Termine annuale per la dichiarazione di fallimento e improcedibilità dei ricorsi causa Covid

20 Ottobre 2020

La mia società è stata cancellata dal registro delle imprese il 14 maggio 2019. Mi è arrivata istanza di fallimento a luglio con udienza l'11 agosto. La sospensione dei termini per la dichiarazione di fallimento dal 9 marzo al 30 giugno ha effetto anche se la controparte non ha presentato prima della scadenza dell'anno la richiesta? O doveva presentarla entro il 14 maggio 2020 vedersela dichiarare improcedibile e poi ripresentarla dopo il 30 giugno?

La mia società è stata cancellata dal registro delle imprese il 14 maggio 2019. Mi è arrivata istanza di fallimento a luglio con udienza l'11 agosto.

La sospensione dei termini per la dichiarazione di fallimento dal 9 marzo al 30 giugno ha effetto anche se la controparte non ha presentato prima della scadenza dell'anno la richiesta? O doveva presentarla entro il 14 maggio 2020 vedersela dichiarare improcedibile e poi ripresentarla dopo il 30 giugno?

Il contenuto dell'art. 10, comma 3, Decreto Liquidità (d.l. n. 23/2020), su questo punto non è chiaro, sicché occorre procedere attraverso argomentazioni sistematiche e analogiche per giungere a un'interpretazione plausibile.

Il quesito proposto è di estremo interesse pratico, si riferisce a una delle disposizioni più discusse e impattanti nel panorama della normazione d'urgenza maturata ai tempi del Coronavirus in riferimento alle imprese e, specificamente, alle imprese che vivono situazioni di pregressa o sopravvenuta crisi.

Per tentare una risposta al quesito, occorre affrontare l'esegesi della norma - l'art. 10 del decreto legge n. 23 dell'8 aprile 2020, detto anche ‘Decreto liquidità', coordinato con la legge di conversione 5 giugno 2020, n. 40, e confrontarla con la ratio che ha ispirato il legislatore nell'elaborazione della disposizione nel testo attuale, nonché con più generali esigenze di economia processuale che devono guidare l'interprete nella soluzione più ragionevole, la quale si ritiene debba essere nel senso della sospensione dei termini per la proposizione della domanda anche nella fattispecie descritta.

Vero è che la legge non contiene una previsione chiara nell'attuale formulazione dell'unico comma del citato art. 10, d.l. n. 23/2020: (rubricato “Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza”): “Tutti i ricorsi ai sensi degli articoli 15 e 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 sono improcedibili”.

Anzitutto la previsione così ampia, resa evidente dalla scelta dell'indefinito ‘tutti', rappresenta un primo elemento a favore della lettura più ampia della norma. Un secondo elemento importante si può rinvenire nella ratio della specifica disciplina dell'inammissibilità, che vanta tra i propri principali effetti quello di impedire l'esame del merito delle ragioni presentate nell'istanza: non ha senso, quindi, immaginare la presentazione di un'istanza che non avrebbe modo di essere sottoposta ad analisi. L'improcedibilità, dunque, rileva nella disposizione in esame, sia come specifico effetto legale, sia come contenuto precipuo di una pronuncia giudiziaria: a tale ultimo significato qualunque tipo di istanza - anche quella presa in esame nel caso de quo - non può in alcun modo sottrarsi.

Ben più pregnante è l'individuazione della ratio implicita nella scelta legislativa: infatti, l'art. 9 del medesimo decreto opera nel senso della proroga della durata di tutte le procedure sorte d'iniziativa del debitore, al fine di prolungare o almeno cristallizzare lo spazio per un risanamento o un tentativo di sopravvivenza connesse all'emergenza Covid e al crollo finanziario da esso causato.

L'art. 10, invece, estende la medesima scelta del blocco anche alle iniziative promosse dai terzi, seguendo uno schema di risoluzione della crisi che si era già applicato al primo insorgere dell'epidemia. Si è correttamente potuto osservare che, sotto la coltre della modalità processuale, si è voluto attribuire al debitore uno spazio di maggiore meditazione e di valutazione effettiva delle difficoltà economiche e propriamente aziendali. Il pretesto offerto è l'eccezionalità della vicenda pandemica, ma da essa è inevitabile la trasfusione dei meccanismi e delle soluzioni proposte anche a vicende di crisi e di insolvenza che affondano le loro radici antecedentemente a Covid.

Vero è, dunque, che la norma protegge in misura ampia tutti i debitori, contro le dichiarazioni di fallimento e dell'insolvenza ove i ricorsi siano stati depositati tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020. E, attraverso il richiamo agli artt. 15 e 195 l.fall., si applica quindi ai fallimenti, alle liquidazioni coatte amministrative comunque richiamanti l'art. 195 l.fall., alle amministrazioni straordinarie della cd. Prodi-bis. Il vantaggio per il debitore si declina in vantaggio - de facto - per il creditore, laddove anche i termini a lui imposti subiscono un'insuperabile sospensione.

Oltre alla già illustrata lettera della legge, un'evidente motivazione di economia processuale impone di ritenere che non possa essere richiesto a un creditore di depositare un'istanza che ex lege dovrà essere dichiarata inammissibile.

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