realizzata, nella misura di legge, le spese in prededuzione generali (e laddove sussistenti anche quelle specifiche).

E', infine, opportuno rilevare che, nel caso di concordato preventivo, nell'ambito del giudizio di omologa la posizione del danneggiato può essere fatta valere solo nel caso in cui l'omessa, o inadeguata, valutazione del credito incida sulla legittimità della procedura e/o sulla fattibilità giuridica della proposta. A tal riguardo, con sentenza del 19.4.2016 il Tribunale di Milano ha deciso il giudizio di omologa di una procedura di concordato preventivo nel quale si era costituito, opponendosi, il danneggiato di un evento dannoso il cui diritto di credito avrebbe dovuto trovare, in parte, ristoro nelle polizze assicurative stipulate dalla società debitrice. Ebbene, in tale contesto è stato affermato che “In primo luogo si rileva che …omissis… non ha concluso chiedendo il rigetto della domanda di omologa del c.p. proposta da …omissis… ma l'accertamento dell'esistenza del suo credito e il riconoscimento del privilegio ex art. 2767 c.c. Tali conclusioni non possono costituire oggetto del giudizio di opposizione all'omologa che consiste, invece, in un'ottica di tutela della massa dei creditori, nella valutazione sulla legittimità della procedura e di fattibilità giuridica della proposta accettata dalla maggioranza dei creditori chirografari. La tutela delle posizioni individuali non può essere dedotta nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, se non nella misura in cui essa implichi profili di illegittimità della proposta stessa o della procedura di concordato. Nel caso di specie …omissis… chiede il riconoscimento della titolarità di un credito privilegiato, la sua posizione in alcun modo avrebbe potuto influire sul risultato delle operazioni di voto e sulle maggioranze; inoltre …omissis… è stata inserita tra i possibili creditori di ….omissis…, infatti la possibile esistenza del suo credito, all'epoca sub iudice, era stato contemplato nel piano con appostazione da parte del C.G. nella relazione ex art. 172 l.f. nel Fondo rischi della somma di € 209.000,00, successivamente nella relazione ex art. 180 l.f. la C.G., dopo il deposito del Lodo arbitrale, con la somma di € 571.159,58, senza che ciò possa compromettere la fattibilità giuridica del concordato, come evidenziato dal C.G. anche nell'ultima relazione ex art. 180 l.f. Quindi l'opposizione va rigettata.” (Tribunale Milano decreto n. 4898 del 19.4.2016 in www.portalecreditori.it).

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