Sospensione «concordata» dell'esecuzione forzata

Giuseppe Lauropoli
25 Novembre 2020

Diversamente dalle altre forme di sospensione dell'esecuzione espressamente previste dal codice, ci troviamo, nel caso dell'art. 624-bis c.p.c., di fronte ad una ipotesi di sospensione dell'attività esecutiva richiesta da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, ossia proprio da parte dei soggetti che hanno attivato la procedura esecutiva o che, comunque, hanno ordinariamente interesse alla prosecuzione e al buon esito della stessa.
Inquadramento

L'art. 624-bis del Codice di procedura civile prevede una ipotesi di sospensione “concordata” della procedura esecutiva.

Tale norma venne introdotta per effetto del d.l. 35/2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80/2005) nel quadro di un articolato intervento di riforma della disciplina dettata in tema di esecuzione forzata.

Diversamente dalle altre forme di sospensione dell'esecuzione espressamente previste dal codice (che traggono origine, nel caso dell'art. 623 c.p.c., da una espressa previsione di legge ovvero da un provvedimento sospensivo del giudice che ha emesso il titolo esecutivo e, nel caso dell'art. 624 c.p.c., da una opposizione formalizzata dal debitore o da un terzo), ci troviamo, nel caso dell'art. 624-bis c.p.c., di fronte ad una ipotesi di sospensione dell'attività esecutiva richiesta da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, ossia proprio da parte dei soggetti che hanno attivato la procedura esecutiva o che, comunque, hanno ordinariamente interesse alla prosecuzione e al buon esito della stessa.

La disposizione, evidentemente, mira ad agevolare il raggiungimento di un accordo tra i creditori presenti nella procedura e il debitore esecutato, in tal modo conciliando l'esigenza di realizzazione del credito in capo al procedente, con l'interesse a veder mitigati gli effetti propri dell'espropriazione forzata da parte dell'esecutato.

Una esigenza, questa, che però non trova una tutela incondizionata nella norma in esame, mirando la disposizione in questione anche ad apprestare alcuni rimedi contro un possibile utilizzo della stessa a scopo puramente dilatorio o comunque per esigenze incompatibili con l'economia del processo.

La prima parte del primo comma dell'art. 624-bis prevede, così, che: «Il giudice dell'esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può, sentito il debitore, sospendere il processo fino a ventiquattro mesi».

Ecco che, già da queste prime righe, emerge l'essenza dell'istituto in questione. Viene infatti prevista la possibilità per il giudice dell'esecuzione, laddove lo richiedano tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, di disporre la sospensione della procedura esecutiva.

Dunque, l'istanza deve provenire necessariamente da tutti i creditori coinvolti nella procedura, sempre che gli stessi siano muniti di titolo esecutivo (occorre ricordare, a riguardo, che l'art. 499 c.p.c., al suo primo comma, prevede anche la possibilità di intervento “non titolato”, ossia non fondato su titolo esecutivo) e a questa condizione il giudice, dopo aver sentito il debitore, può (si tratta di una facoltà, dunque) disporre la sospensione dell'esecuzione, purché per un periodo non superiore a ventiquattro mesi.

Si tratta, dunque, di una misura che in tanto può essere disposta dal giudice dell'esecuzione, in quanto sia stata richiesta dai creditori coinvolti nella procedura: non solo, come accennato poc'anzi e come emerge dal testo della norma, dal creditore procedente, ma anche dai creditori che siano intervenuti nella procedura, sempre che siano muniti di titolo esecutivo.

È controverso se debbano concorrere alla richiesta anche i creditori che siano intervenuti tardivamente nella procedura, ma la posizione prevalente espressa dalla dottrina è nel senso della necessità che la richiesta di sospensione venga condivisa anche da tali creditori, sempre che siano, come detto, muniti di titolo esecutivo.

Quanto alla posizione del debitore, lo stesso non rientra tra i soggetti legittimati a richiedere la sospensione e neppure è necessario, ai fini della concessione del provvedimento sospensivo, il suo consenso.

Tuttavia la norma impone che lo stesso venga “sentito”.

Si tratta di una previsione che risponde all'esigenza, alla quale in precedenza si faceva cenno, di evitare il rischio di un utilizzo “abusivo” dell'istituto in questione, consentendo al debitore di esporre il proprio eventuale dissenso alla sospensione dell'esecuzione; il che non è invero da escludere, ove si tenga conto che l'attività espropriativa, qualunque sia il mezzo prescelto dal creditore, comporta sempre un aggravio della posizione dell'esecutato e la sospensione non libera affatto il debitore da tale peso, ma anzi rischia di prolungarne la durata.

Va da sé che qualora il debitore esecutato non sia costituito o non abbia effettuato la propria elezione di domicilio, la comunicazione della sua convocazione sarà effettuata presso la cancelleria (art. 492, comma 2, c.p.c.).

Deve anche precisarsi che il parere espresso dal debitore esecutato non ha comunque carattere vincolante.

La finalità di evitare utilizzi distorsivi dello strumento in questione è stata poi perseguita dal legislatore inserendo un termine entro il quale è possibile proporre istanza di sospensione “concordata”: si tratta di un termine che, in considerazione della peculiarità dei diversi mezzi di espropriazione, viene individuato in modo diverso in relazione alla diversa tipologia di procedura esecutiva. E così viene previsto, con riguardo alla espropriazione immobiliare, che l'istanza di sospensione possa essere presentata, nelle vendite senza incanto, fino a venti giorni prima della scadenza fissata per la presentazione delle offerte mentre, per il caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo, fino a quindici giorni prima dell'incanto.

Quanto alle espropriazioni mobiliari, l'istanza potrà essere presentata prima della data fissata per l'asporto dei beni (ovvero, nel caso in cui la vendita avvenga in loco, almeno dieci giorni prima della data fissata per la vendita e comunque prima della effettuazione della pubblicità commerciale, se disposta).

Quanto, infine, alle espropriazioni presso terzi, l'istanza di sospensione potrà essere formalizzata fino alla data di presentazione della dichiarazione del terzo.

Un tale riferimento a questi tre specifici mezzi di espropriazione ha fatto sorgere il dubbio che un tale strumento sia esperibile solo nell'ambito della espropriazione forzata e non riguardi invece le ipotesi di esecuzione in forma specifica.

La maggior parte degli interpreti, però, propende nell'attribuire all'art. 624-bis c.p.c. una portata generale, tanto in considerazione della collocazione della norma in questione all'interno del Libro Terzo del Codice (essendo la disposizione inserita all'interno del Titolo VI, rubricato “della sospensione e dell'estinzione del processo”, contenente quindi disposizioni che trovano generale applicazione alle diverse procedure esecutive disciplinate nei Titoli precedenti), quanto considerando la irragionevolezza di una così drastica limitazione dell'ambito operativo dell'istituto in questione.

Altra previsione significativa, sempre nell'ottica di scongiurare il rischio di utilizzi dello strumento della sospensione “concordata” con finalità puramente dilatorie, è quella che prevede che la sospensione possa essere autorizzata “per un sola volta”.

In evidenza

In base all'art. 624-bis c.p.c. il giudice dell'esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può disporre la sospensione della procedura esecutiva per un periodo non superiore a ventiquattro mesi.

Il procedimento

Il procedimento da seguire per accedere alla sospensione in esame è estremamente snello, stando a quanto può evincersi dalla lettera della norma.

Lo stesso trae origine da una istanza di parte, non potendo essere adottato d'ufficio dal giudice dell'esecuzione (né avrebbe senso, dal momento che il presupposto di questa sospensione è costituito proprio dalla volontà delle parti che hanno dato origine alla procedura esecutiva).

L'art. 624-bis c.p.c. fa riferimento, in particolare, ad una istanza effettuata da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo: nel caso in cui nella procedura sia presente il solo creditore procedente, l'istanza sarà proposta, evidentemente, soltanto da lui.

Ci si può chiedere, invece, se, nel caso di presenza nella procedura di una pluralità di creditori muniti di titolo esecutivo (si pensi al caso di interventi svolti nel corso della procedura esecutiva a norma dell'art. 499 c.p.c.; oppure, al caso in cui una pluralità di procedure siano già state riunite dal giudice dell'esecuzione) l'istanza debba necessariamente essere proposta da tutti i creditori legittimati congiuntamente, oppure possa essere proposta soltanto da uno di essi.

A riguardo la lettera della norma indurrebbe a configurare una legittimazione necessariamente congiunta a proporre una tale istanza.

Tuttavia, sul punto la dottrina è divisa: mentre alcuni autori propendono nettamente per l'ipotesi appena menzionata, altri sono invece propensi a consentire che l'istanza sia formalizzata anche solo da uno dei creditori a ciò legittimati (ossia munito di titolo esecutivo), ferma restando la necessità, per il giudice dell'esecuzione, di disporre la comparizione delle parti allo scopo di verificare il consenso degli altri creditori per una tale soluzione.

Come esposto già in precedenza, l'istanza di sospensione “concordata” non può essere proposta in qualsiasi momento, essendo stato previsto dal legislatore (mediante le modifiche all'art. 624-bis c.p.c. introdotte dapprima dalla legge n. 263/2005 e poi dalla legge n. 52/2006) un termine entro il quale la stessa debba essere presentata.

Una volta presentata l'istanza di sospensione, il giudice dell'esecuzione disporrà la comparizione delle parti, allo scopo di stabilire il contraddittorio sulla stessa con il debitore esecutato (nonché, ove si ammetta la possibilità di presentazione dell'istanza di sospensione da parte di uno solo dei creditori coinvolti nella procedura, allo scopo di verificare la sussistenza del consenso alla sospensione anche di tali ulteriori creditori).

Va da sé che, qualora l'istanza provenga dall'unico creditore presente nella procedura, ovvero sia stata proposta da tutti i creditori titolati, ed il debitore esecutato non abbia eletto domicilio, né si sia costituito nella procedura, il giudice dell'esecuzione ben potrà ritenere superflua la previa convocazione delle parti e provvedere direttamente sulla sospensione.

Ove invece una convocazione delle parti si renda necessaria, ben potrà il giudice, con il decreto che dispone la comparizione delle parti, disporre la sospensione inaudita altera parte della procedura, onde evitare che si compiano, nelle more di tale adempimento, atti della procedura irreversibili (art. 625 c.p.c.).

Una volta instaurato il contraddittorio sulla proposta istanza, il giudice assumerà il provvedimento sulla sospensione: verificherà, quindi, se sussistano i presupposti normativi per l'adozione del provvedimento sospensivo (se, cioè, l'istanza sia stata proposta da tutti i creditori muniti di titolo, se non sia stata accordata in precedenza, se sia stata proposta tempestivamente) e emetterà il provvedimento di sospensione.

La maggioranza degli interpreti che si sono soffermati su questo articolo sono propensi a ritenere che tanto la decisione in ordine all'accoglimento dell'istanza di sospensione, quanto quella in merito alla estensione temporale di tale periodo di sospensione, siano rimesse al libero apprezzamento del giudice (in particolare, viene valorizzata, in questa ottica, la formulazione del primo comma dell'art. 624-bis c.p.c., dove prevede che «il giudice dell'esecuzione (…), può, sentito il debitore, sospendere il processo fino a ventiquattro mesi»).

Certamente una eventuale decisione di diniego della sospensione, a fronte della richiesta dell'unico creditore o della pluralità di creditori presenti nella procedura, dovrà essere congruamente motivata.

Una volta autorizzata la sospensione dell'esecuzione, la stessa potrà in ogni momento essere revocata dal giudice che l'ha emessa in presenza di una istanza anche solo di uno dei creditori, ferma restando la necessità, anche in questo caso, di previa acquisizione del parere del debitore.

I possibili rimedi

Ci si è chiesti se sussista e quale sia il rimedio esperibile contro tali decisioni assunte dal giudice dell'esecuzione in punto di sospensione “concordata” (sia essa quella che autorizza la sospensione, oppure quella che la nega, o ancora quella che revoca la sospensione già in precedenza autorizzata o, infine, quella che nega una tale revoca).

Sul punto viene comunemente escluso che una tale decisione sia passibile di reclamo, sia in considerazione della carenza, in tale pronuncia, di qualsiasi carattere cautelare, sia perché la specifica disposizione dettata in tema di reclamo contro la decisione del giudice dell'esecuzione che dispone la sospensione della procedura esecutiva (si tratta dell'art. 624 c.p.c.) non reca alcun riferimento alla sospensione di cui all'art. 624-bis c.p.c.

Si propende, allora, per ritenere configurabile contro la decisione che si esprima sulla sospensione di cui all'art. 624-bis c.p.c. il rimedio residuale offerto dall'art. 617 c.p.c.: con la conseguente necessità, per la parte che vi abbia interesse, di depositare nel fascicolo dell'esecuzione il proprio ricorso entro venti giorni dalla comunicazione del provvedimento che dispone la sospensione e con la conseguente instaurazione della opposizione agli atti esecutivi con la sua duplice fase, quella a carattere cautelare dinanzi al giudice dell'esecuzione che ha assunto il provvedimento e quella, eventuale, a cognizione piena dinanzi ad un magistrato diverso (art. 186-bis disp. att. c.p.c.) da quello che ha assunto la decisione sulla sospensione “concordata”.

Va da sé che un tale rimedio potrà anche essere adottato per contestare l'estensione del periodo di sospensione determinata dal giudice dell'esecuzione in misura diversa da quella richiesta dalle parti istanti.

La prosecuzione dell'esecuzione

Vengono infine disciplinate, al secondo comma dell'art. 624-bis c.p.c., le modalità per la prosecuzione dell'attività esecutiva alla scadenza del termine di sospensione.

Viene così previsto che sia in facoltà di qualunque interessato proporre, entro dieci giorni dalla scadenza del termine di sospensione (si tratta, dunque, di una istanza che può essere proposta fino a dieci giorni dopo la cessazione del termine di sospensione, come affermato dalla Cassazione con condivisibili argomentazioni nella sentenza n. 6015/2017), istanza per la prosecuzione della procedura.

Il generico riferimento a qualsiasi interessato, ha fatto ritenere che qualunque soggetto coinvolto nella procedura possa ritenersi legittimato a richiedere la prosecuzione dell'esecuzione (e, dunque, non soltanto i creditori che erano legittimati a chiedere la sospensione “concordata” ma anche, ad esempio, i creditori non titolati e persino il debitore esecutato).

Quanto al termine per la proposizione di tale istanza di riassunzione, si discute se venga in rilievo un termine perentorio, oppure ordinatorio, con effetti evidentemente molto consistenti sui destini della procedura non tempestivamente riassunta.

La Cassazione si è di recente espressa per il carattere perentorio di un tale termine, avendo lo stesso una funzione evidentemente acceleratoria della procedura esecutiva (si veda ancora la citata Cass. civ. n. 6015/2017), con l'effetto che la proposizione tardiva dell'istanza provocherà la declaratoria di estinzione della procedura esecutiva a norma dell'art. 630 c.p.c.

Una volta proposta tempestivamente l'istanza, invece, il giudice dell'esecuzione fisserà con decreto la data per la comparizione delle parti e la prosecuzione della procedura.

L'

art. 624

-

bis

c.p.c.

Istanza di sospensione “concordata”

L'istanza di sospensione proposta ai sensi dell'art. 624-bis c.p.c. deve essere proposta da tutti i creditori muniti di titolo esecutivo presenti nella procedura e il giudice dell'esecuzione provvede sulla stessa dopo aver sentito il debitore.

Termine per la proposizione

  • Quanto alla espropriazione immobiliare: nelle vendite senza incanto può essere presentata fino a venti giorni prima della scadenza fissata per la presentazione delle offerte mentre, ove la vendita senza incanto non abbia luogo, può essere presentata fino a quindici giorni prima dell'incanto;
  • Quanto alle espropriazioni mobiliari, l'istanza potrà essere presentata, di norma, prima della data fissata per l'asporto dei beni;
  • Quanto, infine, alle espropriazioni presso terzi, l'istanza di sospensione potrà essere formalizzata fino alla data di presentazione della dichiarazione del terzo.

Durata della sospensione

La sospensione “concordata” non può avere durata superiore a ventiquattro mesi e può essere disposta per una sola volta.

Revoca

In qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore, l'ordinanza che ha disposto la sospensione è revocabile dal giudice dell'esecuzione, sentito il debitore.

Rimedi

Contro i provvedimenti assunti dal giudice dell'esecuzione in punto di sospensione “concordata”, si ritiene proponibile opposizione nelle forme dell'art. 617, comma 2, c.p.c.

Prosecuzione

Entro dieci giorni dalla scadenza del termine di sospensione la parte che vi abbia interesse deve presentare istanza per la prosecuzione della procedura

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