Pignoramento di quote e diritto di accesso alla documentazione sociale nelle s.r.l.

30 Novembre 2020

Le partecipazioni sociali possono essere sottoposte a vincoli idonei a limitare le prerogative del socio titolare. Tali vincoli possono derivare dalla costituzione dei diritti reali parziari di pegno e usufrutto, oppure da sequestro o pignoramento. L'autore si concentra sulla spettanza del potere di controllo di cui all'art. 2476 comma 2 c.c., in caso di quote di s.r.l. sottoposte a pignoramento.
Introduzione

L'art. 2352 c.c., applicabile alle s.r.l. attraverso il richiamo contenuto nell'art. 2471 bis c.c., disciplina l'esercizio dei diritti sociali in caso di partecipazioni gravate da vincoli. Tali vincoli possono derivare dalla costituzione di diritti di pegno o usufrutto sulle partecipazioni, ma anche da sequestro o pignoramento.

La regola generale, secondo cui i diritti attribuiti dalle partecipazioni sociali spettano al socio, che li esercita in quanto titolare, in caso di vincoli trova una deroga, secondo quanto previsto dall'art. 2352 c.c. La creazione di un vincolo sulla partecipazione, infatti, limita le prerogative del socio.

Attraverso un bilanciamento degli gli interessi in gioco, l'art. 2352 c.c. indica a chi compete l'esercizio delle varie categorie di diritti sociali per le ipotesi di vincoli sulle partecipazioni.

La norma non prevede un'espressa disciplina dell'esercizio dei diritti sociali per l'ipotesi del pignoramento delle partecipazioni aprendosi, dunque, spazio a varie ricostruzioni.

Scopo del presente contributo è approfondire la questione della legittimazione all'esercizio del potere di controllo previsto dall'art. art. 2476 comma 2 c.c., in caso di quote di s.r.l. sottoposte a pignoramento.

Esercizio dei diritti amministrativi: vincoli a confronto

Preliminarmente, si riepiloga la spettanza dei diritti amministrativi attribuiti dalle partecipazioni sociali in caso di vincoli, alla luce del disposto dell'art. 2352 c.c., come precisato in via interpretativa.

In caso di pegno e usufrutto sulle partecipazioni, l'art. 2352 c.c. prevede una disciplina differenziata per il diritto di voto e per “gli altri diritti amministrativi” (cd. residuali).

Quanto al diritto di voto, il comma 1 stabilisce la regola, derogabile pattiziamente, della sua spettanza al titolare del diritto parziario, che dovrà esercitarlo con diligenza e in maniera tale da preservare il valore economico della partecipazione, nonché attenendosi al perseguimento dell'interesse sociale.

Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2352 c.c., invece, gli altri diritti amministrativi spettano sia al socio, sia al creditore pignoratizio o usufruttuario, salvo che dal titolo o da un provvedimento del giudice risulti diversamente. Si tratta dei diritti amministrativi diversi dal voto, come il diritto di intervento in assemblea e di impugnazione delle delibere assembleari. Vi rientra anche il diritto di informazione e accesso alla documentazione sociale nelle s.r.l., previsto dall'art. 2476 comma 2 c.c.

La previsione, senza altra specificazione, di una legittimazione disgiunta del socio e del titolare del vincolo, ha portato ad applicazioni differenziate a seconda dei singoli diritti amministrativi, al fine di cercare di garantire il sereno ed efficiente funzionamento delle dinamiche societarie.

In giurisprudenza, è consolidato il principio di necessario collegamento dei diritti amministrativi concernenti l'attività assembleare (intervento in assemblea e impugnazione delle delibere) con il diritto di voto. Questi, come il voto, sono attribuiti al titolare del vincolo sulla partecipazione sociale.

Diverso il discorso in ordine alla legittimazione all'esercizio del diritto cui all'art. 2476 comma 2 c.c. In caso di pegno e usufrutto sulle partecipazioni, infatti, la giurisprudenza tende a dare luogo ad un'applicazione letterale di quanto disposto dall'art. 2352 ultimo comma c.c., per cui si riconosce la legittimazione concorrente e disgiunta sia del socio, che del creditore pignoratizio o dell'usufruttuario.

Meno articolata sul piano normativo è la disciplina prevista in caso di partecipazioni sottoposte a sequestro. L'art. 2352 c.c. non distingue tra sequestri di diverso genere, per cui la dizione si interpreta in modo ampio. Vi rientrano, quindi, oltre al sequestro giudiziario e a quello conservativo, il sequestro convenzionale ex art. 1798 c.c.; quello liberatorio ex art. 687 c.p.c.; quelli previsti in materia di diritto di famiglia in caso di allontanamento dalla residenza familiare, exart. 146 comma 3 c.c., e per l'ipotesi dell'inadempienza agli obblighi di mantenimento stabiliti in sede di separazione, exart. 156 comma 6 c.c.; i sequestri penali.

In caso di sequestri, l'art. 2352 c.c. non compie una distinzione tra diritto di voto e altri diritti amministrativi residuali, attribuendo l'esercizio di tutti i diritti amministrativi al custode, ai commi 1 e ultimo. Ciò coerentemente con la ratio cautelare che può essere rinvenuta in modo trasversale nei sequestri, in ogni caso preordinati ad una finalità di custodia, conservazione e, in tale prospettiva, gestione del bene che vi è sottoposto, a cui provvede un custode, gestore imparziale e disinteressato.

L'art. 2352 c.c. nulla dispone con riguardo alla legittimazione all'esercizio dei diritti amministrativi (e dei diritti sociali più in generale) in caso di pignoramento delle partecipazioni. Né è dato rinvenire altri indici normativi che possano contribuire a chiarire la disciplina applicabile. Per quanto attiene, poi, specificamente alle s.r.l., l'art. 2471 c.c. si limita a sancire che la quota può essere oggetto di espropriazione senza, però, nulla aggiungere per quanto attiene alla legittimazione all'esercizio dei diritti sociali.

A fronte di tale vuoto normativo, la dottrina è divisa. Alcuni interpreti sostengono che possa trovare applicazione analogica la disciplina prevista per i sequestri dall'art. 2352 c.c. Ciò data la natura del pignoramento di vincolo giudiziale ed in virtù delle similitudini esistenti tra il pignoramento e il sequestro conservativo, cui l'art. 2352 c.c. farebbe riferimento, secondo questa lettura, in maniera principale. In questo modo, si attribuisce l'esercizio dei diritti amministrativi tutti (voto e diritti connessi, nonché altri diritti residuali) al custode, con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione.

Altri, invece, ritengono al contrario che la mancanza, nell'art. 2352 c.c., di una specifica disciplina per l'ipotesi del pignoramento sarebbe chiaro segnale dell'intenzione del legislatore di riservare a questa ipotesi un trattamento diverso. Il dibattito si è svolo in prevalenza con riferimento alla spettanza del diritto di voto. In particolare, rileva la posizione di Galgano, secondo cui in caso di pignoramento il nesso tra proprietà della partecipazione e titolarità del diritto di voto deve essere riaffermato, dovendosi considerare la deroghe previste, con conseguente scissione della facoltà dalla titolarità della partecipazione, eccezionali e tassative.

Pignoramento di quote ed esercizio del potere di controllo ex art. 2476 comma 2 c.c.: le possibili ricostruzioni

Quanto al diritto previsto dall'art. 2476 comma 2 c.c., si tratta del diritto dei soci di s.r.l. che non partecipano all'amministrazione di esercitare un penetrante controllo sull'operato degli amministratori e sull'andamento della gestione della società. La centralità di tale diritto va colta nella prospettiva di consentire un esercizio pieno e informato delle prerogative inerenti allo status di socio, coerentemente alla caratterizzazione in chiave personalistica del modello della s.r.l.

Il diritto di controllo, vero e proprio diritto potestativo, si articola in chiave di informazione e consultazione: diritto del socio di ottenere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali, nonché di consultare, anche tramite professionisti di fiducia, i libri sociali e tutti i documenti relativi all'amministrazione.

Il limite che si ritiene sussistente all'esercizio di tale diritto è quello che deriva dal canone della buona fede e correttezza. Il diritto di controllo, infatti, uesto, infati,,non può essere esercitato per soddisfare finalità extrasociali, per arrecare pregiudizio all'attività sociale, o a fini ostruzionistici, per ostacolarne lo svolgimento, e il socio non può divulgare a terzi le informazioni ricevute.

Proprio la caratterizzazione in chiave personalistica del modello della s.r.l., cui consegue l'ampiezza dei diritti attribuiti al socio, come il diritto di controllo, impone di procedere con particolare cautela quando si tratta di limitare tali prerogative in via di interpretazione estensiva o analogica.

Ciò premesso, quanto alle ricostruzioni offerte dal panorama giurisprudenziale con riguardo alla legittimazione all'esercizio del potere di controllo in caso di quote sottoposte a pignoramento, il tema è oggetto di attenzione soprattutto in sede di merito e cautelare (i dirittidi avere notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare e trarre copia della relativa documentazione sono, infatti, azionabili ai sensi dell'art. 700 c.p.c.).

Una prima ricostruzione, più risalente e consolidata, è quella che estende la disciplina prevista per i sequestri dall'art. 2352 c.c. al pignoramento, in ossequio ad un'identità di scopo rinvenibile con riferimento a tali vincoli, volti a garantire la conservazione del bene. Nel caso dei sequestri, per assolvere ad una finalità di tipo cautelare, in quello del pignoramento, invece, nella prospettiva della tutela dell'interesse alla migliore realizzazione del credito che ha dato causa alla procedura esecutiva. Secondo tale orientamento, dunque, in caso di pignoramento di quote la legittimazione all'esercizio del diritto di controllo spetterebbe esclusivamente al custode, con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, applicandosi per analogia quanto disposto dall'art. 2352 ultimo comma (cfr. Trib. Milano Sez. VIII ord., 13/12/2004; Trib. Milano, Sent. n. 2844/2018, in giurisprudenzadelleimprese.it).

Di recente sta, però, guadagnando spazio in giurisprudenza un'altra ricostruzione, che valorizza le prerogative del socio di s.r.l. in caso di pignoramento delle quote di sua titolarità. In particolare, tale lettura riconosce al socio esecutato, in via concorrente con il creditore pignorante, legittimazione all'esercizio dei diritti amministrativi residuali connessi alla quota (tra cui il diritto di accedere alla documentazione della società), per i quali l'art. 2352 c.c. non prevede una disciplina specifica (cfr. Trib. Roma Sez. XVI, 20/01/2020, in Ius Explorer – Giuffrè; Trib. Roma, Sez. spec. Impresa, 12/02/2020 in Ius Explorer – Giuffrè, che riprende una più risalente pronuncia della stessa sezione del 27 aprile 2011, relativa all'esercizio dell'azione di responsabilità e delle azioni cautelari connesse sia da parte del socio, che del creditore pignorante, in Ius Explorer – Giuffrè). Tale posizione si fonda sulle seguenti argomentazioni.

In primo luogo, si rileva come le ipotesi di dissociazione tra titolarità della quota ed esercizio dei diritti dalla stessa attribuiti sono tassative ed eccezionali e, dunque, non suscettibili di applicazione analogica. Al di fuori delle deroghe espressamente previste dall'art. 2352 c.c. non resta, allora, che applicare la regola generale della stretta correlazione tra proprietà della quota e titolarità dei diritti connessi. In questo modo, nulla prevedendo l'art. 2352 c.c. per l'ipotesi del pignoramento di partecipazioni, non si potrebbe negare l'esercizio dei diritti amministrativi di controllo al socio esecutato.

In secondo luogo, si valorizzano la funzione e gli effetti sostanziali del pignoramento, previsti dall'art. 2913 c.c. Il pignoramento assoggetta i beni ad un vincolo di indisponibilità, nella prospettiva del soddisfacimento del credito. Tale vincolo di indisponibilità non impedisce al debitore esecutato di godere dei beni pignorati, ma ne limita la disponibilità, appunto impendendogli di porre in essere atti dispositivi che possano pregiudicare il creditore pignorante o i creditori intervenuti. I diritti amministrativi, come quello di controllo, in quanto tali, sono estranei alla sfera dei possibili atti dispositivi della partecipazione per cui, ontologicamente, non rientrano nell'ambito del vincolo imposto dal pignoramento.

Tali considerazioni, a ben vedere, sono valide per tutti i diritti amministrativi, non solo per quelli residuali, diversi dal voto, di cui all'ultimo comma dell'art. 2352 c.c., tra i quali rientra il potere di controllo del socio di s.r.l. (al riguardo, Trib. Milano, Sent. n. 2844/2018, in giurisprudenzadelleimprese.it, che sulla base di tali argomentazioni afferma la spettanza del diritto di voto al socio-debitore la cui partecipazione sia stata oggetto di sequestro conservativo o pignoramento sino a che non sia stato nominato un custode della partecipazione, poi aderendo alla ricostruzione che applica in via analogica la disciplina del sequestro al pignoramento, con la nomina del custode).

Le sentenze a sostegno dell'orientamento in esame, inoltre, specificano come l'esercizio del potere di controllo da parte del socio esecutato, a ben vedere, in nessun modo può interferire con il sereno svolgimento della procedura esecutiva. L'esercizio di tale diritto, infatti, così come del potere di esercitare l'azione sociale di responsabilità (ex art. 2476 comma 3 c.c.), è strumentale all'esigenza di preservare l'integrità del patrimonio sociale nonché, indirettamente, l'integrità della partecipazione del socio, finalità che non contrasta affatto con gli interessi del creditore pignorante. Non si vede, allora, perché, in assenza di una espressa previsione normativa, il vincolo derivante dal pignoramento dovrebbe estendersi fino a negare al socio esecutato l'esercizio del diritto di controllo, posto che questo neppure in astratto può ledere i diritti del creditore pignorante.

Ciò posto, tale ricostruzione afferma l'esistenza di una legittimazione concorrente del socio esecutato e del creditore pignorante all'esercizio del diritto di controllo nelle s.r.l.

Se si condivide pienamente l'orientamento in parola nella misura in cui afferma la legittimazione del socio esecutato all'esercizio del potere di controllo, suscita perplessità il riconoscimento di una legittimazione concorrente del creditore pignorante.

La ricostruzione prevalente con riguardo all'esercizio del potere di controllo in caso di pegno o usufrutto sulla quota riconosce una legittimazione concorrente e disgiunta tanto al socio, che al titolare del vincolo. Trattasi, però, di lettura sostenuta da un dato normativo chiaro, quello dell'art. 2352 ultimo comma c.c., che prevede espressamente le due categorie di legittimati, per i diritti amministrativi residui diversi dal voto.

Questo assetto non pare suscettibile di applicazione analogica ad ipotesi non disciplinate, peraltro, profondamente differenti, come quella del pignoramento delle quote. Se, infatti, la legittimazione concorrente del creditore pignoratizio e dell'usufruttuario all'esercizio del potere di controllo (che addirittura diventa esclusiva nel caso del voto e dei diritti strumentali) si spiega in quanto costoro, in virtù della titolarità di un diritto reale (rispettivamente di garanzia e di godimento), si vedono riconosciuto un interesse autonomo nell'ambito dello svolgimento delle dinamiche sociali, che deve essere esercitato secondo buona fede e nell'ottica della conservazione del valore della partecipazione, diversa è la posizione del creditore pignorante. Costui, infatti, non è titolare di simili diritti, ma, semplicemente, è un creditore che ha dato adito alla procedura esecutiva. Né tantomeno sullo stesso gravano doveri in senso lato di “tutela” della posizione del socio-debitore, come gravano sul creditore pignoratizio e sull'usufruttuario, essendo questa affidata al dispiegarsi della procedura esecutiva (sul punto, Trib. Milano, Sent. n. 2844/2018, in giurisprudenzadelleimprese.it).

Appare, allora, più convincente una lettura che porti a riconoscere la legittimazione all'esercizio del potere di controllo soltanto al socio-esecutato, ma non anche in via concorrente al creditore pignorante, per le ragioni esposte.

In conclusione

Sulla legittimazione all'esercizio del potere di controllo nelle s.r.l. in caso di pignoramento della quota, il panorama interpretativo è vario e aperto a prospettive evolutive.

La giurisprudenza più recente afferma la legittimazione concorrente all'esercizio del potere di controllo sia del socio esecutato, che del creditore pignorante.

Ove si prospetta il superamento della posizione più tradizionale, di un'applicazione analogica al pignoramento della disciplina prevista per il sequestro, che rischia di risultare statica, nella misura in cui non tiene conto della specificità dei singoli diritti che possono di volta in volta rilevare, attribuendo l'esercizio di tutti i diritti amministrativi al custode, si evidenzia la necessità di procedere con cautela nel delineare interpretazioni differenti.

Ciò in virtù delle diversità che esistono tra la posizione del creditore pignorante e quella del creditore pignoratizio o dell'usufruttuario.

Guida all'approfondimento

G. F. Campobasso, Diritto Commerciale, Volume II, Diritto delle Società, 2015; F. Galgano, Trattato di Diritto Civile, Volume IV, 2015; M. Cian (a cura di), Diritto Commerciale, III, Diritto delle Società, 2017; G. Cian e A. Trabucchi, Commentario breve al Codice Civile, 2018; G. Cian e A. Trabucchi, Codice Civile e Leggi Collegate, Commento Giurisprudenziale Sistematico, 2016; A. M. SOLDI, Manuale Dell'esecuzione Forzata, Edizione VII, 2019, 1783 e ss.

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