Revocatoria dell'atto di scissione

28 Ottobre 2020

E' ammissibile la revocatoria ordinaria fallimentare ex art 66 l.fall e 2901 c.c. dell'atto di scissione societaria , ove sussistano i presupposti. Essa non è incompatibile con il rimedio della opposizione dei creditori ...
Massima

E' ammissibile la revocatoria ordinaria fallimentare ex art 66 l.fall e 2901 c.c. dell'atto di scissione societaria , ove sussistano i presupposti. Essa non è incompatibile con il rimedio della opposizione dei creditori, avendo ciascuna azione presupposti, finalità ed effetti giuridici diversi.

Il caso

Il Curatore Fallimentare di una società propone un'azione ex artt. 2901 c.c. e 66 l.fall per revocare e far dichiarare priva di qualsiasi effetto nei confronti del Fallimento la scissione che la società, prima del fallimento, aveva stipulato con atto a rogito notarile e segnatamente per quella parte di detta operazione con cui la società fallita aveva trasferito alla società i beni mobili ed immobili. La società, prima del fallimento, con l'atto di scissione aveva costituito la società convenuta alla quale assegnava il ramo immobiliare del proprio patrimonio. Il Curatore Fallimentare a fondamento della azione sosteneva la revocabilità ex artt66 l.fall e art 2901 c.c. dell'atto di scissione e , quindi, nello specifico: i) la natura pregiudizievole dell'atto revocando poiché la scissione aveva sensibilmente ridotto l'entità del patrimonio della società fallita e l'operazione aveva causato un impoverimento per la società debitrice con corrispondente pregiudizio per i suoi creditori; ii) la conoscenza, da parte del debitore, del pregiudizio arrecato dall'atto alle ragioni del creditore, poiché la grandissima parte dei creditori ammessi allo stato passivo fallimentare preesisteva alla scissione, iii) la consapevolezza, da parte del terzo, del pregiudizio arrecato dall'atto alle ragioni del creditore. La società convenuta, invece, sosteneva la non operatività della revocatoria ex art. 66 l.fall. (o ex art. 67 l.fall.) rispetto alla scissione societaria, sulla base di quattro indici normativi: 1) il rimedio dell'opposizione accordato ai creditori ex art. 2503 c.c.; 2) il divieto di dichiarare l'invalidità della scissione ex art. 2504-quater c.c.; 3) la responsabilità solidale della scissionaria ex art. 2506-quater c.c.; 4) la natura non traslativa dell'operazione.

Il Tribunale accoglieva la domanda della Curatela e la sentenza veniva impugnata dalla società convenuta. La Corte di Appello di Milano conferma la sentenza di primo grado.

La questione e le soluzioni giuridiche

La questione posta alla attenzione del Tribunale di Busto Arsizio e della Corte di Appello di Milano è quella della revocabilità ex artt. 2901 c.c. e 66 l. fall. dell'atto di scissione societaria, considerando il sistema normativo che disciplina quest'ultima e, in particolare, gli artt.2503, 2504 bise 2504 ter c.c., richiamati dagli artt.2506 ter e 2506 quater c.c., Il Tribunale di Busto Arsizio accoglie la domanda della Curatela Fallimentare e afferma, in primo luogo, la revocabilità ex artt. 2901 c.c. e 66 l.fall. dell'atto di scissione societaria. L'iter argomentativo è il seguente. Il Tribunale afferma che:

i) la scissione è un atto di natura organizzativa cui consegue normalmente il mutamento della titolarità soggettiva di una parte del patrimonio della società. Se la scissione è di per sé un fenomeno di riorganizzazione societaria, nondimeno ad essa conseguono effetti traslativi, in quanto tali revocabili laddove ricorrano i presupposti per agire in revocatoria tanto ai sensi degli artt. 64 e 67 l.fall., quanto ai sensi dell'art. 2901 c.c.;

ii) vi sono differenze fra l'azione ex art 2503 c.c. e l'azione revocatoria ex artt. 2901c.c. e 66 l fall. La prima non può essere promossa dai creditori successivi, e tantomeno dal curatore; la opposizione è un rimedio preventivo, che si propone contro la delibera di scissione non ancora attuata (art. 2503 comma 2 e 2502bis c.c.), mentre la seconda è un rimedio successivo, che ha per oggetto l'atto di scissione già stipulato (artt. 2503 e 2504 c.c.). ;

iii) il rimedio apprestato dall'art. 2503 c.c. appare insufficiente, in quanto non è idoneo ad offrire tutela contro l'atto di fusione o scissione iscritto contra legem in pendenza dell'opposizione dei creditori. Inoltre,

iv) la lesività della scissione non sempre è percepibile nel breve termine concesso dalla legge e, quindi, i creditori anteriori alla scissione potrebbero subire una limitazione di tutela. L'opposizione dei creditori all'esecuzione della deliberazione di scissione (artt. 2504-quater, 2506-ter, ultimo comma, c.c.) non costituisce norma di diritto speciale di disciplina delle società elidente l'applicabilità della norma di carattere generale contenuta nell'art. 2901 c.c., dal momento che fra le condizioni del relativo esercizio non è necessariamente previsto, in riferimento ai crediti sorti prima del compimento dell'atto, che il debitore disponente conoscesse il pregiudizio;

v) diversi sono gli effetti che conseguono all'accoglimento di una domanda proposta ex art. 2503 c.c. o di una domanda ex art. 2910 c.c. e 66 l.fall. Infatti, mentre all'accoglimento della revocatoria consegue l'inefficacia relativa dell'atto, “l'atto di fusione stipulato in pendenza dell'opposizione di cui all'art. 2503 c.c. è inefficace erga omnes” ;

vi) il divieto di dichiarare l'invalidità della scissione dopo l'iscrizione, previsto dall'art. 2504 quater c.c., non impedisce di dichiarare l'inefficacia dell'atto per ragioni diverse da quelle procedurali e, segnatamente, per violazione di norme imperative, quale quella della responsabilità patrimoniale generica. Inoltre l'art. 2504 quater c.c. attiene ai vizi procedimentali dell'atto e non è volto a garantire la stabilità delle operazioni in frode, ovvero non impedisce di dichiarare l'invalidità (né, tantomeno, l'inefficacia relativa) di un atto di fusione invalido per motivi diversi da quelli procedimentali .La norma non intende tutelare i creditori da operazioni in frode; ha natura eccezionale e come tale non consente interpretazioni estensive e/o analogiche” , mentre la revocatoria sanziona gli atti in frode e costituisce un rimedio di carattere generale per la tutela conservativa del diritto di credito, la cui operatività non è esclusa dalla disciplina in tema di invalidità dell'atto di scissione;

vii) l'art. 2504 ter c.c. concerne la validità dell'atto di scissione, la revocatoria “non interferisce su di esso;

viii) l'esperibilità dell'azione revocatoria ordinaria non è esclusa dal fatto che dalla scissione sia derivato in capo alle beneficiarie dell'operazione la solidarietà dal lato passivo di diritto speciale prevista dall' art. 2506-quater, ultimo comma, c.c .La responsabilità della società scissionaria è solidale ma è limitata al valore del patrimonio netto conferitole (ovvero alla differenza tra attività e passività); si tratta, dunque, di una responsabilità solidale “diminuita”, perché la scissionaria , in deroga al principio generale sancito dall'art. 2740 c.c., non risponde con tutti i suoi beni ;

ix) la revocabilità dell'atto di scissione societaria non è esclusa dall'asserita natura organizzativa e non traslativa dell'atto stesso. Ciò in quanto la scissione è un atto di natura organizzativa cui consegue normalmente il mutamento della titolarità soggettiva di una parte del patrimonio della società. E, sotto questo profilo, è dunque un atto dispositivo: in quanto tale, è revocabile ricorrendone i rispettivi presupposti, tanto ai sensi degli artt. 64 e 67 l.fall., quanto ai sensi dell'art. 2901 c.c. . La sentenza del Tribunale è impugnata dalla società scissionaria, ma l'atto di appello è rigettato dalla Corte di Appello di Milano. La Corte afferma la revocabilità dell'atto di scissione e, nello specifico, condivide e ribadisce tutte le argomentazioni utilizzate dal Tribunale .Inoltre, nell'esaminare gli argomenti difensivi della parte appellante, si sofferma su quello del carattere tipico dei rimedi endosocietari previsti dalla disciplina dettata dal D.Lgs 16.1.1991 n. 22, introdotta in attuazione delle direttive n. 78/855/CEE e n. 82/891/CEE in materia di fusioni e scissioni societarie, avente l'obbiettivo di introdurre una disciplina che garantisca la stabilità degli effetti delle operazioni societarie tra le società partecipanti alla scissione, tra queste e i terzi e tra gli azionisti. La società appellante sostiene che l'interesse alla stabilità degli assetti societari sarebbe preminente e verrebbe irrimediabilmente vanificato nel caso in cui si ritenesse ammissibile la proposizione di azioni revocatorie volte alla declaratoria di inefficacia di atti di scissione .Secondo la Corte, invece, le ragioni ispiratrici della novella non precludono la possibilità di individuare margini di operatività alla tutela revocatoria prevista dall'art. 2901 c.c. anche perché la scissione costituisce una fattispecie complessa a formazione progressiva diretta a modificare la struttura della società anche mediante l'assegnazione alla beneficiaria di tutto o di una parte del patrimonio della scissa. La scissione è pertanto anche un atto dispositivo e dunque, in quanto tale, rientra nella categoria degli atti revocabili di cui all'art. 2901 c.c.. Ma la Corte evidenzia anche che non ogni scissione è suscettibile di revocatoria: vi possono essere operazioni societarie a carattere straordinario che non determinano un depauperamento della garanzia patrimoniale della scissa. La revocatoria colpisce solo una parte di tali operazioni societarie, il cui effetto traslativo abbia comportato un consapevole depauperamento della garanzia patrimoniale. Afferma che, rispetto a tali operazioni, finalizzate a eludere la garanzia patrimoniale dei creditori, è fortemente dubbio che il legislatore abbia voluto dare prevalenza all'esigenza di stabilità delle operazioni societarie. La Corte sottolinea che “il legislatore societario non si occupa di tale patologia”, sulla quale invece intervengono i rimedi a carattere generale, e “che la normativa societaria infatti non menziona, per escluderla, l'azione revocatoria ordinaria” e che ciò lascia intendere che “il legislatore, nell'ottica di dettare un assetto che contemperasse esigenze di certezza e di equilibrio tra i contrapposti interessi, ha volutamente non escluso la revocatoria dalle forme di tutela esperibili dai creditori nei caso di scissioni in frode ai creditori l'assegnazione alla beneficiaria della quota prevalente del patrimonio immobiliare della scissa , ostacolava significativamente la possibilità per i creditori della scissa di vedere soddisfatte le proprie ragioni”. La lettura delle due sentenze conferma come la questione sia stata affrontata con due soluzioni contrapposte che si registrano nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale ( ex plurimisdi recente M. Giorgetti, Azione revocatoria e incorporazione di società, nota a Cass Civ Sez I, 12 novembre 2019 n. 29256 in questo portale 2020; A Picciau, Sulla difficile coesistenza dell'istituto della revocatoria con la scissione di società, in Riv Delle Soc , 2019, 695 ; R. Antonini La revocabilità della scissione nota a Corte d'Appello di Roma 27 marzo 2019 n. 2043 in questo portale 2019 ; A.Bello, Revocatoria dell'atto di scissione : una questione aperta, in Giur Comm. 2019,II, 392; F. Fimmanò La irrevocabilità della scissione societaria in Ilcaso.it; A. Paciello , La revocatoria della scissione, in Riv. Dir. Comm, 2018, 225, 1; M. Maltoni – M.S. Spolidoro, Revocatoria della scissione e direttiva europea, in Società, 2017, 1082 ss.; S. Marzo, La revocabilità della scissione societaria, in questo portale) e dalla Giurisprudenza di merito la quale ha sostenuto due tesi contrapposte L'una sostenitrice della non revocabilità della scissione (ex plurimis App.Roma 27 marzo 2019 n. 2043 in questo portale e in ilcaso.it , App. Catania 19 settembre 2017 n. 1649 in Fall., 2018, 902, Trib Napoli 26 novembre 2018 in Società 2019, 469 Trib. Roma 7 novembre 2016 in Giur Comm 2018, II, 137 ,Tribunale di Bologna 1 aprile 2016 in Fall 2017,48, Tribunale di Roma 19 ottobre 2015; Trib. Napoli, 4 marzo 2013 in Riv.dir.comm 2014,I,111) . L'altra, sostenitrice della revocabilità della scissione (ex plurimis Trib Catanzaro Sez spec Impresa 14 gennaio 2020 n. 70 in DeJure.it; Tribunale Napoli Nord sez. III,11 gennaio 2018 in Il societario.it; Trib. Roma, 12 giugno 2018 in Foro it., 2018, 10, 1, 3291; Trib. Benevento12 ottobre 2017, in Giur. comm. 2019, II, 392; Trib. Pescara, 17 maggio 2017 in Società, 2017, 1082; Trib. Roma, 16 agosto 2016 in Riv.not.2016,945 ;Trib.Venezia, 5 febbraio 2016, in Società, 2017, 67; Trib Milano 9 luglio 2015 in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib Catania 9 maggio 2012, in Fall. 2013, 985; Tribunale Benevento, 17 Settembre 2012 in www.ilcaso.it ). Il nucleo fondamentale della questione è la tutela dei creditori sociali della società scissa nell'ambito della operazione societaria e, successivamente, a seguito degli effetti delle vicende modificative della società originaria che si scinde (ex plurimis, L.Luchetti, L'operazione di scissione tra tutela dei creditori e certezza dei traffici giuridici , in Dir.fall. 2018; P. Pototschnig, Scissione societaria e azione revocatoria : un nervo scoperto per la tutela dei creditori, in Fall., 2017, 59). Come ha evidenziato la dottrina (di recente G. Scognamiglio, in Operazioni straordinarie. Patrimoni destinati. Liquidazione ed estinzione a cura di AAVV , Milano , 2020, 232 sss ), la scissione societaria presenta un profilo di “negoziazione “ fra le stesse società partecipanti “che si esprime nella determinazione di uno o più rapporti di cambio e si giustappone al profilo della modifica organizzativa, o riorganizzazione” e “l'esistenza di effetti circolatori là dove per effetto dell'operazione beni e diritti che, anteriormente ad essa, erano intestati o s'imputavano alla società scissa vengono a trovarsi dal momento in cui la scissione prende efficacia , nella titolarità di un diverso soggetto”. Sotto questo profilo si è posto il quesito se la tutela dei creditori sociali aventi titolo anteriore all'iscrizione del progetto di scissione nel registro delle imprese sia sufficientemente garantita dal microsistema normativo endo societario (artt. 2503 2504-quater comma 2 c.c., art 2506-quater , comma 3 c.c., art 2504-quater comma 1 c.c.) e, in particolare, dal diritto di opposizione e dalla responsabilità solidale delle beneficiarie nei limiti del patrimonio netto (artt. 2503 e 2506-quater, ult. co. c.c.). Con la opposizione essi hanno l'onere di allegare e dimostrare che l'operazione deliberata è suscettibile di recare loro nocumento e che mette a repentaglio la soddisfazione delle loro pretese verso la società debitrice. E' un mezzo di conservazione della garanzia ex ante; ma ad esso si collega , in funzione complementare , ex post quello disciplinato dall'art. 2506-quater comma 3 c.c. che sancisce la responsabilità solidale delle società coinvolte per i debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico ,sia pure nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto rimasto alla scissa in caso di scissione parziale ovvero di quello assegnato a ciascuna società beneficiaria. (Trib Milano 5 agosto 2016 in Soc. 2016, 11, 1304 ). A questi rimedi si aggiunge l'azione di risarcimento riconosciuta ai soci e terzi lesi dalla operazione (art 2504 quater comma 2 c.c.). Questo limite non opera per le obbligazioni di natura tributaria (art 173 comma 13 d.P.R.n.917/1986 e art 15 comma 2 d.lgs n. 472 /1997) per le quali vige la regola della responsabilità solidale illimitata delle società che hanno partecipato alla operazione. La Suprema Corte, con la ordinanza del 4 dicembre2019 n. 31654 ha affermato la ammissibilità della proposizione dell'azione revocatoria dell'atto di disposizione patrimoniale contenuto nell'atto di scissione societaria (F. Fimmanò La Cassazione scivola sulla revocatoria “selettiva” della scissione, in Giust Civ.com n. 1/2020 ). La Corte di Cassazione sostiene che l'atto di scissione è un atto di disposizione patrimoniale che risponde ai requisiti di cui all'art 2901 c.c. Anche la Corte di Giustiziacon lasentenza30 gennaio 2020,causa C-394/18 ( in Le Società 2020, 464), si è espressa favorevolmente in ordine al problema della revocabilità della scissione societaria, ritenendo l'azione pauliana strumento di protezione compatibile con l'operazione straordinaria ( P. Pototsching , Corte di Giustizia e Corte di cassazione convergono sulla revocabilità della scissione , in Le Soc. 2020, 471 ss; F. Fimmanò, Corte di Giustizia e revocatoria preferenziale della scissione, in Notariato, 2020, 115 ). Si evidenzia che la Corte d'Appello di Napoli con ordinanza del 20 marzo 2018 n. 1033 (in Giur Comm. 2019, I, 11 , in Foro it , 2018, I, 1754 , in Le Soc 2018, 1411) ha rimesso alla Corte di Giustizia Europea, la questione interpretativa degli artt. 12 e 19 della Direttiva Europea891/1982/CE, come modificata dalla Direttiva 2007/63 del 13 novembre 2007 (refluiti negli artt. 146 e 153 della direttiva UE 2017/1132) dedicata alle scissioni societarie , sottoponendole due quesiti :

1) possibilità per i creditori della società scissa di esperire l'azione revocatoria ordinaria ex art 2901 c.c. diretta a far dichiarare l'inefficacia della scissione nei loro confronti rispetto alle società coinvolte nell'operazione , allorchè questa sia stata decisa e attuata e i creditori stessi non abbiano proposto l'opposizione prevista dall'art 2503 c.c (e dunque dello strumento di tutela introdotto in attuazione dell'articolo 12 della stessa Direttiva);

2) Se la nozione di nullità contemplata dall'articolo 19 della sesta Direttiva si riferisce alle sole azioni incidenti sulla validità dell'atto di scissione ovvero anche a quelle che, pur incidendo sulla sua validità , ne determinano l'inefficacia relativa o inopponibilità. Questo quesito deriva dal fatto che il legislatore italiano non ha recepito in toto le fattispecie indicate dall'art 19 per le quali poteva essere dichiarata la nullità (assenza di un controllo preventivo di legittimità, di carattere giudiziario e amministrativo; la mancata redazione dell'atto in forma pubblica ; l'accertamento dei vizi di invalidità delle delibere assembleari necessarie per il processo decisionale), ma le ha recepite stabilendo solo che non è più possibile dichiarare la invalidità della operazione e dei relativi atti deliberativi dopo la iscrizione dell'atto di scissione nel registro delle imprese.

La Corte di Giustizia afferma che "l'art 12 , paragrafo 1, della sesta direttiva impone agli Stati membri di prevedere un adeguato sistema di tutela degli interessi dei creditori della società scissa per i crediti che siano anteriori alla pubblicazione del progetto di scissione e non siano ancora scaduti al momento della pubblicazione", che quindi tali creditori hanno il diritto di ottenere adeguate garanzie; evidenzia che tra esse non figurano le azioni pauliane ma che dall'art 12 non risulta che il mancato esercizio degli strumenti di tutela dei creditori della scissa , previsti dalla normativa nazionale in applicazione di detto articolo, precluda a questi ultimi il ricorso a strumenti di tutela diversi . Rileva altresì che dall'articolo 12, paragrafo 4 della sesta direttiva , in combinato disposto con l'articolo 2 paragrafo 3 della stessa e con l'art 13 paragrafo 3 della terza direttiva , risulta che la tutela può essere diversa per i creditori delle società di nuova costituzione e quelli della società scissa. La Corte quindi, afferma che l'art 12 non è ostativo alla applicazione della azione pauliana pur considerandone le caratteristiche e gli effetti giuridici che ne derivano con una posizione preferenziale per i creditori della società scissa; che la tutela può essere diversa per i creditori della società di nuova costituzione e quelli della società scissa. Riguardo al secondo quesito , la Corte afferma che "la nozione di nullità nel suo senso abituale fa riferimento ad azioni dirette all'annullamento di un atto che determinano la sua scomparsa e producono effetti nei confronti di tutti" e che la azione pauliana non rientra in questa nozione , in quanto "consente soltanto di rendere inopponibile nei loro confronti la scissione in questione e, in particolare, il trasferimento di taluni beni di cui all'atto di scissione".

La ammissibilità della azione revocatoria ordinaria ex art 2901 c.c. è dunque sostenuta anche dalla Giurisprudenza di Legittimità e dalla Giurisprudenza Comunitaria. Di recente la Suprema Corte (Cass 21 Febbraio 2020, n. 4737) ha affermato che nel nostro sistema l'esonero dalla responsabilità patrimoniale, come pure le limitazioni della stessa - e così pure, quindi, la liberazione del debitore durante il corso di rapporto - suppongono una espressa previsione normativa a corredo (cfr. la norma dell'art. 2740 comma 2 c.c. ); che la responsabilità delle beneficiarie per i debiti propri della società scissa, sancita dalle norme degli artt. 2506 bis comma 3 e 2506 quater cod. civ., non vale ad esonerare la scissa da responsabilità patrimoniale; che la mancata opposizione dei creditori alla disaggregazione dell'ente ex artt. 2506 ter, comma 5, e 2503 cod. civ. non rappresenta un ostacolo alla dichiarazione di fallimento della società scissa, essendo lo strumento dell'opposizione rimedio non «sostitutivo e necessario», ma solo «aggiuntivo". La Suprema Corte conferma, in tal modo, che il sistema normativo endosocietario richiamato non è chiuso; che, quindi, i creditori della società scissa hanno la possibilità di tutelare i loro crediti attraverso altri strumenti processuali.

Osservazioni

La scissione societaria è una operazione che è stata esaminata prevalentemente sotto il profilo circolatorio del patrimonio sociale in quanto genera una rottura della relazione originaria fra il creditore e il patrimonio della società debitrice e, quindi, un frazionamento della garanzia patrimoniale. Ma la scissione societaria è anche un'operazione che ha molteplici funzioni economiche (cfr. G. Scognamiglio, op. cit., 235 ss.) e che può anche coniugare il diritto societario con il diritto della crisi di impresa. Infatti essa può rappresentare una modalità realizzativa del concordato preventivo: il vigente art 160, comma 1, l. fall stabilisce la possibilità di promuovere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma, anche mediante “operazioni straordinarie” (L. Abete, Risanamento dell'impresa e operazioni straordinaria : profili sostanziali in Fall. 2017, 1041; I. Pagni, Operazioni straordinarie e procedure preventive, in Fall., 2017, 1059; P.G. Cecchini, Idee per la riforma di fusioni, scissioni e trasformazioni nel nuovo concordato preventivo, in Ilcaso.it; P. Bastia, R.Brogi, Operazioni societarie straordinarie e crisi di impresa, Milano 2016, 219 ss.; D. Galletti, Le fusioni concordatarie ed il matrimonio fra diritto societario e diritto concorsuale: separati in casa? in questo Portale 2014; Trib. Ravenna 29 ottobre 2015 in Ilcaso.it; Trib Arezzo 25 febbraio 2015 in Ilcaso.it).

Si è posto il quesito se i creditori, nella ipotesi di inadempimento delle obbligazioni concordatarie da parte della società ammessa alla procedura concordataria, possano agire nei confronti della società scissionaria in forza del combinato disposto degli artt 184l. fall e 2506-quater, comma 3 c.c. Secondo la Giurisprudenza di merito (Trib. Roma Sez Imp. 24 marzo 2020 n. 5403, in Fall 2020, 8/9 n 1117 e ss., con nota di G. Fauceglia, Le sorti della scissione concordataria tra strumenti negoziali di regolazione della crisi e disciplina societaria) innanzitutto la risoluzione del concordato ed il fallimento della società “non possono comportare un qualche effetto sulla operazione straordinaria di scissione in sé considerata, determinandone l'invalidità ovvero l'inefficacia”. A questa conclusione si perviene sulla base del principio della irretrattabilità degli effetti della scissione di cui all'art 2504-quater c.c richiamato dall'art 2506-ter u.c.. c.c. Di conseguenza, si ritiene che a seguito della risoluzione del concordato della società scissa i creditori possono agire nei confronti della società beneficiaria, sia pure in concorso "con gli altri crediti, di diversa origine e provenienza, insorti nei confronti della beneficiaria". Si deve dunque evidenziare che in questa ipotesi i creditori possono agire anche con la azione revocatoria ex art 2901 c.c. Ma se la società scissa a seguito della risoluzione del concordato è dichiarata fallita , si pone l'ulteriore quesito se la eventuale azione revocatoria ordinaria fallimentare ex art. 66 promossa o proseguita, eventualmente , dal Curatore nei confronti della società beneficiaria , possa assorbire anche la eventuale azione ex art 2504-quater c.c. Infine si rileva che l'art 116 del Codice della Crisi di Impresa e dell'Insolvenza , al terzo comma stabilisce che “Gli effetti delle operazioni di cui al comma 1, in caso di risoluzione o di annullamento del concordato , sono irreversibili , salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi ai sensi degli articoli 2500 bis comma 2, 2504 quater, comma 2e 2506 ter comma 5 del codice civile”. In attesa dell'entrata in vigore del Codice e salvo ulteriori differimenti, resta il dubbio che il legislatore abbia ribadito il sistema chiuso dei rimedi normativi endosocietari richiamati.

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