Processo civile telematico di cui all'art. 221 del decreto rilancio: una prima interpretazione ed un post scriptum a seguito del decreto ristori
04 Novembre 2020
Tra le misure organizzative previste dal legislatore dell'emergenza sanitaria per la fase II della giustizia civile, emergenza protrattasi dal 16 aprile al 30 giugno scorso, spiccavano, in modo particolare, le previsioni affidate all'art. 83, comma 7, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, dettate in tema di celebrazione delle udienze “da remoto” (lett. f) e di celebrazione delle udienze mediante «scambio e deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni» (lett. h). Mediante queste previsioni, il legislatore dell'emergenza pandemica aveva tentato di contemperare contrapposte esigenze; quelle di natura igienico-sanitaria, volte al contenimento dell'epidemia limitando o annullando i contatti interpersonali nelle aule d'udienza, con quelle volte a non completamente paralizzare l'esercizio della giurisdizione, adottando innovative modalità procedurali. Col senno di poi, seppur con bilancio del tutto incompleto ed oltremodo approssimativo, si può ritenere che in questi mesi di applicazione i nuovi riti processuali, e in particolare la previsione dell'udienza cartolare in telematico, abbiano fornito buoni risultati in termini di efficienza processuale e di distanziamento sociale degli operatori del processo permettendo comunque l'esercizio in sicurezza della giurisdizione civile. In un commento a prima lettura della trama procedurale introdotta con previsione dell'udienza in telematico (di cui all'art. 83 d.l. n. 18/2020) era stato pronosticata la conservazione de futuro dell'istituto. Data la semplicità di utilizzo del nuovo rito, in grado di contemperare esigenze contrapposte (ovvero il contraddittorio difensivo e la tutela della salute delle parti, evitando contatti interpersonali), di talchè si era stato ipotizzato che lo stesso avrebbe potuto sostituire il quello ordinario, «divenendo il rito processuale generale di questa fase». Senza aggiungere che il nostro ordinamento processuale già conosce un rito cartolare sedimentato, un'udienza camerale non partecipata, mentre la trattazione in pubblica udienza è divenuta del tutto residuale. Tale modalità decisoria è stata introdotta a seguito della riforma dettata dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, per le decisioni che le sezioni semplici della Cassazione assumono in camera di consiglio in caso di inammissibilità o manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso. Le decisioni vengono adottate, previo scambio di memorie scritte non oltre dieci giorni prima dell'adunanza, «senza intervento del p.m. e delle parti» (art. 380-bis c.p.c.). Nell'adunanza camerale il contraddittorio, anche con il procuratore generale, viene assicurato in maniera soltanto cartolare e l'adunanza si celebra direttamente nella camera di consiglio con l'intervento dei soli componenti del collegio. In effetti, il rito cartolare in telematico introdotto dall'art. 83 d.l. n. 18/2020 è stato sostituito e rimodellato ab imis dalla nuova disposizione normativa affidata all'art. 221, comma 4, del d.l. 19 maggio n. 34, conv., con modificazioni, in l. 17 luglio 2020, n. 77 (Misure urgenti per la tutela della salute, sostegno al lavoro, e all'economia, nonché di politiche sociali connesse l'emergenza epidemiologica da Covid -19: decreto rilancio). La configurazione originaria del rito (come dettata dall'art. 83 cit.) appariva assai semplice, anzi epigrammatica, al punto da scontare talune non secondarie lacune, quale ad es., quella in tema di mancato deposito delle note scritte autorizzate (su cui infra n. 3). Viceversa, la disposizione di nuovo conio ha meglio dettagliato taluni snodi procedurali, eliminato talune ridondanze lessicali ed incongruenze e colmato la testè evidenziata lacuna. Pare poi avere avuto la pretesa di rimodellare il rito in telematico secondo una prospettiva processuale post emergenziale stabile e relativamente definitiva e duratura. L'innovativa formulazione di cui alla norma in esame si deve ad una proposta emendativa (n. 221.2. del 3 luglio 2020) avanzata e poi approvata dalla V° Commissione della Camera in sede referente nel corso dei lavori parlamentari di conversione del d.l. n. 34/2020, col quale l'originario testo dell'art. 221 è stato quasi completamente riscritto. L'obiettivo dell'emendamento è stato quello di tentare di preservare e di non disperdere i risultati positivi emersi nell'applicazione del rito emergenziale in discorso, nell'ottica di consolidare un'esperienza giurisprudenziale rivelatasi assai utile. La nuova configurazione del rito cartolare in telematico
Da un punto di vista lessicale, la nuova previsione normativa emancipa il rito emergenziale dalla “autorizzazione” dei Capi degli uffici giudiziari, i quali potevano adottare tale modalità procedurale in termini generali a valere per tutto l'ufficio giudiziario (art. 83, comma 7, d.l. n. 18/2020). Col ritorno alla semi-normalità, ora l'adozione della procedura viene rimessa, come di consueto, alla scelta discrezionale del “giudice”, cui sono istituzionalmente rimesse le tradizionali funzioni di “direzione del procedimento” (come si esprime la rubrica dell'art. 175 c.p.c.) e di scelta del rito più consono al singolo giudizio (v. artt. 426 e 427 c.p.c.), nell'ottica del «leale e sollecito svolgimento del procedimento» (art. 175, comma 1, c.p.c.). L'adozione del rito emergenziale in telematico, secondo la novella, viene svincolato dalle pressanti motivazioni epidemiologiche addotte a fondamento del provvedimento autorizzatorio da parte dei Dirigenti degli Uffici giudiziari ex art. 83 (che prevedevano l'adozione delle «misure organizzative al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone»). L'art. 221, comma 2, d.l. n. 34/2020 si limita solo blandamente a richiamare «le esigenze sanitarie derivanti dalla diffusione del COVID-19». Il rito cartolare in telematico ha una precisa durata, essendo utilizzabile dal giudice “fino al 31 ottobre 2020” (comma 2). In correlazione con la proroga dello stato di emergenza COVID-19, l'art. 1 del d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, ha prorogato al 31 dicembre prossimo il termine di originaria durata della previsione in discorso. Nell'ottica del contenimento delle esigenze sanitarie derivanti dal COVID 19, pare conforme alla ratio legis dell'intervento di novellazione l'adozione di una lettera estensiva della previsione temporale che sta affermandosi in taluni uffici giudiziari. Quella di ritenere applicabile lo scambio di note scritte in telematico laddove il provvedimento giurisdizionale che lo dispone venga adottato entro il 31 ottobre prossimo per udienze fissate in periodo successivo e posteriore. Opportunamente il legislatore ha eliminato l'endiadi presente nel testo dell'art. 83 (“scambio e deposito in telematico”). Già la comune interpretazione si era orientata nel senso di ritenere superfluo il riferimento allo “scambio e deposito”, posto che il “deposito” dell'atto di parte in consolle già realizza la finalità di perfezionare l'acquisizione dell'atto al processo, pienamente garantendo il contraddittorio. Opportuna si rivela pure l'eliminazione del riferimento alla successiva attività volta dall'organo giurisdizionale, una volta scaduti i termini di depositi delle note (con «successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice»). La parte della nuova formulazione che è stata abrogata appariva lapalissiana. Il testo dell'art. 221 d.l. n. 34/2020 dettaglia con maggiore precisione taluni passaggi procedurali che già potevano desumersi in applicazione dei principi generali, come pure dalle poche ed epigrammatiche parole utilizzate dal testo dell'art. 83 per disciplinare la nuova procedura emergenziale. In particolare, è stata prevista la comunicazione alle parti del provvedimento con cui il giudice ha disposto la “sostituzione” della trattazione orale con quella scritta in telematico. La “comunicazione” in oggetto avverrà mediante l'invio del tradizionale biglietto di cancelleria, che oggi può essere inviato ai difensori delle parti anche tramite posta elettronica certificata (art. 134, comma 2, c.p.c.). La norma dispone poi la «assegnazione alle parti di un termine fino a cinque giorni prima dell'udienza per il deposito di note scritte». In vero, l'assegnazione di un termine per lo scambio di note scritte era già desumibile dai principi (art. 175 c.p.c.: «il giudice fissa i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali»), come pure agevolmente arguibile dalla previsione di uno «scambio di note tra le parti» (a tenore della lett. h), che evidentemente presupponeva l'autorizzazione giudiziale ad effettuare tale scambio (v. art. 170, comma 4, c.p.c.). Innovativa è la previsione di una forma di contraddittorio sulla decisione giudiziale di disporre la sostituzione della trattazione orale con quella scritta in telematico («ciascuna delle parti può' presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento. Il giudice provvede entro i successivi cinque giorni»). La scelta appare apprezzabile nell'ottica di garantire il pieno rispetto del diritto costituzionale di difesa (art. 24, comma 2, Cost.). Posto che la trattazione orale può essere ritenuta preferibile a quella scritta, che potrebbe alfine limitare talune facoltà difensive del patrocinato. Nell'istanza di trattazione orale il difensore è tenuto a motivare la ragione della richiesta. Le probabilità di accoglimento dell'istanza non sono statisticamente elevate. Dato che, in prima battuta, il giudice ha già stabilito il rito applicabile optando per quello emergenziale di cui all'art. 221d.l. n. 34/2020. Probabilmente solo ragioni particolarmente motivate potrebbero indurlo a mutare l'originario convincimento. In questo ambito potrebbero, ad es., essere esposte considerazioni di carattere logistico (quale, ad es., la distanza spaziale tra il foro del difensore e una lontana sede processuale) connesse con la tipologia dell'adempimento processuale richiesto, di non grande momento nell'economia del giudizio (si pensi, ad es., alla partecipazione alla prima udienza del processo). La formulazione lessicale evidenzia che l'istanza, come può essere accolta, potrebbe essere pure rigettata («il giudice provvede entro i successivi cinque giorni»). Innovativa ed opportuna appare infine la chiusa finale presente nel comma 4 dell'art. 221d.l. n. 34/2020, che ha colmato una lacuna legis riscontrabile nel testo affidato alla lett. h) dell'art. 83 d.l. n. 18/2020, laddove dispone: «se nessuna delle parti effettua il deposito telematico di note scritte, il giudice provvede ai sensi del primo comma dell'articolo 181 del codice di procedura civile». Il legislatore ha preso atto e valorizzato la condotta omissiva di bilaterale omesso “deposito telematico di note scritte” autorizzate. Tale condotta è stata ora legislativamente equiparata alla deserzione delle parti dall'udienza di trattazione, da intendersi, appunto, come “mancata comparizione”, per gli effetti di cui agli artt. 181 e 309 c.p.c. Prima dell'intervento normativo di novellazione tra gli interpreti era sul punto insorta una perplessità interpretativa. Vi era stato chi aveva inteso il combinato disposto di cui agli artt. 181 e 309 c.p.c. applicabile al rito cartolare del deposito telematico in difetto di deposito bilaterale delle note scritte, qualificando tali previsioni «norme generali del processo civile di primo grado» (Trib. Bologna 21 maggio 2020). In quest'ottica taluno aveva evidenziato che le norme processuali dettate in tema di mancata comparizione delle parti in udienza avrebbero potuto «trovare applicazione estensiva, in via diretta, e non analogica, considerato che il termine assegnato per la trattazione scritta dal giudice, abilitato dalla legge, sostituisce a ogni effetto l'udienza»(si v. anche il parere C.S.M. 26 marzo 2020, sul d.d.l. di conversione del d.l. n. 18/2020, Linee guida agli Uffici Giudiziari in ordine all'emergenza COVID 19). Da parte di altri, quest'interpretazione veniva respinta, ritenendo non equiparabile due situazioni divergenti da un punto di vista ontologico, quali sono la fisica “mancata comparizione delle parti” in udienza (cui accenna la rubrica dell'art. 181, comma 1, c.p.c.), rispetto alla condotta omissiva consistente nell'omesso compimento di un adempimento processuale, quale l'omesso deposito di note scritte in telematico nell'ambito della procedura emergenziale di cui all'art. 83, comma 7, lett. h), d.l. n. 18/2020 (Trib. Modena 16 giugno 2020). Il recente intervento normativo denota la presenza della denunziata lacuna iuris, che ora è stata alfine colmata. Conclusioni
Come si è notato, il nuovo rito emergenziale rimodulato e perfezionato dall'art. 221 d.l. n. 34/2020 appare idoneo a contemperare contrapposte e diversificate esigenze, il distanziamento sanitario interpersonale onde sterilizzare i contatti e gli assembramenti durante l'udienza (e perciò occasione di contagio e trasmissione del virus) con l'esercizio della giurisdizione. Il diritto costituzionale di difesa in giudizio (art. 24 Cost.) resta comunque garantito, nè risulta scalfito il principio di ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.). Nell'ottica di intersezione delle contrapposte esigenze, i nuovi mezzi offerti dalla tecnologia possono trovare occasione di proficuo utilizzo, contribuendo alla modernizzazione delle logiche e delle dinamiche processuali e, in ultima analisi, concretizzando il valore ideale del giusto processo. Del resto la flessibilità del rito novellato, apprezzata dai pratici nei decorsi mesi di quarantena, potrebbe pure riconvertirsi in strumento idoneo a garantire e soddisfare esigenze diversificate rispetto a quelle originariamente sanitarie che ne hanno giustificato l'introduzione, se solo si rifletta sulle ragioni di natura logistica connesse agli spostamenti del difensore, dal foro di provenienza rispetto ad un lontano ufficio giudiziario. In un periodo di profonda incertezza, quale quello attuale, durante il quale non è noto quale potrà essere l'evoluzione (o la remissione) della pandemia, disporre di uno strumento processuale, ormai rodato e perfezionato, fruibile nell'esercizio della giurisdizione civile, può rivelarsi utile per fronteggiare ulteriori futuri momenti emergenziali. Laddove il picco epidemiologico dovesse impennarsi, mediante semplice proroga del termine in scadenza ora fissato al 31 ottobre 2020, sarebbe agevole continuare l'applicazione del modulo processuale emergenziale telematico. La legislazione processuale di questo periodo sembra un fiume in piena e l'interprete, anche quello maggiormente volonteroso, fatica a seguire le modifiche normative che, a ritmo forsennato, continuamente si susseguono, affastellandosi e sovrapponendosi l'una all'altra in una costante rincorsa contro il tempo, in tal modo determinando sconcerto e disorientamento nell'operatore del diritto. Era stato appena pubblicato il commento (che precede) all'art. 221 del d.l. n. 34 del 2020, una normativa processuale che aveva ridisegnato ab imis ed in modo piuttosto ampio ed organico la procedura civile emergenziale, in precedenza contenuta nell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020. Ebbene, lo stesso giorno è stato pubblicato sulla G.U. n. 269 del 28 ottobre un nuovo decreto legge (d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela delta salute, sostegno ai lavoratori e delle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19”: cd. decreto ristori). Il nuovo decreto detta, tra l'altro, ulteriori disposizioni processuali incidenti sullo «esercizio dell'attività giurisdizionale nella vigenza dell'emergenza epidemiologica» (come si esprime la rubrica dell'art. 23) e, soprattutto, sul testo dell'art. 221 del d.l. n. 34. Il decreto si è reso necessario in correlazione con la proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021, come disposta dal d.l. n. 125 del 7 ottobre scorso (in corso di conversione in legge), nell'ottica di garantire un ristoro economico a quelle attività che, in tutto o in parte, sono state chiuse per effetto della proroga dello stato emergenziale. Senza potere in questa sede neppure evidenziare le ulteriori novità procedurali introdotte dal cd. decreto ristori, corre l'obbligo di manifestare una perplessità ermeneutica emersa dalla lettura dell'art. 23, comma 1,del decreto medesimo (e funzionale al commento precedente), laddove dispone: «dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo». Il primo comma, prima parte, precisa che le innovazioni normative apportate in forza dei commi da 2 a 9 dell'art. 23 si applicano «fino alla scadenza del termine di cui all'art. 1 del d.l. 25 marzo 2020, n. 19»; ovvero fino alla data del 31 gennaio 2021, dal momento che lo stato di emergenza è stato prorogato fino a tale data. Meno trasparente è la formulazione della seconda parte del comma 1 laddove si limita a disporre che «resta ferma l'applicazione dell'art. 221 del d.l. n. 34». Per quanto la prima parte del comma in discorso disponga l'applicazione delle nuove disposizioni processuali civili e penali (ovvero, i commi da 2 a 9 dell'art. 23) fino alla data del 31 gennaio 2021, senza richiamare l'art. 221 in discorso, la logica conclusione non pare che essere quella di un doveroso richiamo al termine finale dettato dalla prima parte della disposizione. Laddove si dice che «resta ferma l'applicazione dell'art. 221», per effetto di una formulazione normativa poco perspicua, il Governo sembra avere omesso di precisare che tale applicazione resta possibile fino al termine del periodo di vigenza dello stato di emergenza, cioè fino al 31 gennaio 2021. L'interpretazione non pare poter essere diversa, se solo si rifletta sul fatto che la disposizione trovasi collocata nel medesimo comma dove è stata richiamata la proroga dello stato emergenziale fino a quella data, e con applicazione dei commi da 2 a 9. Si rifletta poi sul fatto che la possibilità di partecipazione del giudice all'udienza da remoto «anche da un luogo diverso dall'ufficio» (comma 7), una previsione derogatoria rispetto all'art. 221, è applicabile fino al 31 gennaio prossimo e lo stesso è a dirsi per l'ulteriore deroga a tale ultima previsione processuale, che è stata dettata per i processi di separazione consensuale e divorzio congiunto (comma 6). Lo stesso vale poi per la possibilità di depositare atti, documenti e istanze fino alla scadenza del periodo emergenziale (art. 24), come pure per il processo amministrativo (art. 25). Se la ratio che ha presieduto l'emanazione delle innovazioni processuali sull'esercizio della giurisdizione nella vigenza dell'emergenza pandemica di cui all'art. 23 d.l. n. 137 è correlata alla proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio prossimo, contrasterebbe con tale intento ritenere inapplicabile unicamente la disposizione dettata dall'art. 221 del d.l. n. 34 fino a tale data. In conclusione, seppur con un certo sforzo ermeneutico, pare ipotizzabile ritenere applicabili fino al 31 gennaio prossimo tanto la previsione della trattazione scritta in telematico, quanto quella della trattazione delle udienze da remoto, in precedenza autorizzate fino al 31 ottobre scorso, poi prorogate fino al 31 dicembre prossimo e da ultimo (grazie al d.l. 137) ulteriormente prorogate nell'efficacia fino a tale data. Concludendo questo post scriptum, ci permettiamo di invitare il Governo a concedere una tregua legislativa ai poveri operatori del diritto, oppressi da tanta bulimia legislativa. Riferimenti
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