Il comportamento del conduttore che arreca molestia ai vicini è motivo di inadempimento contrattuale

Nicola Frivoli
04 Novembre 2020

La condotta del conduttore è motivo di abuso di bene locato, se rinviene da atti molesti volti a recare danno agli altri abitanti dello stabile. E' oltremodo ravvisabile l'inadempimento contrattuale qualora, anche in assenza di modificazione di fatto dell'immobile o cambio della destinazione d'uso, l'uso possa comunque pregiudicare il valore dell'immobile stesso, ciò in applicazione dell'art. 1587 c.c.

Il caso. Un locatore intentava azione di risoluzione per inadempimento, nel corso di un rapporto locatizio ad uso abitativo, nei confronti di una conduttrice, per essere quest'ultima inadempiente per comportamenti molesti contro i vicini. Costituendosi in giudizio, l'inquilina eccepiva l'infondatezza delle contestazioni mosse dal proprietario. In primo grado, il giudice di merito (Tribunale) accoglieva la domanda del ricorrente, condannando la resistente a rilasciare l'immobile in ottemperanza a quanto previsto dell'art. 2 del contratto di locazione sottoscritto dalle parti, che vietava al conduttore di compiere atti e tenere comportamenti che potessero recare molestie agli altri abitanti dello stabile. Avverso tale pronuncia veniva proposto appello, ma il giudice del gravame rigettava la domanda, confermando in toto la sentenza di primo grado. Avverso la decisione del giudice del gravame, veniva proposto ricorso in cassazione eccependo, tra i vari motivi, la violazione e l'errata applicazione dell'art. 1587 c.c., ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.; ulteriori motivi venivano assorbiti dal rigetto del motivo principale del ricorso.

Interpretazione estensiva dell'art. 1587 c.c. La Suprema Corte motivava la propria decisione richiamando il mutato orientamento giurisprudenziale che aveva interessato l'art. 1587 c.c. A riguardo sosteneva infatti che la giurisprudenza avrebbe dapprima individuato La ratio dell'art. 1587 c.c. nell'abuso del godimento del bene locato solo nel momento in cui venivano modificati lo stato di fatto e la destinazione d'uso dell'immobile e nella misura in cui dette modifiche comportassero un danno economico al locatore o alterassero la conservazione del bene locato che deve essere restituito nelle identiche condizioni in cui è stato ricevuto. Successivamente si assiste ad una interpretazione estensiva del dettato normativo, individuando l'abuso anche in assenza di modificazione di fatto dell'immobile o cambio della destinazione d'uso, qualora l'uso vada comunque a pregiudicare il valore dell'immobile stesso. Viene, introdotto, quindi un altro criterio ovvero il comportamento del conduttore che molesta i vicini configura l'inadempimento contrattuale per abuso della cosa locata nei confronti del locatore il quale dovrebbe rispondere verso gli altri inquilini come di fatto proprio, se tollerasse tali molestie. Quindi il contratto può risolto non solo se vi è diminuzione del bene locato, ma anche quanto ipoteticamente il locatore potrebbe diventare responsabile nei confronti dei vicini per le molestie del conduttore.

Efficacia probatoria della sentenza penale. La Cassazione ha affrontato, altresì, la questione in ordine alla rilevanza probatoria che ha avuto una sentenza penale prodotta nel giudizio di primo grado dopo che il giudice aveva concluso l'istruttoria e aveva fissato la discussione orale ex art. 281-sexies c.p.c. Il difensore della ricorrente eccepiva l'inammissibilità della detta produzione nel giudizio civile in quanto trattavasi di sentenza appellata (la conduttrice era stata condannata dal giudice penale a risarcire i danni ai vicini). Richiamando il contenuto della sentenza penale mai stata introdotta nel processo come prova, la Corte di Appello ha riconosciuto efficacia di giudicato in sede civile ad una sentenza penale non irrevocabile perché appellata. La Corte di Cassazione ha ritenuto che, come correttamente sostenuto dalla ricorrente, tale sentenza poteva essere prodotta nel giudizio civile solo con la proposizione dell'appello incidentale della controparte. Ma, in ogni caso, a tale sentenza penale non è da attribuirsi un effettivo rilievo perché l'accertamento del giudice civile si fonda, ictu oculi in misura sufficiente, in virtù delle testimonianze raccolte nella fase istruttoria del giudizio civile.

In conclusione, i motivi di censura sono stati considerati infondati ed il ricorso è stato rigettato, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte contro ricorrente.

Fonte: dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.