Per la revocatoria di un atto di compravendita può bastare la domanda di assegno di mantenimento del figlio

Redazione scientifica
20 Novembre 2020

Posto che la domanda di corresponsione dell'assegno di mantenimento del figlio deve essere accolta con decorrenza dalla data della sua proposizione e non da quella della sentenza, essa è sufficiente per la revocatoria dell'atto di compravendita immobiliare fatto dal genitore. Tuttavia, occorre dimostrare che il terzo acquirente avesse anche la sola mera consapevolezza del pregiudizio dei creditori.

Madre e figlio ricorrono per cassazione avverso la sentenza con la Corte territoriale aveva rigettato l'appello avverso la reiezione delle loro domande di simulazione assoluta o subordinata revocatoria di un atto di compravendita immobiliare da parte del convivente more uxorio della prima, nonché padre del secondo, inadempiente agli obblighi di corresponsione dell'assegno di mantenimento del figlio, in favore dall'Azienda agricola.

Nell'esaminare il complesso ricorso, la Corte di cassazione ha affermato il nuovo principio di diritto secondo il quale «poiché il credito vantato dal genitore per il contributo da parte dell'altro genitore al mantenimento del figlio minore regolarmente riconosciuto è da ritenersi insorto non oltre il momento della proposizione della relativa domanda, ai fini dell'azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto un'alienazione immobiliare posta in essere dopo la proposizione di una tale domanda, quel credito va qualificato come insorto anteriormente all'alienazione ed è allora sufficiente, ad integrare l'elemento soggettivo della revocatoria dispiegata contro il genitore inadempiente alienante, che il terzo acquirente sia stato consapevole del pregiudizio delle ragioni creditorie, non occorrendo invece pure la prova della participatio fraudis e cioè della conoscenza, da parte di quest'ultimo, della dolosa preordinazione dell'alienazione ad opera del disponente rispetto al credito».

A sostengo di tale principio, la Corte ha ricordato che costituisce specifico principio della materia familiare, quello secondo cui «la domanda con cui uno dei genitori abbia chiesto la condanna dell'altro al pagamento di un assegno di mantenimento per i figli va accolta, in mancanza di espresse limitazioni, con decorrenza dalla data della sua proposizione e non da quella della sentenza». Pertanto, essendo pacifico nel caso di specie che la proposizione della domanda giudiziale di condanna del padre alla corresponsione di un assegno di mantenimento è temporalmente anteriore rispetto all'atto di disposizione, ai fini dell'elemento soggettivo, un tale atto deve qualificarsi come successivo all'insorgenza della ragione di credito, cosicché, non ritenendosi necessaria la prova della participatio, bastava la mera consapevolezza in capo al terzo del pregiudizio delle ragioni creditorie.

*Fonte: www.diritttoegiustizia.it

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