Applicabilità del cd. rito sommario innanzi al giudice di pace per il recupero del credito professionale
22 Ottobre 2020
Il quesito pone diversi e complessi problemi in merito all'interpretazione del d.lgs. 150/2011 il quale ha previsto il rito cosiddetto sommario per il recupero del credito professionale dell'avvocato. Non potendosi qui dar conto di tutti i complessi passaggi interpretativi della giurisprudenza, anche con riferimento all'oggetto del procedimento speciale (se riferito solo al quantum o anche all'an della prestazione professionale, questione poi risolta da Cass. civ., n. 4002/2016 affermando la deducibilità anche delle contestazioni sull'an), si cercheranno di chiarire alcuni aspetti al fine di fornire un'indicazione quanto più possibile certa, con riferimento alla competenza del Giudice di Pace. Non senza alterne vicende, la giurisprudenza di legittimità, a seguito dell'introduzione dell'art. 14, d.lgs. 150/2011, ha stabilito che l'avvocato può proporre l'istanza di liquidazione degli onorari utilizzando due strade: 1) ricorso ai sensi dell'art. 702-bisc.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale”; 2) procedimento per decreto ingiuntivo ai sensi degli artt. 633 ss. c.p.c. Quanto alla competenza nulla sarebbe cambiato con l'introduzione del d.lgs. n. 150/2011 il quale avrebbe solamente operato sui riti applicabili, con conseguente eventuale competenza anche del giudice di pace, al quale si applicherà il rito sommario ex art. 14,d.lgs. 150/2011. Cass. civ. Sez. Un., 23 febbraio 2018, n.4485, ha avuto modo di affermare, infatti, che «A seguito dell'introduzione dell'art. 14 d.lgs. n. 150/2011, la controversia di cui all'art. 28 l. n. 794/1942, come sostituito dal citato d.lg., può essere introdotta: a) o con ricorso ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c. che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale”, disciplinato dal combinato disposto dell'art. 14 e degli artt. 3 e 4 del citato d.lgs. e dunque dalle norme degli artt. 702-bis e ss. c.p.c., salve le deroghe previste dalle dette disposizioni del decreto; b) o con il procedimento per decreto ingiuntivo ai sensi degli artt. 633 e ss. c.p.c., l'opposizione avverso il quale si propone con ricorso ai sensi dell'art. 702-bis e ss. c.p.c. ed è disciplinata come sub a), ferma restando l'applicazione delle norme speciali che dopo l'opposizione esprimono la permanenza della tutela privilegiata del creditore e segnatamente degli artt. 648, 649 e 653 c.p.c. Resta, invece, esclusa la possibilità di introdurre l'azione sia con il rito di cognizione ordinaria e sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c.». La stessa giurisprudenza, in motivazione, afferma che «In tanto la riforma del 2011 non ha determinato alcun effetto sulla possibilità che l'azione venga introdotta con le forme del procedimento per decreto ingiuntivo ai sensi degli artt. 633 c.p.c. e ss., atteso che l'art. 28 l. 794/1942, pur nel testo sostituito dal d.lgs. 150/2011, la prevede e l'art. 14 la disciplina. Ne deriva che l'operatività della competenza ai sensi dell'art. 637 c.p.c. (secondo tutte le ipotesi colà previste) è rimasta immutata ed immutata è rimasta pure l'omologia di rito con l'introduzione diretta con il (nuovo) procedimento sommario speciale, poichè l'art. 14 dispone che a seguito dell'opposizione al decreto il giudizio si tratti con la forma speciale del procedimento sommario, non diversamente da quanto accadeva secondo vigente la disciplina della l. n. 794/1942». Che a mente dell'art. 14 del citato d.lgs., si richieda la collegialità, quindi, si deve intendere riferito al solo caso in cui la competenza spetti, appunto, al tribunale. Sempre la medesima Suprema Corte, con ordinanza n. 8598 del 6 aprile 2018, si sofferma, poi, su di un problema di fondamentale importanza; si tratta della eventuale qualifica del cliente, quale “consumatore” per il quale è previsto il foro territoriale inderogabile presso la residenza o domicilio elettivo del consumatore stesso (art. 33, comma 2, lett. u) d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 che potrebbe essere, e di solito lo sarà, diverso da quello del giudice ove l'avvocato ha prestato la sua opera: «Ove l'avvocato, per ottenere il pagamento delle competenze professionali da un proprio cliente, si sia avvalso del foro speciale di cui all'art. 14, comma 2, del d.lgs. 150/2011, il rapporto tra quest'ultimo ed il foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore, previsto dall'art. 33, comma 2, lettera u), del d.lgs. 206/2005, va risolto a favore del secondo, in quanto di competenza esclusiva, che prevale su ogni altra, in virtù delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore». In questo caso ci si potrebbe chiedere se la previsione dell'art. 14 del d.lgs. 150/2011 si renda applicabile dal momento in cui l'ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l'avvocato ha prestato la propria opera potrebbe dover cedere il passo ad un diverso ufficio posto nel luogo di residenza o di domicilio elettivo del consumatore. In questi casi sarà forse opportuno utilizzare il procedimento monitorio, quale rito alternativo al procedimento di cognizione sommaria speciale previsto dal d.lgs. 150/2011 rivolgendosi al giudice competente secondo le norme generali, indipendentemente dalla previsione di cui all'art. 14 del d.lgs. detto, che potrebbe anche non essere il Giudice di Pace. Infatti, il mantenimento della competenza del giudice che ha deciso della controversia anche in merito alle spettanze del legale ha il suo senso proprio per il fatto che quel giudice abbia miglior polso della questione e tale presupposto maccherebbe totalmente nel caso in cui ci si dovesse riferire a diverso territorio.
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