Vende su eBay senza preoccuparsi del Fisco: appellarsi alla buona fede non basta

La Redazione
25 Novembre 2020

Per dimostrare la buona fede, che rileva come esimente solo se l'agente è incorso in un errore inevitabile, occorre, da un lato, che sussistano elementi positivi, estranei all'autore dell'infrazione, idonei ad ingenerare in lui la convinzione della liceità della sua condotta e, dall'altro, che lo stesso abbia fatto tutto il possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva. Così la Cassazione con ordinanza n. 26554/20, depositata il 23 novembre.

Il contribuente ricorre per cassazione avverso la sentenza d'appello con cui la Commissione Tributaria aveva confermato i tre avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle Entrate nei suoi confronti ai fini IRPEF, IRAP e IVA per l'attività di commercio di orologi preziosi su eBay e, in particolare, per aver omesso di dichiarare l'inizio dell'attività, aver omesso di emettere fattura per le operazioni poste in essere e aver omesso di presentare le relative dichiarazioni annuali.

Con il ricorso, il contribuente ha affermato di non aver ritenuto fiscalmente rilevante la sua condotta e di averlo fatto in buona fede.


Nell'esaminare la doglianza, peraltro ritenuta inammissibile, la Cassazione esclude la sussistenza dell'obbiettiva incertezza della norma tributaria e la configurabilità dell'affidamento per le condotte degli Uffici locali e chiarisce che «ai fini della responsabilità per le sanzioni, è sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l'agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l'ignoranza dei presupposti dell'illecito e dunque non superabile con l'uso della normale diligenza. A tale ultimo fine, occorre, da un lato, «che sussistano elementi positivi, estranei all'autore dell'infrazione, che siano idonei ad ingenerare in lui la convinzione della liceità della sua condotta e, dall'altro, che l'autore dell'infrazione abbia fatto tutto il possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva, gravando sull'autore dell'infrazione l'onere della prova della sussistenza dei suddetti elementi, necessari per poter ritenere la sua buona fede».

Fonte: Diritto e Giustizia

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