La Corte costituzionale si pronuncia sulla costituzionalità della norma sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali

Giuseppe Lauropoli
11 Novembre 2020

Deve ritenersi inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sollevata in riferimento agli artt. 24 e 117, comma 1, Cost. – quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) – dal Giudice dell'esecuzione del Tribunale ordinario di Napoli Nord; deve, inoltre, ritenersi non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 d.lgs. n. 267/2000, sollevata, dal medesimo Giudice dell'esecuzione, in riferimento all'art. 3 Cost.
Massima

Deve ritenersi inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sollevata in riferimento agli artt. 24 e 117, comma 1, della Costituzione – quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) – dal Giudice dell'esecuzione del Tribunale ordinario di Napoli Nord; deve, inoltre, ritenersi non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, sollevata, dal medesimo Giudice dell'esecuzione, in riferimento all'art. 3 Cost.

Il caso

La Corte costituzionale si è recentemente espressa, con una pronuncia in parte di inammissibilità ed in parte di rigetto, su una questione alla stessa rimessa dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli Nord.

Giova svolgere un breve cenno in merito alla questione dalla quale aveva tratto origine l'ordinanza di rimessione del giudice dell'esecuzione.

Veniva in rilievo una procedura di pignoramento presso terzi avviata da un creditore di un ente locale per la riscossione di somme spettanti sulla base di un decreto ingiuntivo esecutivo e concernenti corrispettivi dovuti per la fornitura all'ente pubblico di energia elettrica o gas.

Il pignoramento presso terzi veniva correttamente orientato individuando come terzo pignorato l'istituto tesoriere dell'ente locale, il quale rappresentava l'esistenza di una delibera di impignorabilità emessa dall'ente locale, ai sensi dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, relativamente al primo trimestre del 2018.

A fronte della contestazione, svolta dal creditore procedente, di una tale dichiarazione, il giudice dell'esecuzione dava inizio alla fase endo-esecutiva di accertamento dell'obbligo del terzo.

Nell'affrontare la questione concernente la sussistenza di un vincolo di impignorabilità opponibile al creditore procedente, il giudice dell'esecuzione riteneva, tuttavia, di rimettere alla Corte costituzionale la questione concernente la legittimità costituzionale dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, quanto meno sotto un limitato profilo che ci si appresta ad illustrare.

In particolare, ad avviso del giudice dell'esecuzione, sussisteva la sicura rilevanza della questione (dal momento che l'eventuale opponibilità del profilo di impignorabilità avrebbe comportato l'esito negativo della procedura esecutiva e la mancata soddisfazione del credito azionato dal creditore procedente) e la sua non manifesta infondatezza (risultando la disposizione in questione e, segnatamente, il secondo comma dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, in contrasto tanto con l'art. 3 della Costituzione, quanto con gli articoli 24 e 117, comma 1, della Costituzione, quest'ultimo con riferimento all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - CEDU).

La questione

L'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000, rubricato con l'espressione “norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali”, introduce una serie di limiti all'espropriazione nei confronti degli enti locali: vi si prevede, al primo comma, che l'espropriazione presso terzi per debiti di tali enti non possa essere orientata verso soggetti diversi dagli istituti tesorieri degli enti stessi; al secondo comma, poi, si prevede che non siano comunque suscettibili di espropriazione le somme presenti sui conti di tali enti che siano destinate alle retribuzioni del personale, al rimborso di mutui o alla prestazione di servizi indispensabili, sempre che tali somme risultino (come precisato dal terzo comma della disposizione in esame) da una delibera adottata semestralmente dall'organo esecutivo dell'ente e notificata al tesoriere. Viene in rilievo, precisa poi il quarto comma, una ipotesi di impignorabilità rilevabile d'ufficio dal giudice dell'esecuzione.

Ebbene, la questione sollevata dinanzi alla Corte costituzionale attiene ad uno specifico profilo del menzionato art. 159 d.lgs. n. 267/2000 e si concentra, in particolare, su uno dei casi previsti dal secondo comma di tale norma.

Ritiene infatti il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli Nord che un creditore che abbia reso servizi da ritenersi oggettivamente indispensabili alla prosecuzione delle attività dell'ente locale meriti una tutela rafforzata rispetto ad un qualsiasi altro creditore, atteso che è proprio il secondo comma dell'art. 159 TUEL a tutelare lo svolgimento dei servizi indispensabili alla prosecuzione dell'attività dell'ente locale. In particolare, ad avviso del giudice a quo, la questione di costituzionalità si pone rispetto agli articoli 3 Cost. (tanto in relazione alla ritenuta irragionevolezza della norma, quanto in relazione alla ingiusta equiparazione della posizione del creditore “qualificato”, ossia del creditore che rende servizi da ritenersi indispensabili, al creditore “non qualificato”), 24 e 117 Cost. (realizzando una oggettiva limitazione al pieno esercizio della tutela esecutiva, contraria anche alla Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali, laddove tutela il diritto ad un processo equo).

Le soluzioni giuridiche

In primo luogo, la Corte costituzionale ritiene inammissibile la svolta questione di costituzionalità con riferimento agli articoli 24 e 117 Cost., evidenziando come, a ben vedere, le censure svolte dal giudice rimettente nella propria ordinanza si concentrino unicamente sulla ipotizzata violazione dell'art. 3 Cost.

Quanto, invece, alle più articolate argomentazioni svolte con riguardo alla pretesa violazione dell'art. 3 Cost., la questione viene ritenuta infondata.

Innanzi tutto, la Corte si preoccupa di evidenziare i limiti della ipotesi di impignorabilità sancita dal secondo comma dell'art. 159 del d.lgs. n. 267/2000: tale disposizione non fornisce uno “scudo” indiscriminato contro le azioni esecutive intraprese dai creditori dell'ente locale, occorrendo, ai fini della operatività di tale ipotesi di impignorabilità, che sia stata adottata una delibera, anteriormente al pignoramento, che abbia individuato l'entità delle somme necessarie all'assolvimento degli stipendi dei dipendenti per i tre mesi successivi, delle rate di mutui per il semestre in corso e dei corrispettivi necessari per l'espletamento dei servizi indispensabili.

Va da sé, osserva la Corte, che nulla impedisce al creditore di contestare la legittimità di una tale delibera, ove ritenga che la stessa sia andata a vincolare somme superiori a quanto necessario per tali tre attività (ossia stipendi, rate dei mutui e servizi indispensabili).

Similmente, osserva ancora la Corte costituzionale, resta sempre aperta la possibilità di contestare il mancato rispetto, da parte dell'ente locale, delle indicazioni contenute nella predetta delibera semestrale: tale ente pubblico non potrà, infatti, distogliere le somme presenti sul conto di tesoreria dalle finalità indicate nella suddetta delibera, se non rispettando un rigoroso ordine cronologico (a riguardo, la Corte richiama una sua precedente pronuncia di incostituzionalità: la n. 211/2003).

Nell'addentrarsi, poi, nella questione di costituzionalità sollevata dal giudice rimettente e in particolare nell'ipotizzato conflitto del secondo comma dell'art. 159 T.U.E.L. con l'art. 3 Cost., la Corte rileva come l'ordinanza di rimessione prenda le mosse da un assunto sbagliato: in particolare, diversamente da quanto ritenuto dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli Nord, l'ipotesi di impignorabilità sancita dalla norma soggetta a vaglio costituzionale non mira affatto a tutelare i creditori dell'ente locale (e, segnatamente, i creditori individuati dal giudice dell'esecuzione come “qualificati”), ma piuttosto mira a tutelare la funzionalità dell'ente pubblico, dovendo in definitiva ritenersi che la precipua finalità della disposizione in esame sia quella di garantire il “corrente e tempestivo espletamento delle funzioni istituzionali degli enti locali, e non”, invece, “l'interesse di ciascun creditore «qualificato» a essere soddisfatto” .

Una volta, ribaltato l'assunto dal quale aveva tratto le mosse il giudice dell'esecuzione, emerge l'infondatezza, secondo la Corte, della ipotizzata incostituzionalità della norma, dal momento che al fine di garantire la funzionalità dell'ente e l'integrità delle sue risorse può risultare giustificata anche la compressione del diritto di un creditore “qualificato” alla soddisfazione del proprio credito.

Osservazioni

La sentenza della Corte costituzionale in esame offre alcuni importanti spunti di riflessione sui quali appare utile soffermarsi brevemente.

La prima sollecitazione che viene dalla pronuncia in esame è costituita dalla necessità, in sede di rimessione di una questione al giudice costituzionale, di fornire una approfondita motivazione in merito ad ogni singola censura di legittimità che venga sollevata nell'ordinanza di rimessione.

A riguardo, se è vero che nella ordinanza di rimessione resa dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli Nord non era invero carente una, sia pur sintetica, esplicazione dei profili di contrarietà dell'art. 159 TUEL agli articoli 24 e 117 della Costituzione (sotto il profilo della rilevata indebita compressione del pieno esercizio della tutela esecutiva), è altresì vero che qualsiasi ipotesi di impignorabilità delle somme o dei beni del debitore si risolve sempre in una compromissione, totale o parziale, del pieno esercizio della tutela esecutiva da parte del creditore, trovando tuttavia una tale compressione la sua giustificazione in interessi ravvisati come preminenti dal legislatore.

In definitiva, deve richiamarsi quanto a più riprese affermato dalla Corte costituzionale, laddove ha ritenuto che la previsione di specifiche modalità di esecuzione, o la stessa individuazione di ipotesi di impignorabilità relativamente a somme destinate a vincoli pubblicistici, non integri, di per sé, una violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale (si veda, sul punto, una pronuncia espressasi proprio sull'art. 159 TUEL, la sentenza n. 83/2003).

Altra questione sulla quale pare utile soffermarsi è costituita dal richiamo, anch'esso ricavabile dalla sentenza in esame, a vagliare approfonditamente la portata precettiva della norma che viene sospettata di incostituzionalità.

È vero, come si accennava poc'anzi, che il legislatore può introdurre delle limitazioni alla piena esplicazione della tutela giurisdizionale del creditore, mediante previsione di ipotesi di impignorabilità, ma occorre sempre verificare puntualmente che nella fattispecie in esame trovi effettivamente applicazione l'ipotesi di impignorabilità prevista dalla norma: e così, con specifico riguardo a quella sancita dall'art. 159, comma 2, TUEL, occorrerà sempre verificare che ricorrano tutti gli stringenti requisiti imposti dalla norma per ritenere effettivamente ravvisabile un vincolo di destinazione pubblicistica sulle somme che il creditore procedente intenda sottoporre a pignoramento.

In particolare, occorrerà verificare che sia stata adottata dall'ente locale la delibera semestrale che indica preventivamente il fabbisogno di tale amministrazione e occorrerà inoltre vagliare, quanto meno in presenza di contestazione di parte, se tale delibera risulti viziata per aver sottoposto a vincolo, ad esempio, somme in alcun modo riconducibili nella elencazione di cui al secondo comma dell'art. 159 TUEL e, ancora, occorrerà verificare se risultino emessi, successivamente alla adozione della delibera semestrale, mandati di pagamento (a titoli diversi da quelli in relazione ai quali vige il vincolo di destinazione) in violazione dell'ordine cronologico delle fatture.

Certamente condivisibile, quanto meno su un piano strettamente formale, è la conclusione alla quale perviene la Corte costituzionale nell'escludere la violazione, da parte del comma 2 dell'art. 159 TUEL, dell'art. 3 della Costituzione: sul punto, viene infatti chiaramente illustrato come finalità precipua di tale disposizione non sia quella di tutelare i creditori “qualificati” dell'ente, ossia coloro che forniscano servizi reputati essenziali alla prosecuzione dell'attività dello stesso, ma piuttosto quella di garantire il buon funzionamento di tale amministrazione.

Certo, questa soluzione può condurre all'effetto un po' paradossale di lasciare privo di tutela esecutiva un creditore che abbia fornito un servizio essenziale alla prosecuzione dell'attività dell'ente locale, impedendogli di soddisfarsi proprio su quelle somme espressamente destinate dall'ente medesimo alla soddisfazione della tipologia di credito che quel creditore intende riscuotere: una apparente contraddizione che, evidentemente, non ha ostacolato la pronuncia di infondatezza della questione di costituzionalità.

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