Interruzione del processo per fallimento e riassunzione: la parola alle Sezioni Unite

29 Ottobre 2020

Con l'ordinanza interlocutoria la Prima Sezione Civile della Suprema Corte di cassazione ripercorre i plurimi e divergenti orientamenti sul tema della decorrenza del termine per riassumere il processo interrotto a seguito del fallimento di una parte. Nell'auspicare una presa di posizione univoca, vista la notevole rilevanza della materia trattata, la questione è stata rimessa al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

I fatti di causa. Una società per azioni conveniva in giudizio la banca di riferimento per ottenerne la condanna alla ripetizione dell'indebito relativo a interessi usurari e anatocistici. Il Tribunale di Siena accoglieva la domanda della società attrice. Nel corso dell'appello, intervenuta l'interruzione del giudizio a seguito della dichiarazione di fallimento della società appellata, la banca provvedeva alla riassunzione. Si costituiva in giudizio la curatela fallimentare eccependo l'estinzione del giudizio sul presupposto della non tempestività della riassunzione. La Corte di Appello di Firenze dichiarava estinto il giudizio in forza delle seguenti considerazioni: (i) doveva applicarsi la disciplina dell'interruzione «automatica» introdotta col d.lgs. n. 5/2006; (ii) il fallimento era stato dichiarato con sentenza del 16 aprile 2014 e la banca, secondo quanto fatto rilevare dalla curatela aveva ricevuto l'avviso ex art. 92 l. fall. in data 3 maggio 2014; (iii) il fallimento aveva dedotto, nella propria comparsa di costituzione, che il 10 giugno 2014 la banca aveva provveduto a sottoscrivere la domanda di ammissione al passivo; (iv) per il meccanismo di cui all'art. 115 c.p.c. la conoscenza legale del fallimento alla data del 3 maggio 2014 doveva «considerarsi risultante anche nel processo in cui la relativa eccezione [era] stata fatta valere».
Di qui il ricorso per cassazione della banca affidato a quattro motivi incentrati principalmente sull'individuazione del dies a quo per la riassunzione del processo.

La norma di riferimento. La Prima Sezione Civile ricorda, anzitutto, che l'art. 43 l. fall. è pacificamente da interpretarsi nel senso che la dichiarazione di fallimento determina l'interruzione di diritto - automatica - del giudizio (Cass. civ., Sez. Un., 20 marzo 2008, n. 7443; Cass. civ., 28 dicembre 2016, n. 27165). Detta norma, così come novellata dall'art. 41 d.lgs. n. 5/2006 trova applicazione dal 16 luglio 2006, con consequenziale automaticità dell'interruzione del processo a seguito della dichiarazione di fallimento, purché quest'ultima sia intervenuta successivamente a tale data, anche nei giudizi anteriormente pendenti (Cass. civ., 28 dicembre 2016, n. 27165).

Cosa si intende per «conoscenza legale». Puntualizza la Corte che in ipotesi di interruzione di diritto la conoscenza che si richiede, ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione è quella legale, ottenuta tramite atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell'evento medesimo (cfr. Cass. civ., 16 aprile 2019, n. 10594; Cass. civ., 25 febbraio 2015, n. 3782; Cass. civ., 11 febbraio 2010, n. 3085), alle quali non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita (Cass. civ., 16 aprile 2019, n. 10594 cit.; Cass. civ., 11 febbraio 2010, n. 3085; Cass. civ., 19 marzo 1996, n. 2340). Siffatta conoscenza legale rileva anche in caso di interruzione del giudizio determinata dal fallimento (Cass. civ., 30 gennaio 2019, n. 2658).
Nel caso in cui la riassunzione debba essere operata dal curatore fallimentare, la Corte di legittimità ha più volte precisato che, ai fini del decorso del termine per la riassunzione, non è sufficiente la sola conoscenza da parte del curatore fallimentare dell'evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale detto effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare (Cass. civ., 28 dicembre 2016, n. 27165 cit.; Cass. civ., 13 marzo 2013, n. 6331; Cass. civ., 7 marzo 2013, n. 5650; Cass. civ., 18 aprile 2018, n. 9578). Ciò in considerazione del fatto che il curatore fallimentare, quale soggetto rimasto estraneo al giudizio interrotto, ben può ignorare l'esistenza di questo. Anche nell'ipotesi opposta in cui la riassunzione avvenga ad opera della controparte del fallito, il termine per la detta riassunzione decorre dall'acquisizione di una conoscenza legale che deve avere ad oggetto tanto l'evento interruttivo, quanto il procedimento in cui tale evento ha operato (cfr. Cass. civ., 15 marzo 2018, n. 6398; Cass. civ., 30 novembre 2018, n. 31010; Cass. civ., 26 giugno 2020, n. 12890; Cass. civ., 30 gennaio 2019, n. 2658).
È stata tuttavia registrata una voce dissonante (Cass. civ., 29 agosto 2018, n. 21325) secondo cui la parte estranea all'evento interruttivo non ha la necessità di conoscere il processo del quale è parte, a differenza del curatore fallimentare che, se non può ignorare il dato dell'apertura della procedura concorsuale, può non essere al corrente dell'esistenza del singolo processo relativo al rapporto di diritto patrimoniale del fallito compreso nel fallimento. Il contrasto è riaffiorato nella pronuncia della Cass. civ., 26 giugno 2020, n. 12890 la quale ha ribadito la necessità di una conoscenza legale estesa al giudizio interrotto proprio in considerazione della inaccettabilità del «trattamento asimmetrico» che altrimenti sarebbe riservato al curatore: è stato cioè evidenziato non sussistere ragioni che giustifichino nei confronti della parte non fallita minori cautele rispetto a quelle accordate alla curatela (che va resa edotta del procedimento interrotto).
Ricorda inoltre la Corte che la conoscenza legale deve investire non già la parte personalmente, ma il suo difensore, quale soggetto in grado di apprezzare gli effetti giuridici dell'evento medesimo e di comprendere se e quando sia necessario attivarsi per riassumerlo tempestivamente (Cass. civ., 15 marzo 2018, n. 6398; Cass. civ., 30 gennaio 2019, n. 2658; Cass. civ., 26 giugno 2020, n. 12890; Cass. civ., 30 novembre 2018, n. 31010).
Non è all'opposto richiesto che la conoscenza legale sia procurata dal difensore della parte nei cui confronti si è verificato l'evento interruttivo, ben potendo provenire da soggetti diversi, come il curatore fallimentare (Cass. civ., 30 gennaio 2019, n. 2658). In ipotesi di sostituzione del difensore, è stato osservato che, in considerazione del fatto che la conoscenza legale deve avere ad oggetto lo specifico processo in cui l'interruzione ha spiegato incidenza, ove la parte interessata alla prosecuzione sia assistita in tale processo da un difensore diverso da quello cui è stata data comunicazione dell'evento, ai fini del decorso del termine per la riassunzione rileva il momento in cui il secondo difensore acquisisce legale cognizione dell'evento interruttivo (Cass. civ., 15 marzo 2018, n. 6398; Cass. civ., 30 novembre 2018, n. 31010; Cass. civ., 26 giugno 2020, n. 12890; Cass. civ., 23 novembre 2013, n. 20744; Cass. civ., 1° giugno 2017, n. 13900).
Viene infine ricordata la posizione più restrittiva (Cass. civ., 16 dicembre 2019, n. 33157) secondo cui, in caso di interruzione automatica del processo, la conoscenza del fallimento di una parte che il procuratore di altra parte, non colpita dall'evento interruttivo, abbia acquisito in un determinato giudizio non è idonea a far decorrere il termine per la riassunzione di altra causa, neanche ove le parti siano assistite, in entrambi i processi, dagli stessi procuratori, dovendosi altrimenti attribuire all'avvocato una sorta di «rappresentanza generale».

Quando la conoscenza «legale» è superata da quella «effettiva». Segnala altresì la Prima Sezione Civile che, secondo recente pronuncia (Cass. civ., 14 giugno 2019, n. 15996), in caso di interruzione del processo determinata, ipso jure, dall'apertura del fallimento ai sensi dell'art. 43, comma 3, l. fall., il termine per la riassunzione del giudizio a carico della parte non colpita dall'evento interruttivo, la quale abbia preso parte al procedimento fallimentare presentando domanda di ammissione allo stato passivo, non decorre dalla legale conoscenza che questa abbia avuto della pendenza del procedimento concorsuale, ma dal momento in cui ne abbia avuto cognizione effettiva: sicché, in assenza di ulteriori elementi, rileverebbe il momento in cui sia stata depositata o inviata la domanda di ammissione allo stato passivo. Tale soluzione, a detta della Prima Sezione, trascura il principio per cui ai fini della riassunzione dovrebbe rilevare la conoscenza (legale) procurata al difensore della parte del giudizio interrotto, e non alla parte stessa. Allineandosi alla precedente giurisprudenza di legittimità, rimarca la Corte che la proposizione della domanda di ammissione al passivo non può considerarsi sempre e comunque espressiva di una conoscenza utile ai fini del decorso del termine per riassumere.

Nessun onere di riassunzione in assenza di interruzione del giudizio. La Prima Sezione Civile ricorda, infine, che secondo altro indirizzo interpretativo non sussiste alcun onere di riassunzione in assenza della dichiarazione, da parte del giudice, dell'interruzione del giudizio per l'intervenuto fallimento della parte. In questa direzione, l'art. 43 l. fall. va interpretato nel senso che, intervenuto il fallimento, l'interruzione è sottratta all'ordinario regime dettato in materia dall'art. 300 c.p.c., nel senso che è automatica e deve essere dichiarata dal giudice non appena sia venuto a conoscenza dall'evento; giammai nel senso che la parte non fallita sia tenuta alla riassunzione del processo nei confronti del curatore indipendentemente dal fatto che l'interruzione sia stata, o meno, dichiarata (Cass. civ., 1° marzo 2017, n. 5288; Cass. civ., 27 febbraio 2018, n. 4519; Cass. civ., 9 aprile 2018, n. 8640; Cass. civ., 11 aprile 2018, n. 9016). Siffatta tesi anticipa quanto è stato previsto dall'art. 143, comma 3 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza (d.lgs. n. 14/2019): il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre cioè da quando l'interruzione viene dichiarata dal giudice. Impostazione questa contestata dalla giurisprudenza successiva sul presupposto di veder così vanificata la previsione di automaticità prevista dall'articolo 43 l. fall. (Cass. civ., 30 novembre 2018, n. 31010).

La necessità di una presa di posizione univoca. La Prima Sezione Civile, a conclusione del proprio pensiero, segnala che la materia in discussione è costellata da posizioni non coerenti che concorrono a rendere priva di uniformità la giurisprudenza espressa dalla Corte di cassazione. Le tante questioni legate alla conoscenza legale dell'evento interruttivo e del giudizio in cui esso è operante tendono difatti a perdere di spessore nella prospettiva secondo cui ciò che conta è, unicamente, la dichiarazione di interruzione del procedimento da parte del giudice.

Aggiunge la Corte che non tutte le nominate questioni affrontate dalla giurisprudenza hanno raggiunto un soddisfacente grado di definizione. Cercando di sintetizzare, questi i profili su cui si sono registrati dissensi: i) all'impostazione secondo cui, ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione, occorre prendere in considerazione la conoscenza del procedimento in capo alla parte non fallita si contrappone l'assunto per il quale tale conoscenza non sarebbe richiesta; ii) non è poi pacifico il principio per il quale, ai fini della conoscenza legale dell'evento interruttivo, rileverebbe la condizione data dall'identità del difensore che assiste la parte sia nel giudizio interrotto, sia in altro giudizio, in cui si acquisisca conoscenza legale del fallimento; iii) infine, l'affermazione per cui il termine per la riassunzione in capo alla parte non fallita decorrerebbe comunque dal momento in cui sia stata depositata o trasmessa la domanda di ammissione allo stato passivo non pare legarsi con l'impostazione che esige la conoscenza dell'evento interruttivo in capo al difensore che assista la parte stessa nel giudizio interrotto.
Da qui la rimessione al Primo Presidente affinché valuti se la dibattuta questione circa l'individuazione del momento da cui debba aver corso, per la parte che non sia fallita, il termine per la riassunzione del giudizio nel caso di interruzione ex art. 43, comma 3, l.fall., vada devoluta alle Sezioni Unite.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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