Danni post intervento: escluso il risarcimento se la paziente non dimostra che, se adeguatamente informata, lo avrebbe rifiutato

Redazione Scientifica
23 Novembre 2020

Nell'ipotesi di omessa informazione in relazione ad un intervento chirurgico che abbia cagionato un pregiudizio alla salute ma senza che sia stata dimostrata la responsabilità del medico, è riconosciuto il diritto al risarcimento per la violazione del diritto all'autodeterminazione a condizione che il paziente alleghi e dimostri che, se fosse stato adeguatamente informato, avrebbe rifiutato l'intervento

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 25875/20, depositata il 16 novembre.

Una donna conveniva in giudizio l'Ospedale Gaslini ed un chirurgo per il risarcimento dei danni subiti per la perdita di capacità riproduttiva a seguito di intervento chirurgico per interruzione volontaria di gravidanza in assenza di valido consenso informato. La domanda veniva però rigettata in quanto, pur essendo stato violato il diritto al consenso informato, il Tribunale riteneva che l'attrice non avesse dimostrato che avrebbe rifiutato l'intervento se correttamente informata. La Corte d'Appello confermava la decisione. La vicenda è dunque giunta all'attenzione della Suprema Corte.

La giurisprudenza venutasi a creare in materia di consenso informato è stata uniformata e razionalizzata con la pronuncia della Corte di Cassazione n. 28985/2019. Secondo la classificazione operata nel precedente citato, la fattispecie in esame rientra nell'ipotesi dell'omessa informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un pregiudizio alla salute ma senza che sia stata dimostrata la responsabilità del medico. È dunque riconosciuto il diritto al risarcimento per la violazione del diritto all'autodeterminazione a condizione che il paziente alleghi e dimostri che, se fosse stato adeguatamente informato, avrebbe rifiutato l'intervento. In tal senso, il rifiuto del consenso alla pratica terapeutica rileva sul piano della causalità giuridica ex art. 1223 c.c. e cioè della relazione tra evento lesivo – perfezionatosi con la condotta omissiva violativa dell'obbligo informativo – e conseguenze pregiudizievoli che ne derivano secondo un nesso di regolarità causale.
Nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato che, se adeguatamente informata, non avrebbe interrotto la gravidanza. La Corte non può dunque che rigettare il ricorso.

*Fonte: dirittoegiustizia.it

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