Il creditore sostituto nulla può contro l'estinzione del processo per rinuncia del sostituito

23 Novembre 2020

La domanda di sostituzione di cui all'art. 511 c.p.c. realizza il subingresso di uno o più creditori del creditore dell'esecutato nella sua posizione processuale e nel diritto al riparto della somma ricavata, ma, non avendo anche una finalità surrogatoria in senso stretto circa l'impulso della procedura contro il debitore originario, non consente al subcollocato di impedire che alla rinuncia al processo esecutivo da parte del proprio debitore, creditore sostituito, consegua l'effetto tipico dell'estinzione del processo esecutivo.

Con un unico motivo di ricorso s'impugna la sentenza di rigetto dell'appello contro l'ordinanza di reiezione del reclamo proposto avverso l'ordinanza dichiarativa di estinzione del processo esecutivo nel quale il ricorrente era intervenuto in qualità di creditore del creditore procedente, ai sensi dell'art. 511 c.p.c.

Ricordiamo che l'art. 511 c.p.c. (collocato nell'ambito delle norme dedicate alla Espropriazione forzata in generale del Codice di procedura civile) prevede che «I. I creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione possono chiedere di essere a lui sostituiti, proponendo domanda a norma dell'art. 499, comma 2 c.p.c. II. Il giudice dell'esecuzione provvede alla distribuzione anche nei loro confronti, ma le contestazioni relative alle loro domande non possono ritardare la distribuzione tra gli altri creditori concorrenti».

La Corte d'appello ha confermato la natura meramente satisfattiva e non anche surrogatoria del detto intervento, ribadendo quindi che l'estinzione del processo per rinuncia dell'unico creditore procedente non è preclusa dal solo intervento ai sensi dell'art. 511 c.p.c. di un suo creditore.

La tesi del ricorrente: l'intervento del sostituto ha natura surrogatoria e impedisce l'estinzione del processo per rinuncia del sostituito. In particolare il ricorrente afferma la violazione dei disposti degli artt. 511 c.p.c. e 2900 c.c.

Il ricorrente afferma la natura, anche, surrogatoria dell'intervento di cui all'art. 511 c.p.c., che come tale impedirebbe l'estinzione del processo per rinuncia del sostituito, richiamando le decisioni di legittimità n. 2608/1987 e n. 735/1969, nonché una decisione del Tribunale di Roma del 2008 e alcune posizioni dottrinarie, richiedendo l'adozione di una decisione in linea con la piena garanzia del credito (del sostituto).

Ricorso incidentale: la sostituzione esecutiva non è assimilabile all'azione surrogatoria; non v'è ragione per compensare le spese. Dei due intimati, debitore e creditore procedente, resiste solo il secondo mediante ricorso incidentale e qui, richiamata la più recente giurisprudenza (Cass. civ., n. 8001/2015, Cass. civ., n. 15932/2012, Cass. civ., n. 22409/2006) egli nega che possa assimilarsi l'intervento di cui all'art. 511 c.p.c. all'azione surrogatoria di cui all'art. 2900 c.c. e ciò per l'assenza di inerzia del debitore, e contesta la compensazione delle spese disposta del provvedimento della Corte d'appello, stante la consolidata giurisprudenza sul punto e l'assenza di complessità della materia.

La decisione: la sostituzione esecutiva ha carattere soltanto satisfattivo e non può impedire l'estinzione per rinuncia del creditore sostituito. La Corte, in primis, esclude la necessità di una rimessine alle Sezioni Unite, data l'assenza di contrasto in sede di legittimità e l'inidoneità in tal senso del contrasto tra le corti di merito e in dottrina.

Ed invero, afferma che “può bastare” il richiamo all'approdo ermeneutico, secondo cui la domanda di sostituzione esecutiva di cui all'art. 511 c.p.c. «realizza il subingresso di uno o più creditori del creditore dell'esecutato nella sua posizione processuale e nel diritto al riparto della somma ricavata» per cui la domanda non è assimilabile all'intervento del creditore, perché non vi si fa valere una pretesa verso l'esecutato, ma verso un creditore, che sia pignorante o intervenuto (e non vale in senso contrario il richiamo alla norma di cui all'art. 499, comma 2, c.p.c. che va inteso come limitato alle modalità e alla forma della domanda di sostituzione.

Dunque, la sostituzione esecutiva ha carattere soltanto satisfattivo e le, circoscritte, facoltà surrogatorie riconosciute riguardano solo il potere di promuovere in luogo del creditore sostituito contestazioni in sede di distribuzione o di resistere a contestazioni altrui (e qui si richiamano i precedenti di Cass. civ., n. 5850/1979), o di proporre opposizione agli atti esecutivi (si richiama Cass. civ., n. 327/1967): si tratta sempre, osserva la Corte riprendendo il precedente di Cass. civ., n. 8966/1995, di ipotesi che non sono significative di un subingresso nel diritto soggettivo sostanziale, ma che attengono solo all'esercizio della cd. azione distributiva, ovvero attengono ad un rimedio – opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. – che riguarda la regolarità formale del procedimento.

Ne consegue che la posizione processuale del sostituto è subordinata alla permanenza della qualità di creditore del sostituito, la quale può legittimamente venire meno per l'esercizio della decisione potestativa di rinuncia al processo, ed in tal caso il sostituto non ha alcun potere di mantenere in vita il processo, non avendo titolo esecutivo nei confronti dell'esecutato.

Il possesso del titolo esecutivo è oramai condizione essenziale per prendere parte al processo esecutivo (salvo le eccezioni come quelle limitate di cui all'art. 499 c.p.c.) e in via dirimente per darvi impulso: a maggior ragione solo il possesso del titolo esecutivo consente di mantenere il processo in vita perché possa concludersi con gli esiti tipici: soddisfazione del creditore ovvero, in caso di espropriazione, tramite la liquidazione dei beni).

Conclusivamente, il subcollocato nulla può contro l'estinzione del processo derivata dalla rinuncia allo stesso del creditore procedente: osserva la Corte che «nel bilanciamento dei contrapposti interessi, …resta senza alcuna valida giustificazione la soggezione dell'esecutato originario – in cui si sostanzia ogni processo esecutivo – ai fini di tutela anche delle posizioni creditorie vantate verso i propri creditori da terzi e perfino la protrazione del processo a quei soli fini»; a disposizione del sostituto restano rammenta la Corte, tutti i rimedi di tutela verso il creditore, ma senza il coinvolgimento del loro debitore .

Dunque la Corte enuncia il seguente principio di diritto: «la domanda di sostituzione esecutiva ai sensi dell'art. 511 c.p.c. realizza il subingresso di uno o più creditori del creditore dell'esecutato nella sua posizione processuale e nel diritto al riparto della somma ricavata dall'esecuzione, ma, non possedendo anche una finalità surrogatoria in senso stretto quanto all'impulso della procedura contro il debitore originario, non abilita il subcollocato ad impedire che alla rinuncia al processo esecutivo da parte del proprio debitore, creditore sostituito, consegua l'effetto tipico dell'estinzione del processo esecutivo».

La Corte rigetta però anche la contestazione del ricorso incidentale circa la compensazione delle spese secondo la previsione normativa vigente ratione temporis: se la questione non è controversa a livello di legittimità, lo è per la giurisprudenza di merito e per la dottrina.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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