Astensione dal lavoro per festività civili e religiose tra Accordi aziendali ordinari e Contratti di prossimità

Nicola Antonio Nicoletti
27 Novembre 2020

Astensione dal lavoro per festività civili e religiose. Diritto o facoltà. Brevi riflessioni nel solco della contrapposizione tra Accordi aziendali ordinari e Contratti di prossimità.
Il caso

La lavoratrice adiva con ricorso il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, sostenendo che, in occasione di una giornata coincidente con una festività religiosa, le fosse stato negato il proprio diritto ad astenersi dal rendere la propria attività lavorativa in favore della società resistente. Costituitasi in giudizio, la società datrice di lavoro, dopo avere formulato alcune eccezioni di carattere processuale, tutte poi superate dalla Corte, ha motivato la propria condotta riferendosi sostanzialmente a due linee interpretative, fondate l'una sul richiamo alla l. n. 370/1934, l'altra sul richiamo alla l. n. 148/2011.

La questione

La posizione assunta dal Tribunale di Milano nella sentenza in commento si poggia sulle seguenti disposizioni normative:

a) l. n. 370/1934 che nell'organizzare l'orario di lavoro, detta disposizioni in merito ai riposi infrasettimanali;

b) l. n. 260/1949, che sulla linea tracciata dalla l. n. 370/1934, delinea il concetto di tempo libero qualificato e di riposo in occasione delle festività civili e religiose;

c) l. n. 148/2011 sui “Contratti di prossimità”.

La soluzione giuridica

Il Tribunale di Milano ha ritenuto fondata la domanda della ricorrente.

Il Tribunale ha infatti ritenuto che “la tematica delle festività infrasettimanali non può essere disciplinata dai contratti di prossimità; che gli accordi aziendali esaminati non sono comunque riconducibili alla categoria dei contratti di prossimità e che, proprio perché la ricorrente non ha conferito un mandato ad alcuna delle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto tali accordi aziendali ordinari, rimane in auge il diritto di astensione.”

Osservazioni

Si tratta di una decisione che, tra le prime, affronta una questione piuttosto delicata, per gli interessi giuridici in gioco e per i riflessi pratici. Tale decisione si colloca infatti in un contesto sociale in cui sempre più spesso alcune società, anche quelle esercenti pubblici esercizi, hanno visto aumentare il numero dei lavoratori assenti in coincidenza con alcune particolari momenti. Tra questi, le ricorrenze e le festività civili e religiose.

Il problema è stato posto all'attenzione del Legislatore che, con interventi normativi mirati quali ad esempio la l. n. 146/2011, ha fornito ai datori di lavoro strumenti per disciplinare in modo ottimale la scansione temporale della prestazione di lavoro. Si è posto però il problema di interpretare l'ampiezza normativa di tale intervento e, soprattutto, il “recinto” entro il quale tale nuovo strumento potesse essere legittimamente utilizzato.

La questione oggetto della sentenza in commento, si presta bene a svolgere il ruolo di linea guida sulle questioni evidenziate. Questa in sintesi la tesi della società resistente: è legittimo negare il diritto alla astensione dal lavoro in occasione di festività civili o religiose. Tale diniego fonderebbe la sua legittimità sul piano teorico, su di una interpretazione estensiva del concetto di ristoro legato al riposo infrasettimanale; Dal punto di vista dell'applicazione pratica, i contratti di prossimità di cui alla l. n. 148/2011, sarebbero lo strumento.

I Giudici di Milano si sono mostrati in disaccordo con l'impostazione della resistente, aderendo invece a quella della ricorrente per la quale quello di astenersi nei giorni di festività civili o religiose, costituirebbe un proprio diritto soggettivo perfetto.

Dato questo punto di partenza, il ragionamento dei giudici milanesi si muove nella direzione di verificare se tale diritto soggettivo perfetto possa essere modificato e finanche rinunciato dal suo titolare attraverso il sistema della Contrattazione collettiva o decentrata. La risposta fornita è negativa. Ancora di più, il Tribunale di Milano esclude che tale diritto possa formare oggetto di contrattazione sindacale. Non si tratta infatti di una modalità di organizzazione dell'attività lavorativa o, al più, di un ristoro come nel caso del normale riposo infrasettimanale.

La ratio sottostante al diritto invocato dalla ricorrente è piuttosto quella di consentire l'effettiva partecipazione alla festività e ciò nel concetto di tempo libero qualificato, certamente più ampio di quello di ristoro. Fissato questo punto centrale del discorso, è quasi naturale escludere la disciplina del lavoro in occasione delle festività civili o religione, dal novero di quelle che possono formare oggetto di contrattazione decentrata.

Ma i giudici milanesi fanno una ulteriore sottolineatura a rafforzare le conclusioni raggiunte. Ed infatti, il diritto invocato dalla ricorrente non è tra quelli automaticamente “delegabili” all'azione sindacale (i cui risultati sarebbe applicabili a tutti i lavoratori aderenti), neppure a quella delle Organizzazioni maggiormente rappresentative. In altre parole, il datore di lavoro in questa precisa materia, non può concludere un accordo con le Organizzazioni sindacali ma, se di suo interesse, deve contrattare con il singolo lavoratore il quale presterà o meno il consenso.

Ciò vale ad escludere nel caso in esame anche che tale limitazione (è questa una parte della impostazione difensiva della resistente) possa fondarsi su di un Accordo aziendale ordinario. In tal caso, appunto, sarebbe necessario espresso mandato da parte del lavoratore alla Organizzazione sindacale di appartenenza.

Né infine può ritenersi che il richiamato diritto possa trovare disciplina o limitazione nell'ambito della Contrattazione Collettiva Nazionale, atteso che questa non può porsi in contrasto con le disposizioni di cui alla l. n. 370/1934 e alla l. n. 260/1949.

Per il momento quindi è questa l'impostazione prevalente in una materia che, comunque, è destinata a segnare passaggi ulteriori, grazie anche ai recenti interventi normativi.

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