Società in accomandita semplice e dichiarazione fiscale infedele

La Redazione
11 Novembre 2020

Il reato di cui all'art. 4 d.P.R. n. 74/2000 può essere integrato anche mediante la presentazione della dichiarazione in nome della società in accomandita semplice, ma in tal caso l'imposta sui redditi evasa deve essere calcolata tenendo conto del reddito dei singoli soci.

Il reato di cui all'art. 4 d.P.R. n. 74/2000 può essere integrato anche mediante la presentazione della dichiarazione in nome della società in accomandita semplice, ma in tal caso l'imposta sui redditi evasa deve essere calcolata tenendo conto del reddito dei singoli soci.

Lo ha affermato la Corte di legittimità con la sentenza n. 31195/20, depositata il 9 novembre, pronunciandosi sul ricorso avverso il provvedimento di conferma del decreto di sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente emesso dal GIP del Tribunale di Vibo Valentia in relazione ai reati di dichiarazione infedele di cui all'art. 4 D.Lgs. n. 74/2000 contestati a tre imputati con riguardo ai redditi di una società in accomandita semplice. In particolare, uno di essi era ritenuto amministratore di fatto della società per tutti i periodi di imposta considerati, il secondo ed il terzo erano invece legali rappresentanti nei momenti in cui dovevano essere presentate le pertinenti dichiarazioni fiscali.


Gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione con un unico atto dolendosi, per quanto d'interesse, per essere stato disposto il sequestro senza alcuna analisi dei redditi dei singoli soci e dei riflessi dell'evasione sui suddetti redditi.

Il Collegio offre un'analisi del quadro normativo in tema di disciplina penale tributaria applicabile alla società in accomandita semplice, richiamando gli artt. 1, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000 e 6 d.P.R. n. 600/1973. Secondo tale norma, le società in accomandita semplice, come tutte le altre società di persone, sono tenute a presentare la dichiarazione agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche dovute dai soci. Completano il quadro normativo gli artt. 40, comma 2, d.P.R. n. 600/1973 e 5 d.P.R. n. 917/1986.

Sintetizzando, «le società in accomandita semplice sono tenute a presentare le dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi, ma il risultato di esercizio deve essere imputato direttamente ai singoli soci, ovviamente ciascuno per la sua quota di partecipazione». Ne consegue che il reato di cui all'art. 4 d.P.R. n. 74/2000 può essere integrato anche mediante la presentazione della dichiarazione in nome della società in accomandita semplice, ma in tal caso l'imposta sui redditi evasa deve essere calcolata tenendo conto del reddito dei singoli soci.


Nel caso di specie, i ricorrenti hanno omesso di indicare le conseguenze pratiche derivante dall'applicazione di tale principio.

Se il reddito da partecipazione non dichiarato fosse infatti imputabile ad un unico socio, quale effettivo dominus della società come nel caso di specie, e questi abbia anche altri redditi, l'imposta evasa, in virtù della progressività delle aliquote, potrebbe essere anche maggiore di quella calcolata avendo riguardo al solo risultato di esercizio dell'impresa.


In conclusione, il ricorso viene dichiarato inammissibile e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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