COVID-19 e processo civile: le novità introdotte dal decreto ristori
03 Novembre 2020
È passato meno di un mese (il d.l. n. 125/2020 è del 7 ottobre 2020) ed ecco un altro decreto-legge (n. 137/2020) che interviene sul comparto giustizia. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 è stato pubblicato il testo del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 recante Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (cd. decreto Ristori). Il decreto legge n. 137/2020, tra le varie misure, contiene alcune norme dedicate alla giustizia civile, penale, amministrativa e tributaria. In particolare, con il d.l. Ristori, il Governo ha introdotto anche per il settore giustizia nuovi strumenti volti ad affrontare le conseguenze della seconda ondata di contagi provocati dal COVID-19. Il pacchetto giustizia, in particolare, contiene numerose disposizioni che si occupano principalmente dell'utilizzo di collegamenti da remoto per l'espletamento di specifiche attività legate alle indagini preliminari e, in ambito sia civile che penale, alle udienze, nonché una serie di norme dirette alla semplificazione del deposito di atti, documenti e istanze. Il CNF, in occasione della Giornata europea della giustizia civile del 25 ottobre, aveva richiamato l'attenzione sulle difficoltà affrontate dagli avvocati e subite dai cittadini a causa del limitato funzionamento della giurisdizione, auspicando la continuazione dei giudizi «secondo le modalità più appropriate all'oggetto e alla fase processuale» ed evidenziando la necessità di «implementare la digitalizzazione e l'informatizzazione dei processi». Anche l'unione delle Camere Civili aveva inoltrato al Ministero alcune proposte, con l'obiettivo di contribuire a cercare di evitare un ulteriore blocco della giustizia civile, tra cui la semplificazione della trattazione scritta e la tipizzazione di una causa di rimessione in termini in presenza di un eventuale contagio degli avvocati. Anche l'Associazione Nazionale Magistrati aveva fatto sentire la propria voce censurando la mancanza di misure volte ad affrontare la nuova emergenza. «Mentre i dirigenti degli uffici giudiziari sono impegnati nella redazione dei progetti organizzativi triennali e per i carichi esigibili - si legge in una nota - la pandemia avanza nei palazzi di giustizia e le Istituzioni competenti sono a oggi silenti». Molte delle richieste sono state vagliate dal Ministro della Giustizia e parte di esse sono confluite nel pacchetto contento nel Decreto Ristori, che ha l'obiettivo di far proseguire il lavoro giudiziario in sicurezza durante questa seconda ondata di contagi legati alla diffusione del virus COVID-19.
Le norme relative al processo civile
In particolare le disposizioni riguardanti il processo civile sono gli artt. 4 e 23, commi 3, 6, 7 e 9. Il primo comma dell'art. 23 pone una norma di apertura volta ad individuare quali norme e per quanto tempo troveranno applicazione (salve le discipline specifiche per il processo amministrativo e tributario su cui torneremo dopo). Dal 29 ottobre 2020 (data di entrata in vigore del decreto legge) al 31 gennaio 2021 (attuale data finale di efficacia del d.l. 19/2020) troveranno applicazione i commi da 2 a 9 del decreto legge. Inoltre – ove non espressamente derogato dalle norme che saranno oggetto di disamina – troverà applicazione l'art. 221 d.l. 34/2020 (e, cioè, la norma che, inter alia, ha previsto le modalità della trattazione scritta e dell'udienza da remoto oltre che il deposito telematico degli atti). Il comma 7 dell'art. 23 interviene su un punto della disciplina dell'udienza da remoto che aveva sollevato qualche critica perché imponeva al giudice civile di dover svolgere l'udienza da remoto dal suo ufficio. Oggi – rendendo certamente più agevole l'organizzazione del l'udienza da remoto - quel limite è stato superato avendo il decreto legge previsto che «in deroga al disposto dell'articolo 221, comma 7, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il giudice può partecipare all'udienza anche da un luogo diverso dall'ufficio giudiziario». Per il resto la disciplina delle udienze da remoto (come pure della trattazione scritta) è quella contenuta nell'art. 221 d.l. 34/2020 applicabile per espresso richiamo inziale. La norma sembra riportare una certa armonia regolamentare in relazione sia al regime dell'udienza trattazione scritta (per il quale non è prescritto alcun obbligo per il magistrato di iuris dicere presso gli uffici del tribunale) sia a quanto previsto per l'udienza da remoto nel processo amministrativo (in cui, in base all'art. 4, comma 1, d.l. n. 28/2020, tuttora in vigore e prorogato dal d.l. in commento, «il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge»). Inoltre, è stato previsto al comma 9 che «nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge». In questo caso, il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Quanto alla giustizia civile con il sesto comma dell'art. 23 il legislatore interviene sulla modalità di svolgimento delle udienze di separazione consensuale e di divorzio congiunto rendendo eventuale la partecipazione personale delle parti (soluzione che già era stata anticipata in via di prassi). È ora, infatti, espressamente prevista per legge la possibilità per il giudice di disporre che le udienze di separazione consensuale di cui all'art. 711 c.p.c. e di divorzio congiunto di cui all'art. 9 l. 1 dicembre 1970, n. 898 si svolgano con il deposito telematico di note scritte di cui all'articolo 221, comma 4, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. La norma in commento prevede quindi un'evidente deroga alla disciplina della trattazione scritta regolata dall'art. 221, comma 4, d.l. n. 34/2020 (ma solo per le cause che non richiedono la presenza necessaria, per legge o ordine del giudice, di soggetti diversi dai difensori delle parti), ammettendo che possa farsi ricorso a tale modalità alternativa di trattazione anche nei procedimenti di separazione consensuale e divorzio congiunto (per i quali è richiesta dalla legge la comparizione personale delle parti, e che senza deroga non sarebbero potuto rientrare nello spettro applicativo dell'art. 221, comma 4). Unica condizione è che «tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all'udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell'udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all'udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all'udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare». In sostanza, questa modalità dovrà essere espressamente concordata tra le parti che avrebbero diritto a partecipare all'udienza: nel dettaglio, queste dovranno dichiarare di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all'udienza. Inoltre, è previsto che le udienze dei procedimenti civili alle quali è ammessa la presenza del pubblico si celebrino a porte chiuse, ai sensi dell'articolo 128 c.p.c. La norma si pone in stretta continuità con le precedenti disposizioni emergenziali di cui agli artt. 2, comma 2, lettera e), d.l. n. 11/2020 e 83, comma 7, lett. e), d.l. n. 18/2020. "Smart working" per il giudice che si trovi in condizioni di quarantena o di isolamento fiduciario per COVID-19: questi potrà partecipare all'udienza anche da un luogo diverso dall'ufficio giudiziario, dunque anche dalla propria abitazione. Per quanto riguarda le deliberazioni collegiali in camera dì consiglio, nei procedimenti civili, queste potranno essere assunte mediante collegamenti da remoto e il luogo da cui si collegano i magistrati viene considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. L'art. 4 proroga fino al 31 dicembre 2020 la sospensione delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto casa destinata ad abitazione principale del debitore già prevista dall'art. 54-ter d.l. 17 marzo 2020, n. 18 coordinato con la legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27 (cd. decreto Cura Italia). In base a quella norma «al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto [oggi: 31 dicembre 2020] ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore». La norma dispone inoltre l'inefficacia di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 c.p.c., che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 137.
La cd. proroga allargata
Inoltre, l'art. 23, comma 1, del d.l. n. 137/2020 dispone che dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo. La formulazione della norma desta alcune perplessità. Il solo tenore letterale impedisce di comprendere se si sia voluto prospettare una proroga al 31 gennaio 2021 (termine previsto dall'art. 1 d.l. n. 19/2020) anche per le disposizioni di cui all'art. 221 d.l. n. 34/2020, in particolare quelle riguardanti l'udienza a trattazione scritta e l'udienza con collegamento da remoto. La possibilità della proroga allargata può essere ancorata alle seguenti condizioni: --a) i commi 6 (trattazione scritta per separazioni consensuali e divorzi congiunti) e 7 (udienza con collegamento da remoto per il giudice connesso anche da luogo diverso dall'ufficio giudiziario) dell'art. 23 d.l. n. 137/2020 prevedono delle deroghe ai commi 4 e 7 dell'art. 221 d.l. n. 34/2020; dette deroghe, per espressa previsione dell'art. 23, comma 1, primo periodo, sono applicabili fino al 31.1.2021; ora, come potrebbe ammettersi l'operatività di una norma derogante oltre il tempo di vigenza della norma derogata? Ragionando altrimenti: a partire dall'1.1.2021, quali regole dovrebbero seguirsi se per la trattazione scritta delle separazioni consensuali se il comma 6 dell'art. 23 rimanda alla disciplina dell'art. 221, comma 4, la cui validità a quel tempo risulterebbe spirata? Allo stesso modo, a gennaio 2021, a quale udienza da remoto potrebbe partecipare il giudice del comma 7 dell'art. 23 se già il 31.12.2020 l'udienza ex art. 221, comma 7, d.l. n. 34/2020 perdesse operatività? Se ne dovrebbe dedurre, dunque, che anche le norme derogate (ossia le disposizioni di cui all'art. 221) rimangano in vigore fino al nuovo termine del 31.1.2020; --b) che le deroghe alle disposizioni dell'art. 221 sottendano una proroga delle medesime disposizioni lo si può evincere anche dalla formulazione del successivo art. 24, comma 1, d.l. n. 137/2020 riguardante il deposito telematico di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'articolo 415-bis, comma 3, c.p.p., il quale dispone espressamente: «In deroga a quanto prevista dall'articolo 221, comma 11, del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge 77 del 2020, fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19»; dunque, il riferimento al termine finale del 31.1.2020 non può che valere anche per la norma interessata dalla deroga; --c) non può sottacersi poi la stretta correlazione del secondo periodo del primo comma («Resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 221 ...») con il primo («Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 …»); il legislatore specifica come “Resta ferma” la disciplina del predetto art. 221, immediatamente dopo aver sancito la proroga al 31.1.2020; in questo senso, l'applicazione delle disposizioni dell'art. 221, ove non derogate dal d.l. n. 137/2020, resta ferma ma troverebbe nuova linfa temporale in quanto previsto nel primo periodo (che si aggancia al termine emergenziale del 31.1.2021); --d) il secondo periodo del primo comma dell'art. 23 (“Resta ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 221 …”), per come è formulato, disvela uno scopo di sistema volto a prevenire eventuali conflitti (anche solo interpretativi) tra normative emergenziali; l'intenzione del legislatore sembra essere quella di chiarire che le misure prese in forza dell'art. 23, salvo per le deroghe espresse, non travolgono l'efficacia della disciplina scaturente dall'art. 221: l'attività giurisdizionale nella vigenza dell'emergenza epidemiologica (così è rubricato l'art. 23 in commento) prosegue in base ai dettami dell'art. 221, ma con l'aggiunta degli accorgimenti di cui al nuovo art. 23; a riprova di ciò, nella relazione illustrativa al d.l. n. 137/2020 si evidenzia che con l'art. 23 «si è, in primo luogo, definito l'ambito temporale dell'intervento, raccordandolo a quello fissato dall'articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, per lo stato di emergenza. Inoltre, nello stesso articolo 1 si è precisato che l'intervento in esame non sostituisce, ma si coordina con quello previsto dall'articolo 221, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77»; in tal senso, l'art. 221 (che non viene intaccato nelle sue disposizioni processuali) vedrebbe la sua cogenza temporale attratta (per effetto di “trascinamento”) in quella elaborata nel primo periodo del primo comma dell'art. 23; --e) a rimarcare che con l'art. 23 si intenda riunire tutte le norme processuali dell'emergenza in un unico corpus, soggiacente quindi alla medesima disciplina temporale, c'è il comma 10 che estende ai procedimenti relativi agli arbitrati rituali e alla magistratura militare le disposizioni dei commi precedenti «nonché quelle di cui all'articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34»; --f) i successivi articoli del d.l. n. 137/2020, attinenti al processo amministrativo (art. 25), al processo contabile (art. 26) e al processo tributario (art. 27) prevedono tutti una proroga delle disposizioni processuali emergenziali al 31.1.2021 o, comunque, «fino alla cessazione degli effetti della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale da COVID-19»; emerge così palesemente la ratio del nuovo decreto-legge di ancorare al termine dello stato di emergenza l'operatività di tutte le misure processuali fin qui elaborate per far fronte alla pandemia; che solo il processo civile dell'emergenza sia stato escluso da questo regime di proroga convince poco. |