Se la prova del danno è impossibile o particolarmente difficoltosa ci pensa il giudice in via equitativa
03 Novembre 2020
L'attrice conveniva in giudizio, innanzi al tribunale territorialmente competente l'Agenzia di Riscossione operante nella regione Sicilia, chiedendo la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria effettuata dalla convenuta in suo danno e basata su sette cartelle esattoriali di esiguo importo. In particolare, l'attrice sosteneva che gli importi di due cartelle non erano dovuti dal momento che una era stata annullata con sentenza del Giudice di Pace e che, per l'altra era pendente un ricorso innanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale. Mentre, in relazione alle altre cartelle, l'attrice deduceva il difetto di notifica e, per una di esse, anche la prescrizione del diritto di credito vantato, sicché, a tutto voler concedere il presunto credito vantato dalla convenuta sarebbe stato pari ad un importo inferiore ai duemila euro con conseguente illegittimità dell'iscrizione ipotecaria.
L'attrice, infine, evidenziava la notevole sproporzione esistente tra l'importo a debito ed il valore del bene ipotecato, sostenendo, altresì, che il comportamento spropositato della convenuta le aveva cagionato danni non patrimoniali dovuti a stress, turbamento ed ansia. Chiedeva, pertanto, che il tribunale adito ordinasse alla convenuta, oltreché la cancellazione dell'ipoteca iscritta sull'immobile in questione la condanna dell'Agenzia al risarcimento degli anzidetti danni non patrimoniali, nonché al risarcimento dei danni al nome ed all'immagine.
La convenuta si costituiva in giudizio rappresentando di aver provveduto, in autotutela, alla cancellazione dell'ipoteca e sostenendo inoltre, l'assoluta insussistenza dei presupposti sui cui fondare il chiesto risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 2043 c.c. con richiesta di rigetto della domanda di condanna ex adverso formulata ai sensi dell'art. 96, comma 2, c.p.c., nonché declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Il Tribunale adito accoglieva con sentenza la domanda di risarcimento del danno ex art. 96, comma 2, c.p.c., proposta dall'attrice, con la conseguente condanna in via equitativa della convenuta, al pagamento di una certa somma di denaro oltre interessi legali e spese di lite, e dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. Nella specie, il giudice di merito, pur dando atto dell'avvenuta cancellazione ipotecaria, ritenne che la circostanza non potesse, da sola, giustificare una pronuncia dichiarativa della cessazione della materia del contendere, attesa la necessità di provvedere sulle altre istanze formulate dalle parti, non essendo del tutto venuto meno l'interesse a proseguire il giudizio. Il medesimo Giudice ritenne, inoltre, di accogliere la richiesta di condanna ex art. 96, comma 2, c.p.c., formulata dall'attrice, sul presupposto che tale norma sanzionasse un comportamento non necessariamente caratterizzato da mala fede o colpa grave, essendo invece -a suo dire – sufficiente ad integrare la violazione – l'avere operato senza la normale prudenza o con colpa lieve. Secondo il Tribunale investito della questione il comportamento della società convenuta era caratterizzato quanto meno da colpa lieve anche in considerazione della sproporzione esistente tra il valore del bene ipotecato e l'esiguo importo del credito vantato. Successivamente, l'Agenzia proponeva appello avverso la sentenza resa in primo grado, all'esito del quale il Collegio distrettuale rigettava tutte le domande proposte da parte attrice, condannandola al contempo, alla restituzione delle somme eventualmente pagate in dipendenza della sentenza appellata, oltre interessi legali, con integrale compensazione tra le parti delle spese dei due gradi di giudizio di merito.
Gli ermellini, hanno ritenuto infondati, tra gli altri, il quarto ed il quinto motivo di ricorso proposti dall'attrice con i quali quest'ultima censurava la sentenza impugnata per non aver riconosciuto il suo diritto, rivendicato nell'appello in via incidentale, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti ai sensi dell'art. 2043 c.c., e per questo omettendo di procedere a valutazione equitativa degli stessi. In particolare, la ricorrente sosteneva che la Corte distrettuale avesse mancato di esaminare la domanda in parola né tantomeno aveva valutato gli assunti a sostegno dell'istanza di liquidazione equitativa del danno dalla stessa formulata. Nella specie, la Corte, secondo la ricorrente, non avrebbe valutato quanto allegato in relazione al fatto che l'iscrizione di ipoteca sull'unico immobile di sua proprietà è ostensibile a tutti, in quanto riportata nei pubblici registri tale da ledere il buon nome della presunta debitrice.
La Corte di legittimità, tuttavia, come già detto, ha respinto entrambi i motivi di ricorso sul rilievo che correttamente la Corte territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c., in quanto l'appellata incidentale non aveva fornito la benché minima prova di aver subito un danno concretamente valutabile utile a fondare il proprio diritto al risarcimento ai sensi della norma citata, sicché la decisione del Collegio di merito si presentava sul punto motivata dovendosi ritenere tale affermazione relativa anche ad eventuali prove per presunzioni.
Fonte: dirittoegiustizia.it
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