Danni per vizi delle opere richiesti dopo un anno dalla chiusura lavori: non c'è urgenza di procedere ad ATP

Redazione Scientifica
05 Novembre 2020

In tema di ammissibilità del procedimento di accertamento tecnico preventivo, il carattere dell'urgenza ricorre unicamente quando sussiste la possibilità che il trascorrere del tempo modifichi lo stato di luoghi o cose, rendendo impossibile o inefficace un successivo accertamento nel rispetto dei tempi processuali.

Così il Tribunale di Busto Arsizio con l'ordinanza dell'11 ottobre scorso, nell'ambito di una controversia avente ad oggetto la richiesta di risarcimento danni per i vizi di alcune opere edili realizzate dalle società resistenti in esecuzione dei contratti di appalto stipulati con il ricorrente.

Il ricorso per ottenere l'accertamento tecnico preventivo a descrizione dello stato delle opere è stato dichiarato inammissibile, poiché, come si legge nel provvedimento, «appare carente il presupposto primario di utile esperibilità del presente procedimento di istruzione preventiva, costituito (ex art. 696 c.p.c.) dal requisito dell'urgenza ("di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose"), inteso come pericolo di dispersione delle fonti di prova di fatti rilevanti ai fini della decisione di eventuali cause di merito».
Difatti «il carattere dell'urgenza, necessario per l'ammissibilità del procedimento di accertamento tecnico preventivo, ricorre unicamente quando sussista la possibilità che il trascorrere del tempo modifichi lo stato di luoghi o cose, rendendo impossibile o inefficace un successivo accertamento nel rispetto dei tempi processuali».

Nel caso di specie, il ricorrente deduce il progressivo degrado della pavimentazione e la necessità di effettuare lavori di ripristino da parte della società committente, ma il fatto che sia decorso ormai un anno dalla chiusura dei lavori viene considerato dal Tribunale sintomo dell'insussistenza del pericolo di dispersione della prova e della carenza di urgenza. In altre parole, «la circostanza che in un anno dalla chiusura del cantiere la parte non abbia instaurato un procedimento ordinario, in cui anche in prima udienza si può richiedere una consulenza tecnica d'ufficio, è la prova che l'urgenza dedotta non è quella richiesta per l'ammissibilità dell'accertamento dall'art. 696 c.p.c.».
In conclusione, «i fatti materiali dedotti a sostegno della proposta richiesta cautelare di istruzione preventiva (ed in funzione della promuovenda azione di risarcimento di danni) possono infatti essere probatoriamente accertati in ogni momento e nella giusta sede processuale di cognizione ordinaria, senza che il decorso del tempo possa di per sè pregiudicare irreversibilmente la genuinità, la completezza e l'utilità dell'attività istruttoria diretta alla valutazione dell'effettiva sussistenza o meno dei suddetti fatti materiali».

Fonte: dirittoegiustizia.it

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