Giudizio di legittimità: la proposta del relatore ex art. 380-bis c.p.c. non deve essere motivata

Massimiliano Summa
27 Ottobre 2020

Nel giudizio di cassazione, la proposta di trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. non riveste carattere decisorio e non deve essere motivata, essendo destinata a fungere da prima interlocuzione tra il Relatore e il Presidente del Collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la possibilità per quest'ultimo di confermarla o non condividerla, con conseguente rinvio alla pubblica udienza della sezione semplice.

La sentenza trae origine dalla vertenza che ha visto contrapposte due società in merito all'accertamento negativo della sussistenza di un credito relativo al saldo di opere di realizzazione di un impianto la cui corretta esecuzione era in contestazione.

La società ricorrente, oltre a illustrare le censure dedotte nell'atto di impugnazione della sentenza di merito, ha lamentato, per quanto qui di interesse, l'assenza di motivazione nella proposta del relatore ex art. 380-bis c.p.c., sostenendo che detta carenza non tutelerebbe il diritto di difesa delle parti, che non sarebbero poste nelle condizioni di poter esercitare effettivamente le proprie difese.
Tale prospettazione è stata ritenuta infondata dalla Corte non occorrendo, secondo gli Ermellini, che la proposta del relatore sia sorretta da motivazione.
Infatti, nel giudizio di cassazione, la proposta di trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. non riveste carattere decisorio e non deve essere motivata, essendo destinata a fungere da prima interlocuzione tra il Relatore e il Presidente del Collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la possibilità per quest'ultimo, all'esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in camera di consiglio, di confermarla o di non condividerla, con conseguente rinvio alla pubblica udienza, con conseguente rinvio alla pubblica udienza della sezione semplice, in base all'art. 391-bis, comma 4, c.p.c.; né il contenuto e la funzione di tale disposizione sono mutati all'esito del Protocollo di Intesa tra la Corte di cassazione, il Consiglio Nazionale Forense e l'Avvocatura Generale dello Stato sull'applicazione del “nuovo rito” ai giudizi civili di cassazione, intervenuto il 15 dicembre 2016, che ha previsto l'«informazione circa le ragioni dell'avvio del ricorso alla trattazione in adunanza camerale».
La proposta, nel testo vigente dell'art. 380-bis c.p.c. ha un effetto meramente meccanico-impulsivo sulla sequenza processuale e ciò tanto in riferimento al ruolo del giudicante quanto in riferimento al ruolo della parte ricorrente.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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