Il creditore può chiedere la revoca della locazione qualora questa pregiudichi le proprie ragioni di credito

20 Novembre 2020

L'azione revocatoria può essere esperita contro qualunque atto di disposizione del patrimonio del debitore che rechi pregiudizio alle ragioni creditorie; ipotesi che può ben ricorrere anche nel caso di atti (come la locazione di durata ultranovennale) che, pur non essendo traslativi del bene, ne limitino, anche indirettamente, la possibilità di aggressione in sede esecutiva, pregiudicando le ragioni del creditore.

Un Istituto bancario agiva nei confronti di madre e figlio deducendo di essere divenuta creditrice della prima in forza di cessione “in blocco” di crediti da parte di una Banca Popolare e chiedendo che venisse dichiarata ex art. 2901 c.c. – l'inefficacia nei propri confronti della locazione ultranovennale stipulata dalla debitrice con il figlio ed avente ad oggetto un immobile, poiché la stessa era stata stipulata con il preciso intento di ostacolare il legittimo soddisfacimento delle proprie ragioni di credito.
La debitrice resisteva alla domanda mentre il figlio restava contumace.
Il Tribunale adito pronunciava ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. dichiarando l'inefficacia del contratto di locazione nei confronti della Banca e condannando, in via solidale, madre e figlio, al pagamento delle spese di lite.
Successivamente, pronunciando sul gravame della debitrice, la Corte di Appello adita, dichiarava la contumacia del figlio e, confermando la sentenza di primo grado, condannava l'appellante al pagamento delle spese processuali.
La debitrice proponeva pertanto, ricorso per cassazione avverso la decisione resa della Corte di appello.

Nella specie, i Giudici hanno ritenuto in parte inammissibile e in parte infondato, tra gli altri, il terzo dei motivi proposti dalla ricorrente per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113, 115, 116 c.p.c., nonché dell'art. 2901 c.c., in relazione alla valutazione delle risultanze processuali poste alla base della pronuncia di merito. In particolare, la ricorrente, lamentava la mancata ammissione della CTU e delle prove per testi da essa richieste e contestava la stessa possibilità di revocare un contratto di locazione (non costituente “atto traslativo”), tanto più che lo stesso non aveva comportato la diminuzione del valore del bene; censurava, altresì, l'utilizzo delle presunzioni semplici al fine dell'accertamento della sussistenza dei requisiti dell'azione revocatoria contestando le considerazioni svolte dalla Corte di merito adita.
Secondo il Collegio di legittimità, invece, contrariamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, non era affatto censurabile la scelta operata (in continuità con quella del Tribunale) dal Collegio distrettuale di non accogliere le istanze istruttorie della debitrice poiché ritenute del tutto ininfluenti a fronte della ritenuta decisività degli elementi presuntivi desumibili dagli atti del giudizio, trattandosi di valutazione rimessa all'apprezzamento del giudice di merito. Né era, altresì, parimenti sindacabile, in sede di legittimità, la valutazione dei suddetti elementi presuntivi laddove – come nel caso di specie – secondo i Giudici di legittimità, era sorretta da motivazione esente da vizi ancora rilevanti ai sensi del novellato testo dell'art. 360 n. 5 c.p.c.

I Giudici concludono, pertanto, affermando che l'assunto di parte ricorrente della presunta non revocabilità ex art. 2901 c.c. di un contratto di locazione si palesa del tutto infondato laddove nella specie, il Collegio distrettuale ha ritenuto – con apprezzamento incensurabile – che alla costituzione del vincolo ultranovennale fosse conseguita l'infruttuosità dell'azione esecutiva intrapresa dall'Istituto bancario creditore, vale a dire l'impossibilità di fatto di procedere alla vendita del bene.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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