Detenzione domiciliare speciale e automatismi preclusivi per revoca di precedente misura: la Cassazione applica i dicta della Corte costituzionale

14 Ottobre 2020

In seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 58-quater ord. penit. (sentenza Corte cost. n. 187 del 2019), è venuta meno l'impossibilità assoluta di concedere la detenzione domiciliare speciale (art. 47-quinquies ord. penit.), prima che sia decorso un triennio dalla revoca...
Massima

In seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 58-quater ord. penit. (sentenza Corte cost. n. 187 del 2019), è venuta meno l'impossibilità assoluta di concedere la detenzione domiciliare speciale (art. 47-quinquies ord. penit.), prima che sia decorso un triennio dalla revoca di precedente misura alternativa ai sensi degli artt. 47, comma 11, 47-ter, comma 6, o 51, comma 1, ord. penit.

Il caso

La vicenda ha origine dalle richieste d'una detenuta madre per la concessione della detenzione domiciliare speciale (art. 47-quinquies ord. penit.) e del rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica (art. 147, comma 1, n. 2, c.p.) ovvero della detenzione domiciliare exart. 47-ter, comma 1-ter, ord. penit.

Il tribunale di sorveglianza di Taranto rigettava entrambe le richieste. Quanto alla prima istanza, riteneva assorbente la precedente revoca di altra misura alternativa e la conseguente preclusione ai sensi dell'art. 58-quater, commi 2-3, ord. penit., per cui i benefici indicati al comma 1, ivi compresa la detenzione domiciliare, non possono essere concessi al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa, per un periodo di tre anni dal momento in cui è stato emesso il provvedimento di revoca. Il tribunale escludeva, altresì, la possibilità di concedere il rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena ovvero la detenzione domiciliare “sostitutiva”, rilevando il concreto rischio di recidiva e l'insussistenza di patologie acute rilevanti (Trib. sorv. Taranto, ord. 16 dicembre 2019). La detenuta ricorreva per cassazione. Nello specifico, ad avviso della ricorrente, il giudice di merito avrebbe, da un lato, ignorato la recente declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 58-quater ord. penit. e, dall'altro lato, omesso di approfondire, mediante accertamento peritale, le sue reali condizioni di salute e la compatibilità delle stesse con lo stato di detenzione.

La Corte di cassazione ha confermato le conclusioni del giudice di merito in ordine allo stato di salute della detenuta e, di qui, avallato l'esclusione del differimento facoltativo della pena e della detenzione domiciliare di cui all'art. 47-ter, comma 1-ter, ord. penit. Viceversa, ha accolto il ricorso e annullato l'ordinanza impugnata nella parte in cui aveva negato la detenzione domiciliare speciale (art. 47-quinquies ord. penit.) sulla base dell'art. 58-quater ord. penit.

La questione

Per meglio comprendere le argomentazioni e le conclusioni della Suprema Corte si deve richiamare, in sintesi, la disciplina normativa rilevante.

Il differimento facoltativo della pena può essere disposto dal giudice quando una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova, fra l'altro, in condizioni di grave infermità fisica (art. 147, comma 1, n. 2, c.p.), purché non sussista il concreto pericolo di commissione di delitti (comma 4). Come è stato ribadito anche nella sentenza in commento, la nozione di “grave infermità fisica” viene riferita a situazioni patologiche difficilmente compatibili con lo stato di detenzione e, particolarmente, a malattie che comportino un serio pericolo di vita ovvero che non possano essere adeguatamente curate in ambito carcerario o, ancora, che possano causare al detenuto sofferenze contrarie al senso di umanità della pena (ex plurimis, Cass. pen., Sez. I, 7 giugno 2019, n. 36969, in Riv. it. med. leg., 2019, 1565, con nota di PISATI; Cass. pen., Sez. I, 18 dicembre 2013, n. 789, in CED Cass., n. 258406; Cass. pen., Sez. I, 14 ottobre 2011, n. 972, ivi, n. 251674; Cass. pen., Sez. I, 8 maggio 2009, n. 22373, ivi, n. 244132; Cass. pen., Sez. I, 30 marzo 2004, n. 17947, in Giust. pen., 2005, II, 129).

Quanto alla detenzione domiciliare c.d. “surrogatoria” o “sussidiaria” o “sostitutiva”, l'art. 47-ter, comma 1-ter, ord. penit. stabilisce che possa essere applicata nei casi in cui potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena, mutuandone i presupposti. Peraltro, in seguito alla sentenza n. 99 del 2019 della Corte costituzionale, essa può venire concessa anche nell'ipotesi di grave infermità psichica sopravvenuta (Corte cost., sent. 20 febbraio 2019, n. 99, in ilPenalista, 13 giugno 2019, con nota di MANCA, La Consulta estende la detenzione domiciliare “in deroga” (al legislatore) per la grave infermità psichica sopraggiunta durante la detenzione).

Ora, nel caso di specie, la Corte di cassazione ha chiarito che l'ordinanza impugnata, che aveva negato tanto il differimento facoltativo quanto la detenzione domiciliare “sostitutiva”, “non si è discostata da questi princìpi, di cui ha fatto buon governo”. Il tribunale di sorveglianza di Taranto, pur non disponendo apposita perizia, aveva esaminato il quadro patologico della detenuta alla luce delle relazioni sanitarie più recenti, tutte convergenti in ordine alla insussistenza di “malattie organiche gravi (neppure collegate a turbe psichiatriche)”. Aveva, inoltre, motivato sulla presenza di pericolo di reiterazione del reato di evasione da parte della detenuta istante. I giudici di legittimità non hanno potuto che confermare le conclusioni del tribunale, ribadendo, per giunta, di non poter sindacare il convincimento del giudice di merito sulla necessità, o meno, di disporre perizia, in presenza di adeguata motivazione (ex multis, Cass. pen., Sez. unite, 23 marzo 2017, n. 39746, in Giur. it., 2018, 2267, con nota di FORTE, Il ruolo della perizia nel processo penale tra neutralità della prova e prova decisiva: una difficile collocazione).

Ciò chiarito, occorre passare all'altra fondamentale questione posta all'esame della Corte, e da questa accolta, sulla illegittimità del diniego della detenzione domiciliare speciale in ragione della precedente revoca di altra misura alternativa alla detenzione.

Introdotta con l. 8 marzo 2001, n. 40, poi ulteriormente disciplinata ed estesa dalla l. 21 aprile 2011, n. 62, la detenzione domiciliare speciale, ai sensi dell'art. 47-quinquiesord. penit., consente alle condannate madri di prole di età non superiore ai dieci anni di espiare la pena presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o accoglienza, allorché non ricorrano le condizioni per la detenzione domiciliare ordinaria exart. 47-ter ord. penit., ma sussista la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli minori (comma 1). La concessione della misura ai padri detenuti è subordinata a condizioni più stringenti, ossia che la madre sia deceduta, impossibilitata, e non vi sia modo di affidare la prole ad altri che al padre (comma 7). Al proposito, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la mera circostanza dell'impegno lavorativo della madre non integra l'assoluto impedimento della stessa a prendersi cura del figlio, essendo invece necessario vagliare la possibilità di ricorrere a strutture di assistenza sociale, nonché al sostegno di altri familiari che possano, all'occorrenza, sostituire la madre nella cura e nell'assistenza della prole, durante l'orario lavorativo (cfr. Cass. pen., Sez. I, 15 marzo 2016, n. 37859, in Diritto & Giustizia, 12 settembre 2016; Cass. pen., Sez. I, 19 dicembre 2014, n. 36733, ivi, 11 settembre 2015, con nota di GALASSO, La madre lavora? La detenzione domiciliare per il padre non è automatica).

Emerge chiara la ratio del beneficio: consentire che la genitorialità si esplichi al di fuori del contesto penitenziario, inidoneo alla creazione di un rapporto affettivo fisiologico. È, dunque, prioritario l'interesse del minore in tenera età a instaurare un rapporto quanto più possibile “normale” e continuativo con la madre (o, eventualmente, con il padre), in una fase nevralgica del suo sviluppo (Corte cost., sent. 22 ottobre 2014, n. 239, in Giur. cost., 2014, con note di SIRACUSANO, Detenzione domiciliare e tutela della maternità e dell'infanzia: primi passi verso l'erosione degli automatismi preclusivi penitenziari, e di PACE, La “scure della flessibilità” colpisce un'altra ipotesi di automatismo legislativo. La Corte dichiara incostituzionale il divieto di concessione della detenzione domiciliare in favore delle detenute madri di cui all'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario). La misura risponde, pertanto, al principio di protezione dell'infanzia, stabilito a livello costituzionale dall'art. 31, comma 2, Cost. e, nell'ordinamento sovranazionale, dall'art. 3, comma 1, Convenzione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989), nonché dall'art. 24, comma 2, Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Tuttavia, l'interesse allo sviluppo ordinato della personalità del minore e allo svolgimento pieno della genitorialità nel contesto extracarcerario non è l'unico parametro che il giudice debba prendere in considerazione, nel giudizio sui presupposti del beneficio in questione. La concessione della misura, invero, è impedita quando sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti (comma 1). Per di più, sono stabiliti specifici limiti di pena – l'espiazione di almeno un terzo della stessa o quindici anni nel caso d'ergastolo – ancorché, alle particolari condizioni stabilite dal comma 1-bis dell'art. 47-quinquies ord. penit., sia consentito l'accesso alla misura anche prima della scadenza di tali termini.

Ulteriore condizione ostativa alla detenzione domiciliare speciale era desumibile, secondo l'interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità, dall'art. 58-quater, commi 1, 2 e 3, ord. penit., per cui i benefici penitenziari indicati al comma 1 della stessa disposizione – assegnazione al lavoro all'esterno, permessi premio, affidamento in prova al servizio sociale nei casi dell'art. 47, detenzione domiciliare, semilibertà – non possono essere concessi per un periodo di tre anni dalla ripresa dell'esecuzione della custodia nei confronti dell'evaso (art. 385 c.p.) ovvero dalla data di emissione del provvedimento di revoca di una precedente misura alternativa ai sensi degli artt. 47, comma 11, 47-ter, comma 6, o 51, comma 1, ord. penit. Infatti, il riferimento generico, compiuto dal comma 1 dell'art. 58-quater ord. penit., alla “detenzione domiciliare” sarebbe da intendersi esteso a tutti i casi di detenzione domiciliare (Cass. pen., Sez. I, 1° luglio 2002, n. 28712). Da qui l'operatività, anche per la detenzione domiciliare speciale, del divieto di concessione di benefici derivante dall'essere stata revocata altra misura alternativa nel triennio precedente alla richiesta.

È sulla base di tale assetto normativo che il tribunale di sorveglianza di Taranto, nel caso di specie, aveva respinto l'istanza di detenzione domiciliare speciale, avendo subìto, la ricorrente, la precedente revoca di altra misura alternativa.

Senonché, come anticipato, i commi 1, 2 e 3 dell'art. 58-quater ord. penit. sono stati oggetto di declaratoria di illegittimità costituzionale, nel 2019, “nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare speciale, prevista dall'art.47-quinquies della stessa legge n. 354 del 1975, al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una delle misure indicate nel comma 2 dello stesso art. 58-quater” (Corte cost., sent. 18 luglio 2019, n. 187, in Giur. cost., 2019, 2135, con nota di PULVIRENTI, La detenzione domiciliare speciale non tollera, nel preminente interesse educativo del figlio minore, le preclusioni automatiche derivanti dalla revoca di una precedente misura alternativa; nonché in Cass. pen., 2019, 4224, con osservazioni di APRILE; per l'ordinanza di rimessione: Cass. pen., Sez. I, ord. 13 luglio 2018, n. 32331, in Dir. pen. cont., con nota di CARACENI, Preclusioni assolute ex art. 58-quater ord. pen. e detenzione domiciliare speciale: verso una nuova declaratoria di incostituzionalità?).

Palesemente errata appare dunque”, alla Corte di cassazione, l'ordinanza impugnata

Le soluzioni giuridiche

Si impone un approfondimento sulle motivazioni e sui risultati a cui è giunta la sentenza n. 187 del 2019, decisiva per l'accoglimento del ricorso da parte dei giudici di legittimità, nella pronuncia che si annota.

La Corte costituzionale ha preso le mosse dai propri precedenti in materia, a cominciare dalla sentenza con la quale era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, ord. penit. nella parte in cui non escludeva la detenzione domiciliare speciale dal divieto di concessione dei benefici da esso stabilito in caso di mancata collaborazione ai sensi dell'art. 58-ter ord. penit. (Corte cost., sent. 22 ottobre 2014, n. 239, cit.). La Corte costituzionale aveva considerato l'irragionevolezza dell'assoggettamento della detenzione domiciliare speciale al regime sancito dall'art. 4-bis, comma 1, ord. penit., perché, per un verso, investiva il minore delle ripercussioni della scelta di mancata collaborazione del genitore e, per altro verso, a fronte della mancata collaborazione, al giudice sarebbe stato precluso ogni bilanciamento tra le esigenze di difesa sociale e di tutela della genitorialità e dell'affettività del minore.

L'intento di mettere al bando ogni automatismo preclusivo nel settore che ne occupa è stato posto anche a fondamento della successiva pronuncia con cui era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dello stesso art. 47-quinquies, comma 1-bis, ord. penit., che, nei confronti delle madri condannate per uno dei delitti “ostativi” ex art. 4-bis ord. penit., precludeva, in via assoluta, l'accesso alla misura sino che non avessero scontato un terzo della pena (Corte cost., sent. 12 aprile 2017, n. 76, in Dir. pen. cont., 2017, 5, 321, con nota di LEO, Un nuovo passo della Consulta per la tutela dei minori con genitori condannati a pene detentive, e contro gli automatismi preclusivi nell'ordinamento penitenziario).

Ancora, queste considerazioni sono state riferite dalla Corte costituzionale, giungendo a risultati analoghi, all'art. 21-bis ord. penit. nella parte in cui, attraverso il rinvio al precedente art. 21 ord. penit., con riferimento alle detenute condannate alla pena della reclusione per uno dei delitti di cui all'art. 4-bis, commi 1, 1-ter e 1-quater, ord. penit., non consentiva l'accesso all'assistenza all'esterno dei figli di età non superiore agli anni dieci oppure lo subordinava alla previa espiazione di una frazione di pena, salvo l'accertamento della collaborazione con la giustizia ai sensi dell'art. 58-ter ord. penit. Ciò, infatti, avrebbe significato condizionare in via assoluta e presuntiva la tutela del rapporto tra madre e figlio in tenera età all'indice legale del “ravvedimento” del genitore condannato, facendo ricadere le conseguenze sull'interesse preminente del minore, soggetto terzo alle vicende che hanno portato alla condanna (Corte cost., sent. 23 luglio 2018, n. 174, in Cass. pen., 2018, 3685, con nota di APRILE, Sono illegittime le preclusioni ‘automatiche' al riconoscimento alle detenute madri del beneficio dell'assistenza all'esterno ai figli minori).

Del pari, l'esigenza di consentire al giudice la possibilità di considerare, caso per caso, il preminente interesse del minore, aveva orientato la Corte costituzionale nel dichiarare l'illegittimità dell'art. 47-ter ord. penit., nella parte in cui non estendeva al padre, in detenzione domiciliare “ordinaria” per esigenze di cura dei figli (comma 1, lett. b), la più favorevole disciplina dettata per la madre in caso di violazione delle prescrizioni che accompagnano la concessione del beneficio (Corte cost., sent. 22 novembre 2018, n. 211, in Giur. cost., 2018, 2516, con nota di OLIVITO, Incidentalità e reiezione dell'eccezione di costituzionalità in un giudizio di eguaglianza sulla detenzione domiciliare; nonché in Cass. pen., 2019, 983, con nota di APRILE, Anche per il padre ammesso alla detenzione domiciliare “ordinaria” per assistere figli minori di dieci anni, l'evasione è configurabile solo in caso di allontanamento protratto per più di dodici ore).

Alla base dell'intera giurisprudenza richiamata sta, a ben guardare, il principio per cui il contemperamento tra l'interesse del minore allo svolgimento ordinato del rapporto genitoriale e le esigenze di difesa sociale, perseguite mediante la limitazione della libertà personale, deve essere verificato in concreto dal giudice di sorveglianza e non collegato a indici legali presuntivi che precludano l'apprezzamento delle singole situazioni al vaglio, onde attribuire “il giusto peso all'interesse del minore” (cfr. già Corte cost., sent. 12 giugno 2009, n. 177, in Giur. cost., 2009, 63, con nota di FIORIO, Detenzione domiciliare e allontanamento non autorizzato: una decisione nell'interesse del minore; nonché in Cass. pen., 2010, 467, con nota di PULVIRENTI, Inosservanze degli orari di rientro nel domicilio: equiparato il regime della detenzione domiciliare generica (per la detenuta madre) a quello della detenzione domiciliare speciale, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 47-ter, commi 1, lett. a, seconda parte, e 8, ord. penit., nella parte in cui non limita la punibilità ai sensi dell'art. 385 c.p. al solo allontanamento che si protragga per più di dodici ore, come stabilito dall'art. 47-sexies, comma 2, sul presupposto, di cui all'art. 47-quinquies, comma 1, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti).

Condividendo queste premesse, la Corte costituzionale, nel 2019, ha ribadito che pure l'impossibilità per il genitore condannato di accedere alla detenzione domiciliare speciale (e alla detenzione domiciliare prevista dall'art. 47-ter, comma 1, lett. a-b ord. penit.) prima del triennio dalla revoca di precedente misura, ai sensi dell'art. 58-quater ord. penit., sacrificava, a priori e in via assoluta, la discrezionalità giudiziale, in uno con l'interesse del minore a vivere la quotidianità con il genitore (Corte cost., sent. 18 luglio 2019, n. 187, cit.). Peraltro – ha osservato la Consulta – “tre anni è un periodo di tempo lunghissimo nella vita di un bambino”. Ne è derivata la rimozione, mediante declaratoria di illegittimità costituzionale, dell'automatismo de quo.

Dall'illegittimità dell'art. 58-quater, commi 1, 2 e 3 ord. penit., come dichiarata nella sentenza n. 187 del 2019, la Corte di cassazione, nella decisione annotata, non ha potuto che concludere nel senso che l'assoluta impossibilità per il condannato (madre o padre) di accedere al beneficio della detenzione domiciliare speciale, prima che sia decorso un triennio dalla revoca di una precedente misura alternativa, è venuta meno. La Suprema Corte ha così avuto buon gioco nell'annullare l'ordinanza impugnata, nella parte in cui aveva negato la detenzione domiciliare speciale basandosi, essenzialmente, sulla precedente revoca di altra misura alternativa nei confronti della detenuta istante, ignorando la pronuncia n. 187 del 2019. Nel conseguente giudizio di rinvio, il tribunale di sorveglianza dovrà, pertanto, rimediare al palese errore e applicare le norme come risultanti dalla pronuncia della Consulta.

Del resto, va ricordato che le pronunce del Giudice delle leggi hanno portata erga omnes, nel senso che incidono anche sulle situazioni pregresse, sempre che queste non siano già esaurite, come quelle, non verificatesi nel caso al vaglio, determinate dalla formazione del giudicato, dall'operatività della decadenza o da altre preclusioni processuali (cfr. Cass. pen., Sez. unite, 12 luglio 2007, n. 27614, in Cass. pen., 2007, 4451, con nota di ROMEO, Nel labirinto della “Pecorella” l'esile filo d'Arianna delle Sezioni unite).

La Corte ha, poi, precisato che “il venir meno dell'automatismo suindicato non esclude che le esigenze di tutela della società possano e debbano comunque trovare adeguata considerazione, giacché la misura deve essere negata in presenza di concreta pericolosità sociale del condannato”.

Invero, è lo stesso art. 47-quinquies, comma 1, ord. penit. ad ancorare l'ammissione della detenzione domiciliare speciale all'insussistenza di un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti, sebbene non sia escluso che all'interesse del minore di crescere con i genitori in un ambiente, per quanto possibile, “normale”, sia dato particolare rilievo nel bilanciamento con le esigenze securitarie (cfr. Cass. pen., Sez. I, 25 maggio 2020, n. 16945, in Sistema penale, 17 giugno 2020, con osservazioni di CARDINALE, Detenzione domiciliare speciale e interesse superiore del minore).

Osservazioni

Merita, dunque, ripercorrere, richiamandole testualmente, le indicazioni che la Corte di cassazione ha inteso fornire al giudice del merito, a cui questi dovrà necessariamente attenersi nel giudizio di rinvio, nell'effettuare l'imprescindibile giudizio di bilanciamento e di verifica comparativa complessa tra esigenze di tutela del rapporto “genitore-figlio” e istanze di difesa sociale per la concessione della detenzione domiciliare speciale all'istante (cfr. anche Cass. pen., Sez. I, 27 marzo 2019, n. 26681, in Diritto & Giustizia, 18 giugno 2019; Cass. pen., Sez. I, 10 ottobre 2017, n. 53426, ivi, 27 novembre 2017; Cass. pen., Sez. I, 7 marzo 2013, n. 38731, in CED Cass., n. 257111).

Nello specifico, la Suprema Corte ha osservato che, ai fini dell'accertamento del pericolo di recidiva, “non potrà non tenersi conto della tipologia e della concreta gravità della condotta che ha determinato la revoca della precedente misura”.

Si tratta di una nuova regola di giudizio, a integrazione del dato normativo, elaborata dalla stessa Corte costituzionale nella pronuncia n. 187 del 2019, a cui, d'ora innanzi, i tribunali di sorveglianza investiti di una richiesta di detenzione domiciliare speciale, da parte di soggetto nei cui confronti sia stata recentemente revocata una precedente misura, dovranno conformarsi. Sembra opportuno ribadire che, nel compiere tale valutazione, i giudici non potranno riprodurre acriticamente la motivazione della revoca della precedente misura, in quanto, nel diniego della detenzione domiciliare speciale, dovranno dare specifico conto, per un verso, delle ragioni per cui le condotte alla base della revoca determinino concreta pericolosità sociale e, per altro verso, della scelta di sacrificare l'interesse del minore alla convivenza con il genitore.

Per finire, i giudici di legittimità hanno suggerito al tribunale di sorveglianza che, ove giunga alla conclusione che la pericolosità sussista, “l'interesse del minore dovrà essere necessariamente salvaguardato con strumenti alternativi rispetto al ristabilimento della convivenza con il genitore”.

Occorre, nuovamente, fare riferimento ai dicta della Corte costituzionale, per comprendere appieno le parole della Corte di cassazione, giacché dalla pronuncia n. 187 del 2019 pare potersi desumere un vero e proprio protocollo logico per giudizi analoghi.

In via preliminare, il tribunale di sorveglianza dovrebbe considerare “la possibilità (…) di subordinare la concessione della misura alle prescrizioni contemplate” dall'art. 47-quinquies, comma 3, ord. penit., valorizzando, particolarmente, il richiamo, in esso contenuto, alle disposizioni sugli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.). Nello specifico, il giudice potrà: impedire al detenuto di allontanarsi dal luogo a cui è assegnato salvo autorizzazioni ad hoc; stabilire limiti o divieti alla facoltà di comunicare con persone diverse da quelle che lo assistono o che coabitano con lui; prevedere interventi più incisivi del servizio sociale, a fini di controllo della condotta del soggetto e di sostegno al superamento delle difficoltà di adattamento alla vita sociale. Nel caso in cui queste prescrizioni si rivelino ex ante inadeguate a contenere la pericolosità dell'istante oppure quando vengano violate, così da dar luogo alla revoca ex art. 47-quinquies, comma 6, ord. penit., il giudice dovrà valutare l'opportunità di affidare il minore ad altro nucleo familiare idoneo, mediante gli strumenti della decadenza dalla responsabilità genitoriale o della sua limitazione (artt. 330 e 333 c.c.), non sconosciuti alla giurisprudenza di merito (cfr. Trib. min. Reggio Calabria, decr. 17 maggio 2016 e 6 ottobre 2015, in Foro it., I, 3669, con nota di CASABURI, Responsabilità genitoriale e ‘ndrangheta; il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria per una scelta di vita, sulla decadenza dalla responsabilità dei genitori aderenti all'organizzazione criminale mafiosa della ‘ndrangheta che, con le loro scelte di vita, avrebbero pregiudicato l'equilibrato e sano sviluppo dei figli).

Si rende opportuna una notazione finale, di carattere più generale. È vero che la Corte costituzionale, con i suoi plurimi interventi, ha inteso consentire alla magistratura di sorveglianza di effettuare il bilanciamento tra il diritto del minore alla convivenza con il genitore e le istanze di difesa sociale, rimuovendo dall'ordinamento penitenziario quelle disposizioni in cui il primo era considerato, a priori, recessivo. Si tratta, peraltro, di un trend confermato, da ultimo, dalla declaratoria di illegittimità costituzionale dello stesso art. 47-quinquies ord. penit. nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche ai genitori di figli affetti da handicap grave, a prescindere dall'età di questi (Corte cost., sent. 14 febbraio 2020, n. 18, in Sistema penale, con osservazioni di LEO, La madre di persona affetta da grave disabilità può accedere alla detenzione domiciliare speciale qualunque sia l'età del figlio svantaggiato). La Corte ha rimosso un ulteriore “automatismo” preclusivo. L'art. 47-quinquies ord. penit., potendo essere concesso ai soli genitori di prole infradecenne, impediva, in concreto, per il caso di genitori di figli età superiore ma affetti da handicap totalmente invalidante, un apprezzamento in punto di assenza di pericolosità sociale e di adeguatezza genitoriale del richiedente (cfr. l'ordinanza di rimessione: Cass. pen., Sez. I, ord. 27 marzo 2019, n. 17653, in CED Cass., n. 275893).

È altrettanto vero che la progressiva erosione degli automatismi penitenziari in parte qua prospetta spazi inediti per la discrezionalità giudiziale, la quale sarà, sempre più frequentemente, chiamata a svolgere, nel caso concreto, bilanciamenti che, in origine, erano risolti dal legislatore. In attesa di riflessioni più organiche, l'interprete non può che mettere in guardia dalle conseguenze in termini di imprevedibilità del sistema, affidato a soluzioni casistiche e agli orientamenti, non sempre univoci, della giurisprudenza.

Guida all'approfondimento

CANEVELLI, Misure alternative al carcere a tutela delle detenute madri, in Dir. pen. proc., 2001, 805;

CAPITTA, Revoca della misura alternativa e detenzione domiciliare per la cura dei minori: la Consulta rimuove l'automatismo ma continua a imporre la regola di giudizio, in Arch. pen., 2019, 2, 1;

CARNEVALE-SIRACUSANO-COPPETTA, Le misure alternative alla detenzione e la liberazione anticipata, in Della Casa – Giostra (a cura di), Manuale di diritto penitenziario, Giappichelli, Torino, 2020, 149;

CESARI, Sub art. 58-quater, in Della Casa – Giostra (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Wolters Kluwer-CEDAM, Milano, 2019, 852;

CESARIS, Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori, in Leg. pen., 2002, 547;

CESARIS, Sub art. 47-quinquies, in Della Casa – Giostra (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Wolters Kluwer-CEDAM, Milano, 2019, 704;

DEL COCO, La sicurezza e la disciplina penitenziaria, in Corso (a cura di), Manuale della esecuzione penitenziaria, Monduzzi Editoriale, Milano, 2019, 187;

FIORENTIN, Sub art. 47-quinquies L. 26 luglio 1975, n. 354, in Giarda – Spangher (a cura di), Codice di procedura penale commentato, III, Wolters Kluwer, Milanofiori Assago, 2017, 2557;

FIORENTIN, Tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori, in Giur. mer., 2011, 2616;

FONTI, Sub art. 58-quater L. 26 luglio 1975, n. 354, in Giarda – Spangher (a cura di), Codice di procedura penale commentato, III, Wolters Kluwer, Milanofiori Assago, 2017, 2645;

MANTOVANI, La marginalizzazione del carcere in funzione di tutela della relazione madre-figlio, in Id. (a cura di), Donne ristrette, Ledizioni, Milano, 2018, 195;

PECORELLA, La detenzione delle donne madri: la difficoltà di garantire l'interesse superiore del minore. Trenta anni di riforma per ridurre il numero di bambini dietro le sbarre, in Gandus – Tonelli (a cura di), Doppia pena, il carcere delle donne, Mimesis, Sesto San Giovanni 2019, 35;

PULVIRENTI, Le misure alternative alla detenzione, in Corso (a cura di), Manuale della esecuzione penitenziaria, Monduzzi Editoriale, Milano, 2019, 257;

SPAVENTI-GHEZZI, Le misure alternative alla detenzione nell'interpretazione giurisprudenziale, in Balducci – Macrillò (a cura di), Esecuzione penale e ordinamento penitenziario, Giuffré Francis Lefebvre, Milano, 2020, 547.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario