Gli squilibri finanziari e le possibili soluzioni: il piano attestato di risanamento ex art. 67 L.Fall. Proposte minime in un convegno di diritto della crisi

Cesare Meroni
30 Ottobre 2020

Una possibile soluzione agli squilibri finanziari dell'azienda è il piano attestato di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. così come previsto dall'attuale legge fallimentare. Viene, quindi, fornita una schematica illustrazione dell'istituto, illustrandone innanzitutto lo scopo, ossia la tempestiva gestione della crisi attraverso soluzioni negoziali volte ad evitare l'accesso a procedure concorsuali quali l'accordo di ristrutturazione o il concordato preventivo.
Premessa

Nell'attuale scenario post pandemia gli imprenditori si possono trovare in una delle seguenti posizioni:

- alcuni imprenditori hanno, come si suole dire, “gettato la spugna” a fronte delle grandi difficoltà in cui si trovano e che erano già presenti prima della diffusione del Covid-19, indipendentemente da quanto potrebbero ottenere o hanno ottenuto in forza del D.L. Liquidità (d.l. n. 23/2020, conv. con mod. in l. n. 40/2020);

- altri hanno già valutato di presentare istanza di fallimento in proprio o di concordato preventivo a partire dal 1° luglio 2020;

- altri ancora stanno valutando di ottenere i finanziamenti per poi posticipare la valutazione circa la possibilità di continuare la propria attività al 1° gennaio 2021;

- alcuni imprenditori, invece, stanno considerando la cessione della propria attività anche a prezzi più che dimezzati rispetto alle aspettative di realizzo che avevano nel 2019;

- la maggioranza, infine, ha già deciso di non versare più imposte, contributi e Iva per potere sopravvivere aspettando il condono salvifico, la rateazione differita e il recepimento di eventuali responsabilità penali contenute.

Alla domanda che l'imprenditore pone al professionista, ovvero cosa succeda in caso di fallimento, quali siano le responsabilità penali a cui si potrebbe andare incontro, sia che si tratti di una responsabilità anteposta al gennaio 2020 o posposta, non vi è che una risposta, per la quale, con specifico riguardo alla possibilità di contestazioni in sede penale, si rimanda alle statistiche dei giudizi per reati fallimentari.

Una possibile soluzione agli squilibri finanziari dell'azienda è il piano attestato di risanamento ex art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. così come previsto dall'attuale legge fallimentare.

Occorre premettere, infatti, che il codice della crisi, ad oggi, resta un ricordo, e non è da escludere, come ritenuto da molti, che non ci siano più i presupposti per una sua entrata in vigore alla data prevista, a causa delle conseguenze della pandemia sulla vita imprenditoriale.

L'art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. ha una storicità relativa e, per opinione comune, negli ultimi anni l'utilizzo di tale strumento è stato molto ridotto rispetto alle iniziali previsioni che ne vedevano con favore l'impiego.

Nel corso dello svolgimento della propria professione lo scrivente, fino al 2006, anno della prima riforma della legge fallimentare, si è occupato principalmente di attività giudiziale, ricoprendo i ruoli di curatore fallimentare e commissario giudiziale. Successivamente, in linea con l'evoluzione della normativa, che ha messo al centro la continuità aziendale, ha ampliato e diversificato la propria attività, prestando assistenza e consulenza a imprenditori nel perseguire la soluzione concordataria o di ristrutturazione per risanare la propria esposizione debitoria.

Alla luce della propria esperienza in ambito concorsuale, numerosi imprenditori hanno optato per l'elaborazione di un piano di risanamento per poter beneficiare dell'esimente dalla revocatoria fallimentare nel caso di pagamenti in corso di piano. Spesso lo scrivente si è trovato a non condividere il percorso che vedeva il piano di risanamento avere lassi temporali, modalità applicative e benefici solo a favore di una parte del ceto creditorio, con conseguenti responsabilità dell'imprenditore, dell'attestatore e dell'Advisor.

A fronte delle precedenti considerazioni, si procede con una schematica illustrazione dell'art. 67 comma3, lett. d) l.fall., illustrandone innanzitutto lo scopo, ossia la tempestiva gestione della crisi attraverso soluzioni negoziali volte ad evitare l'accesso a procedure concorsuali quali l'accordo di ristrutturazione o il concordato preventivo.

La norma di cui all'art. 67, comma 3, lett. d) l. fall.

Il presupposto del piano di risanamento è lo stato crisi, non lo stato di insolvenza, e la differenza - almeno fino all'entrata in vigore del nuovo Codice – consiste nel fatto che la crisi, soprattutto di natura finanziaria, coincide con l'incapacità temporanea e non irreversibile di far fronte alle proprie obbligazioni, mentre l'insolvenza si ha quando è probabile la definitiva impossibilità di far fronte alle proprie obbligazioni.

L'art. 67, comma 3, lett. d) l.fall. prevede la non revocabilità e, dal punto di vista penalistico, l'esenzione dalla fattispecie di bancarotta semplice per i pagamenti effettuati in esecuzione del piano, e probabilmente questo è il focus di tutta la redazione dei piani di risanamento fino ad oggi.

La redazione del piano necessita dell'assistenza di consulenti, Advisor e, in generale, di un team di professionisti ampiamente capaci di dare supporto all'imprenditore.

Il piano è una soluzione privatistica, cioè non è previsto l'intervento dell'autorità giudiziaria e, ad oggi, presenta una fisionomia positivizzata che non corrisponde più alla soluzione stragiudiziale che fino al 2006 prevedeva ipotesi gravissime di responsabilità sia per l'imprenditore che per gli eventuali Advisor che concorrevano nella predisposizione di piani stragiudiziali (che poi sfociavano in procedure concorsuali).

La pubblicità, le forme e i contenuti del piano non sono imposti; tuttavia, affinché il piano sia opponibile a qualche creditore o a tutti i creditori, occorre la forma scritta e la registrazione o la pubblicazione del piano nel registro delle imprese, e ciò a seconda dell'ampiezza della soluzione che si vuole trovare con il più ampio numero dei creditori. La forma scritta e la data certa sono quindi indispensabili.

In linea di principio, il piano di risanamento ha natura non liquidatoria, tuttavia può essere prevista la dismissione anche parziale di asset, ma non deve esserci una finalità meramente liquidatoria.

Fondamentale è la figura dell'attestatore, ossia di un professionista terzo, indipendente, assolutamente autonomo e che non abbia prestato in passato attività professionale a favore del debitore.

Ad avviso dello scrivente, il significato della norma andrebbe ulteriormente precisato, nel senso che l'attestatore non deve aver avuto rapporti professionali o di lavoro subordinato o di accordi contrattuali, che possano ex post andare a minare la propria terzietà, neanche con gli altri Advisor e professionisti con cui collabora alla redazione del piano.

Dalla necessità di tale requisito deriva che la possibilità di fare l'attestatore riguardi soltanto commercialisti, revisori contabili e avvocati. A questo proposito l'art. 2399 c.c. prevede cause di ineleggibilità e decadenza ben chiare.

La veridicità dei dati e la fattibilità del piano sono due capisaldi dell'attività di asseverazione: deve essere data evidenza del processo metodologico adottato per vagliare la veridicità dei dati, le valutazioni e le conclusioni prognostiche circa l'eseguibilità del piano posto in essere, partendo dalla situazione di riferimento dell'azienda in un preciso dato temporale.

Inoltre, è necessario verificare l'esistenza di tutti i beni ed il loro valore, anche con l'ausilio di periti ad hoc, per conoscere gli asset dell'ambito patrimoniale dell'azienda; porre in essere una circolarizzazione molto attenta e ogni altro strumento di verifica di tutte le passività. Occorre altresì valutare la natura dei crediti dell'imprenditore; valutare tutti i rischi, tutti i contratti in essere, le commesse, lo stato e le prospettive di avanzamento dei lavori.

Si tratta di un'analisi complessa ma necessaria per giungere a una valutazione prognostica circa la fattibilità del piano e la veridicità dei dati.

Ovviamente il piano presenta una natura dinamica, e di frequente accade che dopo l'asseverazione possano intervenire modifiche e integrazioni e che si presenti, dunque, la necessità di una nuova asseverazione di un piano che di fatto è in evoluzione.

L'attestatore ha responsabilità ben definite, previste dall'art. 326-bis l.fall. relativo al reato di falso in attestazione. A tal proposito, si rammenta come già in passato alcune sentenze, a fronte di gravi carenze dal punto di vista dell'approccio metodologico relativo all'accertamento dell'attività e delle verifiche da parte dell'attestatore, abbiano adottato misure interdittive dell'esercizio della professione di dottore commercialista dell'attestatore del piano di concordato.

Si evidenzia inoltre che, quando occorre valutare un piano di ristrutturazione, la priorità deve essere la continuità aziendale.

Sul punto occorre riflettere sul fatto che, purtroppo, numerosi professionisti danno priorità alla definizione del proprio compenso, occupandosi solo in seconda battuta dei veri contenuti del piano.

A titolo esemplificativo, si riporta un esempio pratico.

Un incarico aveva ad oggetto l'attività di Advisor per la predisposizione di un piano di risanamento ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. d) l.fall. per un'impresa che aveva problematiche oggettivamente rilevanti, ma non così evidenti dai primi approcci avuti con l'imprenditore e con l'organo amministrativo. Si trattava di un'azienda con centoventi dipendenti, trenta milioni di fatturato, un marchio conosciuto e che svolgeva un'attività particolare e di nicchia, che si inseriva in vari contesti di commesse internazionali: si trattava di un'impresa che aveva certo appeal.

L'incarico di Advisor, nel caso di specie, non era agevolmente sostenibile per una serie di rilievi e di cause, aventi sia natura endogena che esogena. Con riguardo alle prime, esistevano alcune problematiche oggettive tra i soci, quali ad esempio dissidi relativi alla costruzione del piano, all'impossibilità di procedere alla ricapitalizzazione e di interagire con il sistema bancario al fine di ottenere nuova finanza. A ciò si aggiungeva il fatto che il management era in grande difficoltà e non c'era la possibilità di una continuità immediata a causa dei problemi tra il management e la dirigenza, era già in essere una crisi evidente e le migliori figure professionali interne erano già oggetto di richiesta da parte dei competitor per acquisirne il know how.

A queste dinamiche interne si affiancavano cause c.d. esogene, quali, ad esempio, un supporto legale giuslavoristico non adeguato alla crisi, l'insussistenza di un rapporto con gli istituti di credito, che avevano sospeso tutti gli affidamenti, problematiche importanti relative ad alcune poste di bilancio, già rilevate sia dal collegio sindacale sia dal revisore e, infine, difficoltà nei rapporti con i fornitori, che avevano già comportato l'insorgenza di una tensione finanziaria.

Tutto questo per evidenziare che il piano di ristrutturazione non deve avere, quale fine ultimo, l'attività dei professionisti, ma, al contrario, se emerge che il piano non possa trovare esecuzione, è necessario che il consulente possegga la capacità di intervenire immediatamente, prospettando una nuova soluzione alternativa all'ipotesi iniziale.

Nel caso descritto era a rischio la continuità aziendale, pur con una situazione fiscale e contributiva – fatto anomalo – completamente regolare, ma con una liquidità che sarebbe stata “bruciata” a brevissimo per tutta una serie di problematiche relative allo stato delle commesse e, quindi, alla possibilità di fatturazione di tali lavori. Erano in corso delle trattative per la cessione delle quote o dell'intera azienda, per cui si cercava il supporto di un altro imprenditore, anche esterno, che acquisisse l'azienda, ma non vi era la disponibilità a un cambio di governance, nonostante l'evidenziazione di questa necessità sia da parte del sistema bancario che da parte di alcuni fornitori, nonché un'oggettiva incapacità di un prosieguo di gestione condiviso e lineare.

Inoltre, vi era la necessità di trovare un team adeguato alla situazione contingente: era necessario cercare un legale generico, un legale specializzato in ambito concorsuale, un giuslavorista per tutte le problematiche relative ai 120 dipendenti, periti e un attestatore (fuori team). Quest'ultima figura, da riconoscersi come un professionista serio, è meglio che sia una figura di spicco, dal momento che in determinati tribunali è importante che egli sia conosciuto per sostenere il piano in modo credibile. Può altresì accadere che lo stesso sistema bancario richieda una personalità autorevole nel campo, vista l'importanza dell'ambito debitorio, con lo scopo di avere un attestatore particolarmente specializzato. In alcuni contesti, infatti, uno o più nominativi di riferimento vengono forniti direttamente dal sistema bancario.

Arrivati a questo punto, il piano deve essere comunque “stigmatizzato” da parte del team dei consulenti con una deadline temporale: non si può infatti pensare di poter andare avanti all'infinito fin quando non si trova una soluzione.

Se il professionista, l'Advisor o anche l'attestatore (si condividono anche con quest'ultimo profili temporali ed eventuali soluzioni) evidenziano che oltre un determinato lasso temporale c'è un aggravio assoluto della situazione finanziaria ed economica e si va a minare la continuità aziendale, vi è la necessità da parte del team di porre un limite temporale. A questo limite temporale deve poi seguire una conseguenza. La conseguenza, nel caso in esame, è stata che, dopo un determinato limite temporale, non era ancora stata individuata alcuna soluzione in continuità né con la cessione delle quote né con l'individuazione di soggetti terzi che potessero rilevare l'azienda, per cui si è optato per il ricorso all'art. 161, sesto comma, l.fall., quindi per la richiesta di un concordato preventivo, inizialmente in continuità, per dare poi adito, con la condivisione del tribunale e del commissario giudiziale, ad una vendita competitiva a norma dell'art. 163-bis l.fall..

Si evidenzia che tutti coloro che erano inizialmente interessati all'acquisto dell'azienda attraverso manifestazioni d'interesse solo in sede extra concorsuale, hanno poi valutato tale interesse anche in questa sede. Pertanto, si è arrivati alla cessione d'azienda in brevissimo tempo, con la conseguenza di aver salvato tutti i posti di lavoro e aver ottenuto un importo dal prezzo di cessione adeguato alla necessità della creazione di un piano concordatario che è stato poi approvato dai creditori, omologato ed è poi stato portato in esecuzione.

L'analisi del caso in esame è utile perché statisticamente, anche per i valori in gioco, non è frequente partire da un piano ex art. 67 l.fall. per poi arrivare alla soluzione sopra descritta.

L'evoluzione del piano finalizzata alla ripresa post Covid-19

Innanzitutto, come ribadito da più parti, si ritiene che l'attuale fisionomia del piano ex art. 67 non sia adeguata all'attuale straordinaria crisi da Covid-19.

È necessario pertanto cercare una soluzione che consenta all'impresa sana di impostare una ripartenza adeguata e rapportata ai tempi non immediati del riequilibrio finanziario e forse anche di supporto documentale al sistema bancario, perché in questo momento il sistema bancario è ancora in attesa di qualche positivo segnale da parte del governo, non ultimo lo scudo penale per evitare i reati di concessione abusiva del credito.

Il blocco dei flussi di cassa in entrata è oggettivamente prevedibile che prosegua per molti mesi, se non anche per tutto il 2021.

Già oggi, infatti, gran parte della clientela non è in grado di far fronte alle scadenze contrattuali e vi è quindi una necessità di rivisitazione, rinegoziazione di tutti gli affidamenti bancari già in essere oltre a quelli necessitanti per la continuità. In questo contesto si parte dal presupposto che non c'è una crisi strutturale e non c'è ancora una grave perdita patrimoniale. Il sistema bancario dovrà fare la valutazione del merito creditizio, ugualmente l'Agenzia delle entrate dovrà comprendere e recepire tali presupposti oggettivi da parte delle aziende.

Il piano di risanamento, ad avviso dello scrivente, potrebbe essere modificato con la finalità di avere uno strumento di risoluzione delle problematiche con una temporalità ben definita. Bisogna valutare se tale piano debba esser reso pubblico al fine di non rendere esperibili azioni esecutive e cautelari da parte dei creditori. Una tutela che l'attuale art. 67 L.F. potrebbe avere solo nella pubblicazione (facoltativa), mentre oggi si richiede un passo in più a livello normativo.

L'ulteriore finalità è quella di evitare l'accesso a procedure concorsuali, dal momento che i tribunali fallimentari sono attualmente in una situazione veramente complessa.

Altra finalità, forse la priorità, è quella di istituire un supporto psicologico per l'imprenditore. La grande problematica rilevata, ad avviso dello scrivente, in tutti gli ambiti di consulenza che viene fatta all'imprenditore in questo contesto, è quella relativa alla valutazione psicologica dell'imprenditore che si trova ad avere un mondo completamente stravolto dal Covid-19. Da qui deriva la necessità di poter interagire psicologicamente, da consulente a imprenditore.

Ci sono già vari segnali e allerte in questo senso: prevenire i rischi derivanti da tentativi della criminalità organizzata attraverso l'usura e l'acquisizione di aziende in difficoltà, dati i valori in crollo (tutto l'ambito della ristorazione, degli alberghi, delle farmacie sono sicuramente obiettivi possibili sia da parte di chi è in possesso di mezzi finanziari ma anche da parte della criminalità organizzata che ha interesse ad immettere nel circuito finanziario i propri proventi illeciti).

Ancor di più quindi, per un piano ex 67 L.F. “evoluto”, è auspicabile che venga riformato il ruolo sia dell'Advisor che dell'attestatore, occorrendo un mix professionale ancora più accentuato, anche perché nell'attuale contingenza non si hanno più profili di certezza che consentono di predisporre un piano in proiezione temporale futura.

Dovrà quindi essere completamente rivalutato tutto l'ambito della fattibilità del piano. Un presupposto essenziale è che l'impresa sia in bonis, sia sana, e quindi la contabilità regolare, per far sì che l'imprenditore possa essere in grado di redigere scenari verosimili di exit da questa situazione di crisi. In tal modo anche il costo professionale (sia dell'Advisor sia dell'attestatore) diviene contenuto, non dovendo questi ultimi ricostruire per intero la contabilità di anni e anni. Presupposto, quindi, di una continuità operativa, di una reale capacità dell'imprenditore di dare contezza della regolarità della sua attività.

In conclusione

E' forse utile qualche spunto di riflessione.

Il legislatore non ha ancora trovato soluzioni adeguate alla crisi straordinaria da Covid-19: avrebbe potuto, in primis, ad esempio, individuare un procedimento semplice, di competenza del tribunale fallimentare (in composizione monocratica, per snellezza), dandogli la possibilità di nominare un esperto aziendalista, con capacità di valutazione di crisi d'impresa e che possa accertare la crisi immediatamente, attraverso una specie di accertamento tecnico preventivo “anomalo” in modo da verificare l'incidenza sul disequilibrio dell'impresa della crisi da Covid-19. A seguito di tale verifica, e quindi con relazione e asseverazione (e relazione assertiva), concedere la possibilità all'azienda di utilizzare questo strumento soprattutto in riferimento alle richieste documentali che il sistema bancario pone, ed avere praticamente un nulla osta per l'accesso ai benefici (finanziamenti pubblici) previsti nei decreti emanati e in emanazione.

Lo stesso esperto, come sopra nominato, dovrebbe avere una continuità di vigilanza e di verifica dell'attività dell'imprenditore anche dopo l'ottenimento dei flussi finanziari necessari per la continuazione dell'attività. Tale procedura non dovrebbe essere qualificata come procedura concorsuale, ma dovrebbe comunque essere seguita e controllata da un giudice e da professionista esperti e veloci.

Se la soluzione non concorsuale non dovesse trovare condivisione, si potrebbe optare per una soluzione concorsuale, magari una c.d. concorsualità minore. Il legislatore avrebbe potuto reintrodurre, ad esempio, con piccoli accorgimenti e modifiche, l'amministrazione controllata. Prevedendo, quindi, un imprenditore che rimane gestore della propria attività, della propria azienda, ma con la nomina di un commissario giudiziale, e quindi di un giudice delegato, che verifica insieme al commissario la continuazione dell'attività con tutta una certa serie di regole, ma con la possibilità di avere un lasso temporale “differito” e anche “una possibilità di condivisione” del percorso con il commissario stesso, con gli Advisor e con l'imprenditore.

Le due soluzioni proposte sono state prospettate da varie personalità in ambito giuridico, finanziario, aziendalistico e trovano certamente condivisioni ma anche contrasti, probabilmente per le difficoltà applicative. Ad avviso dello scrivente, occorre dare atto del fatto che gli strumenti attualmente previsti non ricomprendono soluzioni certe per la straordinaria crisi da Covid-19.

Si rifletta, infine, sulla possibilità di immediata attuabilità per dare respiro all'ambito finanziario: consentire a tutti i soggetti che sono creditori di soggetti falliti o in concordato la possibilità di emettere sin da subito nota di credito per i crediti ammessi. Questo consentirebbe l'immediata possibilità di compensare e recuperare l'IVA per miliardi di euro, vista la mole di crediti insinuati al passivo fallimentare, e sarebbe un'immissione di liquidità oggettiva forse a costo zero.

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