I limitati poteri del giudice in sede di opposizione all'esecuzione promossa su titolo giudiziale
20 Ottobre 2020
Massima
In sede di opposizione all'esecuzione promossa su un titolo giudiziale il potere del giudice è circoscritto all'accertamento circa l'effettiva portata esecutiva del titolo che fonda l'esecuzione stessa, dovendo le eventuali questioni di merito incidenti sulla sua formazione essere fatte valere esclusivamente mediante l'esperimento dei mezzi di impugnazione del titolo medesimo. Il caso
L'Università degli Studi di Bari ha proposto opposizione all'atto di precetto con cui un suo dipendente ha intimato il pagamento di una somma di denaro, in forza di un titolo esecutivo giudiziale, e cioè della sentenza con cui il Tribunale di Bari aveva condannato l'opponente al pagamento di svariate mensilità arretrate e dell'indennità di equiparazione. L'Università ha chiesto la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. La questione giuridica
L'ordinanza in commento è incentrata sulle censure deducibili e sui poteri del giudice in controversie instaurate ai sensi dell'art. 615 c.p.c., nell'ipotesi in cui il precetto si fondi su un titolo di formazione giudiziale, dovendo essere decisa l'istanza di sospensiva della sua efficacia esecutiva.
Il Tribunale, infatti, ricostruito il quadro normativo di riferimento a seguito della novella n. 80/2005 (d.l. n. 35/2005, convertito in l. n. 80/2005), ha affrontato la natura del provvedimento da emettersi in ordine all'istanza di sospensione del titolo richiesta ex art. 615 comma 1 c.p.c., precisandone i presupposti, la ratio e, soprattutto, le ragioni scrutinabili dal giudice su impulso di parte.
L'opponente, in concreto, ha proposto censure attinenti alla spettanza del diritto all'indennità di equiparazione in capo all'opposto, cioè doglianze relative al merito della questione già delibata dal Tribunale nel corso della controversia che è esitata nella sentenza posta a fondamento dell'esecuzione promossa dall'opposto. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Bari ha rilevato come, a seguito della modifica apportata all'art. 615 del codice di rito ad opera del d.l. n. 35/2005, convertito in l. n. 80/2005, il giudice dell'opposizione a precetto può sospendere, laddove sussistano gravi motivi, l'efficacia esecutiva del titolo, e ciò al fine di colmare la lacuna di tutela del presunto debitore, essendo in precedenza carenti strumenti processuali tipici diretti a paralizzare l'inizio dell'esecuzione. Prima della riforma, infatti, il debitore poteva inibire l'inizio dell'esecuzione facendo esclusivamente ricorso ad un'azione ex art. 700 c.p.c.; la ratio che ha ispirato il legislatore è stata proprio quella di impedire che l'opponente debba attendere l'inizio dell'esecuzione per sollecitarne la sospensione e che, quindi, debba comunque subire gli effetti pregiudizievoli del primo atto esecutivo.
Tuttavia, secondo il Tribunale pugliese il giudice ha il potere di sospendere solamente l'efficacia esecutiva del titolo ad esecuzione non ancora iniziata: laddove la stessa dovesse essere promossa con il pignoramento, al contrario, non potrebbe più dibattersi in ordine alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo medesimo, bensì dell'esecuzione, con la conseguenza che la “competenza” a sospenderla spetterebbe esclusivamente al giudice dell'esecuzione, dinnanzi al quale proporre autonoma opposizione.
La natura del provvedimento di sospensione, inoltre, avrebbe natura cautelare, imponendo una delibazione in ordine alla sussistenza tanto del requisito del periculum in mora, tanto del fumus boni iuris.
Con riferimento al fumus boni iuris, poi, va rammentato come, laddove il titolo sia di formazione giudiziale, non possano porsi questioni in contrasto con il titolo stesso, in quanto deducibili esclusivamente con gli specifici mezzi di impugnazione: il potere del giudice dell'opposizione, quindi, risulta limitato all'accertamento della portata esecutiva del titolo posto a fondamento dell'esecuzione, dovendo le eventuali ragioni di merito incidenti sulla sua formazione essere fatte valere soltanto mediante l'impugnazione della sentenza.
Da ultimo, il giudice barese ha evidenziato l'irrilevanza dell'eventuale deposito da parte dell'opponente di istanza alla Corte di Appello competente per ottenere la sospensione dell'esecuzione provvisoria della sentenza impugnata, stante l'autonomia dei giudizi: infatti, anche laddove tale istanza venisse accolta, per giurisprudenza costante il giudice dell'esecuzione non è tenuto a disporre la sospensione ai sensi dell'art. 295 c.p.c. del processo di opposizione, non sussistendo pregiudizialità tra gli accertamenti oggetto dei due giudizi.
Venendo alla questione concreta, dal momento che alla base dell'azione esecutiva promossa vi è un titolo di formazione giudiziale e che i motivi di opposizione formulati attengono a ragioni meritorie incidenti sulla formazione del titolo stesso – censurabili solo con gli specifici mezzi impugnatori, la richiesta sospensiva è stata rigettata, non ravvisandosi i gravi motivi richiesti dall'art. 615 c.p.c., difettando, per l'appunto, il fumus boni iuris. Osservazioni
L'ordinanza in commento si pone nel solco di un orientamento giurisprudenziale di merito e di legittimità granitico, non essendo stata rinvenuta in proposito alcuna pronuncia di senso opposto.
Ed invero le affermazioni del Tribunale di Bari appaiono del tutto condivisibili, giacché coerenti con il quadro normativo esistente e con la ratio sottostante le scelte legislative.
Non può esservi alcun dubbio, infatti, circa l'impossibilità per il giudice dell'opposizione all'esecuzione di scrutinare questioni attinenti al merito del titolo giudiziale posto a fondamento dell'esecuzione stessa, in quanto queste possono e debbono essere oggetto di specifiche censure proponibili mediante impugnazione del titolo: diversamente opinando, infatti, verrebbero posti nel nulla i rimedi impugnatori, che perderebbero di valenza effettiva, ma, soprattutto, si rischierebbero conflitti di giudicato.
Più nel dettaglio, poi, occorre rammentare che il titolo esecutivo giudiziale copre i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del credito che siano intervenuti anteriormente alla formazione del titolo medesimo, che non può essere rimesso in discussione né dinnanzi al giudice dell'esecuzione né dinnanzi a quello dell'opposizione a precetto per fatti antecedenti la sua formazione: ciò in ragione dell'intrinseca riserva di ogni questione di merito al giudice naturale della causa, come recentemente affermato anche dalla Corte di cassazione.
Inoltre, in ragione dell'intrinseca natura cautelare della richiesta pronuncia di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo posto a fondamento dell'opposizione, per una delibazione con esito favorevole per l'opponente occorre l'integrazione dei “gravi motivi” richiesti dall'articolo 615 c.p.c., che possono ritenersi sussistenti laddove si riscontrino tanto il fumus boni iuris, quanto il periculum in mora.
Chiaramente, alla luce delle affermazioni sopra espresse, nel caso di esecuzione basata su titolo giudiziale le deduzioni volte a sostenere l'apparenza di fondatezza dell'opposizione non possono attenere al merito della controversia esitata nell'emissione del titolo stesso, in quanto, come precisato, tali questioni debbono essere oggetto di motivi di appello o ricorso in cassazione. In casi siffatti, pertanto, il fumus boni iuris potrà dirsi sussistente esclusivamente sulla base di censure relative a fatti estintivi, modificativi o impeditivi posteriori alla emissione del titolo giudiziale. |