Contributi previdenziali prescritti e decadenza dell'Agente di riscossione dal diritto al discarico

24 Novembre 2020

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26531/20, depositata il 20 novembre, rigetta il ricorso di Cassa Forense contro la sentenza di gravame di conferma della revoca del decreto ingiuntivo emesso contro l'Agente della riscossione per il pagamento di contributi previdenziali iscritti a ruolo “suppletivo” 1998 e ruolo “ordinario” 1999 e non incassati dallo stesso Agente della riscossione.

L'Agente della riscossione non può avvalersi di avvocati del libero foro senza una specifica e motivata deliberazione.

In via pregiudiziale il Collegio rileva l'inammissibilità del controricorso e del contestuale ricorso incidentale condizionato proposti dall'Agente della riscossione per difetto di legittimazione processuale del difensore, avvocato del libero foro, per invalidità della procura speciale ad litem.

Viene richiamato il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 30008 del 19 novembre 2019 secondo cui, «ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l'Agenzia delle Entrate–Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale:

a) dell'Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell'art. 43, comma 4, r.d. n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all'organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici;

b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall'art. 43, comma 4, r.d. cit. - nel rispetto degli articoli 4 e 17 del D.Lgs. n. 50/2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell'art. 1, comma 5 del D.L. n. 193/2016, conv. in L. n. 225/2016 - in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all'Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio.


Quando la scelta tra il patrocinio dell'Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l'Agenzia e l'Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell'Agenzia a mezzo dell'una o dell'altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità».

Nella sentenza in commento il Collegio ribadisce che «la facoltà di derogare al patrocinio autorizzato riservato in via esclusiva all'Avvocatura dello Stato […] è subordinata all'adozione di una specifica e motivata deliberazione dell'ente, la cui mancanza determina la nullità del mandato alle liti, non rilevando che esso sia stato conferito con le modalità prescritte dal regolamento o dallo statuto dell'ente»: nel caso di specie, negli atti difensivi dell'Agente della riscossione:

  • non è contenuto alcun riferimento alle ragioni della necessità di una deroga rispetto al patrocinio autorizzato in via esclusiva all'Avvocatura erariale nelle liti nanti la Corte di Cassazione civile;
  • non è indicata una delibera assunta dagli organi dell'ente pubblico, neppure mediante menzione dei dati identificativi.

L'Agente della riscossione non è decaduto dal discarico del ruolo. Il Collegio ha escluso che alcuna decadenza dal discarico del ruolo possa ritenersi maturata nei confronti dell'Agente della riscossione in relazione alla mancata trasmissione delle “comunicazioni di inesigibilità” nel termine triennale di cui all'art. 19, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 112/1999, in quanto Cassa Forense non ha attivato la “procedura di contestazione” d cui all'art. 20 del medesimo decreto, né ha emesso alcun “provvedimento definitivo di diniego” del discarico.


Nel caso sub iudice la Suprema Corte ricorda che l'art. 1, commi 527-529, l. 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013) ha disciplinato le pendenze dei ruoli accumulatisi in seguito alla gestione dei precedenti concessionari della riscossione prevedendo che “i crediti di importo fino a duemila euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, sono automaticamente annullati” (comma 527), e che gli altri crediti “iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, esaurite le attività di competenza, l'agente della riscossione provvede a darne notizia all'ente creditore, anche in via telematica” (comma 528). Per entrambe le categorie di crediti detta disciplina dichiara espressamente inapplicabili gli artt. 19 e 20, D.lgs. 13 aprile 1999, n. 112 (comma 529): pertanto per tutti i crediti inesigibili è venuta meno l'applicazione del “discarico per inesigibilità” con obbligo di trasmissione della “comunicazione di inesigibilità” entro il triennio dalla consegna del ruolo, essendo tenuto l'Agente della riscossione solo a comunicare all'ente previdenziale l'esaurimento delle attività di competenza ai sensi dell'art. 2, comma 1, d.m. 15 giugno 2015.

Le proroghe del termine di decadenza operano solo per gli Agenti della riscossione “pubblici”. Il Collegio nega inoltre che sia decorso il termine di decadenza previsto per la “comunicazione di inesigibilità” dall'art. 19, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 112/1999 per i ruoli consegnati fino al 31 dicembre 1999 a causa delle cesure temporali verificatesi tra le proroghe dei termini scadute il 1° ottobre 2004 e il 30 settembre 2005.


La Corte di Cassazione distingue la disciplina applicabile agli ex concessionari nazionali “privati” da quella applicabile agli Agenti della riscossione “pubblici” e precisa che solo la seconda ha previsto una proroga reiterata dei termini di decadenza al fine di eliminare le pendenze dei ruoli inattivi – ormai inesigibili – fino all'entrata in vigore della Legge di stabilità 2013 e di non far gravare sulle casse pubbliche gli ingenti oneri già maturati in capo ai privati “per la prolungata ed improduttiva attività di riscossione dei crediti” (cfr. Corte Cost., 15 marzo 2019, n. 51).

La Legge di stabilità 2013 è ragionevole. La Suprema Corte ritiene infondata l'ulteriore censura con la quale Cassa Forense lamenta l'irragionevolezza della disciplina contenuta nella Legge di stabilità 2013, sostenendo che essa determinerebbe una limitazione dei propri diritti patrimoniali a favore della categoria degli Agenti della riscossione.


Dopo aver ribadito che la soggettività di diritto privato e l'obiettivo dell'equilibrio di bilancio della gestione economico-finanziaria ex art. 2, comma 2, d.lgs. n. 509 del 1994 non sottraggono gli enti previdenziali dalla riforma del sistema della riscossione a mezzo ruolo sia in relazione alla abrogazione del principio del “non riscosso per riscosso”, sia in relazione alla rottamazione dei ruoli inattivi, il Collegio ricorda che «l'”annullamento” del ruolo e la “eliminazione” contabile del credito dallo stato patrimoniale non pregiudicano […] in alcun modo l'esercizio da parte dell'ente previdenziale delle ordinarie misure di tutela del credito apprestate ai soggetti privati dall'ordinamento giuridico» ed esclude ogni rilevanza della prescrizione di tali crediti, giacché tale conseguenza pregiudizievole deriva da una condotta dell'ente previdenziale «che, per anni, ha evidentemente trascurato di attivarsi […] al fine di richiedere informazioni e sollecitare gli adempimenti relativi, quando ancora vigeva l'obbligo “del non riscosso per riscosso”», da parte dell'Agente della riscossione.

Fonte: Diritto e Giustizia

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