La translatio iudicii nel secondo grado di giudizio
16 Novembre 2020
Massima
La translatio iudicii opera anche in ipotesi di erronea individuazione del giudice competente per grado; di conseguenza, non si deve dichiarare l'impugnazione inammissibile, ma assegnare un termine per la riassunzione del giudizio dinanzi al giudice reputato competente. Il meccanismo della translatio iudici opera anche nei procedimenti di volontaria giurisdizione. Il caso
A seguito del rigetto di un ricorso al tribunale in composizione monocratica per la proroga del termine per l'accettazione dell'eredità, l'erede interessato decide di proporre reclamo alla Corte d'appello. La Corte d'appello interpellata dichiara l'impugnazione improcedibile, perché il reclamo in virtù del combinato disposto dei commi 3 e 4 dell'art. 749 c.p.c. avrebbe dovuto essere proposto al Tribunale in composizione collegiale. La parte soccombente, allora, adisce la Corte di cassazione con istanza di regolamento di competenza. Dal canto suo, la Suprema Corte accoglie il ricorso ribadendo alcuni importanti principi, ma lasciando in ombra altri problemi da approfondire. La questione
Due sono le questioni che vengono affrontate nell'ordinanza in commento. Il primo punto che viene chiarito e ribadito è quello della sorte dell'impugnazione nel momento in cui vi sia l'errore nella scelta del giudice competente. Il secondo e più spinoso problema che viene affrontato è l'applicabilità del meccanismo della translatio iudicii anche ai procedimenti di volontaria giurisdizione. Le soluzioni giuridiche
La prima questione è stata, in verità risolta dalle Sezioni Unite 14 settembre 2016, n. 18121, intervenute su di un conflitto giurisprudenziale in atto da tempo. Secondo un primo orientamento risalente al codice del 1865 il gravame proposto davanti al giudice incompetente sarebbe comunque idoneo a costituire il rapporto processuale, che in forza del meccanismo della riassunzione potrebbe essere trasferito e proseguire davanti al giudice competente (Cass. civ., 2 luglio 2004 n. 12155; Cass. civ., 30 agosto 2004 n. 17395; Cass. civ., 9 giugno 2015 n. 11969). Si è, tuttavia, formato anche un secondo orientamento tendente a limitare la possibilità della translatio iudicii in grado d'appello, quando l'impugnazione fosse proposta dinanzi ad un giudice di grado diverso rispetto a quello competente (v. Cass. civ., 29 gennaio 2003 n. 1269; Cass. civ., 6 settembre 2007 n. 18716; Cass. civ., 2 febbraio 2010 n. 23661; Cass. civ., 7 dicembre 2011, n. 26375; Cass. civ., 5 marzo 2018, n. 5092). La svolta in questo secondo indirizzo si ha nel 2005, con Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 2005, n. 2709, quando si afferma che l'individuazione del giudice legittimato a decidere l'impugnazione non è riconducibile alla nozione di competenza adoperata dal codice di procedura civile nel Capo I del Titolo I del Libro I, finalizzata all'individuare del giudice in primo grado; secondo la Corte tra i due fenomeni normativi, proprio in ragione del grado, non vi sarebbe un'identità di ratio. Di conseguenza, non sarebbe applicabile né l'art. 50 c.p.c., sulla translatio judicii, né quella dell'art. 38, sull'eccezione di incompetenza. Le Sezioni Unite compongono il conflitto in favore della prima corrente giurisprudenziale, favorevole all'applicabilità della regola della translatio iudicii, considerando l'individuazione del giudice dell'impugnazione una questione di competenza, esattamente di “competenza funzionale” (conforme Cass. civ., 3 aprile 2018, n. 8155). La seconda questione prende le mosse da un reclamo avverso un'ordinanza che nega la proroga del termine per l'accettazione dell'eredità giacente. La richiesta di proroga segue le stesse forme e l'istanza va rivolta allo stesso giudice al quale è stata chiesta la fissazione di un termine per l'accettazione dell'eredità (art. 749 c.p.c.); conseguentemente, in caso di rigetto dell'istanza ai sensi del 3 comma dell'art. 749 c.p.c., il provvedimento va reclamato al Tribunale in composizione collegiale, del quale non può far parte il giudice che ha emesso il provvedimento in primo grado. La Corte d'appello adita, riconoscendosi come incompetente, dichiara il reclamo inammissibile. La Corte di cassazione interpellata applica in questo caso il principio sancito dalle Sezioni Unite nel 2016. La novità è che in questo caso si tratta di un procedimento appartenente alla categoria della volontaria giurisdizione, perché non c'è un conflitto da comporre, ma ci sono degli interessi di privati da gestire. Va citato come precedente la Cass. civ., 13 gennaio 2017, n. 784, in cui il Supremo Collegio si riferisce ai provvedimenti non aventi carattere decisorio ma meramente gestionali assunti dal giudice tutelare nell'amministrazione di sostegno. Questi provvedimenti non sono suscettibili di reclamo alla corte d'appello ex art. 720-bis c.p.c., bensì di reclamo al tribunale in composizione collegiale ai sensi dell'art. 739 c.p.c., trattandosi di provvedimenti che riguardano l'amministrazione, emanati in applicazione dell'art. 379 c.c. Anche in questo caso la Corte afferma che la dichiarazione di inammissibilità del reclamo da parte del giudice dell'appello ha natura di dichiarazione di incompetenza, con conseguente prosecuzione del giudizio davanti al competente tribunale in composizione collegiale attraverso il meccanismo della translatio iudicii. In passato la Corte aveva negato la possibilità di ricorrere in Cassazione ex art. 111 Cost. avverso un provvedimento di volontaria giurisdizione, perché tale mezzo di impugnazione sarebbe dato esclusivamente avverso i provvedimenti aventi carattere decisorio su diritti e definitivi, cioè non impugnabili in altro modo. Questo principio sarebbe valso anche quando si fosse lamentata la lesione del diritto di azione, ed in particolare del diritto al riesame da parte di un giudice diverso. Secondo tale giurisprudenza, infatti, la pronunzia sull'osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all'esame del giudice, avrebbe necessariamente la medesima natura dell'atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non potrebbe avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell'atto sia privo, stante la natura strumentale della problematica processuale e la sua idoneità a costituire oggetto di dibattito soltanto nella sede, e nei limiti, in cui sia aperta o possa essere riaperta la discussione sul merito (Cass. civ., 15 luglio 2003, n. 11026, in Giust. civ., con nota critica di Tiscini). Nell'ordinanza in commento (cosi come nella precedente pronuncia n. 784/2017) c'è un cambio di passo. La Corte riconosce la possibilità di ricorrere in Cassazione attraverso il regolamento di competenza, davanti ad un errore nell'individuazione del giudice competente a conoscere il reclamo ed il giudice di secondo grado si sia limitato a dichiarare l'impugnazione inammissibile. In questi casi, non vi sarebbe altro rimedio contro il provvedimento di incompetenza e il mancato utilizzo del meccanismo della transizione del giudizio rischierebbe di pregiudicare il diritto di azione della parte soccombente, dato il breve termine previsto per il reclamo. Osservazioni
La posizione che la Corte di cassazione esprime è del tutto condivisibile, perché salvaguarda un diritto costituzionalmente garantito all'art. 24 Cost. e ed è in linea con il principio di ragionevole durata del processo. Incerto è, invece, se sia dato regolamento di giurisdizione avverso il provvedimento di prime cure che rigetti l'istanza. Vero è che è questo caso vi è ancora la possibilità del reclamo, ma in questo caso, non stiamo parlando più del riscorso straordinario in Cassazione, precluso per le caratteristiche del provvedimento da impugnare; la logica del regolamento di competenza è differente: esso ha lo scopo di individuare il giudice davanti al quale deve proseguire il procedimento definitivamente e nel minor tempo possibile. In omaggio al principio di ragionevole durata del processo, non vi è dubbio che l'istituto debba avere applicazione generale anche nel procedimento in camera di consiglio, improntato alla rapidità della decisione. Riferimenti
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