Riflessi e illusioni del divieto di pignoramento dell'abitazione principale sul sovraindebitamento nel Decreto Ristori

30 Ottobre 2020

L'art. 4 del nuovo decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 (c.d. Decreto Ristori) procrastina la sospensione delle procedure esecutive immobiliari “sulla prima casa” al 31 dicembre 2020 e sancisce l'inefficacia di tutti i pignoramenti che colpiscono “l'abitazione principale del debitore” fino alla legge di conversione del decreto.La disposizione è sicuramente il riflesso di una legislazione sempre più nevrotica e poco attenta agli impatti di sistema: occorre chiarire come i due precetti non possano essere estesi al sovraindebitamento, il cui accesso potrebbe essere disincentivato.
Le disposizioni del "Decreto Ristoro"

La legislazione emergenziale ha aggiunto altri due piccoli frammenti nel sistema legislativo che interessano la tutela del debitore nella pandemia.

Il primo, estende fino al 31 dicembre 2020 quella sorta di automatic stay già sancito ex lege per le procedure esecutive sulla abitazione principale dall'art. 54-ter D.L. 17 marzo 2020, n. 19. Il secondo, vieta i pignoramenti sull'abitazione principale del debitore a pena di inefficacia fino alla data di conversione del decreto-legge, che dovrebbe presumibilmente cadere sessanta giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del "Decreto Ristori" e pertanto il 27 dicembre 2020.

I due divieti paiono avere un'estensione temporale sostanzialmente sovrapponibile e, francamente, non risolutiva.

Le difficoltà dei debitori non verranno di certo lenite da un differimento delle procedure esecutive di qualche mese, esattamente come non è possibile divenire immortali per aver scampato un incidente mortale: le esecuzioni verranno solo rimandate di qualche mese con il solo risultato di creare una qualche forma di ingorgo giurisdizionale nei primi mesi del 2021 per effetto della concentrazione delle domande.

Altro sarebbe stato se il tentativo di emendare la L. 3/2012 con alcune disposizioni del codice della crisi avesse avuto successo: la Ragioneria dello Stato, inspiegabilmente, ha arrestato l'emendamento A.S. 1925 che doveva inserire nella legge di conversione del Decreto Agosto alcune disposizioni sul sovraindebitamento tratte dal Codice della crisi, già munite di copertura poiché destinate a entrare in vigore nel termine differito a settembre 2021.

In questo mistero fitto, e a fronte di una discutibile utilità pratica delle disposizioni in esame, occorre formulare qualche riflessione sui riflessi di queste due norme all'interno del sovraindebitamento.

(In)estensibilità del divieto di espropriazione dell'abitazione principale al sovraindebitamento

Si assiste da tempo a uno spostamento del baricentro della tutela dal creditore al debitore, esempio ne è la recente modifica dell'art. 560, ultimo comma, c.p.c. che oggi differisce il rilascio dell'immobile abitato dal debitore al decreto di trasferimento.

Tuttavia non è possibile al momento trarre dalle disposizioni del sistema una indicazione che consenta di conclamare come principio universale la sacralità della “abitazione principale”, intendendosi per tale quella che coincide con la residenza o che soddisfa le esigenze abitative del debitore, e che ben può essere diversa dalla prima casa, da considerarsi tale solo per le agevolazioni fiscali al momento dell'acquisto.

Un Tribunale si è già pronunciato sull'inapplicabilità della sospensione dei pignoramenti sulla prima casa nel sovraindebitamento: la liquidazione del patrimonio pendente o in corso di apertura dovrà per forza di cose coinvolgere l'abitazione principale, poiché il principio generale rimane la garanzia generica. Ciascuno risponde delle proprie obbligazioni con tutti i beni presenti, futuri e in qualche modo anche del passato se si considerano anche le azioni di inefficacia.

Non è quindi ammissibile uno strumento di regolazione della crisi (piano o accordo) che preveda una cessione parziale dei beni o una liquidazione del patrimonio che tralasci l'esitazione dell'abitazione principale, poiché l'art. 4 D.L. 137/2020 va sicuramente letto come disposizione eccezionale e come tale, a norma dell'art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile, non è suscettibile di applicazione analogica (cfr. Trib. Milano 27 giugno 2020).

Vanno quindi smorzati facili entusiasmi: la norma non faciliterà i sovraindebitati, che dovranno continuare a mettere a disposizione dei creditori concorrenti l'abitazione principale.

Impignorabilità della prima casa e disincentivazione al sovraindebitamento

Se questo è il contesto normativo e se la cornice degli interventi legislativi continuerà ad essere insensibile al tessuto normativo circostante, potrebbe addirittura profilarsi una fuga dal sovraindebitamento.

E infatti, che interesse avrebbe un debitore a porre in pericolo l'abitazione principale con l'accesso alle procedure concorsuali minori se l'esecuzione individuali la risparmia?

L'esperienza insegna che il miglior meccanismo per incentivare una reazione del debitore è il rischio di perdere l'abitazione principale: se questa dovesse diventare impignorabile più stabilmente, si rischierebbe di disincentivare le procedure di sovraindebitamento.

Così si devono attendere plurime reazioni a catena dei creditori su altri beni, con evidenti effetti destabilizzanti sul sistema giurisdizionale, che ne risulterebbe appesantito, con una minore efficienza nella distribuzione delle eventuali risorse a disposizione dei singoli creditori, destinate a essere tributate secondo al legge del più forte, come nella giungla.

E visto che il divieto di pignoramento nella formulazione del D.L. 137/2020 non conosce limitazione alcuna e può dunque riguardare un'abitazione di lusso, si devono attendere evidenti strumentalizzazioni con le quali i debitori potrebbero riversare parte del patrimonio diversamente aggredibile in un immobile adibito ad abitazione principale per sottrarlo ai creditori.

Va quindi auspicata una maggiore sensibilità al sistema, perché almeno nella legge di conversione lo stay sull'immobile di residenza venga opportunamente riversato e dosato all'interno di una procedura concorsuale, per evitare effetti distorsivi.

Si potrebbe ipotizzare che l'abitazione principale venga messa a disposizione del concorso, ma sia esitata come ultimo atto, così da permettere al debitore di riorganizzarsi.

In tal modo si potrebbero contemperare le esigenze primarie dei sovraindebitati con le istanze dei creditori e con il principio di garanzia generica (che il legislatore dimentica).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario