L'omesso avviso al difensore della partecipazione dell'imputato a distanza non rende nulla l'udienza di riesame

24 Novembre 2020

La Cassazione, nel decidere sull'eccezione di nullità dell'udienza di riesame in un procedimento per delitti di criminalità organizzata, celebratasi senza aver dato avviso al difensore della partecipazione del proprio assistito a distanza, ha affermato che occorre verificare in fatto se vi siano state effettive e concrete lesioni o compressioni del diritto di rappresentanza, di intervento o di assistenza dell'imputato, tenuto conto che l'udienza in videocollegamento, in generale, assicura e garantisce il diritto di difesa.
Massima

Con la sentenza del 23 luglio 2020, n. 25838, depositata il 10 settembre 2020, la quinta Sezione penale della Cassazione, nel decidere sull'eccezione di nullità dell'udienza di riesame in un procedimento per delitti di criminalità organizzata, celebratasi senza aver dato avviso al difensore della partecipazione del proprio assistito a distanza, ha affermato che occorre verificare in fatto se vi siano state effettive e concrete lesioni o compressioni del diritto di rappresentanza, di intervento o di assistenza dell'imputato, tenuto conto che l'udienza in videocollegamento, in generale, assicura e garantisce il diritto di difesa, e che, nei processi per reati di mafia, la partecipazione a distanza è attualmente la regola, per cui, in caso di eccezione di nullità sollevata dalla difesa sul punto, va dedotto, in modo specifico, il concreto pregiudizio alle prerogative difensive subito, pena la carenza di interesse.

Il caso

Il ricorso per cassazione deciso con la sentenza in commento è stato proposto avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Catanzaro, quale giudice del riesame, con la quale veniva confermata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell'istante, ritenuto partecipe di un clan, facente parte dell'associazione mafiosa.
Nel proposto ricorso, i difensori dell'indagato lamentano la nullità “derivata” del provvedimento impugnato per nullità della prima udienza di trattazione del riesame, celebratasi il 21/01/2020, con la partecipazione a distanza dell'indagato, senza che ne fosse stata data notizia al difensore, il quale aveva per converso ricevuto avviso di trattazione dell'udienza alla presenza dell'assistito; nonché la nullità della successiva udienza di trattazione del riesame del 24/01/2020, celebratasi senza il rispetto del termine minimo a comparire di tre giorni, come tempestivamente eccepita dal difensore.

La quinta Sezione della Corte di cassazione, con la sentenza n. 25838/2020, in commento, ha ritenuto il ricorso infondato ed è pervenuta al rigetto di esso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La questione

La questione che qui si commenta riguarda il primo dei motivi di nullità proposti ed essa può essere così sintetizzata: l'omesso avviso al difensore della partecipazione a distanza dell'imputato detenuto all'udienza di riesame è causa di nullità dell'udienza e del conseguente provvedimento adottato in esito ad essa?

La Corte offre, nella sentenza in commento, una risposta articolata, nella quale analizza la tenuta costituzionale della partecipazione a distanza all'udienza e supera i dedotti profili di lesione del diritto di difesa, con riferimento tanto all'intervento quanto all'assistenza dell'imputato, laddove la parte sia stata messa comunque nelle condizioni di potersi validamente difendere. Qualora, quindi, non vi sia stato un concreto pregiudizio alle prerogative difensive, non vi è interesse a far valere la nullità dell'udienza, per nullità dell'avviso di essa, con conseguente validità del provvedimento adottato in esito ad essa.

Le soluzioni giuridiche

Il caso di cui la Corte si occupa nella sentenza n. 25838/2020 in esame, riguarda, più in generale, la cd. “partecipazione a distanza”, ossia la celebrazione dell'udienza svolta non con la presenza in aula dell'imputato detenuto, bensì mediante videocollegamento dal luogo in cui questi si trova e le eventuali possibili compromissioni al diritto di difesa, qualora il difensore non ne abbia ricevuto avviso, e sia stato così privato della facoltà di scegliere se partecipare al processo in presenza, o anche lui da remoto, ossia recandosi nel luogo di detenzione ove si trova il proprio assistito.

La soluzione adottata dalla Corte parte dall'analisi del caso specifico, ed in particolare dalla sequenza degli eventi in un procedimento incidentale di riesame personale per reati di mafia.

A fronte del proposto riesame, nel quale il difensore chiedeva, ai sensi dell'art. 309, co. 8-bis c.p.p., la comparizione personale dell'indagato, il Tribunale fissava udienza con decreto in cui disponeva la richiesta comparizione personale, regolarmente notificato nei termini alle parti; nelle more della celebrazione dell'udienza, veniva tuttavia disposta dal Presidente la partecipazione del detenuto con il sistema del videocollegamento e di ciò non veniva dato avviso al difensore; l'udienza veniva quindi celebrata con collegamento a distanza, ed in quella stessa sede il difensore eccepiva di aver avuto un avviso in cui si disponeva la comparizione personale della parte, diversamente da quanto effettivamente verificatosi; il Tribunale si ritirava in camera di consiglio e scioglieva la riserva fissando una nuova udienza di lì a tre giorni “per consentire al detenuto di essere fisicamente presente insieme al proprio difensore”; l'udienza veniva celebrata senza il detenuto, che rinunciava a comparire ed in quella sede il difensore eccepiva il mancato rispetto del termine a comparire (che è di tre giorni “liberi”).

Tanto chiarito e prim'ancora di analizzare il caso specifico, la Suprema Corte si sofferma sulle norme che regolamentano i riesami personali e quindi sulla validità e la tenuta della partecipazione a distanza da parte dell'imputato che, in quanto detenuto, si collega all'aula di udienza mediante il sistema del videocollegamento.

Nel procedimento di riesame infatti, a norma dell'art. 309, co. 8-bis c.p.p. l'imputato, che ne abbia fatto richiesta, ha diritto di comparire personalmente e, qualora sia detenuto, deve farne precisa richiesta nell'istanza di riesame (in tal senso le SSUU con la Sentenza n. 11803 del 27/02/2020 (dep. 09/04/2020) così massimata: “Nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari coercitive, la persona detenuta o internata, ovvero sottoposta a misura in concreto limitativa della possibilità di partecipare all'udienza camerale, può esercitare il diritto di comparire personalmente a quest'ultima solo se ne abbia fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, con l'istanza di riesame, ferma restando la facoltà di chiedere di essere sentita su specifici temi con l'istanza di differimento ai sensi dell'art. 309, comma 9-bis cod. proc. pen.”).

La norma in questione va comunque letta in uno all'art 146-bis disp att c.p.p., che individua i casi e i modi in cui, per espresso richiamo normativo (operato dall'art. 45-bis disp att. c.p.p.), la partecipazione all'udienza camerale, qual è quella del riesame, avvenga a distanza.

Ebbene, in base al disposto normativo di cui all'art 146-bis disp att c.p.p. se la persona è detenuta per reati cd. di mafia (nello specifico per i delitti di cui all'art. 51, co. 3-bis e art. 407, co. 2, lett a) nr 4 c.p.p) la regola generale è che partecipi a distanza alle udienze dibattimentali nei processi in cui è imputata; costituisce, per converso, eccezione, la possibilità di partecipare all'udienza in presenza, trattandosi di un'ipotesi possibile solo nei casi in cui l'imputato non sia detenuto al 41-bis e sempre che il giudice, qualora lo ritenga necessario, la disponga con decreto motivato, anche su istanza di parte.

Il collegamento a distanza – disciplinato come detto all'art. 146-bis disp att c.p.p. – si effettua attivando un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza ed il luogo della custodia, con modalità che assicurano la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone che si trovano evidentemente in luoghi diversi e di ascoltare quanto viene detto. Sempre la norma in esame prevede poi la possibilità per il difensore, o un suo sostituto, di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato e laddove essi siano in aula, va assicurata loro la possibilità di consultarsi riservatamente per mezzo di strumenti tecnici idonei.

Queste modalità di partecipazione, per il rigore dei casi in cui vengono disposte, e soprattutto per le stringenti modalità operative (linea riservata: reciproca visibilità ed ascolto, rispondenti al canone dell'effettività; consultazione in via riservata con il difensore; possibilità per il difensore di partecipare anche lui a distanza, collegandosi dal luogo in cui si trova il suo assistito), la cui effettività va concretamente assicurata, sono state ritenute in linea con i principi costituzionali, in particolar modo con l'art. 24 Cost., e conformi all'art. 6 della CEDU, che garantisce il diritto ad un equo processo: in questo senso il richiamo, contenuto nella decisione in commento, alla sentenza n. 342 del 1999 della Corte costituzionale, le cui linee essenziali vengono riportate per stralci, nella parte in cui la Consulta esclude forme di compromissioni al diritto di difesa.

Il sistema del videocollegamento a distanza tracciato dall'art. 146-bis disp att c.p.p. garantisce dunque l'effettiva partecipazione personale e consapevole dell'imputato (al dibattimento) e ciò proprio in ragione dei mezzi tecnici utilizzati, idonei a conseguire il livello minimo di garanzie poste a tutela del diritto dell'imputato a partecipare e quindi a difendersi per tutto l'arco del dibattimento.

E se ciò vale per il dibattimento, a maggior ragione – afferma la Suprema Corte – deve valere per l'udienza camerale, qual è quella di riesame, che si svolge nell'ambito di un procedimento incidentale non inerente il merito della pretesa punitiva e destinato a sfociare in una decisione incidentale e “intrinsecamente provvisoria”.

Alla luce di questi principi generali, non può allora ritenersi che nel caso di specie si sia verificata una compromissione del diritto di difesa, sotto il profilo del diritto di rappresentanza ed intervento, e ciò in quanto la videoconferenza alla prima udienza di trattazione della procedura si è svolta attraverso mezzi e modalità che non hanno formato oggetto di censura e alla successiva udienza, disposta per consentire la partecipazione in aula dell'imputato, questi ha poi rinunciato.

Più articolato il discorso che la Corte fa sulla compromissione del diritto di difesa, con riferimento al diritto di assistenza, tenuto conto che la disciplina della partecipazione a distanza nell'udienza camerale (fissata all'art. 45-bis, co. 2 disp. att. c.p.p.) prevede che essa venga notificata unitamente all'avviso di fissazione dell'udienza camerale, al fine evidente di consentire al difensore di scegliere il luogo dal quale prestare assistenza alla parte, se nel luogo in cui questi si trova, o nell'aula di udienza.

A differenza dell'avviso di fissazione dell'udienza, che deve rispettare il termine dei tre giorni liberi tra la notificazione alla parte e la data di celebrazione dell'udienza, l'avviso di partecipazione a distanza non ha però un termine perentorio entro il quale esso debba essere notificato, essendo sufficiente porre il destinatario, ossia il difensore, nelle condizioni di poter scegliere in quale luogo assistere il proprio cliente (di qui il rigetto anche dell'eccezione sollevata sul punto).

Nel caso di specie, questo avviso, a fronte di una inziale comunicazione che disponeva la partecipazione dell'imputato in presenza, è mancato del tutto e ciò, a parere della Corte, potrebbe astrattamente integrare una nullità di ordine generale per lesione del diritto di assistenza, che non si è in concreto realizzata proprio per quelle stringenti modalità della partecipazione in videocollegamento, che non violano i principi costituzionali e quelli comunitari dell'equo processo e che, per le ragioni sopraevidenziate, non compromettono nè menomano il diritto di difesa.

In altri termini, perchè il mancato avviso della partecipazione a distanza possa integrare una nullità di ordine generale è onere della parte prospettare una effettiva lesione del diritto di assistenza, tale da superare la presunzione generale di validità della partecipazione da remoto.

Discostandosi dai principi di diritto enunciati dalla Sez. 2 nella Sentenza n. 19181 del 26/03/2019 (dep. 07/05/2019), in CED Rv. 276952, la Corte afferma infatti che l'omesso avviso del videocollegamento a distanza non è per ciò solo causa di nullità di ordine generale, e sposta così sulla parte interessata l'onere di allegare gli elementi e le circostanze che non abbiano reso effettivi i presidi posti a garanzia del diritto di difesa (rectius: di assistenza), valorizzando in tal modo il concreto pregiudizio subito.

Applicando i principi esposti al caso di specie, la Corte evidenzia come, in concreto, non vi fosse alcun effettivo interesse all'osservanza della disposizione violata, essendosi il difensore limitato solo ad eccepire di non aver avuto l'avviso della partecipazione a distanza da parte del proprio assistito, che per altro non aveva chiesto di aver accanto il suo difensore, il quale, a sua volta, non solo non ha dichiarato che intendeva partecipare all'udienza dal luogo di detenzione, ma ha anche esercitato il diritto di difesa, depositando memoria in udienza. A ciò va poi aggiunta l'ulteriore circostanza costituita dalla fissazione di una successiva udienza, disposta nel dichiarato intento di garantire “un più ampio esercizio del diritto di difesa” e “per consentire al detenuto di essere fisicamente presente insieme al proprio difensore”.

Anche con riferimento a questa seconda udienza, nessuna compromissione del diritto di difesa si è poi realizzata, avendo l'imputato rinunciato a comparire.

In conclusione, l'omesso avviso al difensore della partecipazione a distanza dell'imputato detenuto non ha in concreto realizzato alcuna effettiva lesione o compromissione del diritto di difesa: di qui il rigetto del motivo di censura analizzato, e la conferma del provvedimento impugnato.

Osservazioni

La sentenza in commento convince, per le motivazioni egregiamente argomentate e soprattutto per l'approccio “sostanzialistico” al delicato tema delle garanzie difensive qualora venga disposta la partecipazione a distanza.

Tutte le argomentazioni sostenute appaiono assolutamente logiche e sistematiche: ad esse può forse aggiungersi un'ulteriore osservazione, in punto di diritto di assistenza, quanto meno in considerazione del fatto che, rispetto alla prima udienza di riesame, il difensore aveva ricevuto un avviso nel quale il Tribunale, in accoglimento della richiesta avanzata dalla parte, aveva disposto la trattazione dell'udienza alla presenza del detenuto e avrebbe quindi potuto (e dovuto) far affidamento su questa modalità di trattazione.

Sul punto va tenuto presente che nei procedimenti per delitti di mafia la partecipazione a distanza è la regola e la comparizione personale, disposta inizialmente dal tribunale e poi revocata su richiesta della direzione della casa circondariale, costituiva di per sè un'eccezione per la quale è richiesto un decreto motivato ad hoc, che non sembra vi sia stato.

In altri termini, quel primo avviso, nel consentire la partecipazione all'udienza in presenza, appare fondato su un decreto che non appare essere del tutto regolare, non emergendo dagli atti che il Tribunale avesse motivato su quel tipo di modalità di partecipazione ed avesse evidenziato le ragioni per le quali lo aveva ritenuto necessario, risultando solo che la partecipazione all'udienza era stata disposta in accoglimento della richiesta avanzata tempestivamente.

Se così fosse, pur non vertendosi in un caso di nullità del primo avviso (ciò in quanto la mancata adozione del decreto motivato per procedere in presenza, non è prevista a pena di nullità), dovrebbe riprendere vigore la regola generale, ossia quella della partecipazione a distanza, trattandosi di una procedura di riesame personale per reati cd di mafia, rispetto alla quale non è richiesto, da parte del Tribunale, l'adozione di un decreto motivato ad hoc: detto diversamente, la parte avrebbe dovuto, più correttamente, far affidamento su questa modalità di celebrazione dell'udienza, e non sull'altra, che rappresentava un'eccezione alla regola generale.

Al di là e prescindendo da questa ulteriore considerazione, la sentenza, come detto, convince per tutte le argomentazioni che sostengono l'inesistenza, in fatto, di una effettiva lesione del diritto di difesa.

Come evidenziato dalla stessa Corte, la decisione diverge da altra recente sentenza, assunta questa volta da altra sezione, la seconda sezione penale.

Nella sentenza n. 19181/2019 la Cassazione ha infatti affermato che, nel procedimento di riesame di misura cautelare disposta nei confronti di soggetto detenuto fuori dalla circoscrizione del giudice, l'omessa notifica al difensore dell'avviso concernente la partecipazione dell'indagato all'udienza camerale in videoconferenza integra una nullità di ordine generale a carattere intermedio, ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 180 cod. proc. pen., che, ove tempestivamente eccepita, rende invalida l'udienza e tutti gli atti successivi, compresa l'ordinanza "de libertate", in quanto al difensore deve essere garantita la facoltà di essere presente nel luogo in cui ha sede il tribunale o, in alternativa, in quello dove si trova l'indagato.

In base a tale ultima decisione l'omesso avviso del videocollegamento a distanza è per ciò solo causa di nullità di ordine generale, rispetto al quale a nulla rileva “una specifica indicazione del concreto pregiudizio subito”, essendo solo richiesto che esso venga tempestivamente dedotto.

Non è questa l'unica decisione sulla questione che, a ben vedere conosce due differenti orientamenti.

Pur non essendo richiamata, anche altra sezione, su questo stesso tema, ha espresso, rifacendosi all'altro opposto orientamento, un ulteriore principio di diritto, sicuramente differente rispetto a quello espresso da ultimo dalla Seconda sezione e parzialmente in linea con quello fatto proprio dalla decisione in commento

Si è infatti affermato che “In tema di partecipazione a distanza al procedimento di riesame di misura cautelare disposta nei confronti di soggetto detenuto fuori dalla circoscrizione del giudice, l'omessa notifica al difensore dell'avviso concernente le speciali modalità di svolgimento dell'udienza in videoconferenza non integra una nullità, ma una mera irregolarità, sanabile con la rinnovazione di tale avviso e la concessione di un termine idoneo a consentire al difensore di scegliere se raggiungere o meno il luogo ove è ristretto l'assistito, in quanto non trova applicazione la previsione del termine di tre giorni di cui all'art. 309, comma 8, cod. proc. pen.” (Sez. 6, Sentenza n. 51019/2019 e prima ancora Sez. 1, Sentenza n. 484232017).

La sentenza che qui si commenta, nel discostarsi dal primo orientamento (che ritiene la nullità di ordine generale a carattere intermedio), sembra porsi in linea con l'opposto orientamento espresso nella decisione da ultimo riportata, pur se in nessun passaggio della motivazione si fa riferimento alla “irregolarità sanabile”: senza infatti sposare la tesi della mera irregolarità o irritualità, la Corte ragiona sul tema generale della violazione del diritto di difesa, sotto l'aspetto del diritto di assistenza, rappresentanza ed intervento, implicitamente ventilando una possibile, astratta ipotesi di nullità.

Motivando allora il proprio convincimento in base alla tenuta costituzionale e convenzionale della partecipazione a distanza, la Corte valorizza un approccio da lei stessa definito “sostanzialistico”, che guarda, in concreto, all'effettiva lesione subita, pena la carenza di interesse a sollevare un'eccezione di questo tipo.

È un approccio questo sicuramente da privilegiare, laddove, come nell'ipotesi in esame, si ventili, sia pur in astratto, la compromissione o la lesione del diritto di difesa.

In altri termini, anche ammettendo che si verta in ipotesi di nullità, convince che la Corte non abbia ritenuto leso o compromesso il diritto di difesa per il solo fatto che il difensore non avesse ricevuto avviso della partecipazione a distanza, ma abbia richiesto alla parte qualcosa di più, ossia la dimostrazione, o quanto meno l'allegazione, dell'effettivo pregiudizio subito. È onere dunque della parte che solleva l'eccezione di nullità dedurre l'effettiva lesione o compromissione del diritto di difesa e laddove ciò non avvenga, e non emerga quindi il concreto pregiudizio subito, deve ritenersi che manchi l'interesse e non può quindi dirsi integrata alcuna nullità, tanto meno derivata.