Per godere del bonus prima casa l'avvocato deve trasferire lo studio presso il Comune dove si trova l'immobile. Infatti in tema di beneficio fiscale relativo all'acquisto della prima casa, il contribuente deve invocare, a pena di decadenza, al momento della registrazione dell'atto di acquisto, alternativamente, il criterio della residenza o quello della sede effettiva di lavoro, dovendosi valutare la spettanza del beneficio, nel primo caso, in base alle risultanze delle certificazioni anagrafiche e, nel secondo, alla stregua dell'effettiva sede di lavoro. Ne consegue che decade dall'agevolazione il contribuente che non abbia indicato, nell'atto notarile, di volere utilizzare l'abitazione in luogo di lavoro diverso dal comune di residenza.
L'ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 24542/20 del 4 novembre, con cui ha rigettato sul punto la doglianza di un contribuente.
Agevolazioni prima casa: requisiti della residenza e dello svolgimento di attività lavorativa.
Sulla questione si ricorda che l'agevolazione per l'acquisto della “prima casa” trova applicazione per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione “non di lusso” e per gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse. I requisiti di carattere soggettivo ed oggettivo per fruire dell'agevolazione sono i seguenti:
…
B) l'immobile deve essere ubicato:
- nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca, entro 18 mesi dall'acquisto, la propria residenza. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è situato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto…;
I requisiti di cui alla predetta lettera B) devono essere dichiarati dal contribuente al momento della stipula dell'atto e devono risultare dallo stesso. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 13850/2017, 3457/2016, 21282/2013 e n. 23377/2010), chi acquista un immobile abitativo dichiarando in atto la volontà di trasferire la residenza entro diciotto mesi allo scopo di usufruire dell'agevolazione “prima casa” e poi non rispetta tale impegno, decade dal beneficio e non può in sede giudiziale difendersi dalle pretese dell'Agenzia delle Entrate affermando la presenza di un altro requisito agevolativo, ovvero l'esercizio della propria attività nel comune in cui si trova l'immobile.
Sulla questione si sottolinea un'apertura dell'Agenzia delle entrate, avvenuta con risoluzione n. 53/E del 27 aprile 2017.
In particolare, il documento di prassi trae spunto dal caso di un contribuente che ha chiesto il beneficio, dichiarando di svolgere la propria attività prevalente nel comune in cui è situata l'abitazione oggetto del trattamento fiscale di favore. Tuttavia, le aspettative lavorative in tale luogo sono state disattese. Il contribuente, pertanto, chiede se può conservare i benefici fruiti integrando la dichiarazione resa nell'atto di acquisto e impegnandosi a fissare la propria residenza nello stesso comune in cui è ubicato l'immobile.
Secondo l'Agenzia delle entrate ai fini della fruizione delle agevolazioni prima casa, se non viene assolto il requisito dichiarato dalla parte acquirente in atto, dello svolgimento dell'attività lavorativa nel comune di ubicazione dell'immobile, questi può dichiarare di voler beneficiare delle agevolazioni “prima casa” assumendo l'impegno a trasferire la propria residenza nel Comune in cui è sito l'immobile acquistato, nel termine di 18 mesi dall'acquisto agevolato, nell'ipotesi in cui detto termine di 18 mesi risulti ancora pendente. Tale atto, redatto secondo le medesime formalità giuridiche dell'atto originario, deve essere prodotto per la registrazione presso l'ufficio in cui è stato registrato l'originario atto di acquisto. La rettifica può essere effettuata dal contribuente anche in data successiva alla registrazione dell'atto di acquisto, a condizione che non venga arrecato pregiudizio all'attività di controllo svolta dall'Ufficio. Tale rettifica potrà essere effettuata dal contribuente sempreché l'Ufficio dell'Agenzia delle entrate competente non abbia già disconosciuto, con apposito avviso di liquidazione, le agevolazioni prima casa rilevando la mancanza del presupposto dello svolgimento dell'attività lavorativa nel comune in cui è sito l'immobile acquistato.
Infine si ricorda che, in sede di risposta al question time 5-11109 vi è stata un'apertura interpretativa dell'amministrazione finanziaria: qualora in rogito sia stata indicata la sola volontà di trasferire la residenza entro 18 mesi, e se poi il contribuente non voglia o non possa più effettuare il trasferimento della sua residenza, questi può, entro il diciottesimo mese dal rogito, beneficiare ugualmente dell'agevolazione se, mediante un atto integrativo del rogito, attesti che, alla data del rogito, egli in effetti svolgeva la propria attività lavorativa nel Comune dove è ubicata la casa di acquisto agevolato.
Caso concreto. Confermato dunque l'esito della Ctr che aveva ritenuto legittimo l'avviso di liquidazione con cui le Entrate revocavano l'aliquota agevolata del 4 per cento in relazione all'acquisto di un immobile.
In particolare, uno dei contribuenti, di professione avvocato, invocava l'agevolazione in questione, sostenendo che la Ctr di Palermo avesse errato nel ritenere vincolante l'obbligo di trasferimento dello studio professionale presso il Comune in cui era ubicato l'immobile acquistato. Inoltre, in quanto esercente la professione legale, il suo ambito territoriale di attività coinciderebbe con quello del distretto, dovendosi tenere conto che, ai sensi dell'articolo 4 del r.d.l. n. 1578/33 l'attività dell'avvocato può essere svolta in tutto il territorio nazionale.
La Cassazione ha rigettato la doglianza del contribuente.
La normativa tributaria, concedendo un'agevolazione, va interpretata «in senso restrittivo» e la disposizione invocata è estremamente chiara nell'affermare che «l'aliquota agevolata in esame spetta all'acquirente che risieda o svolga la propria attività nel territorio del Comune interessato». Non è necessario che l'attività sia svolta «in via esclusiva o prevalente nel luogo nel quale è sito il bene, ma è innegabile che l'esercizio deve essere effettivo, mirando l'agevolazione a favorire l'acquisto di diritti reali su case per persone che ne siano sprovviste nelle località nelle quali vivono o lavorano».
Ne consegue che decade dall'agevolazione il contribuente che non ha indicato, nell'atto notarile, di volere utilizzare l'abitazione in un luogo di lavoro diverso dal Comune di residenza (cfr. Cass. 17200/2019, 6501/2018, 13850/2017 e 11265/2016).
Nel caso di specie lo stesso contribuente ha chiarito di non risiedere e di non avere uno studio nel Comune in esame e non ha neppure dedotto di avere reso le dichiarazioni di cui sopra nell'atto di acquisto. Inoltre, non ha neanche tentato di indicare una qualche attività professionale da lui posta in essere nel Comune de quo.
Fonte: Diritto e Giustizia