Consegna pizze a domicilio: collaboratori a progetto o lavoratori dipendenti?

La Redazione
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30 Ottobre 2020

Con ordinanza n. 23768/20, depositata il 28 ottobre, la Cassazione è tornata a ribadire che per poter parlare di “progetto”, intesto come programma di lavoro o fase di esso, questo deve risultare specifico, essere gestito autonomamente dal collaboratore e tendere ad un risultato.

Con ordinanza n. 23768/20, depositata il 28 ottobre, la Cassazione è tornata a ribadire che per poter parlare di “progetto”, intesto come programma di lavoro o fase di esso, questo deve risultare specifico, essere gestito autonomamente dal collaboratore e tendere ad un risultato.

La Corte d'appello di Firenze, pronunciando sul gravame della S.T.G. s.r.l. in liquidazione e sul gravame incidentale dell'INPS, riteneva, come già affermato dal giudice di prime cure, che quanto ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al verbale ispettivo, non era configurabile alcun progetto conforme ai requisiti previsti dall'art. 61, comma 1, d.lgs. n. 276/2003, essendo risultato che i collaboratori avevano esclusivamente svolto attività di consegna di pizze a domicilio e cioè un'attività meramente esecutiva e del tutto priva di autonomia, coincidente con una parte di quella unitariamente esercitata dall'impresa committente e non distinguibile da essa.


Non solo, la Corte territoriale considerava di natura assoluta la presunzione di cui all'art. 69, comma 1, d.lgs. n. 276/2003, con conseguente conversione ope legis dei rapporti di collaborazione in rapporti di lavoro subordinato e, quanto alle prestazioni occasionali oggetto del verbale ispettivo sopra richiamato, in riforma della sentenza di primo grado, le riteneva escluse dalla disciplina relativa al lavoro a progetto qualificandole, alla stregua degli elementi acquisiti al giudizio, in termini di lavoro subordinato, non rilevandone in senso contrario la brevissima durata.

Proposto ricorso dalla società, la Cassazione, nel rigettarlo, ha colto l'occasione per chiarire che il progetto, inteso come il programma di lavoro o fase di esso, deve:


- risultare specifico, nel senso della individuazione di un contenuto caratterizzante e cioè di una indicazione, da inserirsi nel contratto, che ne delimiti con chiarezza e precisione l'oggetto e la portata;
- essere gestito autonomamente dal collaboratore;
- tendere ad un risultato, nel rispetto del coordinamento con l'organizzazione del committente, ossia al conseguimento di un obiettivo definito, che, se pure non eccezionale o del tutto sconnesso rispetto alla ordinaria e complessiva attività di impresa, deve nondimeno da questa essere concretamente distinguibile e tale da integrare un apporto collaborativo non circoscritto a un segmento distinto di una più ampia organizzazione produttiva.

Nella fattispecie, secondo il Collegio di legittimità, la Corte di merito ha correttamente ritenuto che non fosse configurabile alcun progetto, «nel senso voluto dall'art. 61, comma 1, d.lgs. n. 276/2003, stante la piena coincidenza delle prestazioni rese dai lavoratori con una porzione dell'attività di impresa esercitata dalla società, la quale - come egualmente accertato - gestiva una catena di punti vendita/pizzeria da asporto e con consegne a domicilio».

(Fonte: Diritto e Giustizia)