Provoca un incidente, scappa ma poi torna indietro: il ripensamento non esclude la punibilità

Redazione Scientifica
13 Ottobre 2020

Esclusa la tenuità del fatto, sostenuta invece dal difensore dell'imputato sotto processo. Condivisa in Cassazione la valutazione compiuta in secondo grado: il ripensamento dell'automobilista e il ritorno sul luogo dell'incidente non possono certo ridimensionare la condotta da lui tenuta.

Provoca un incidente stradale, scappa via ma poi torna indietro e presta soccorso alla vittima. Il ripensamento però non è sufficiente per rendere non punibile la condotta. Confermata perciò la condanna per non avere tenuto un comportamento corretto (Cassazione, sentenza n. 28304/20, sez. IV Penale).

Sotto accusa un automobilista, a cui viene contestato di avere violato il codice della strada: più precisamente, egli ha provocato un incidente stradale, causando danni a una persona, ma non ha ottemperato all'«obbligo di fermarsi».
Consequenziale la sua condanna. Concordi su questo punto i giudici di merito, nonostante sia emerso che l'automobilista ha poi avuto un ripensamento, tornando sul luogo dell'incidente e prestando soccorso alla vittima.
Ciò che è indiscutibile, viene rilevato in secondo grado, è che l'uomo ha «provocato un sinistro stradale» e «si è allontanato dal luogo dell'incidente, senza ottemperare all'obbligo di fermarsi e senza fornire le proprie generalità».

Il difensore del ricorrente sostiene però che vada data una lettura meno severa al comportamento tenuto dal suo cliente. Egli ribadisce «la richiesta di proscioglimento per tenuità del fatto», alla luce dell'articolo 131-bis c.p., richiamando anche «l'assoluta modestia delle lesioni riportate dalla persona offesa».
I giudici d'appello hanno sostenuto che «il reato è integrato anche in ipotesi di sosta momentanea», e questa visione è condivisa dai magistrati della Cassazione.
Dal Palazzaccio osservano che «i giudici territoriali, pur non affrontando in modo diretto la questione dell'applicabilità dell'articolo 131-bis c.p., nondimeno, hanno chiarito l'insussistenza delle condizioni di applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto», e lo hanno fatto osservando che l'uomo «dopo avere soccorso la persona offesa, aiutandola a sedersi sul ciglio della strada, ed averla affidata a una persona, si è allontanato dal luogo dell'incidente per poi tornarvi dopo un certo lasso di tempo, giustificando il suo comportamento con la volontà di cercare aiuto da un conoscente che abitava lì vicino». Ma correttamente, aggiungono i giudici della Cassazione, non è stata valorizzata «la circostanza del ritorno dell'uomo, perché egli aveva la possibilità di cercare aiuto con il telefono cellulare di cui era fornita» la persona a cui aveva affidato la vittima dell'incidente.
Tirando le somme, «il ripensamento» dell'uomo non può costituire, come già stabilito in appello, «elemento valutabile ai i fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto», anche alla luce del principio secondo cui «non rileva il comportamento tenuto dall'agente post delictum».

*Fonte: dirittoegiustizia.it

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