Gli effetti della pandemia sul decorso dei termini di prescrizione: la parola alle Sezioni Unite (ma solo dopo la Corte Costituzionale)
22 Ottobre 2020
Abstract
La pandemia in atto ha determinato una serie di interventi volti a garantire, da un lato, la sicurezza degli operatori del diritto e, dall'altro, lo svolgimento delle attività giudiziarie improcrastinabili, determinando una paralisi dei procedimenti non urgenti con conseguente sospensione del termine di prescrizione dei reati ascritti agli imputati. Le norme emergenziali che hanno disposto tale sospensione sono state oggetto, di recente, di plurimi interventi della Corte di Cassazione, in relazione alla possibilità di farne applicazione retroattiva e, nel contempo, di una rimessione, da parte del Primo Presidente della Corte, della questione alle Sezioni Unite; queste ultime hanno rinviato la decisione a data successiva all'udienza fissata innanzi alla Corte Costituzionale per decidere in merito alla legittimità dell'applicazione retroattiva di tale causa di sospensione. Il presente lavoro analizza il dato normativo vigente, ricostruendo il quadro delle posizioni assunte dalla giurisprudenza in merito alla sospensione dei termini di prescrizione per l'emergenza da COVID-19. Inquadramento telematico
Con decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, il legislatore ha fatto fronte all'emergenza sanitaria, tutt'ora in corso, dettando all'art. 83 del citato decreto Nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare. Ai sensi del comma primo dell'art. 83, è stata sospesa la celebrazione delle udienze civili e penali presso tutti gli uffici giudiziari, con rinvio delle stesse a data successiva, dapprima, a quella del 15 aprile 2020, quindi a quella dell'11 maggio 2020, prevedendo al comma secondo la sospensione di tutti i termini procedurali. Il comma terzo dello stesso articolo ha individuato una serie di eccezioni, fuori delle quali, ai sensi del comma quarto dell'art. 83, “Nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione e i termini di [di durata delle misure cautelari]”. Ai sensi dell'art. 83, comma sesto, inoltre, è stata riconosciuta ai capi degli uffici giudiziari la facoltà di adottare “per il periodo compreso tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020”, di concerto con le Autorità sanitarie e i Consigli dell'Ordine degli Avvocati, misure organizzative, tra cui, ai sensi del comma settimo dell'art. 83, lett. g), “la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali”, fatte salve le predette eccezioni di cui al comma terzo (come nel caso di procedimenti con imputati sottoposti a misura cautelare personale custodiale o a misura di sicurezza detentiva). In siffatta ipotesi, ai sensi del comma nono dell'art. 83 cit., “Nei procedimenti penali il corso della prescrizione e i termini [cautelari e di prevenzione] rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020”. Le norme in questione sono state così modificate, nella versione vigente, dapprima con decreto legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, che ha prorogato il termine di cui ai commi primo e secondo, individuando quello dell'11 maggio 2020 in luogo del 15 aprile 2020, e quindi con decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, che ha sostituito l'originaria previsione del 31 luglio 2020 con quella vigente del 30 giugno 2020, quale dies ad quem della sospensione dei termini processuali e di prescrizione. Con particolare riferimento a tale ultimo profilo, dunque, il legislatore, in piena emergenza sanitaria, ha disposto la sospensione dei procedimenti penali pendenti, con le eccezioni di cui all'art. 83, comma terzo, cit., per consentire un rallentamento dei contagi, consentendo nel contempo a ciascun ufficio di disporre un rinvio delle cause pendenti. In entrambi i casi, ai sensi dei commi quarto e nono dell'art. 83 cit., è stata espressamente prevista la sospensione dei termini di prescrizione nei periodi in questione e, rispettivamente, tra il 9 marzo e l'11 maggio 2020, per sessanta tre giorni, ovvero tra la data del rinvio disposto in attuazione dei provvedimenti organizzativi ex art. 83, comma settimo, lett. g), e la data del 30 giugno 2020 (già 31 luglio 2020). Le disposizioni sopra indicate sono state oggetto, a più riprese, di numerose questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla giurisprudenza di merito, cui si contrappone, come si avrà modo di evidenziare, un atteggiamento conservativo e volto alla ricerca di soluzioni di tipo interpretativo da parte della Corte di Cassazione. In particolare, il Tribunale di Siena, con due ordinanze del 21 maggio 2020; il Tribunale di Spoleto, con ordinanza del 27 maggio 2020; il Tribunale di Roma, con ordinanza del 18 giugno 2020, il Tribunale di Crotone, con ordinanza del 19 giugno 2020, e da ultimo il Tribunale di Paola, con ordinanza del 16 luglio 2020, hanno sollevato analoghe ma autonome questioni di legittimità costituzionale in relazione all'art. 83 cit., nella parte in cui prevede la sospensione del termine di prescrizione nei periodi di sospensione dei procedimenti penali durante la c.d. “Fase 1”, per violazione del principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli. In tal senso si sono espressi i giudici a quibus, previa ricostruzione del quadro normativo di riferimento e dei precedenti storicamente riconducibili ad eventi eccezionali e calamità che hanno imposto la sospensione dell'attività giudiziaria nelle aree geografiche interessate, nonché della giurisprudenza costituzionale e di legittimità in merito alla disciplina della sospensione della prescrizione, richiamando quali termini del giudizio di costituzionalità anche le norme Convenzionali, con particolare riferimento all'art. 7 CEDU. In ordine cronologico, così il Tribunale di Siena, con le ordinanze del 21 maggio 2020, ha sollevato questione di legittimità costituzionale “dell'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio di legalità in materia penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione e, più in particolare, con il sotto-principio di irretroattività della legge penale sfavorevole al reo, là dove è previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali”. Nel contempo, il Tribunale di Spoleto, con ordinanza del 27 maggio 2020, ha sollevato “questione di legittimità costituzionale dell'art. 83, comma 4 d.l.,n. 18/2020 (convertito in legge n. 27/2020), come modificato dall'art. 36 d.l. n. 23/2020, nella parte in cui prevede che lo stabilito periodo di sospensione della prescrizione si applichi anche a fatti di reato commessi anteriormente alla sua entrata in vigore”. In termini analoghi si è espresso, il 19 giugno 2020, il Tribunale di Crotone, così come, il Tribunale di Paola, il 16 luglio 2020, in relazione tanto alla sospensione di cui al comma quarto dell'art. 83 cit., quanto con riferimento al disposto di cui al comma nono, come sopra analizzati. Più articolate appaiono invece le questioni di legittimità costituzionale sollevate il 18 giugno 2020 dal Tribunale di Roma, che si sviluppano sul triplice piano della violazione del principio di irretroattività sfavorevole, al pari degli altri giudici a quibus, nonché della violazione del principio di riserva di legge da parte del disposto del comma nono dell'art. 83 cit., “in relazione all'art. 25, 2 comma, Cost. nella parte in cui prevede una causa di sospensione della prescrizione sulla base di un provvedimento giudiziario autorizzato da un provvedimento organizzativo del capo dell'Ufficio”, e infine, in via subordinata, ravvisando una violazione del principio di ragionevolezza, ex art. 3 Cost., della previsione di cui all'art. 83, comma nono, cit., “nella parte in cui non prevede la sospensione del processo sino alla data di rinvio del procedimento per l‘impossibilità della sua trattazione e comunque non oltre il 31 luglio 2020” [il termine è stato aggiornato dal legislatore a quello vigente del 30 giugno 2020]. Il punto di partenza di tutte le ordinanze citate consiste nella natura sostanziale dell'istituto della prescrizione, come affermata e confermata negli anni dalla Corte Costituzionale, da ultimo con sentenza 31 maggio 2018, n. 115. Dalla natura sostanziale delle norme che disciplinano la prescrizione, ivi comprese le cause di sospensione del relativo termine, ex art. 159 c.p., e di interruzione dello stesso, i giudici di merito hanno desunto l'impossibilità per il legislatore di introdurre surrettiziamente una nuova causa di sospensione della prescrizione, prevedendo che la stessa operi anche in relazione ai fatti commessi in epoca antecedente. Alla retroattività di una norma penale di sfavore, come quella che introduce una causa di sospensione del termine di prescrizione, osterebbe infatti il disposto dell'art. 25, comma secondo, Cost., nella parte in cui afferma il principio di irretroattività in malam partem delle norme penali. Nel contempo, nelle ordinanze sopra citate si richiama, come anticipato, la normativa della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848 (di seguito CEDU), che all'art. 7 sancisce il predetto principio di irretroattività sfavorevole, interpretato dalla Corte di Strasburgo, al pari di quanto avviene nella giurisprudenza nazionale, nella sua più ampia estensione, comprensiva non solo delle norme incriminatrici e sanzionatorie ma anche di ogni ulteriore profilo normativo sostanziale (ivi compresa dunque la disciplina della prescrizione). A sostengo dell'incompatibilità con i principi suddetti di un'applicazione retroattiva di norme che, come quelle previste dai commi quarto e nono dell'art. 83 del c.d. Decreto Cura Italia, cit., nelle ordinanze citate vengono richiamate le norme transitorie con cui il legislatore ha previsto l'irretroattività delle modifiche in malam partem del regime della prescrizione; in particolare, si fa riferimento alle disposizioni dettate con la c.d. Riforma Orlando, con legge n. 103 del 2017, nonché con la c.d. legge Spazza-corrotti, n. 3 del 2019, che hanno pesantemente inciso sullo statuto della prescrizione, mediante l'introduzione di nuove cause di sospensione, successive alla condanna, nel 2017, e la sospensione c.d. tombale della prescrizione, fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, nel 2020. Del pari, viene richiamata la riforma attuata con legge n. 67 del 2014, con cui il legislatore ha introdotto la causa di sospensione del termine di prescrizione, ex art. 159, n. 3-bis), in relazione alla sospensione del procedimento per irreperibilità dell'imputato, ai sensi dell'art. 420 quater c.p.p.; con riferimento a tale nuova causa di sospensione del termine di prescrizione, è stata infatti espressamente prevista, tra le norme transitorie, la sua irretroattività. Nelle ordinanze citate si evidenzia dunque la natura sostanziale della disciplina della prescrizione, attraverso il richiamo ai precedenti della Consulta sull'argomento (in tal senso, tra le altre, dalla più recente, Corte Cost. sent. n. 115/2018, ord. n. 24/2017; sent. n. 265 del 2017; sent. n. 143 del 2014; sent. n. 236 del 2011; sent. n. 294 del 2010; sent. n. 324/2008 e sent. n. 393/2006), nonché il carattere assoluto, insuscettibile di deroga alcuna, del principio di irretroattività sfavorevole ex art. 25, comma secondo, Cost. Sulla base di tali presupposti è stata dunque invocata l'illegittimità costituzionale delle disposizioni introdotte dal decreto legge n. 18 del 2020, all'art. 83, laddove ha previsto invece la sospensione dei termini di prescrizione anche con riferimento a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Le questioni di legittimità costituzionale predette sono state sollevate previo tentativo di individuare in via interpretativa una soluzione al paventato contrasto, senza risultati utili. È stato infatti considerata una forma di interpretatio abrogans quella in forza della quale le norme di cui all'art. 83 cit. opererebbero in relazione ai soli fatti successivi alla data del 17 marzo 2020. Si è osservato, al riguardo, che nell'arco dei poco più di due mesi di sospensione, nei casi di cui al comma quarto, che arrivano fino a circa tre mesi di sospensione, nelle ipotesi di cui al coma nono, non sarebbe possibile ipotizzare la commissione di un reato per il quale sia incardinato un processo, fuori dei casi di convalida di cui al comma terzo o di applicazione di misure cautelari o di sicurezza, con conseguente giudizio direttissimo o immediato; tanto in considerazione dei termini che devono necessariamente intercorrere tra l'atto introduttivo e, a monte, dall'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p., ove previsto, e l'inizio del processo. Le norme in esame, dunque, ove interpretate come irretroattive, resterebbero prive di un concreto ambito applicativo, in mancanza di processi pendenti per fatti successivi alla data del 17 marzo 2020. La giurisprudenza della Corte di Cassazione
Come anticipato, al proliferare di ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale di questioni di legittimità delle norme che prevedono la sospensione, anche in via retroattiva, del termine di prescrizione si è contrapposto l'orientamento dei giudici di legittimità che, sebbene attraverso percorsi motivazionali diversi, hanno in più occasioni escluso la necessità di adire la Consulta, ritenendo manifestamente infondata la medesima questione. Sono a oggi tre le pronunce della Corte di Cassazione intervenute, sebbene incidentalmente, sulla disciplina ex art. 83 cit. Un primo e rilevante intervento della Corte di Cassazione si è registrato con sentenza della Terza Sezione penale, n. 21367 del 2 luglio 2020, depositata il 17 luglio 2020, con cui è stato affermato un principio di diritto dirompente in relazione alla portata del principio di irretroattività sfavorevole. La Corte di Cassazione, con la sentenza citata, è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla mancata dichiarazione dell'intervenuta prescrizione del reato, con conseguente applicazione (retroattiva) nel giudizio dell'art. 83, comma quarto, cit. e della relativa causa di sospensione del termine di prescrizione, sulla cui legittimità costituzionale i giudici di legittimità si sono quindi soffermati. In primo luogo, viene precisato che la sospensione dei termini di prescrizione opera altresì nei casi di rinvio previsti dal comma primo dell'art. 83 cit., attraverso una interpretazione sistematica delle disposizioni dettate dai primi commi della disposizione, con la conseguenza che “per i procedimenti con udienze ricadenti nel periodo 9 marzo - 11 maggio 2020, per i quali è stato disposto il rinvio d'ufficio, fatte salve le eccezioni previste dall'art. 83, comma 3, il rinvio dell'udienza rende operativa la sospensione del corso della prescrizione”. Tanto premesso, in ordine alla rilevanza della questione nel giudizio, la Corte di Cassazione affronta il problema della compatibilità con il principio di irretroattività della legge sfavorevole, in termini di prevedibilità per l'imputato dei termini di prescrizione dei reati commessi e del relativo computo degli stessi, di un'applicazione retroattiva della nuova disciplina, nella parte in cui introduce e prevede una nuova causa di sospensione dei termini di prescrizione. Anche in questo caso, richiamando la copiosa giurisprudenza costituzionale sul punto, la premessa della questione in esame consiste nella natura sostanziale dell'istituto della prescrizione e quindi delle norme che lo disciplinano. A fronte pertanto del paventato contrasto che ne deriva tra l'applicazione retroattiva di una norma sostanziale di sfavore, in quanto prolunga il periodo necessario al maturare della prescrizione, e il principio di irretroattività sfavorevole ex art. 25, comma secondo, Cost., i giudici di legittimità hanno vagliato la possibilità di una soluzione interpretativa. La Corte prende le mosse dal fondamento della disciplina emergenziale in questione, rinvenuto nella “Delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020, che ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1, art. 7, comma 1, lett. c) e art. 24, comma 1, ha dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Sul presupposto dello stato di emergenza in cui si inseriscono gli interventi legislativi in esame, i giudici di legittimità della Terza Sezione affermano che “L'interpretazione secondo le ordinarie categorie giuridiche è messa in crisi dal fatto extra ordinem. La necessità di fronteggiare la diffusione del contagio, da cui dipende la salvaguardia di diritti, la vita e la salute, che preesistono e senza i quali neppure si può discutere di regole processuali e di diritti degli imputati nel processo, ha messo in chiaro il potenziale conflitto con altri diritti di pari rango la cui composizione non può prescindere dalla natura dell'intervento legislativo destinato ad operare in un contesto specifico e di durata temporanea”. Sulla scorta di tali premesse metodiche, la Corte esclude che la sospensione della prescrizione prevista dall'art. 83 cit. sia riconducibile al disposto generale di cui all'art. 159, comma primo, c.p., ai sensi del quale “il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge". Viene infatti escluso che “il legislatore abbia introdotto una nuova causa di sospensione tra le tante”, affermando nel contempo che la natura sostanziale della prescrizione “richiede che la norma (richiamata) che sospende il procedimento sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. La sentenza in esame fa invece leva sulla natura emergenziale della disciplina dettata dall'art. 83 cit., “come tale non applicabile a casi analoghi e soprattutto non esportabile ad altri casi, come invece avverrebbe qualora si volesse far richiamo all'art. 159 c.p.”. La Corte sottolinea inoltre che la ratio dell'eccezionale sospensione dell'attività giudiziaria e, di conseguenza, dei termini processuali e di prescrizione, va rinvenuta nella “tutela della salute pubblica, inclusa quella dell'imputato e del suo difensore, valore che costituisce un prius”, sicché la disposizione non può che essere “destinata ad essere applicata ai processi penali pendenti, e quindi ad avere efficacia retroattiva”. Sul punto si precisa inoltre che “le misure emergenziali limitative dell'ordinario svolgimento della democrazia costituzionale - e che possono, proprio a cagione dell'emergenza, limitare l'esercizio di diritti costituzionalmente garantiti - in tanto sono, dalla Costituzione, ammesse in quanto sorrette da proporzionalità e soprattutto da temporaneità”. L'impostazione seguita dalla Terza Sezione penale muove dall'ammissibilità di limitazioni all'esercizio delle prerogative costituzionali dei cittadini, purché derivino da misure proporzionate, ragionevoli, giustiziabili e di carattere temporaneo e generale. Fermo restando, dunque, che “L'eccezionalità della situazione, che ha generato tale fonte normativa, non consente di per sé la irragionevole compressione e, tanto meno, la violazione dei principi costituzionali”, la Corte di Cassazione afferma tuttavia che “è nel carattere generale, proporzionato rispetto allo scopo e temporaneo nella sua applicazione che si deve saggiare la tenuta della norma, della cui legittimità costituzionale si dubita e che giustifica, in un'ottica di bilanciamento ragionevole dei diritti costituzionali, un intervento legislativo in malam partem di limitazione del principio di irretroattività della norma penale”. Il risultato di tale bilanciamento, con specifico riferimento alla retroattività della sospensione del termine di prescrizione, viene individuato dalla Corte nella “indubbia limitazione/compressione dell'art. 25 Cost., comma 2”, da ritenersi tuttavia “in certa misura ed entro certi limiti "sopportabile", nel senso che nel bilanciamento con altri principi di rango costituzionale (diritto alla vita e alla salute), consente di ritenere la flessione del principio di irretroattività della legge sfavorevole […] non costituzionalmente illegittima”. Costituiscono condizioni in presenza delle quali sarebbe ammissibile una deroga “sopportabile” al principio di irretroattività sfavorevole, secondo i giudici della Terza Sezione penale, “il carattere generale e temporaneo della disposizione normativa che ha introdotto la nuova causa di sospensione della prescrizione, la sua proporzionalità e ragionevolezza rispetto allo scopo perseguito”. Questi i parametri sulla scorta dei quali l'interprete è chiamato ad operare il bilanciamento tra gli interessi tutelati dalla disciplina emergenziale ex art. 83 cit. e quello di irretroattività sfavorevole ex art. 25, comma secondo, Cost., di cui i giudici di legittimità (richiamando la recente sentenza n. 32/2020 della Corte Costituzionale) riconoscono il carattere assoluto che, tuttavia, secondo gli stessi cede “a fronte della specificità del fatto generatore della situazione di emergenza, fatto che appartiene alla sfera del mondo delle cose e della natura, non causato, per quanto è dato sapere, dall'uomo e solo da questi governato proprio per fronteggiare gli effetti potenzialmente lesivi dei diritti fondamentali, tra cui la vita e la salute”. La soluzione adottata, in via interpretativa, è stata dunque quella di ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale nei termini sopra descritti, “a condizione che la sospensione del corso della prescrizione, per preservare il carattere proporzionato e strettamente temporaneo della stessa”.
Un secondo intervento della Corte di Cassazione si registra con la sentenza della Quinta Sezione penale, n. 25222 del 14 luglio 2020, depositata in data 7 settembre 2020, con cui i giudici di legittimità sono tornati a valutare la necessità di rimettere alla Corte Costituzionale la questione, con particolare riferimento al comma quarto dell'art. 83 cit., pervenendo anche in questo caso ad un giudizio di manifesta infondatezza. Anche in questo caso, i giudici di legittimità muovono dall'ormai pacifico presupposto della natura sostanziale della disciplina della prescrizione, in quanto tale soggetta al principio di irretroattività delle norme penali di sfavore, di cui si afferma il carattere assoluto. Tanto premesso, in palese contrapposizione rispetto alla pronuncia sopra esaminata, la Quinta Sezione penale muove dal presupposto che il combinato disposto delle disposizioni di cui ai primi due commi dell'art. 83 cit., configurano una sospensione del procedimento o del processo, riconducibile alla disciplina di cui all'art. 159, comma primo, c.p. Nelle motivazioni della sentenza in esame si precisa inoltre che non è possibile distinguere tra rinvio e sospensione del processo, dovendosi ricercare nella causa della sospensione il discrimen per valutare se ne derivi una sospensione del termine di prescrizione ex art. 159, comma primo, c.p.. La Corte richiama quindi un precedente delle Sezioni Unite, con sentenza n. 40150 del 21 giugno 2018, Salatino, con cui si richiede “che la sospensione sia frutto di valutazioni vincolate del giudice, ossia che "una particolare disposizione di legge" abbia imposto la sospensione del procedimento o del processo”; nel contempo, viene richiamata le sentenza n. 1021 del 28 novembre 2001, Cremonese, in cui le Sezioni Unite hanno assegnato rilievo al criterio dell'imputabilità della sospensione o del rinvio, tale per cui “ai fini della sospensione della prescrizione, va escluso di regola che vengano in rilievo "sia l'esercizio del diritto alla prova sia, più in generale, l'esercizio del diritto alla difesa", sicché "deve escludersi la addebitabilità all'imputato o al suo difensore della sospensione o del rinvio destinati ad assecondare la funzione cognitiva del processo”. Applicando tali criteri e presupposti all'ipotesi disciplinata dall'art. 83 cit., i giudici della Quinta Sezione rilevano che si tratta di una “sospensione collegata al rinvio delle udienze e alla sospensione dei termini, obbligatoria […], non[...] correlata all'esercizio del diritto di difesa o, lato sensu, a garantire la funzione cognitiva del processo, ma […] a preservare l'incolumità fisica di tutti gli attori del processo dal diffondersi della pandemia”. Ne deriva, secondo la Corte, la riconducibilità della fattispecie in esame alla disciplina di cui all'art. 159, comma primo, c.p. Viene tuttavia escluso che possa ravvisarsi un contrasto con il principio di irretroattività sfavorevole ex art. 25, comma secondo, Cost., in quanto “nel caso di specie, viene in considerazione non l'introduzione legislativa di una "nuova" figura di sospensione del corso della prescrizione (come avvenuto, ad esempio, per le rogatorie dall'estero con la L. n. 103 del 2017) o la modifica sfavorevole di una delle figure tipiche delineate dalla disciplina codicistica, ma la previsione legislativa di un'ipotesi di sospensione del procedimento o del processo penale riconducibile alla figura generale di sospensione prevista dall'art. 159 c.p., comma 1”. A sostegno di tale conclusione, vengono richiamate nella sentenza in esame le ipotesi di sospensione della prescrizione collegate alla sospensione del procedimento penale introdotte in precedenza e ritenute dalla giurisprudenza retroattive, ivi comprese le norme eccezionali legate a situazioni di emergenza derivate, ad esempio, da eventi sismici, come nel caso del decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, recante "interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile”, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 giugno 2009, n. 77, il cui art. 5 prevedeva una sospensione dei processi penali, nonché, esplicitamente, la sospensione, per la stessa durata, del corso della prescrizione, applicato retroattivamente dalla giurisprudenza (Cass. Sez. V, n. 34321 del 19/01/2015, D'Aloisio; Sez. 2, n. 17436 del 28/01/2014, Colantonio; Sez. 3, n. 5982 del 13/12/2012). La Corte di Cassazione, in relazione a siffatte ipotesi, individua come minimo comun denominatore “il ruolo rivestito dalla singola disciplina legislativa che prevede la sospensione del processo (e, esplicitamente o meno, del corso della prescrizione) rispetto alla previsione generale di cui all'art. 159 c.p., comma 1: la prima, invero, è chiamata solo ad individuare il presupposto - a sua volta collegato a una specifica situazione di fatto (la sospensione imposta da un evento sismico o dalla pandemia) o di diritto (la sospensione collegata all'accessibilità a una procedura di condono o alla richiesta ex L. n. 134 del 2003, art. 5) - che rende applicabile la fattispecie generale prevista dall'art. 159 c.p., comma 1.”. Secondo i giudici di legittimità, la portata normativa della disposizione penale in questione “resta del tutto immutata rispetto al contingente intervento legislativo introduttivo di una fattispecie di sospensione obbligatoria del processo idonea a fungere da presupposto della norma codicistica”. Non verrebbe difatti in rilievo, secondo tale impostazione, “una "nuova" figura di sospensione del corso della prescrizione o la modifica sfavorevole di una figura codicistica”, limitandosi il legislatore a prevedere una sospensione obbligatoria del processo che determina l'applicazione della disposizione generale e preesistente dettata dall'art. 159, comma primo, c.p., “il che in nessun modo pregiudica la ratio di tutela del principio di irretroattività, posto che l'incidenza sul termine di prescrizione delle sospensioni del processo ex art. 159 c.p., comma 1, - se chiama in causa la valenza anche processuale dell'istituto, in rapporto, come si è visto, alla garanzia della ragionevole durata del processo - resta estranea ad "un successivo mutamento peggiorativo "a sorpresa" del trattamento penale"”. Non a caso, osserva la corte, non è previsto alcun limite massimo alla durata della prescrizione a fronte di cause sospensive del medesimo, a differenza di quanto previsto ex art. 161 c.p. per l'interruzione del termine prescrizionale. Nel contempo, si esclude che tale interpretazione del rapporto tra le norme che prevedono una sospensione del procedimento e quindi della prescrizione e il disposto dell'art. 159, comma primo, c.p. comporti un'elusione del divieto di retroazione sfavorevole previsto dalla Costituzione, prestandosi a “distorsioni legislative”, occorrendo uno “scrutinio del singolo intervento legislativo introduttivo di una causa di sospensione (scrutinio da svolgersi secondo criteri particolarmente stringenti) [volto] ad accertare un aggiramento del genere”. Tanto è escluso in relazione alla disciplina ex art. 83 cit., “univocamente indirizzata a contrastare la diffusione della pandemia e, quindi, ad offrire protezione a beni primari della persona […] sulla base di uno "stato di necessità", che ha imposto, per il periodo strettamente necessario, la stasi di gran parte dell'attività giudiziaria”.
A breve distanza temporale dalla sentenza esaminata è seguita la sentenza 23 luglio 2020, n. 25433, anche questa emessa dalla Terza Sezione penale, depositata in data 9 settembre 2020. Anche in questo caso la Corte di Cassazione è stata chiamata a valutare i presupposti per la rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità dell'art. 83 cit., nella parte in cui prevede l'applicazione retroattiva di una causa di sospensione della prescrizione, per i periodi di sospensione dei procedimenti penali diversi da quelli di cui al comma terzo dell'articolo. Nel valutarne la compatibilità, tanto in relazione all'art. 25, comma secondo, Cost., quanto con riferimento al parametro interposto di cui al già citato art. 7 CEDU, la Terza Sezione penale muove dalle condivise e pacifiche premesse della natura sostanziale della disciplina della prescrizione, sottoposta pertanto al principio di irretroattività delle norme penali si sfavore, richiamando altresì le già esaminate ordinanze con cui i Tribunali di Siena, Roma e Crotone hanno sollevato autonome questioni di legittimità costituzionale, nonché le sentenze sopra esaminate della Corte di Cassazione. I giudici di legittimità fanno altresì riferimento all'orientamento dottrinale secondo cui la sospensione della prescrizione deriva non già dalla normativa emergenziale bensì dal disposto dell'art. 159, comma primo, c.p., che ”nel rinviare, in relazione alla sospensione del termine prescrizionale, alle ipotesi di sospensione del processo, costituisce di per sé regola generale ed astratta, di carattere sostanziale, cui, di volta in volta, attraverso il meccanismo del rinvio mobile, può dare contenuto la singola norma - questa volta di contenuto processuale e, pertanto, immediatamente applicabile - che, appunto disciplinando il processo, possa prevedere gli eventuali eventi che ne determinano la sospensione”. Condividendo tale impostazione, si sostiene dunque – per vero in rottura con quanto sostenuto dalla medesima Sezione nella sentenza n. 21367 del 2 luglio 2020, le cui motivazioni erano state peraltro già depositate il 17 luglio 2020 – che nel verificare il rispetto del principio di irretroattività sfavorevole, in relazione alla sospensione della prescrizione per fatti antecedenti all'entrata in vigore del c.d. Decreto Cura Italia, occorre fare riferimento non già alla “entrata in vigore della norma che stabilisce una ipotesi di sospensione del processo, che è norma di sicuro contenuto processuale e che pertanto, non è condizionata dal principio di irretroattività della disposizione meno favorevole, ma [a] quello della entrata in vigore della disposizione la quale stabilisca, a processo sospeso (quale che possa essere la collocazione cronologica della fonte legislativa che abbia determinato tale ultimo effetto a carico del processo), la sospensione della prescrizione”, ossia l'art. 159, comma primo, c.p., rimasto immutato. La Corte osserva dunque che la sospensione dei termini e quindi dei procedimenti disposta dall'art. 83 cit. “non è il frutto di una disposizione sostanziale introdotta successivamente alla commissione del reato […] ma è la conseguenza, derivante dalla ordinaria applicazione dell'art. 159 c.p., comma 1, della intervenuta sospensione del processo”, con conseguente manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale per violazione del principio di irretroattività sfavorevole delle norme penali sostanziali. La rimessione alle Sezioni Unite
L'analisi delle sentenze di legittimità, pur allineate in relazione all'esclusione di una violazione del principio di retroattività sfavorevole per effetto della sospensione retroattiva della prescrizione nei procedimenti relativi a fatti commessi prima dell'entrata in vigore dell'art. 83 cit., consegna un quadro disomogeneo in relazione alla qualificazione giuridica degli interventi normativi in questione e alla impostazione dogmatica di riferimento. Secondo una prima e originale impostazione, fatta propria dalla Terza Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21367 del 2020, e fondata sulla ritenuta possibilità di bilanciamento del principio di irretroattività sfavorevole con le esigenze sottese alla normativa emergenziale, la disciplina introdotta con l'art. 83 cit., nella parte in cui prevede la sospensione di termini di prescrizione, non sarebbe riconducibile ad una sospensione ex art. 159, comma primo, c.p.; si tratterebbe invece di una normativa autonoma ed eccezionale, destinata a trovare applicazione temporanea e posta a tutela di interessi primari, che giustificherebbero, unitamente alla eccezionalità della situazione in atto, una deroga al predetto principio. A tale impostazione che, come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo, non è andata esente da critiche, si contrappone quella adottata dalla Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 25222 del 2020, secondo cui, al contrario, è proprio nell'art. 159, comma primo, c.p. che va ravvisato il fondamento normativo della sospensione del termine di prescrizione. Tale norma generale, previgente rispetto alla normativa del 2020, prevede infatti la sospensione del termine di prescrizione quando per legge sia prevista la sospensione del processo, come avvenuto in forza dell'art. 83 cit., che inciderebbe esclusivamente sul piano processuale e solo indirettamente, in forza dell'art. 159, comma primo, c.p., sulla sospensione del termine prescrizionale. A tale soluzione ha aderito, con sentenza 25433 del 2020, anche la Terza Sezione penale, superando l'originaria impostazione. In ragione della “speciale importanza” della questione, il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha disposto, con decreto del 22 luglio 2020, l'assegnazione alle Sezioni Unite della stessa, fissando la data del 24 settembre 2020 per la trattazione. La decisione è stata tuttavia rinviata a data successiva a quella fissata dalla Corte Costituzionale per la trattazione delle questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Siena e dal Tribunale di Spoleto, con le ordinanze nn. 112 e 117 del 2020, che saranno trattate il 18 novembre 2020, in camera di consiglio. Le Sezioni Unite si aggiorneranno alla data del 26 novembre 2020, “in attesa della decisione della Corte Costituzionale in ordine alla disciplina della prescrizione nel periodo di emergenza sanitaria”. In conclusione
Il quadro finora tracciato della giurisprudenza di merito e di legittimità intervenuta in merito alla questione di legittimità costituzionale della disciplina ex art. 83 cit., nella parte in cui prevede l'applicazione retroattiva della sospensione della prescrizione nel periodo di sospensione dei procedimenti penali a causa dell'emergenza da COVID-19, consente di individuare delle costanti nell'impostazione seguita da ciascun giudice. È infatti indubbio e pacifico che la disciplina della prescrizione presenti natura sostanziale e sia soggetta, in quanto tale, al principio di irretroattività sfavorevole, che copre altresì i profili relativi alla sospensione del termine di prescrizione. È altresì condivisa l'interpretazione secondo cui la sospensione della prescrizione ex art. 83, comma quarto, cit. riguardi tutti i casi disciplinati dai primi due commi dell'articolo, sia in relazione ai procedimenti rinviati d'ufficio, sia con riferimento ai procedimenti in relazione ai quali sia prevista la sospensione dei termini procedimentali. Non può invece ritenersi condivisa e pacifica, alla luce delle motivazioni della sentenza n. 21367 della Terza Sezione penale della Corte di Cassazione, la portata assoluta e inderogabile del principio di irretroattività sfavorevole, dal momento che nella sentenza citata si invoca un bilanciamento della garanzia in questione con le esigenze sottese alla sospensione dei termini di prescrizione, sul presupposto che “le misure emergenziali limitative dell'ordinario svolgimento della democrazia costituzionale - e che possono, proprio a cagione dell'emergenza, limitare l'esercizio di diritti costituzionalmente garantiti - in tanto sono, dalla Costituzione, ammesse in quanto sorrette da proporzionalità e soprattutto da temporaneità”, riconosciute nel caso di specie. Si legge, ancora, nella citata sentenza, che “E' proprio la "natura" del fatto, esogeno, ad erigere una barriera per la tenuta futura del principio inderogabile di cui all'art. 25 Cost., che ai soli limitati fini dettati dalla legislazione emergenziale e per un periodo predeterminato e circoscritto, sopporta un sacrificio necessario”. A fronte di tale apertura, sebbene in via eccezionale ed emergenziale, ad una parziale e temporanea deroga al principio ex art. 25, comma secondo, Cost. è stato tuttavia obiettato che le garanzie costituzionali, ove ritenute bilanciabili, sono così espressamente disciplinate nella Carta Fondamentale, come nel caso della libertà di manifestazione di pensiero o della libertà di cura. A differenza del principio di retroattività favorevole, il divieto di retroattività sfavorevole, definito dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 32 del 2020 come “un bastione a garanzia dell'individuo contro possibili abusi da parte del potere legislativo”, non ammetterebbe deroga alcuna. È stato inoltre evidenziato che il legislatore ben potrebbe (o avrebbe potuto), senza particolari problemi di compatibilità con i principi generali della materia, prevedere una norma che consenta la sospensione dei termini di prescrizione a fronte di calamità naturali o eventi eccezionali tali da imporre la sospensione dell'ordinaria attività giudiziaria. Tale norma tuttavia manca nell'ordinamento penale, sì da poter ritenere che la disposizione ex art. 159, comma primo, c.p., pur prevedendo una clausola generale che fa rinvio a diverse disposizioni di legge, non possa determinare un'applicazione di queste ultime con effetti retroattivi. Nella misura in cui le disposizioni di legge che prevedono una sospensione del processo assumono rilevanza e determinano una sospensione del termine di prescrizione, ex art. 159, comma primo, c.p., partecipano della natura sostanziale – quantomeno in parte qua – della disposizione citata e ne condividono lo statuto, ivi compresa l'irretroattività sfavorevole. Tanto più se il legislatore, come avvenuto nel caso dell'art. 83 cit. preveda espressamente e non già attraverso un richiamo all'art. 159, comma primo, c.p. (peraltro superfluo) la sospensione del termine di prescrizione. In mancanza di una norma generale e previgente che preveda la sospensione del termine di prescrizione in caso di eventi eccezionali come calamità naturali o emergenze sanitarie, nonché in forza della natura sostanziale della norma frutto del combinato disposto tra l'art. 159, comma primo, c.p. e le disposizioni di legge che di volta in volta prevedano la sospensione del procedimento penale, non potrebbe dunque ammettersi, neanche in termini eccezionali e temporanei, una deroga al principio di irretroattività sfavorevole. Si è altresì aggiunto, su un piano sociale-politico e non strettamente giuridico, che la soluzione opposta, che ponesse a carico dell'imputato le conseguenze dell'insufficienza strutturale della macchina giudiziaria – che per carenza di spazi e mezzi idonei non possa celebrare le udienze in sicurezza – risulterebbe incompatibile con i valori costituzionali e irragionevole, non potendo trovare tantomeno giustificazione nel principio di solidarietà ex art. 2 Cost., stante il carattere specifico e personale del sacrificio richiesto all'imputato. Si è inoltre evidenziato, con particolare riferimento al caso di specie, che l'esigua durata del termine di sospensione, che oscilla tra i due e i tre mesi, denuncia la grave situazione della durata dei processi penali, posto che il problema si è posto per fatti per i quali sarebbe maturata la prescrizione breve o massima, rispetto ai quali, al netto della sospensione, è già decorso un periodo pari almeno a circa sei o sette anni dalla commissione del reato. Al danno di un procedimento ai limiti della ragionevole durata del processi si aggiungerebbe la “beffa” della formazione di un'ulteriore proroga per effetto di una legge penale sostanziale applicata retroattivamente e in malam partem. Alle argomentazioni giuridiche e politico-sociali esposte si contrappongono gli argomenti a sostegno della possibilità di sospendere il termine prescrizionale nei procedimento pendenti per fatti commessi in data anteriore all'entrata in vigore del c.d. Decreto Cura Italia. Si è infatti sostenuto che la sospensione del processo determini una sospensione del termine di prescrizione in forza di una norma conosciuta o comunque conoscibile all'imputato, di cui all'art. 159, comma primo, c.p., sicché non sussisterebbe un'esigenza di garantire l'autodeterminazione del cittadino in ordine alle scelte comportamentali, dal momento che qualora decida di delinquere lo stesso è a conoscenza dell'eventualità che il processo resti sospeso, con sospensione dei termini di prescrizione, per cause previste dalla legge. Tra queste rientrerebbe a pieno titolo la sospensione ex art. 83 cit., a fronte peraltro di un evento mondiale e quindi generale, quale la pandemia in atto. Questa la soluzione promossa dall'orientamento inaugurato dalla Quinta Sezione penale e seguito dalla Terza Sezione penale, in seno alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, muovendo dalla distinzione tra norma sostanziale ex art. 159, comma primo, c.p. e norma processuale ex art. 83 cit. Tale impostazione ha il merito di scandagliare con un'attenta analisi i profili processuali e sistematici della questione, qualificando il rapporto tra l'art. 83 cit. e l'art. 159, comma primo, c.p. non già in ermini di eterointegrazione bensì di mera sussunzione (la norma che prevede la sospensione del processo costituisce il presupposto della sospensione della prescrizione e non già la norma penale sostanziale ex art. 159, comma primo, c.p.). L'orientamento opposto ha tuttavia rilevato, come anticipato, che è lo stesso art. 83 cit. a prevedere espressamente la sospensione dei termini di prescrizione e che, diversamente opinando, si assegnerebbe alla disposizione codicistica una efficacia retroattiva idonea a vanificare, in materia di prescrizione, la portata assoluta del divieto di retroazione sfavorevole. Dovrà attendersi la pronuncia ormai imminente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e, ancor prima, della Corte Costituzionale (ove si pronunci nel merito delle questioni sollevate), per comprendere quale orientamento prevarrà in relazione alla questione esaminata. ANDÒ, La natura sostanziale della prescrizione e le intenzioni processuali della legislazione ai tempi dell'emergenza sanitaria: in dubbio la legittimità costituzionale della sospensione della prescrizione disposta dal Decreto Cura Italia, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 6; GATTA, "Lockdown" della giustizia penale, sospensione della prescrizione del reato e principio di irretroattività: un cortocircuito, in Sistema Penale, 2020; MAZZA, Sospensioni di primavera: prescrizione e custodia cautelare al tempo della pandemia, in Archivio Penale, 2020, n. 1, p. 7; MADIA, Prime questioni di legittimità costituzionale sulla prescrizione “da Covid 19”, in Penale Diritto e Processo, 26 maggio 2020. |