Legittima la cartella di pagamento anche se notificata alla società ammessa a concordato preventivo. L'atto del fisco, infatti, è assimilabile al mero precetto: non ricade nel divieto di azione esecutiva previsto dall'articolo 168
l. f.
laddove la procedura espropriativa vera e propria comincia soltanto con il pignoramento. Nessuna norma infatti impedisce all'amministrazione finanziaria di compiere le operazioni necessarie ad accertare il debito che la società in concordato ha nei confronti dell'erario.
È quanto emerge dall'ordinanza 23806/20 del 28 ottobre, con cui la Cassazione ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate.
Natura della cartella di pagamento e procedure concorsuali. L'apertura di una procedura di concordato preventivo non è ostativa all'accertamento di crediti tributari pregressi mediante iscrizione a ruolo ed emissione della cartella, poiché l'accertamento del credito da parte dell'Amministrazione finanziaria è condizione per la partecipazione della stessa alla procedura concorsuale, senza che assuma rilevanza l'assoggettamento dell'impresa ad una procedura concorsuale.
Deve, pertanto, ritenersi che la apertura di una procedura di concordato preventivo non è ostativa rispetto all'accertamento del credito tributario mediante iscrizione a ruolo ed emissione della cartella (cfr. Cass. 9440/2019 e 4564/2020).
Ciò in quanto se con l'apertura del concorso l'Amministrazione viene a perdere ogni possibilità di agire ai fini esattivi contro il debitore, al pari di ogni altro creditore, la stessa, sotto il profilo del diritto sostanziale, non perde le proprie prerogative in ordine all'attività di verifica del rapporto giuridico d'imposta.
L'ente impositore, in pendenza della procedura di concordato preventivo, può esercitare - dunque avviare, proseguire e concludere - i propri poteri accertativi nei confronti del contribuente.
Nella fattispecie la cartella esattoriale, emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione d.P.R. n. 600/1973, art. 36-bis, non è funzionale all'esecuzione a natura accertativa in quanto l'iscrizione a ruolo, e la conseguente notifica della cartella, costituiscono il primo atto attraverso il quale la volontà impositiva dell'Amministrazione finanziaria viene portata a conoscenza del contribuente.
Caso concreto. Ribaltato dunque l'esito dei gradi di merito che avevano visto vittoriosa la contribuente con l'annullamento della cartella di pagamento emessa ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973. In particolare secondo la Ctr Campania, l'atto andava annullato essendo vietata ogni azione esecutiva nei confronti di una società ammessa alla procedura di concordato preventivo ai sensi dell'art. 168 l. f..
Col successivo ricorso per Cassazione l'Agenzia delle Entrate denunciava violazione del predetto articolo 168 e dell'art. 491 c.p.c. ritenendo che avesse errato la Ctr nel considerare la cartella di pagamento come atto di esecuzione facendolo quindi ricadere nel divieto di azioni esecutive sancito dall'art. 168.
Nell'accogliere il ricorso delle Entrate la Cassazione ricorda che l'emissione e la notifica della cartella possono ben scattare anche dopo che la domanda di concordato preventivo è stata presentata: la peculiare natura dell'atto impositivo consente di assimilarla al precetto e di ritenerla dunque estranea al perimetro dell'articolo 168 l. f., laddove la procedura esecutiva vera e propria comincia soltanto col pignoramento. Anche in tema di responsabilità dei soci di società di persone del resto la Cassazione ha confermato sempre giudicato legittima la cartella di pagamento notificata al socio pur in assenza di preventiva escussione del patrimonio societario, ritenendo evidentemente che l'atto impugnato sia solamente prodromico all'esecuzione coattiva riunendo in sé le funzioni del titolo esecutivo e di precetto: logico corollario di tale affermazione l'inapplicabilità nel caso di specie dell'art. 2304 c.c. (cfr. Cass. 49/2014 e da ultimo 1996/2019, 26549/2016 e 15966/2016).
Fonte: Diritto e Giustizia