Opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità
18 Novembre 2020
Inquadramento
La complessa disciplina del procedimento espropriativo per pubblica utilità si articola in una prima fase diretta alla sottoposizione del bene da espropriare al vincolo preordinato all'esproprio, in una seconda fase volta alla dichiarazione di pubblica utilità ed in una fase successiva avente ad oggetto l'emanazione del decreto di esproprio, entro la quale va a collocarsi la determinazione (provvisoria, definitiva, d'urgenza) dell'indennità di espropriazione, determinazione che ha luogo a mezzo di stima fatta dai soggetti a ciò deputati. L'esito della stima è depositato presso l'ufficio per le espropriazioni, e del deposito l'autorità espropriante dà comunicazione agli interessati mediante raccomandata con avviso di ricevimento (art.27d.P.R. 8giugno2001,n.327, testo unico espropriazioni). Dopodiché, secondo quanto dispone l'art.54d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, decorsi trenta giorni dalla menzionata comunicazione, il proprietario espropriato, il promotore dell'espropriazione o il terzo che vi abbia interesse può impugnare innanzi all'autorità giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell'indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell'indennità. La disciplina processuale di questa fase di opposizione alla stima è regolata dall'art.29d.lgs.1°settembre2011n.150, cd. decreto semplificazione dei riti. La norma stabilisce che:
La scelta del rito sommario
Buona parte dei procedimenti confluiti nel capo terzo del decreto semplificazione dei riti era precedentemente disciplinato dal rito camerale: non così il procedimento di opposizione alla stima, tant'è che lo schema di decreto approvato dal consiglio dei ministri il 9 giugno 2011 le aveva ricomprese nel capo quarto, dedicato ai procedimenti regolati dal rito ordinario di cognizione; nella stesura definitiva, però, il procedimento in discorso è stato ricondotto «al rito sommario di cognizione aderendo all'indicazione in tal senso formulata dalle competenti commissioni parlamentari, in espressa considerazione del fatto che esse, nel loro pratico svolgimento, sono caratterizzate da un thema probandum semplice, cui consegue ordinariamente un'attività istruttoria breve, a prescindere dalla natura delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte o dalle questioni giuridiche da trattare e decidere». Tale opzione legislativa è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, la quale ha disatteso (dichiarandola inammissibile) la questione di legittimità costituzionale, osservando essenzialmente che nella disciplina degli istituti processuali vige il principio della discrezionalità e insindacabilità delle scelte operate dal legislatore, nel limite della loro non manifesta irragionevolezza (Corte cost. 23gennaion. 2013, n. 10, ed altre successive). È stata successivamente dichiarata manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt.29 e 34,comma37,d.lgs.1settembre2011,n.150, impugnati, in riferimento agli artt.3, 24,commi1e2,e111,comma1,Cost., nella parte in cui prevedono che le controversie aventi ad oggetto l'opposizione alla stima delle indennità per espropriazione per pubblica utilità devono essere introdotte, trattate e decise secondo le forme del rito sommario di cognizione non convertibile di cui agli artt. 3 del medesimo d.lgs., 702-bis e 702-ter c.p.c.: difatti, ha nuovamente osservato il giudice delle leggi, premesso che la garanzia del doppio grado di giurisdizione non gode, di per sé, di copertura costituzionale, il rimettente ha richiesto una pronuncia priva di contenuto costituzionalmente obbligato in una materia, quale la disciplina degli istituti processuali, soggetta alla discrezionalità del legislatore (Cortecost.,10marzo2014,n.42). La S.C. ha d'altro canto stabilito che il rito sommario previsto dagli artt.702-bisss.c.p.c., applicabile alle controversie sull'indennità di esproprio ai sensi dell'art.29d.lgs.1°settembre2011,n.150, pur incanalando l'attività dei soggetti del giudizio in una sequenza tendenzialmente atta a snellire i tempi, non impone una decisione allo stato degli atti, dovendo il giudice, pur nella particolarità del rito, procedere all'attività istruttoria appropriata al tipo di controversia trattata ed anche a nominare un consulente tecnico d'ufficio, il quale, ove la documentazione al riguardo fornita dalle parti sia incompleta od insufficiente, può provvedere alla ricerca ed all'acquisizione degli elementi di comparazione, data la necessaria valutazione tecnica delle caratteristiche dei beni presi in considerazione (Cass.civ., 29gennaio2014,n.1904). L'art.53d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, dopo aver stabilito che, nella materia: «La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codicedelprocessoamministrativo», soggiunge che: «Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza della adozione di atti di natura espropriativa o ablativa». Ribadisce l'art.133c.p.a. (d.lgs.7febbraio2010,n.104) che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a.: «g) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti gli accordi e i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa». In particolare, sono devolute alla competenza in unico grado della Corte d'appello: a) l'opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione (art.54d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327); b) l'opposizione alla stima dell'indennità di reiterazione del vincolo preordinato all'esproprio (art.39d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327); c) l'opposizione alla stima dell'indennità di retrocessione (art.48d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327); d) l'indennità per l'occupazione non finalizzata all'espropriazione (artt.49, 50 e 54d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327). Restano invece fuori dalla competenza della Corte d'appello le controversie relative alla corresponsione delle indennità, ossia quelle collocate a valle della ormai intervenuta determinazione di esse.
Qui ci occupiamo dell'opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione, prevista dal citato art.54d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. La domanda si propone con ricorso alla Corte d'appello territorialmente competente, alla quale spetta una competenza funzionale in unico grado. La eccezionale previsione di competenza funzionale della Corte d'appello in unico grado, la quale si pone in deroga alla regola del doppio grado di giurisdizione, non opera al di là dei limiti normativamente stabiliti, di guisa che non trova applicazione in caso di cumulo alla domanda principale di opposizione alla stima di ulteriori domande legate da un vincolo di connessione: così ad esempio per la domanda proposta dall'amministrazione convenuta la quale agisca in manleva nei confronti del concessionario tenuto a corrispondere l'indennità (Cass.civ., 21febbraio2007,n.4090), ovvero per la domanda avente ad oggetto i danni da irreversibile trasformazione del suolo (Cass.civ., 3luglio1997,n.5975); ovvero per la domanda diretta a stabilire chi sia, nei rapporti interni, il soggetto che, in via di regresso, debba sopportare l'onere economico dell'indennità corrisposta dall'espropriato, appartenendo il relativo giudizio al giudice di primo grado secondo gli ordinari criteri della competenza (Cass. civ.,2febbraio1995,n.1234). Quanto alla competenza territoriale della Corte d'appello, essa è determinata dal luogo ove è situato il bene espropriato. Qualora l'immobile espropriato ricada entro l'ambito territoriale di più Corti d'appello (o comunque nell'ipotesi in cui il decreto di esproprio abbia ad oggetto gli immobili distinti, collocati in diversi distretti), va fatta applicazione del criterio dettato dall'art.21c.p.c.: e cioè del criterio per cui la competenza territoriale è attribuita ad ogni giudice nella cui circoscrizione si trovi una parte degli immobili (Cass.civ., 23marzo2007,n.4213). Il rilievo del decreto di esproprio
L'adozione del decreto di esproprio rileva, per i fini della proposizione della domanda, quale condizione dell'azione, con la conseguenza che essa deve sussistere al momento della decisione: ne discende che la mancanza del decreto di esproprio è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio (Cass. civ.,22novembre2002,n.16494; Cass. civ.,25maggio2006,n.12408). In tal caso, difettando la condizione dell'azione, il giudice emette pronuncia di improcedibilità (Cass. civ.,19maggio1998,n.4985; Cass. civ.,Sez.Un.,7luglio1999,n.385; Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 497). Il decreto di esproprio va depositato in causa: costituendo esso condizione dell'azione di determinazione dell'indennità, ne è quindi necessaria la produzione in giudizio, non potendo il proprietario espropriato assolvere all'onere probatorio mediante la sollecitazione all'esercizio del potere del giudice di chiedere informazioni in merito alla pubblica amministrazione (Cass. civ.,8marzo2007,n.5337). Per converso, come accennato, nulla rileva l'emissione della stima provvisoria, oggetto di un'offerta all'espropriato in vista dell'accordo tra le parti sulla cessione volontaria, stima provvisoria avverso la quale non può essere proposta l'opposizione in esame. Ha bene chiarito la S.C. che quando si è in presenza di una indennità provvisoria non accettata (e, come tale, appartenente ormai ad una fase procedimentale che ha esaurito i suoi effetti), in realtà non c'è una stima operata in sede amministrativa con caratteri di definitività e deve procedersi alla determinazione in sede giudiziaria, sulla base dei criteri che governano tale determinazione (Cass. civ.,2marzo2001,n.3048). Si è già visto nell'art.54d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 contempla l'opposizione alla stima, ma aggiunge che il soggetto legittimato può altresì «chiedere la determinazione giudiziale dell'indennità». Sorge in proposito anzitutto il quesito del rapporto tra tale domanda e la pronuncia del decreto di esproprio: il quesito se, in altri termini, la determinazione giudiziale dell'indennità possa essere richiesta prima ed indipendentemente dall'emissione del decreto di esproprio. Occorre al riguardo rammentare che la previsione normativa trae origine da una decisione della Corte costituzionale (Cortecost.22febbraio1990,n.67), resa per l'ipotesi, patologica, che il decreto di esproprio venga sì adottato, ma senza la previa determinazione dell'indennità, nel qual caso l'espropriato deve essere posto in condizione di far valere i suoi diritti: e cioè, l'inciso che consente agli interessati, «comunque», di «chiedere la determinazione giudiziale dell'indennità» non è da intendere, come pure talora è stato sostenuto in dottrina, nel senso che essi possano chiedere tale determinazione indipendentemente dalla pronuncia del decreto di esproprio: anche in assenza della stima, perciò, l'intervenuto decreto di esproprio è condizione dell'azione di opposizione. Nel caso in questione si avrà la proposizione di una domanda giudiziale, introdotta nelle forme previste per l'opposizione alla stima, ma diretta non alla contestazione della stima, mancante (nulla rilevando l'eventuale stima provvisoria, che ha tutt'altra finalità), ma, appunto, alla determinazione dell'indennità. Non troverà applicazione il termine perentorio di 30 giorni normativamente previsto. In breve, come affermato dalla S.C., l'emissione del decreto di esproprio implica la possibilità di agire per la determinazione giudiziale del credito indennitario insorto con il decreto stesso senza dover attendere la stima definitiva in fase amministrativa, ma non traduce la relativa facoltà in un onere, né estende all'esercizio di essa il termine decadenziale contemplato con esclusivo riferimento all'opposizione contro la stima definitiva: il decorso del predetto termine, in dipendenza della mera adozione del decreto di esproprio, si verifica, pertanto, solo quando il decreto medesimo, deviando dal normale schema procedimentale provveda direttamente a fissare l'indennità definitiva (Cass. civ.,6giugno2003,n.9086). Al di fuori dell'ipotesi in cui il decreto di esproprio contenga la determinazione dell'indennità, sebbene non preceduta dallo svolgimento dell'apposita procedura, la proposizione della domanda in discorso non ricade sotto l'operatività di alcun termine di decadenza, a differenza di quanto accade nelle ipotesi fisiologiche di opposizione alla stima, prestando applicabile il termine di prescrizione ordinaria decennale del diritto, a decorrere dall'emissione del decreto di esproprio (Cass. civ.,23febbraio2000,n.2052).
Ovviamente, se vi sia stata stima definitiva, e sia stata accettata, non residua più alcuno spazio per la domanda di determinazione giudiziale dell'indennità. E cioè, per effetto dell'accettazione la misura dell'indennità diviene definitiva e non più contestabile restando così precluso il ricorso al rimedio della sua determinazione giudiziale attraverso la proposizione dell'opposizione alla stima, il cui presupposto è costituito appunto dalla mancata accettazione dell'indennità offerta in via provvisoria cui segue la determinazione dell'indennità definitiva e il suo deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, che costituiscono le condizioni richieste dalla legge per l'emanazione del decreto di espropriazione: non è pertanto ipotizzatile alcuna contestazione né dell'indennità provvisoria - accettata o concordata attraverso un accordo amichevole - né del prezzo della cessione volontaria attraverso lo strumento dell'opposizione alla stima (App.L'Aquila17giugno2019,n.1056). Caratteri del giudizio di opposizione alla stima
L'opposizione alla stima — ha chiarito la S.C.— non è un mero giudizio di impugnazione del provvedimento amministrativo che determina l'indennità, ma è un giudizio sul rapporto, per cui esso non di esaurisce nella semplice verifica dell'esattezza o meno dei criteri astratti (di legge) che hanno presieduto in sede amministrativa alla determinazione dell'indennità, ma deve estendersi ad una autonoma determinazione (Cass. civ.,2marzo2001,n.3048, che richiama al riguardo Cass. civ., Sez. Un., 22 novembre 1984, n. 9872; Cass. civ.,9marzo1996,n.1891). La domanda diretta ad ottenere la liquidazione della giusta indennità può essere proposta anche in assenza della stima definitiva, purché sia stato emesso il decreto di esproprio, mentre non è impugnabile la sola indennità provvisoria, perché questa non equivale al provvedimento espropriativo né implica la sua emissione, ma è diretta a consentire la cessione volontaria nella fase procedimentale di cui agli artt.11 e 12dellaleggen.865/1971 e successive modificazioni.
La proposizione dell'opposizione alla stima, quando una stima definitiva vi sia, secondo quanto si è già visto, è sottoposta ad un termine perentorio di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest'ultima sia successiva al decreto di esproprio. Il termine è sottoposto alla sospensione feriale. La nozione di «termine processuale», secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, espressione di un principio immanente nel nostro ordinamento, non può difatti ritenersi limitata all'ambito del compimento degli atti successivi all'introduzione del processo, dovendo invece estendersi anche ai termini entro i quali lo stesso deve essere instaurato quando la proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso, sicché sono soggetti alla sospensione feriale i termini di decadenza previsti dall'art.29,comma3,deld.lgs.n.150/2011, per proporre l'opposizione alla stima di cui all'art.54,comma1,deld.P.R.n.327/2001 (Cass. civ.,14gennaio2016,n.442).
La proposizione dell'opposizione alla stima, quando una stima definitiva vi sia, secondo quanto si è già visto, è sottoposta ad un termine perentorio di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest'ultima sia successiva al decreto di esproprio. Il termine è sottoposto alla sospensione feriale. La nozione di «termine processuale», secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, espressione di un principio immanente nel nostro ordinamento, non può difatti ritenersi limitata all'ambito del compimento degli atti successivi all'introduzione del processo, dovendo invece estendersi anche ai termini entro i quali lo stesso deve essere instaurato quando la proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso, sicché sono soggetti alla sospensione feriale i termini di decadenza previsti dall'art.29,comma3,deld.lgs.n.150/2011, per proporre l'opposizione alla stima di cui all'art.54,comma1,deld.P.R.n.327/2001 (Cass. civ.,14gennaio2016,n.442). In materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni, il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della relazione di stima, di cui all'art.27,comma2,deld.P.R.n.327/2001, è finalizzato a consentire agli interessati di prendere visione del documento e decidere se accettarla oppure opporvisi, ed ha perciò natura dilatoria. Ne consegue che non può ritenersi improponibile l'opposizione alla stima introdotta prima della scadenza di tale termine, in quanto va riconosciuta all'espropriato la facoltà di adire il giudice ai fini della determinazione dell'indennità di esproprio anche prima della stima definitiva e comunque prima che inizi a decorrere il distinto termine perentorio di opposizione previsto all'art.29,comma3,deld.lgs.n.150/2011, dovendo anche tenersi conto che la pronuncia di improponibilità dell'azione è suscettibile di determinare effetti, non solo processuali, ma anche sostanziali, ossia preclusivi della reiterabilità della domanda di merito, qualora in concomitanza decorra e scada il ricordato termine perentorio ed ostano, ad una simile conclusione, profili di illegittimità costituzionale (Cass. civ.,9agosto2019,n.21225).
Anche la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell'indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di acquisizione sanante ex art.42-bisd.P.R.n.327del2001 è devoluta, in unico grado, alla Corte di appello, secondo una regola generale dell'ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità, dovendosi interpretare in via estensiva l'art.29d.lgs.1settembre2011n.150 (Cass. civ.,Sez.Un.,21febbraio2019,n.5201; Cass. civ., Sez. Un., 27 dicembre 2018,n.33539; Cass. civ., Sez. Un., 8 novembre 2018,n.28572; Cass. civ.,Sez.un.,2febbraio2018n.2583; Cass. civ., Sez. Un., 25luglio2016, n.15283; Cass. civ., Sez. Un., 29ottobre2015, n.22096). Decorrenza del termine per il ricorso per cassazione
In assenza di normativa speciale circa la decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza resa ex art.702-quaterc.p.c., non rileva che la comunicazione dell'ordinanza sia avvenuta in forma integrale a mezzo PEC, dovendo trovare applicazione la disposizione generale di cui all'art.133,comma2,c.p.c. (come modificato con l'art.45,comma1,lett.b)deld.l.n.90/2014, conv. con modif. dalla l.n.114/2014) secondo il quale la comunicazione da parte della cancelleria del testo integrale della sentenza non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art.325c.p.c. (Cass. civ., 22 marzo 2018, n.7154). Riferimenti
|