L'art. 169-bis l.fall. e le anticipazioni bancarie: si pronuncia la Cassazione

21 Ottobre 2020

L'art. 169-bis l. fall. è inapplicabile alla singola operazione di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all'incasso con annesso patto di compensazione, ancora in corso al momento dell'apertura del concordato, avendo la banca, con l'erogazione della anticipazione, già compiutamente eseguito la propria prestazione...
Massima

L'art. 169-bis l. fall. è inapplicabile alla singola operazione di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all'incasso con annesso patto di compensazione, ancora in corso al momento dell'apertura del concordato, avendo la banca, con l'erogazione della anticipazione, già compiutamente eseguito la propria prestazione.

Il collegamento negoziale e funzionale esistente tra il contratto di anticipazione bancaria ed il mandato all'incasso con patto di compensazione, che consente alla banca di incamerare e riversare in conto corrente le somme derivanti dall'incasso dei singoli crediti del proprio cliente nei confronti di terzi, dando luogo ad un unico rapporto negoziale, determina l'applicazione dell'istituto della c.d. compensazione impropria tra i reciproci debiti e crediti della banca con il cliente e la conseguente inoperatività del principio di "cristallizzazione" dei crediti, rendendo, pertanto, del tutto irrilevante che l'attività di incasso della banca sia svolta in epoca successiva all'apertura della procedura di concordato preventivo.

Il caso

In accoglimento dell'istanza ex art. 169 bis l.fall. formulata da una società in concordato preventivo, il Tribunale di Firenze, in data 27.6.2017, ha autorizzato lo scioglimento del contratto di apertura di credito stipulato in epoca anteriore alla presentazione della domanda di concordato. Più in particolare, il Tribunale di Firenze ha autorizzato lo scioglimento di un contratto di anticipazione bancaria con cessione pro-solvendo dei crediti e patto di compensazione in cui l'erogazione era avvenuta prima del deposito della domanda di concordato ex art. 161 l.fall.

Avverso detto provvedimento la banca ha proposto reclamo ex art. 26 l.fall..

Con decreto depositato il 14.11.2017 il Tribunale di Firenze ha rigettato il reclamo ritenendo applicabile l'art. 169 bis l.fall. nonostante l'erogazione da parte della banca fosse stata già eseguita, precisando che a fronte di un contratto di anticipazione su fatture, effetti, ricevute bancarie presentate salvo buon fine con le clausole accessorie della cessione di credito verso il debitore pro-solvendo e patto di compensazione, "l'incasso e la successiva compensazione non sono solo diritti a favore dell'istituto di credito, ma anche obblighi in capo allo stesso e nell'interesse del cliente perché garantiscono l'effettiva operatività di quelle garanzie che mettono anche il cliente al riparo della richiesta di restituzione".

Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la banca.

La società in concordato preventivo si è costituita in giudizio con controricorso.

Il Procuratore Generale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso, chiedendo in ogni caso, il pronunciamento di un principio di diritto ai sensi dell'art. 363 c.p.c..

Con la sentenza in esame la Corte ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso richiamando l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 17520/2015) secondo il quale il ricorso straordinario per cassazione è ammissibile solo avverso provvedimenti di natura giurisdizionale che sono destinati a produrre effetti di diritto sostanziale con efficacia di giudicato e che incidono in modo definitivo sui diritti soggettivi delle parti. Nel caso di specie, invece, il provvedimento assunto dal giudice delegato a norma dell'art. 169 bis l.fall. e quello assunto all'esito del relativo reclamo incardinato dalla parte insoddisfatta sono espressione del potere di amministrazione e gestione dei beni del debitore e delle funzioni di direzione della procedura concorsuale, non deputati a risolvere controversie su diritti.

La Corte ha inoltre precisato che l'unico strumento giuridico a disposizione della parte che ritiene non corretto il provvedimento adottato dal tribunale in sede di reclamo è il processo a cognizione piena nell'ambito del quale potrà essere contestata la sussistenza o la insussistenza dei presupposti per lo scioglimento del contratto.

La questione giuridica sottoposta all'esame della Corte, ancorché il ricorso fosse inammissibile, ha consentito alla stessa di pronunciare al riguardo, ai sensi dell'art. 363 c.p.c., il principio di diritto di seguito indicato.

La questione giuridica e la soluzione

La questione giuridica che ha dato luogo al pronunciamento del principio di diritto ai sensi dell'art. 363 cpc è stata la seguente: “… se la L.Fall., art. 169 bis, sia o meno applicabile ai contratti di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all'incasso con annesso patto di compensazione, c.d. linee di credito autoliquidanti, e, in particolare, se lo scioglimento possa o meno eventualmente investire quelle operazioni di anticipazione nelle quali la banca, anteriormente all'apertura della procedura di concordato preventivo, abbia già effettuato la propria erogazione a favore del cliente, mentre la riscossione del credito a copertura della anticipazione sia avvenuta successivamente.”

L'esame della questione giuridica operato dalla Corte ha inizio con la definizione del perimetro di applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 169 bis l.fall.. In tale prospettiva la Corte fonda il proprio esame su un orientamento largamente condiviso in dottrina e giurisprudenza secondo il quale vi sarebbe una sostanziale coincidenza del campo di applicazione dell'art. 72 l.fall. rubricato “Rapporti pendenti” con l'art. 169 bis l.fall. rubricato “Contratti pendenti”. Entrambe le disposizioni normative da ultimo richiamate troverebbero applicazione per i contratti a prestazioni corrispettive “pendenti” ossia i contratti in cui nessuna delle parti abbia adempiuto compiutamente la propria obbligazione. Sicché, sono escluse dal campo di applicazione dell'art. 169 bis l.fall. (e dell'art. 72 l.fall.) tutti i contratti a prestazioni corrispettive in cui una delle parti abbia già integralmente eseguito la propria obbligazione.

Definito il perimetro di applicazione dell'art. 169 bis l.fall. la Corte è poi passata ad esaminare l'applicazione in concreto di tale norma al contratto quadro di apertura di credito ed alle singole operazioni di anticipazione in esecuzione dello stesso, supportate da una cessione di credito in garanzia oppure da un mandato all'incasso con patto di compensazione.

Al riguardo, la soluzione offerta dalla Corte è stata quella di ritenere che la disposizione dettata dall'art. 169 bis l.fall.:

a) trovi applicazione rispetto al contratto-quadrodi anticipazione bancaria contro cessione di credito o mandato all'incasso ed annesso patto di compensazione, naturalmente nei limiti dell'importo massimo convenuto fra le parti;

b) non trovi applicazione rispetto alla singola anticipazione operata in esecuzione del contratto quadro qualora l'anticipazione sia stata erogata prima dell'apertura del concordato e ciò a prescindere dalla circostanza che detta anticipazione sia accompagnata da una clausola di cessione in garanzia del credito piuttosto che da un mandato all'incasso con patto di compensazione.

La Corte ha inoltre trattato un'altra questione giuridicamente rilevante e connessa all'applicazione dell'art. 169 bis l.fall.: l'efficacia del pagamento eseguito dal terzo in favore della banca (anticipazione erogata prima della presentazione della domanda di concordato e pagamento del terzo in corso di procedura).

Rispetto a tale ultima questione giuridica la Corte ha stabilito che “…la banca ha diritto di trattenere il pagamento ricevuto qualora il contratto di anticipazione preveda una clausola in tal senso”. A supporto di tale soluzione la Corte ha richiamato l'orientamento giurisprudenziale consolidato (Cass. n. 17999/2011; Cass. n. 3336/2016; Cass. n. 2539/1998; Cass. n. 7194/1997; Cass. n. 4205/01) secondo il quale l'ammissione ad una procedura concorsuale minore non determina lo scioglimento del rapporto di conto corrente bancario e di quelli di volta in volta in esso confluenti tra i quali quello di apertura di credito e con esso tutti quelli collegati funzionalmente come il mandato all'incasso con patto di compensazione. Più in particolare, la Corte ha precisato che nella fattispecie non trovi applicazione il principio di cristallizzazione del patrimonio del debitore perché questo verrebbe meno a fronte del vincolo negoziale derivante dal collegamento funzionale del contratto di anticipazione con il mandato all'incasso con patto di compensazione il quale rivela “… la causa concreta di tutta l'operazione, di talché in assenza del patto in oggetto la stessa operazione non sarebbe mai stata posta in essere …”.

La Corte inoltre individua nell'istituto della c.d. compensazione impropria lo strumento che legittima la banca a trattenere le somme pagate dal terzo in corso di procedura atteso che nella fattispecie le obbligazioni contrapposte trovano la loro fonte nel medesimo rapporto negoziale e non sono entrambe antecedenti all'apertura della procedura di concordato così come invece indicato tra i requisiti per l'applicazione dell'art. 56 l.fall..

Pertanto, a fronte di un mandato all'incasso con patto di compensazione il pagamento del terzo in corso di procedura potrà essere legittimamente trattenuto dalla banca, trovando applicazione l'istituto della c.d. compensazione impropria.

Da ultimo la Corte precisa che a conclusioni opposte si arriverebbe qualora il contratto di anticipazione preveda solo il mandato all'incasso in favore della banca e non anche il patto di compensazione. In tale ultima ipotesi la banca non potrebbe trattenere legittimamente il pagamento ricevuto dal terzo in corso di procedura atteso che non troverebbe applicazione la compensazione impropria né la compensazione ex art. 56 l.fall..

Osservazioni

La sentenza in esame costituisce la prima pronuncia della Corte di Cassazione sul tema molto dibattuto della possibile applicazione dell'art. 169 bis l.fall. ai contratti di anticipazione bancaria.

Si tratta di una sentenza destinata dunque a dare corso ad un orientamento giurisprudenziale teso quantomeno ad attenuare il vivace contrasto sorto in dottrina e nella giurisprudenza di merito, in attesa dell'entrata in vigore del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza che sulla base delle ultime integrazioni e modifiche sembra dettare una disciplina generale meno equivoca in tema di scioglimento dei contratti in sede di concordato preventivo e, in particolare, una specifica trattazione dei contratti di finanziamento autoliquidanti.

Il principio di diritto emanato dalla Corte con la sentenza in esame investe due questioni giuridiche strettamente collegate tra loro:

a) l'applicabilità dell'art. 169 bis l.fall. ai contratti di anticipazione bancaria c.d. autoliquidanti;

b) la sorte del pagamento eseguito dal terzo alla banca nel corso della procedura di concordato preventivo, a fronte dell'anticipazione erogata dalla banca prima della presentazione della domanda di concordato.

Art. 169 bis l.fall. “Contratti pendenti”

L'art. 169 bis l.fall. è una norma che sin dalla sua emanazione ha dato luogo a contrastanti interpretazioni. Prima della grande ondata riformatrice della disciplina fallimentare che ha avuto inizio con il decreto legge competitività n. 35/05 poi convertito dalla legge 80/05, la disciplina dei rapporti giuridici pendenti nell'ambito della procedura di concordato preventivo non aveva una esplicita regolamentazione, tuttavia, l'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza di legittimità e di merito ma anche della dottrina, escludeva l'applicazione al concordato preventivo della disciplina dettata per il fallimento dagli artt. 72 e ss l.fall.

L'art. 33, comma 1, lett. d) d.l. 22.6.2012, n.83 convertito dalla legge n. 134/12, come è noto, ha introdotto l'art. 169 bis l.fall. nell'ambito di una serie di disposizioni tese alla salvaguardia dell'azienda. Sulla scia delle esperienze dei maggiori paesi stranieri, il Legislatore fallimentare del 2012 ha quindi dettato una serie di disposizioni tese a favorire la continuità aziendale delle imprese in crisi, sulla base del presupposto che la conservazione di tale valore, nella maggior parte dei casi, rappresenti la soluzione più idonea a tutelare l'interesse dei creditori. ;La finalità dell'art. 169 bis è infatti quella di mettere a disposizione dell'imprenditore, che formuli domanda di concordato preventivo, uno strumento finalizzato a sospendere temporaneamente gli effetti di un contratto pendente ovvero a sciogliere il vincolo negoziale in assenza dei presupposti tipici di natura civilistica. I presupposti per accedere a tale facoltà erano stati inizialmente individuati nella circostanza che il contratto fosse “in corso di esecuzione” e che la richiesta di sospensione ovvero di scioglimento fosse funzionale al piano di concordato, senza che necessariamente ne dovesse discendere un vantaggio per i creditori concorsuali. La ratio della norma è stata dunque sempre quella di favorire l'imprenditore nella soluzione concordataria della crisi anche se tale finalità potesse comprimere gli interessi del contraente in bonis.

La sintetica formulazione della norma, come è noto, ha lasciato spazio ad interpretazioni contrastanti che hanno investito sia il procedimento che i presupposti.

Sono infatti sorti accesi contrasti in dottrina ed in giurisprudenza sull'obbligo di incardinare il contraddittorio tra il debitore istante ed il contraente in bonis; sul perimetro di applicazione della norma e quindi sul rapporto tra l'art. 169 bis l.fall. e l'art. 72, comma 1, l.fall.; sui presupposti e sui diritti che l'organo decisionale è chiamato a soppesare nella valutazione del provvedimento richiesto.

Molti contrasti risultano superati dalla modifica legislativa introdotta con il D.L. 83/2015 convertito dalla L. 132/2015 mentre altri sono rimasti aperti pur in presenza di orientamenti giurisprudenziali oramai consolidati. Il riferimento è al contraddittorio reso necessario dal predetto intervento normativo (cfr. art. 169 bis, comma 1, l.fall. “…sentito l'altro contraente …”) ed al perimetro di applicazione della norma che la giurisprudenza prevalente ha individuato nei contratti che non abbiano avuto compiuta esecuzione da entrambe le parti al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo. L'art. 8, comma 1, lett. a) del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 6 agosto 2015, n. 132, art. 22 ha infatti modificato la rubrica dell'art. 169 bis l.fall. sostituendo la locuzione “contratti in corso di esecuzione” con “contratti pendenti” e nel primo comma sostituendo “contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso.” con “… contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti …” utilizzando così una definizione molto simile a quella già usata all'art. 72, comma 1, l.fall., fatto salvo per l'omesso richiamo ad “entrambe le parti” che invece è previsto in tale ultima norma. Omissione quest'ultima che tuttavia non appare dirimente, atteso che l'utilizzo da parte dell'art. 169 bis l.fall. di una locuzione identica a quella della rubrica dell'art. 72 l.fall. rivela la inequivoca volontà del legislatore di uniformare il campo di applicazione delle due norme in esame così come del resto confermato anche dalla relazione alla legge di conversione (cfr. L. 132/2015).

I contratti bancari di smobilizzo dei crediti c.d. autoliquidanti

Il ruolo sempre più da protagonista che le banche sono chiamate a svolgere nel momento in cui emerga una situazione di crisi e il debitore decida di attivarsi per una soluzione concordata, comporta la necessità di acquisire la massima chiarezza sui rapporti giuridici tra le parti ed in particolare sull'impatto che l'accesso ad una procedura concorsuale assume rispetto ad un contratto bancario in corso di esecuzione.

Nella prassi gli interventi delle banche a sostegno di piani di concordato sono moderatamente rari, salvo grandi procedure, non è infatti usuale assistere a finanziamenti erogati in favore di società in procedura. Compito del Legislatore è quello di favorire tali finanziamenti quali strumenti essenziali per la salvaguardia delle aziende produttive.

Tra le varie linee di credito offerte dalle banche una tra le più diffuse è senz'altro quella che prevede lo smobilizzo dei crediti ovvero la possibilità per il cliente di ottenere, entro un importo massimo prestabilito, l'erogazione di una somma a titolo di “anticipo” a fronte della presentazione di uno o più crediti (c.d. linee di credito autoliquidanti). Tale forma di finanziamento si declina, sotto il profilo giuridico, in due distinti schemi negoziali a seconda che l'anticipazione sia supportata dalla cessione dei crediti oggetto di “anticipo” oppure da un mandato all'incasso generalmente accompagnato da un patto di compensazione. L'impatto della presentazione di una domanda di concordato preventivo sul contratto di anticipazione assume toni diversi a seconda dello schema negoziale adottato.

Invero, nell'ipotesi di cessione del credito, generalmente configurata quale cessione in garanzia, l'anticipazione accordata sul conto corrente del cliente non costituisce il prezzo del trasferimento della titolarità di detto credito ma si configura quale concessione di un affidamento. Il pagamento del terzo (ceduto) avviene in favore della banca quale titolare del credito.

In virtù dell'espresso richiamo all'art. 45 l. fall. contenuto nell'art. 169 l. fall. l'espletamento delle formalità necessarie per rendere opponibile la cessione ai terzi (notifica della cessione con data certa antecedente al deposito della domanda di concordato) determina il prodursi dell'effetto traslativo, con la conseguenza che nessuna pretesa alla restituzione delle somme incassate può essere avanzata nei confronti della banca, fatta salva, in caso di fallimento, l'eventuale azione revocatoria contro tale atto di cessione.

Nell'ipotesi di linee di credito autoliquidanti supportate da un mandato all'incasso ci troviamo su un piano giuridico diverso rispetto al precedente, atteso che la banca riceve dal proprio cliente l'incarico di incassare il credito a fronte del quale ha concesso l'anticipazione, sicché può pretendere dal terzo il pagamento in proprio favore solo in qualità di legittimata alla riscossione. Il pagamento del terzo origina, in forza della disciplina sul mandato (cfr. art. 1713 cc), l'obbligo della banca di rimettere al cliente la somma ricevuta. La canalizzazione di questo flusso fonda, in ogni caso, l'aspettativa della banca di rientrare dalla propria esposizione mediante il pagamento del terzo, sicché è frequente l'espressa previsione nel contratto di mandato di un patto di compensazione ossia del diritto della banca di trattenere le somme incassate dal terzo a soddisfazione del credito derivante dall'anticipazione.

Osservazioni sull'applicazione dell'art. 169 bis l.fall. ai contratti di anticipazione bancaria c.d. autoliquidanti – contratto quadro – cessione credito in garanzia – mandato all'incasso con patto di compensazione

Il tema dell'applicazione dell'art. 169 bis l.fall. alle c.d. linee di credito autoliquidanti ha dato luogo ad orientamenti diversi nella giurisprudenza di merito. In particolare, mentre per le anticipazioni supportate dalla cessione in garanzia del credito si registra un orientamento largamente prevalente teso a negare l'applicazione dell'art. 169 bis l.fall., per le anticipazioni supportate da un mandato all'incasso si registra invece un orientamento nettamente maggioritario che ammette la sospensione/scioglimento del contratto di anticipazione. Invero, secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, mentre per la cessione in garanzia il trasferimento del relativo diritto di credito in favore della banca esaurisce ogni obbligazione in capo a quest'ultima, non altrettanto avviene per l'ipotesi del contratto di anticipazione supportato da mandato all'incasso con patto di compensazione. Per tale ultima ipotesi, l'orientamento prevalente ritiene infatti ammissibile l'applicazione dell'art. 169 bis l.fall. Le motivazioni a supporto di tale orientamento si fondano essenzialmente sull'assunto che la prestazione dell'istituto di credito non si esaurisce con l'erogazione dell'anticipazione residuando, dopo l'apertura del concorso, l'adempimento del mandato all'incasso, prestazione che non può considerarsi interamente esaurita ed è, pertanto, idonea a qualificare il rapporto come pendente ovvero non compiutamente eseguito da entrambe le parti. In particolare, laddove l'anticipazione sia accompagnata da un mandato all'incasso, nel momento della riscossione del credito sorge in capo alla banca mandataria l'obbligo di restituire al mandante la somma riscossa e già anticipata.

Pertanto, se l'effettivo incasso del credito interviene dopo la presentazione della domanda di concordato, sussistendo un ulteriore obbligo (di restituzione al cliente) in capo alla banca, il rapporto dovrà essere considerato pendente e dunque soggetto alle disposizioni dell'art. 169 bis l.fall..

Altra parte della giurisprudenza di merito sostiene l'autonomia del mandato all'incasso con patto di compensazione rispetto al contratto di anticipazione ritenendo applicabile l'art. 169 bis l.fall. al solo mandato e non anche al contratto di anticipazione (Tribunale di Milano 28.5.2014). In altri termini, il giudici milanesi hanno ritenuto che i contratti di anticipazione bancaria non rientrano nella disposizione dettata dall'art. 169 bis l. fall., in quanto prestazioni unilaterali, posto che la singola anticipazione genera solo un debito del cliente verso la banca e deve ritenersi operazione esaurita all'atto dell'erogazione dell'anticipazione, non diversamente dal contratto di mutuo per il quale la sospensione/scioglimento non è applicabile. Diversamente, è stata ritenuta ammissibile la sospensione/scioglimento dei mandati all'incasso in corso di esecuzione e con essi di tutte le clausole del rapporto di mandato, impedendo così l'applicazione della clausola di compensazione ma anche l'esecuzione stessa del mandato all'incasso.

A fronte dell'orientamento contrastante della giurisprudenza di merito, come sopra indicato, la soluzione offerta dalla Corte sulla questione giuridica in esame è stata quella di ritenere applicabile l'art. 169 bis l.fall. al solo contratto quadro di anticipazione bancaria e non anche alle singole operazioni di anticipazione. Contratto quadro ritenuto pendente fintantoché persiste l'obbligo della banca di anticipare il credito e quindi nei limiti dell'importo massimo oggetto di anticipazione convenuto tra le parti.

Al riguardo, va osservato che la Corte sembra non aver valutato che per tale ultima ipotesi non sussiste alcun concreto interesse del cliente a presentare istanza ex art. 169 bis l.fall.. Sfugge, invero, quale possa essere l'interesse in concreto del cliente a chiedere la sospensione o lo scioglimento del contratto quadro quando tale contratto non impone alcun obbligo per il cliente ma solo la facoltà di esercitare un diritto. A fronte di tale banale osservazione, il principio di diritto pronunciato dalla Corte dovrebbe indurre a ritenere che un interesse del cliente comunque sussista. In tale prospettiva, si potrebbe allora sostenere che il cliente sia portatore di un interesse concreto alla sospensione/scioglimento del contratto quadro a condizione che gli effetti del provvedimento ex art. 169 bis l.fall. si possano estendere sulla disciplina delle singole anticipazioni e quindi anche sul mandato all'incasso con patto di compensazione.

Quanto alle singole operazioni di anticipazione, la Corte ha distinto l'ipotesi di anticipazione contro cessione di credito in garanzia o pro solvendo da quella contro mandato all'incasso con patto di compensazione, sebbene sia giunta per entrambi gli schemi contrattuali alla medesima soluzione.

Per quanto riguarda l'anticipazione contro cessione di credito in garanzia erogata prima della presentazione della domanda di concordato preventivo con pagamento del terzo intervenuto dopo l'apertura della procedura, la Corte esclude sia la possibilità di applicare l'art. 169 bis l.fall. che la possibilità da parte della procedura di ripetere dalla banca il pagamento del terzo. Le argomentazioni a supporto di tale decisione, condivise anche dall'orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, si fondano sull'effetto traslativo del diritto di credito ceduto alla banca al momento dell'anticipazione con conseguente fuoriuscita dal patrimonio della cliente beneficiaria dell'anticipazione. Il pagamento successivo alla banca da parte del terzo sarebbe del tutto irrilevante per la procedura di concordato preventivo trattandosi di un credito già fuoriuscito dal patrimonio della società in concordato prima che la stessa abbia presentato la domanda di accesso alla procedura.

Per tale ipotesi è quindi agevole rilevare che la singola anticipazione bancaria ha avuto compiuta esecuzione da parte della banca e che, pertanto, il contratto non potrà essere qualificato come pendente e, conseguentemente, non potrà trovare applicazione l'art. 169 bis l.fall..

Per quanto attiene all'anticipazione bancaria con mandato all'incasso e patto di compensazione la soluzione offerta dalla Corte non muta rispetto alla cessione di credito ritenendo che il contratto non sia comunque pendente e, pertanto, che lo stesso non sia soggetto all'art. 169 bis l.fall. Tale fattispecie ha registrato il punto di maggiore distanza tra la decisione in commento e l'orientamento della giurisprudenza di merito.

Il percorso seguito dalla Corte per sostenere la non applicazione dell'art. 169 bis l.fall., per l'ipotesi di anticipazione supportata non da una cessione di credito in garanzia ma da un mandato all'incasso con patto di compensazione, si fonda sull'assunto che l'obbligazione della banca si esaurisce con l'erogazione dell'anticipazione al cliente escludendo che “…la previsione a favore della Banca di un mandato all'incasso, con patto di compensazione, consente di ritenere che la banca sia tenuta ad una "prestazione aggiuntiva" che rientri nel sinallagma contrattuale. In realtà, trattandosi di mandato "in rem propriam" esclusivamente finalizzato a realizzare la funzione di garanzia, a copertura della somma anticipata dalla banca, l'attività di incasso della banca, attiene soltanto alla modalità di satìsfazione del proprio credito. La banca ha senz'altro un proprio interesse, è "onerata" ad incassare presso il terzo il credito dal cliente, se intende soddisfare, a sua volta, il proprio credito, ma non ha un obbligo giuridico, tanto è vero che, in caso di mancato incasso del credito, l'unica conseguenza è la mancata riduzione (o eventualmente estinzione) dell'esposizione debitoria in conto corrente del cliente: costui, a sua volta, ha un evidente interesse a che la banca incassi il credito presso il terzo (per ridurre o estinguere il proprio debito), ma che, come sopra anticipato, non rientra nel sinallagma contrattuale, non comportando certo il mancato incasso della banca, conseguente al mancato pagamento del terzo, la propria liberazione dal debito sorto per effetto dell'anticipazione.

In ogni caso, anche ove si volesse ritenere che l'attività di incasso dei crediti del cliente verso i terzi rientrasse tra le obbligazioni della banca, si tratterebbe comunque di una prestazione di natura accessoria, non idonea ad incidere sulla nozione di compiuta esecuzione della prestazione a norma della L.Fall., art. 72.”

La Corte ha quindi ritenuto che le obbligazioni assunte dalla banca con il mandato all'incasso sono estranee al sinallagma contrattuale dell'anticipazione di credito confinandole a mere modalità di soddisfazione del credito ed a supporto di ciò evidenzia come in caso di inadempimento da parte del terzo non si avrebbe alcun riflesso sul contratto di anticipazione ma vi sarebbe soltanto la mancata riduzione dell'esposizione del cliente verso la banca la quale avrà così diritto a richiedere il pagamento al cliente.

La Corte ha ritenuto poi di escludere l'applicazione dell'art. 169 bis l.fall. anche qualora si dovesse ritenere che permanga una qualche obbligazione in capo alla banca derivante dagli obblighi del mandato all'incasso ritenendo che si tratti comunque di obbligazioni accessorie che, in forza dell'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità appresso indicato, non sono ritenute idonee a qualificare il contratto come pendente: "Ai fini della l.Fall., art. 72, per stabilire se al momento della dichiarazione di fallimento il contratto non sia stato eseguito da entrambe le parti, occorre avere riguardo alle obbligazioni fondamentali che a ciascuna di esse derivano dal negozio e non anche alle prestazioni accessorie.” (Cass. n. 3708/1983). A supporto della necessaria distinzione tra obbligazioni principali e accessorie ed alla rilevanza esclusiva delle prime, ai fini della qualificazione di contratto pendente, la Corte ha richiamato le disposizioni dettate dal Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza che all'art. 97, comma 1, prevede: "salvo quanto previsto dall'art. 91, comma 2, i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti alla data del deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, proseguono anche durante il concordato".

Rimanendo nell'ambito delle disposizioni dettate dal Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, la Corte ha invece ritenuto innovative, rispetto all'attuale assetto normativo, le disposizioni dettate dall'art. 97, comma 14, introdotto in forza del decreto correttivo approvato dal Consiglio dei Ministri nel gennaio 2020. Tale ultima disposizione prevede, invero, che l'obbligazione a carico della banca derivante dal mandato all'incasso debba essere qualificata come una obbligazione principale (art. 97, comma 14, C.C.I.I.: "Nel contratto di finanziamento bancario costituisce prestazione principale ai sensi del comma 1 anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata. In caso di scioglimento, il finanziatore ha diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori fino al rimborso integrale delle anticipazioni effettuate nel periodo compreso tra i centoventi giorni antecedenti il deposito della domanda di accesso di cui all'art. 40 e la notificazione di cui al comma 6"). Il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza che dovrebbe entrare in vigore prevede quindi, al contrario di quanto deciso dalla Corte con la sentenza in commento, che il contratto di anticipazione potrà essere considerato a tutti gli effetti come pendente ed in quanto tale soggetto all'art. 169 bis l.fall. fino a quando non è stato adempiuto il mandato all'incasso, recependo così l'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza di merito.

Il carattere innovativo della disposizione da ultimo indicata (art. 97, comma 14) deriverebbe, secondo la Corte non “… soltanto dalla sua peculiare struttura e dalla circostanza che saranno considerati compensabili gli incassi della banca successivi all'apertura della procedura di concordato preventivo, solo se ed in quanto derivanti da operazioni di anticipazione effettuate in un determinato lasso temporale, ma anche dal rilievo che la stessa norma, secondo gli intendimenti del legislatore, sarà introdotta per porre fine ai contrasti interpretativi sorti a seguito dell'introduzione della L.Fall., art. 169 bis.”.

La relazione illustrativa del decreto correttivo andrebbe a confermare il carattere innovativo della disposizione in esame spiegando che: "In materia esiste un vivace contrasto giurisprudenziale e dunque esistono incertezze sul piano interpretativo che incidono negativamente sulla propensione degli istituti di credito a sostenere l'attività delle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo, anche in considerazione di condotte opportunistiche che nella prassi si sono a volte riscontrate da parte dei debitori beneficiari del finanziamento. La nuova disposizione, al fine di sanare i contrasti interpretativi, prevede in modo espresso che anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata costituisce prestazione principale ai sensi dell'art. 97, comma 1. Ciò vuol dire che l'erogazione dell'anticipazione da parte del finanziatore non esaurisce le obbligazioni a suo carico e che, tra queste, vi è quella di procedere alla riscossione dei crediti del finanziato, sicché, fino a quando l'attività di riscossione non sia stata ultimata, il contratto deve considerarsi pendente".

Sulla base del carattere innovativo della norma in esame la Corte ritiene rafforzato il convincimento che, sulla base dell'attuale assetto normativo, il contratto di anticipazione non sia più qualificabile come pendente dopo l'erogazione da parte della banca.

Al riguardo, si può osservare che il richiamo operato dalla Corte alle disposizioni del CCII ed in particolare ad uno schema di decreto legislativo correttivo, non risultano del tutto condivisibili. Non si tratta solo di un testo soggetto a possibili ulteriori modifiche che quindi non sembra possa costituire un solido riferimento idoneo a supportare una interpretazione della normativa vigente ma anche nel merito, non risulta condivisibile il preteso carattere “innovativo” della disposizione richiamata dalla Corte (cfr. art. 97), risultando al contrario tesa a rafforzare un orientamento giurisprudenziale maturato sull'attuale assetto normativo che è quello di qualificare come obbligazioni principali anche quelle relative al mandato all'incasso e dunque di ritenere il contratto di anticipazione ancora pendente e dunque soggetto alla disposizione dettata dall'art. 169 bis l.fall. sintantoché non siano state adempiute le obbligazioni derivanti dal mandato all'incasso.

Osservazioni sulla sorte delle somme pagate alla banca dal terzo in corso di procedura – patto di compensazione – principio di cristallizzazione del patrimonio – compensazione impropria

La seconda questione giuridica presa in esame dalla Corte con la sentenza in commento è costituita dalla sorte del pagamento eseguito dal terzo in favore della banca in corso di procedura. Anche su questo tema è possibile registrare un orientamento della giurisprudenza di merito difforme, almeno in parte, dalla soluzione alla quale è giunta la Corte. Invero, se per quanto riguarda il contratto di anticipazione con cessione in garanzia del credito non emergono significativi contrasti, risultando pressocché univoco l'orientamento giurisprudenziale che ritiene efficace il pagamento del terzo in favore della banca senza obbligo da parte di quest'ultima di restituirlo al cliente, non altrettanto è possibile registrare per l'ipotesi di anticipazione con mandato all'incasso e patto di compensazione.

Nel caso di anticipazione con cessione del credito il trasferimento del diritto alla banca cessionaria non solo esaurisce ogni obbligazione in capo a quest'ultima ma legittima pienamente il relativo pagamento del terzo in favore della banca che così incassa un credito proprio e non più del cliente. Pertanto, la riscossione del credito da parte della banca in corso di procedura non origina alcun obbligo in capo a quest'ultima di restituire al cliente quanto pagato, fatto salvo il caso di pagamento eccedente l'anticipazione.

Per quanto attiene invece all'anticipazione con mandato all'incasso e patto di compensazione, come sopra anticipato, la soluzione offerta dalla Corte è difforme dall'orientamento della giurisprudenza di merito secondo il quale la banca sarebbe tenuta a restituire le somme ricevute dal terzo non avendo diritto a trattenerle. Le argomentazioni a supporto di tale ultimo orientamento si fondano sull'assunto che, ai sensi dell'art. 1713 cod. civ., l'obbligo di restituzione della banca in favore del cliente si origina con il pagamento da parte del terzo e, pertanto, atteso che tale obbligazione della banca verso il cliente sorge successivamente alla pubblicazione del ricorso ex art. 161 l.fall. nel registro delle imprese, difettano i presupposti per l'applicazione dell'art. 56 l.fall. fissati a tutela del principio della par condicio creditorum e di cui le disposizioni di tale ultima norma costituiscono una eccezione che in quanto tale non può essere che tassativa. Il presupposto che difetterebbe nel caso di specie per l'applicazione dell'art. 56 l.fall. è che le obbligazioni contrapposte siano sorte entrambe antecedentemente alla pubblicazione del ricorso per concordato mentre nella fattispecie il credito della banca sorge prima della presentazione del concordato ed il credito del cliente sorge in corso di concordato quando la banca riceve il pagamento del terzo. Per quanto attiene poi al patto di compensazione, l'orientamento prevalente della giurisprudenza di merito è teso ad escludere l'efficacia dello stesso perché contrario al principio di cristallizzazione del patrimonio del debitore che trova conferma anche nel concordato preventivo in forza degli artt. 45 e 168 l.fall. e che viene ritenuto prevalente o comunque non derogabile dalla volontà delle parti, aderendo all'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale: Dopo l'ammissione alla procedura del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della "par condicio creditorum", nemmeno se realizzati attraverso compensazione di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura concordataria, come si desume dal sistema normativo previsto per la regolamentazione degli effetti del concordato, in cui: l'art. 167 l. fall., con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione, comporta che il patrimonio dell'imprenditore in pendenza di concordato sia oggetto di un'oculata amministrazione perché destinato a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori secondo la "par condicio"; l'art. 168, nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, comporta implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori, perché sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parità di trattamento dei creditori; l'art. 184, nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che non possa darsi l'ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema. A tale regime deroga il pagamento di debiti che, per la loro natura o per le caratteristiche del rapporto da cui discendono, assumano carattere prededucibile e si sottraggano quindi alla regola del concorso; ma ciò può avvenire soltanto per il tramite dell'autorizzazione del giudice delegato, nelle forme previste dall'art. 167 l. fall.” (Cass. 578/2007).

Altra parte, per il vero minoritaria, della giurisprudenza ritiene invece che il mandato all'incasso con patto di compensazione sia opponibile alla procedura di concordato, assumendo che il vincolo negoziale non viene travolto dall'apertura della procedura concorsuale in quanto non ne determina lo scioglimento di diritto e, pertanto, anche il patto, contenuto nel contratto di conto corrente, con il quale si attribuiscono alla banca il diritto di incassare le somme per conto del correntista e di compensare il proprio credito verso il cliente con il debito per i versamenti delle somme riscosse, rimane efficace dopo l'ammissione al concordato. I reciproci rapporti di credito e debito sono dunque soggetti a compensazione c.d. “impropria” anche se il credito della banca è anteriore alla pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese e la riscossione delle somme da parte della banca avviene successivamente.

La soluzione offerta dalla Corte con la sentenza in esame risulta in linea con l'orientamento della giurisprudenziale di merito da ultimo indicato.

La Corte ha infatti ritenuto, sulla base di un orientamento formatosi in una procedura di amministrazione controllata poi sfociata in fallimento, che il principio di cristallizzazione del patrimonio del debitore non determina l'inefficacia del vincolo negoziale voluto dalle parti, atteso che l'apertura della procedura minore come anche il fallimento non determinano lo scioglimento di diritto del mandato all'incasso con patto di compensazione. Da ciò consegue che se l'accordo delle parti prevede che la banca oltre ad incassare il credito possa anche trattenere le somme riscosse, tale patto rimane efficace anche nel corso della procedura e dunque la banca non è tenuta alla restituzione del pagamento ricevuto essendo legittimata a compensarlo con la somma anticipata. La Corte ha così ritenuto il patto di compensazione “… essenzialmente interdipendente al negozio di credito connesso al mandato a riscuotere, nel senso che attenendo esso alla regolamentazione delle modalità di satisfazione del credito della banca, in sua carenza l'operazione non sarebbe stata posta in essere, sicché negozio e patto non possono che rimanere inscindibilmente connessi. In simile prospettiva, però, risulta inammissibile, prima ancora sul piano logico che su quello giuridico, qualsiasi costruzione giuridica incentrata sulla prosecuzione - nel corso di una procedura concorsuale minore - del complesso unitario rapporto di conto corrente bancario, compresa l'obbligazione di dar esecuzione al mandato all'incasso, ma con esclusione del patto (va ribadito, inscindibile rispetto a quel rapporto) della c.d. "compensazione" attraverso il mezzo tecnico della annotazione in conto delle somme riscosse ad elisione delle partite di debito verso la banca.

Tale impostazione giuridica - che focalizza l'attenzione sul collegamento negoziale e funzionale esistente tra il contratto di anticipazione ed il mandato all'incasso con patto di compensazione, così rivelando la causa concreta di tutta l'operazione, di talchè in assenza del patto in oggetto la stessa operazione non sarebbe mai stata posta in essere - consente di cogliere la ragione per cui, in presenza del patto di compensazione, non può ritenersi operante il principio di "cristallizzazione" dei crediti.

Infatti, proprio perchè in virtù del collegamento esistente tra il contratto di anticipazione ed il mandato all'incasso con patto di compensazione, può fondatamente ritenersi che i rispettivi debiti e crediti delle parti traggano origine da un unico, ancorchè complesso, rapporto negoziale, in una tale eventualità, è configurabile la c.d. compensazione impropria, e non quindi la compensazione in senso stretto di cui agli artt. 1241 e ss. c.c., (disciplinata nella procedura fallimentare dalla L.Fall., art. 56) che presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti.

In particolare, in caso di compensazione impropria, la valutazione delle reciproche pretese delle parti comporta soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, ed a ciò il giudice può procedere senza incontrare ostacolo nelle limitazioni vigenti per la compensazione in senso tecnico giuridico (vedi Cass. n. 30220/2019; Cass. n. 4825/2019).”

La soluzione offerta dalla Corte non riguarda solo il concordato ma anche il fallimento, confermando quell'orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto il vincolo negoziale derivante dall'accordo delle parti prevalente sia sul principio di cristallizzazione del patrimonio del debitore in procedura sia sul principio della par condicio creditorum e quindi sui limiti applicativi dell'art. 56 l.fall. Invero, come è noto, il principio di cristallizzazione del patrimonio del debitore segna la netta demarcazione che, in forza degli artt. 45 e 168 l. fall., si viene a creare tra debiti anteriori e posteriori all'introduzione della procedura e spiega il rigido divieto di soddisfare al di fuori del concorso formale i creditori per titolo o causa anteriore. Tale divieto si riflette sul regime della compensazione nel senso che ai creditori per titolo o causa anteriore è consentito soddisfare le proprie ragioni mediante compensazione con i rispettivi debiti verso il fallito, a condizione che la situazione estintiva delle obbligazioni contrapposte, quand'anche sopravvenuta alla dichiarazione di fallimento, a sua volta tragga titolo o causa da fatti occorsi anteriormente nel corso della gestione imprenditoriale del fallito. L'esistenza di una specifica clausola contrattuale, che preveda espressamente la facoltà di compensazione tra il credito vantato dalla banca in forza dell'anticipazione erogata e gli incassi provenienti da terzi ricevuti in virtù del mandato all'incasso costituisce una deroga alla disciplina ordinaria dettata dall'art. 56 l. fall. e, pertanto, deve essere frutto di un accordo specifico tra le parti, e deve prevedere un'espressa facoltà della banca di trattenere le somme incassate a fronte del mandato all'incasso e di compensarle con i crediti derivanti dallo stesso o da altro rapporto contrattuale.

Nel caso in cui l'anticipazione preveda il mandato all'incasso a favore della banca ma non anche il patto di compensazione, la banca non potrà trattenere le somme percepite in quanto tale condotta non troverebbe legittimazione né in virtù dell'istituto della compensazione impropria perché si tratta di due rapporti autonomi e distinti (non c'è il collegamento negoziale tra il mandato ed il patto di compensazione) né in virtù della compensazione disciplinata dall'art. 56 l.fall. (richiamato dall'art. 169 l.fall.) perché i rispettivi crediti non sono preesistenti all'apertura della procedura atteso che il credito della banca verso il cliente sorge con l'erogazione dell'anticipazione (avvenuta prima del deposito della domanda di cp) mentre il credito del cliente verso la banca sorge quando il terzo effettua il pagamento (cfr. art. 1713 c.c.)

Nell'ipotesi in cui la banca dovesse ricevere il pagamento del terzo sulla base di un mandato a riscuotere (con successivo obbligo di rimettere al cliente quanto riscosso ai sensi dell'art. 1713 c.c.) non può compensare il proprio debito derivante dall'obbligazione di rimettere al cliente le somme riscosse con i crediti da essa vantati verso lo stesso, ancorché sorti prima della presentazione della domanda di concordato, operando il divieto di compensazione di cui all'art. 56 l. fall. Ciò perché, a differenza della cessione di credito, il mandato all'incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, bensì l'obbligo di restituire al mandante la somma riscossa (art. 1713, comma 1, c.c.): obbligo che non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all'atto della riscossione del credito. Pertanto, qualora le somme siano state incassate dopo la pubblicazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, risultano mancanti i presupposti per la compensazione (e segnatamente l'anteriorità dei crediti compensati) e la banca è tenuta alla restituzione di quanto ricevuto al correntista ;.

Milita a supporto della decisione assunta dalla Corte con la sentenza in commento l'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 22277/2017; Cass. 10548/2009)

Conclusioni

La sentenza in esame è il primo pronunciamento della Corte di Cassazione sull'applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 169 bis l.fall. ai contratti di finanziamento c.d. autoliquidanti ed è certamente la benvenuta non solo perché è la prima ma anche perché affronta la questione giuridica controversa con lucidità e coraggio, formulando un principio di diritto di segno contrario rispetto all'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza di merito.

Si tratta dunque di una sentenza destinata a costituire un punto di riferimento importante nella disciplina dei finanziamenti autoliquidanti nel concordato preventivo, quantomeno sino all'entrata in vigore del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza che prevede al riguardo una disciplina specifica sul tema in esame.

I principi di diritto pronunciati dalla Corte con la sentenza in commento sono stati i seguenti:

i. L'art. 169-bis l. fall. è applicabile al contratto-quadro di anticipazione bancaria fino a quando la banca non abbia ancora raggiunto il tetto massimo convenuto fra le parti.

ii. L'art. 169-bis l. fall. non è applicabile alla singola operazione di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all'incasso con annesso patto di compensazione, avendo la banca, con l'erogazione della anticipazione, già compiutamente eseguito la propria prestazione.

iii. Il collegamento negoziale e funzionale esistente tra il contratto di anticipazione bancaria ed il mandato all'incasso con patto di compensazione, che consente alla banca di incamerare e riversare in conto corrente le somme derivanti dall'incasso dei singoli crediti del proprio cliente nei confronti di terzi, dando luogo ad un unico rapporto negoziale, determina l'applicazione dell'istituto della c.d. compensazione impropria tra i reciproci debiti e crediti della banca con il cliente e la conseguente inoperatività del principio di "cristallizzazione" dei crediti, rendendo, pertanto, del tutto irrilevante che l'attività di incasso della banca sia svolta in epoca successiva all'apertura della procedura di concordato preventivo.

Il percorso argomentativo seguito dalla Corte nel formulare i predetti principi di diritto offre lo spunto per alcune riflessioni.

La prima riflessione riguarda il complesso rapporto negoziale che intercorre tra le parti e come questo incide sulla valutazione che il tribunale è chiamato ad operare in ordine alla pendenza o meno del contratto; alla individuazione delle obbligazioni che rientrano nel sinallagma contrattuale, nonché alla individuazione delle obbligazioni principali ed accessorie.

In particolare, la prima riflessione prende le mosse dal collegamento negoziale e funzionale tra contratto di anticipazione e mandato all'incasso con patto di compensazione, considerato essenziale dalla Corte, al fine di operare una valutazione diversa e più ampia del sinallagma contrattuale che tenda ad abbracciare tutte le obbligazioni derivanti dall'intera operazione e dunque anche quelle del mandato all'incasso. Una valutazione unitaria dell'intero rapporto contrattuale intercorso tra le parti che darebbe luogo ad una valutazione unitaria di tutte le obbligazioni intercorse tra le parti quali obbligazioni principali ovvero componenti di un unico sinallagma contrattuale.

Qualora invece si volesse operare una valutazione autonoma del contratto di anticipazione, nonostante il collegamento funzionale di quest'ultimo con il mandato all'incasso con patto di compensazione, si potrebbe riflettere su una valutazione autonoma anche del mandato all'incasso con patto di compensazione (cfr. Tribunale di Milano 28.5.2014), formando così oggetto di possibile specifica istanza ex art. 169 bis l.fall., naturalmente prima che il terzo abbia pagato la banca e quindi quando lo stesso mandato non sia stato ancora eseguito.

La seconda riflessione investe il contratto quadro di anticipazione bancaria che la Corte ha ritenuto soggetto alle disposizioni dell'art. 169 bis l.fall. La motivazione a supporto di tale ultima soluzione troverebbe fondamento nella qualificazione di tale contratto come “pendente”. Fino a quando persiste l'obbligo di anticipazione della banca e quindi fino a quanto siamo al di sotto dell'importo massimo che la banca si è impegna ad anticipare, il contratto quadro di anticipazione è ancora “pendente” e come tale soggetto all'art. 169 bis l.fall..

Al riguardo, pur aderendo alla qualificazione di “contratto pendente”, tuttavia, sembra mancare un altro elemento dirimente per l'applicazione dell'art. 169 bis l.fall. ossia l'interesse in concreto del cliente ovvero della massa dei creditori a chiedere la sospensione o lo scioglimento del contratto quadro. Come è noto, infatti, tale contratto non impone alcun obbligo per il cliente in merito allo smobilizzo di crediti ma attribuisce a quest'ultimo solo il diritto di ottenere dalla banca, alle condizioni previste in contratto, un'anticipazione su crediti se e quando volesse chiederla. Peraltro, non vi sarebbe solo un difetto di interesse del cliente e, conseguentemente, della massa dei creditori ma vi sarebbe anche un difetto di utilità per il piano di concordato, non essendo idoneo ad apportare alcun effetto positivo allo stesso. Invero, basterebbe non chiedere più anticipazioni alla banca per sterilizzare gli effetti del contratto quadro senza quindi ricorrere allo strumento disciplinato dall'art. 169 bis l.fall..

Diverso potrebbe essere il ragionamento se si dovesse sostenere che la sospensione o lo scioglimento del contratto quadro, in quanto fonte delle obbligazioni derivanti dalle singole operazioni di anticipazione in esecuzione dello stesso, possa estendere i suoi effetti alla disciplina delle singole anticipazioni e quindi anche al mandato all'incasso con patto di compensazione. In altri termini, il soggetto che ha presentato la domanda di concordato potrebbe avere interesse a chiedere la sospensione o lo scioglimento del contratto quadro di anticipazione (ed anche il piano di concordato ne beneficerebbe) se si dovesse ritenere che gli effetti del relativo provvedimento di accoglimento possano estendersi anche alle singole anticipazioni, travolgendo così anche l'eventuale mandato all'incasso con patto di compensazione. Tale ultima soluzione consentirebbe al soggetto in concordato di conseguire un vantaggio economico evidente, atteso che lo stesso andrebbe ad appostare in chirografo il debito verso la banca per l'anticipazione erogata e nel contempo richiedere alla banca la restituzione del pagamento ricevuto dal terzo ovvero di richiedere direttamente al terzo il relativo pagamento.

La terza riflessione riguarda il richiamo al CCII operato dalla Corte a supporto della soluzione offerta. Lo schema di decreto legislativo correttivo approvato dal Consiglio dei Ministri nel gennaio 2020 non sembra un riferimento utile a supportare il principio di diritto in esame.

Le disposizioni dettate dal CCII sono esposte ancora a molteplici modifiche, stante la discussione molto vivace al riguardo; in secondo luogo, dopo il rinvio della data di entrata in vigore del CCII al 1.9.2021, fonti autorevoli hanno messo in discussione addirittura l'entrata in vigore dello stesso (cfr. Italia Oggi del 22.9.2020); in terzo luogo, qualora entrasse in vigore così come modificato dal predetto schema di decreto legislativo correttivo, risulta quantomeno opinabile il carattere innovativo delle disposizioni dettate dall'art. 97, posto che tale ultima disposizione sembra recepire l'orientamento largamente prevalente della giurisprudenziale di merito che si è formato sulla base della vigente normativa. Il riferimento è al fatto di considerare anche le obbligazioni derivanti dal mandato come obbligazioni principali ed il contratto di anticipazione ancora pendente se il relativo mandato all'incasso non sia stato ancora eseguito.

La quarta riflessione investe il superamento di due principi cardine delle procedure concorsuali quali sono il principio della cristallizzazione del patrimonio del debitore (cfr. artt. 45, 168, 184 l.fall.) ed il principio della par condicio creditorum sotteso alla compensazione ex art. 56 l.fall. di cui ne costituisce l'eccezione.

Una valutazione più ampia dell'operazione di finanziamento che consenta di estendere il sinallagma contrattuale anche alle obbligazioni derivanti dal mandato all'incasso ovvero qualificare tali ultime obbligazioni come principali, in linea con l'art. 97 del CCII, ovvero ancora ritenere il mandato all'incasso con patto di compensazione come contratto autonomo soggetto all'art. 169 bis l.fall., consentirebbe il rispetto dei principi sopra richiamati della par condicio creditorum e della cristallizzazione del patrimonio del debitore.

Minimi riferimenti dottrina e giurisprudenza

In dottrina sul rapporto pendente:

  • E. GABRIELLI, RAPPORTI PENDENTI, TRASCRIZIONE DELLA DOMANDA E PROCEDURE CONCORSUALI, in Dir. fall. 2019, 76 e ss
  • E. GABRIELLI, La disciplina generale dei rapporti pendenti, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da F. VASSALLI-F. LUISO-E. GABRIELLI, Torino, 2014, 122 e ss.
  • CENSONI, Effetti sui rapporti giuridici preesistenti, in DIDONE (a cura di), Le riforme della legge fallimentare, Torino, 2009, 773,
  • JORIO, Il fallimento, in Tratt. di dir. comm., diretto da Cottino, Padova, 2009, 471,
  • FIENGO, Sub art. 72, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da Cavallini, Milano, 2010, 347 secondo il quale è necessario tener conto solo delle obbligazioni principali che discendono dal contratto, non rilevando quelle accessorie, quali, a titolo di esempio, la consegna dei titoli e dei documenti relativi al diritto trasferito.
  • F.DI MARZIO Rapporti pendenti in generale in Fauceglia-Panzani (diretto da), Fallimento e altre procedure concorsuali, II, Torino, 2009;
  • GUGLIELMUCCI, Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti – Artt. 72-83, Commentario Scialoja – Branca. Legge fallimentare, Bologna-Roma 1979;
  • GUGLIELMUCCI, Gli effetti sui rapporti giuridici preesistenti, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da Jorio e coordinato da Fabiani, Bologna, 2010;
  • LAMANNA, I rapporti giuridici pendenti, in Jorio-Sassani, Trattato delle procedure concorsuali, II, Fallimento – Effetti – Stato passivo, Milano, 2014, 367;
  • SANZO, Fallimento e rapporti pendenti, in Sanzo (a cura di), Procedure concorsuali e rapporti pendenti, Bologna 2009;
  • TARZIA, Gli effetti del fallimento sui rapporti pendenti dopo la riforma e il decreto correttivo, Fall. 2007;
  • VATTERMOLI, Sub art. 72, l.fall., in Nigro-Sandulli- Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010.
  • Patto di compensazione e procedura concordataria: una questione ancora irrisolta” nota a sentenza Tribunale Napoli, 27.11.2017 di Mario Passaretta in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc.3, 2019, pag. 374;
  • Linee di credito “autoliquidanti” e (pre)concordato preventivo” di Claudio Frigeni in Banca borsa tit. cred., fasc.5, 2013, 537;
  • Ammissibili lo scioglimento e/o la sospensione delle linee di credito autoliquidanti” nota a sentenza Tribunale Perugia, 18.7.2018, sez. III a cura di Fabio Cesare, in questo portale.
  • Le anticipazioni bancarie nel concordato preventivo oggi e nel codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza” di Giuseppe Rebecca su Ilcaso.it, 24.8.2020;
  • Contratti in corso di esecuzione e contratti pendenti, ovvero prestazione interamente eseguita o da compiere, nozione rilevante ai fini dello scioglimento” a cura diArlenghi in questa rivista
  • Concordato preventivo e contratti in corso (con uno sguardo ai contratti bancari)” a cura di De Pra, in Giur. Comm., 2014, fasc. 1, 43
  • “Concordato con riserva: applicabilità dell'art. 169 bis ai contratti bancari autoliquidanti”,con nota di Cederle, in Il Fallimento, 2014, 798
  • “La disciplina dei rapporti in corso di esecuzione nel concordato si applica anche ai contratti di finanziamento”, con nota di Galletti in questa rivista
  • La sorte dei contratti bancari nella procedura di concordato preventivo”, di Ilaria Della Vedova in “Fallimenti e Società” 2016;

Giurisprudenza sulla distinzione tra obbligazioni principali e accessorie nell'ambito dell'art. 72 l.fall.: Cass. n. 3708/1983; Cass. n. 1007/81; Cass. n. 2336/75; Cass. n. 2248/75; Cass. n. 3422/74.

Giurisprudenza contraria a pagamenti/compensazioni successivi al deposito della domanda di concordato: Cass. 10548/2009; Cass. 578/2007; Cass. 8042/2003; Cass. 1671/1999, Cass. 9030/1995; Cass. 6870/1994.

Giurisprudenza favorevole alla efficacia del patto di compensazione nel concordato preventivo: Cass. 3336/2016 Diritto & Giustizia 2016, 22 febbraio nota di BRUNO; Cass. 17999/2011 Giust. civ. 2012, 4, I , 1027; Cass. 8752/2011 Giust. civ. 2012, 3, I , 778; Cass. 7194/1997; Cass. 2539/1998; Tribunale Milano 9.1.2020, n.110; Trib. Cuneo 14.10.2013 ilcaso.it; Trib. Bergamo 22.11.2011 il Fallimento 2012, 586 con nota di Tarzia.

Giurisprudenza sulla compensazione impropria: Cass. n. 30220/2019; Cass. n. 4825/2019.

Giurisprudenza di merito favorevole all'applicazione dell'art. 169 bis l.fall. ai contratti di anticipazione bancaria e alla restituzione dei pagamenti ricevuti in corso di procedura dalla banca: Tribunale Treviso sez. II, 20/06/2019; Tribunale Perugia sez. III 18/07/2018 con nota di Fabio Cesare, in questo portale; Tribunale di Firenze 14.11.2017 oggetto della sentenza in commento; Tribunale di Monza, 27 novembre 2013, n. 12609/13, ilcaso.it; Corte di Appello di Brescia 1.6.2016; Tribunale Verona, sez. II, 31/08/2015 su questa rivista; Tribunale di Como 3.10.2016;

Giurisprudenza contraria all'applicazione dell'art. 169 bis l.fall. ai contratti di anticipazione bancaria ed alla restituzione dei pagamenti ricevuti in corso di procedura dalla banca: Corte di Appello Venezia, 23/12/2014, n. 1929, in questo portale; Tribunale Napoli, 27 novembre 2017 con nota di M. Passaretta, BBTC, fasc.3, 2019, 374;

Giurisprudenza che riconosce l'autonomia del mandato all'incasso con patto di compensazione Tribunale di Milano del 28 maggio 2014.

Giurisprudenza di legittimità favorevole alla restituzione da parte della banca del pagamento ricevuto dal terzo in caso di mandato all'incasso senza patto di compensazione: Cass. 22277/2017; Cass. 10548/2009;

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