L'appoggio di una canna fumaria sulla facciata comune è illegittimo se deturpa l'architettura del fabbricato
27 Novembre 2020
Così la Corte di Cassazione, sez. II Civile, con la sentenza n. 25790/20; depositata il 13 novembre.
Il caso. Secondo il giudice di primo grado la canna fumaria deturpava l'architettura del fabbricato. Conformemente a tale ragionamento, la Corte d'Appello aveva respinto il gravame della condomina in merito all'accertamento del proprio diritto a realizzare, sulla facciata retrostante dell'edificio, una condotta di aspirazione imposta dall'amministrazione sanitaria e destinata a servizio dell'attività commerciale di ristorazione svolta nell'unità immobiliare di proprietà dell'attrice. Secondo la Corte territoriale la canna fumaria avrebbe leso la linearità dell'edificio e avrebbe causato aspetti pregiudizievoli dal punto di vista del decoro architettonico.
Le contestazioni. Avverso la pronuncia in esame, la condomina proponeva ricorso in Cassazione eccependo che la fattispecie in esame era fuori dall'ambito di operatività dell'art. 1122 c.c.; sicché, doveva trovare applicazione soltanto l'art. 1102 c.c..
La violazione del decoro architettonico. Nel provvedimento in esame è stato evidenziato che l'art. 1102 c.c. e l'art. 1120 c.c. sono disposizioni non sovrapponibili, avendo presupposti e ambiti di operatività diversi. Inoltre, tra le nozioni di modificazione della cosa comune (art. 1102 c.c.) e di innovazione (art. 1120 c.c.) corre una differenza di carattere soggettivo; difatti, fermo il tratto comune dell'elemento obiettivo consistente nella trasformazione della "res" o nel mutamento della destinazione, quel che rileva nell'art. 1120 c.c. (mentre è estraneo all'art. 1102 c.c.) è l'interesse collettivo di una maggioranza qualificata dei partecipanti.
La soluzione alternativa. I giudici della S.C. hanno evidenziato che è di natura reale la domanda azionata da un condomino, volta, come nella specie, all'accertamento del diritto ad installare una canna fumaria sulla facciata dell'edificio condominiale. Essa rientra nel novero delle azioni relative ai diritti autodeterminati la cui causa petendi s'identifica con lo stesso diritto di comproprietà sul bene comune; sicché, non vi è diversità di domande ove l'attore, nel corso del giudizio, deduca a fondamento della sua pretesa modalità realizzative della medesima opera diverse da quelle originariamente prospettate, trattandosi di allegazione compresa nel medesimo petitum, consistente nella richiesta di accertamento delle condizioni di liceità del mutamento di uso. In conclusione, il ricorso è stato accolto in ragione dell'ultima censura accolta; per l'effetto, la pronuncia è stata cassata con rinvio.
Fonte: dirittoegiustizia.it
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