Improcedibile l'appello in mancanza di deposito telematico della prova della notifica

Nicola Gargano
01 Dicembre 2020

È improcedibile l'appello notificato telematicamente e successivamente iscritto a ruolo in forma cartacea con il mero deposito delle stampe dei messaggi PEC e relativi allegati e ricevute, pur accompagnate da attestazione di conformità, laddove non vengano depositati telematicamente entro la prima udienza le ricevute della PEC di notifica in formato .eml o .msg.
Massima

È improcedibile l'appello notificato telematicamente e successivamente iscritto a ruolo in forma cartacea con il mero deposito delle stampe dei messaggi PEC e relativi allegati e ricevute, pur accompagnate da attestazione di conformità, laddove non vengano depositati telematicamente entro la prima udienza le ricevute della PEC di notifica in formato .eml o .msg.

Il caso

Il difensore dell'appellante, a seguito di una notifica a mezzo PEC dell'atto di appello, iscriveva a ruolo detto appello in forma cartacea, depositando copia analogica della PEC costituente la notifica e relativi allegati e ricevute di accettazione e consegna attestandone la conformità ai sensi dell'art. 9 della legge 53 del 1994.

All'udienza di prima comparizione e trattazione la Corte rappresentava alle parti che l'appello avrebbe potuto essere dichiarato improcedibile, a causa della mancata prova della notifica telematica dell'appello in modalità digitale.

Con successiva sentenza, l'appello veniva dichiarato improcedibile stante l'inidoneità di una produzione diversa da quella in formato .eml o .msg, della ricevuta di consegna di una notifica telematica a spiegare ogni effetto soprattutto laddove, come è avvenuto nel caso di specie, detta produzione venga tempestivamente contestata e non vi sia prova dell'effettiva ricezione di detta notifica.

La questione

La sentenza de qua, dichiarava improcedibile l'appello per tardività dell'iscrizione a ruolo in quanto l'appellante, costituendosi in cancelleria, depositava solo la mera stampa delle PEC e relative ricevute di notifica seppur attestate come conformi.

Di contro, neppure parte appellata depositava il duplicato informatico di detta notifica e pertanto la Corte non poteva ritenere sanata l'improcedibilità dell'appello.

La stessa Corte, richiama l'art. 9 della legge 53 del 1994 sancendo che, in caso di costituzione telematica dell'appellante, la prova della notificazione mediante PEC della citazione introduttiva del processo d'appello entro l'udienza di cui all'art 350 e p.c. deve essere indiscutibilmente fornita con modalità digitali.

Trattandosi, infatti, della modalità di costituzione che consente il deposito non solo di copie digitali di atti e documenti nativamente analogici ma soprattutto di atti e documenti nativamente digitali, l'impossibilità del deposito in forma telematica della prova della notificazione dell'atto di appello è evidentemente inconfigurabile.

Essendo la notificazione dell'atto di appello venuta ad esistenza, in formato telematico, il procuratore può ab origine, e pertanto deve, depositare gli originali o i duplicati informatici (secondo la definizione datane dall'art l, co 1, lett i-quinquies, del d.lgs. 7 marzo 2005, n 82) delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica certificata di cui all'art 3-bis del la legge 53/1994 (secondo quanto previsto dal quinto comma dell'art 19-bis del provvedimento del Responsabile per i Sistemi Informativi Automatizzati della Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia in data 28 dicembre 2015 recante le specifiche tecniche emanate in forza dell'art. 34, c. 1, del decreto del Ministro della Giustizia 21 febbraio 2011, n 44, in attuazione dell'art 4, c. 2, del dl 29 dicembre 2009, n 193, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n 24), e ciò o all'atto della costituzione in giudizio ovvero al più tardi entro la prima udienza di comparizione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Appello di Napoli, nella sentenza in commento, ritiene che, anche in caso di costituzione con modalità cartacee la portata dell'art. 9 c. 1-ter della legge n. 53/1994 - che consente al notificante di depositare copia analogica della prova della notifica accompagnata da idonea attestazione di conformità – si esaurisce allorché il notificante intenda offrire un principio di prova della notifica, non esonerando il notificante dal fornire, entro e non oltre la prima udienza di comparizione e trattazione, la prova della notifica con modalità telematiche.

La Corte inoltre, nel ritenere indispensabile ai fini della prova della notifica il deposito del duplicato informatico in formato .eml o .msg, spiega anche le ragioni per cui tale deposito è imprescindibile ai fini del rispetto del principio del contraddittorio.

Infatti secondo la Corte Partenopea, l'art 3-bis l 53 del 1994 dispone che "la notificazione con modalità telematica si esegua a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici". Essa può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica. certificata del notificante risultante da pubblici elenchi e si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'art. 6, c. 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall'art. 6, c. 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68" deve inoltre "indicare nell'oggetto la dizione: «notificazione ai sensi della. legge n. 53 del 1994»" (comma 4), essere accompagnata dalla "relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata" che deve contenere le dettagliate informazioni previste dal comma 5.

La Corte poi, addentrandosi in argomentazioni tecniche, richiama il funzionamento della posta elettronica certificata nelle notificazioni telematiche ripercorrendo le regole tecniche previste dalla normativa, anche regolamentare.

Infatti, dopo la spedizione, il gestore del mittente genera la cd. "busta di trasporto" del messaggio, al cui interno è contenuto il file generalmente nominato “postacert.eml” che a sua volta contiene il messaggio originale ed i relativi allegati, nonché il "daticert.xml", che invece riproduce l'insieme di tutte le informazioni relative all'invio mittente, gestore del mittente, destinatario, data e ora dell'invio. Per effetto della loro consegna, il gestore del destinatario genera, invece, la ricevuta di avvenuta consegna, cui risultano allegati il messaggio attestante la consegna, il file postacert.eml" (che contiene gli stessi file del messaggio inoltrato dal mittente) ed il file daticert.xml" (che contiene invece le informazioni tecniche relative al messaggio generato dal gestore del destinatario)

Statuisce dunque la Corte che, unicamente la consultazione di questi file nel loro originario formato digitale consente la verifica dell'effettivo contenuto del messaggio di posta elettronica certificata spedito e recapitato; unicamente questa positiva verifica offre la prova della corrispondenza degli atti e documenti inoltrati dal mittente agli atti e documenti consegnati al destinatario.

E, dunque, solo allorché il notificante abbia depositato l'originale od il duplicato informatico della notificazione mediante PEC è consentito al giudice verificare se essa si sottragga alla nullità contemplata dall'art 11 l. n. 53 del 1994, secondo cui "le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d'ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla per sona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica".

Sempre ad avviso della Corte Partenopea, detta prova non ammette alcun equipollente, come ad esempio il deposito di documenti cartacei, o scansione degli stessi, riproduttivi (oltreché dell'atto d'appello, della relata di notificazione, della procura, dei documenti allegati) delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna.

Dette produzioni infatti, non sarebbero altro che la semplice, riproduzione grafica di pagine che, se riprodotte sotto forma di file, apparirebbero come semplici “file pdf”.

La Corte si addentra anche nell'argomentare il perché un semplice file Pdf sarebbe inidoneo a costituire prova della notifica. Il pdf infatti, acronimo di "portable document fomat" designa un formato di file basato su un linguaggio di descrizione di pagina avente lo scopo di rappresentare documenti di testo e immagini in modo indipendente dall'hardware e dal software utilizzati per generarli o per visualizzarli. Si tratta, quindi, di un formato informatico che, se rende "portable" e immodificabile (peraltro solo a determinate condizioni tecniche) l'immagine e/o il testo rappresentato, è funzionalmente e strutturalmente affatto inidoneo ad attribuire qualsivoglia certezza che l'immagine e/o il testo rappresentato siano rispondenti, secondo il loro contenuto, al vero.

Secondo la Corte infatti, in caso di costituzione con modalità telematica l'appellante deve sin da quel momento, o al più tardi entro il termine della prima udienza depositare gli originali o duplicali informatici della notificazione eseguita con PEC. Mente nel diverso caso di costituzione con modalità analogica l'appellante può avvalersi della facoltà di cui all'art. 9, comma 1-ter, l. n. 53 del 1994, solamente allorché intenda, al momento della costituzione, offrire un principio di prova che l'atto di appello è stato notificato, tuttavia, nel prosieguo del giudizio d'appello, e comunque non oltre il termine della prima udienza di comparizione e trattazione, l'appellante è comunque onerato del deposito dell'originale e/o del duplicato informatico della relazione di notificazione effettuata con posta elettronica certificata, ciò soltanto sottraendolo dal rilievo - salva l'ipotesi, già illustrata in precedenza, che al deposito provveda l'appellato - dell'improcedibilità dell'appello ex art 348cpc per mancata dimostrazione della tempestività della costituzione in giudizio.

Sul punto la corte richiama anche la sentenza n. 16598 del 2016 con cui le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno affermato che la tempestiva costituzione dell'appellante con la copia dell'atto di citazione (cd. velina) in luogo dell'originale non determina l'improcedibilità del gravame ai sensi dell'art 348, comma l, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall'art 165 c.p.c. sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l'udienza di comparizione di cui all'art 350, comma 2, c.p.c. mediante deposito dell'originale da parte dell'appellante, ovvero a seguito di costituzione dell'appellato che non contesti la conformità della copia all'originale (e sempreché dagli atti risulti il momento della notifica ai fini del rispetto del termine ex art. 347 c.p.c.), salva la possibilità per l'appellante di chiedere la remissione in termini ex art. 153 c.p.c. (o 184-bis c.p.c., "ratione temporis" applicabile) per la regolarizzazione della costituzione nulla, dovendosi ritenere, in mancanza, consolidato il vizio ed improcedibile l'appello"

Quanto all'individuazione del termine ultimo ,entro il quale deve avvenire la regolarizzazione della costituzione in causa in sede di gravame mediante il deposito dell'originale dell'atto notificato, i Giudici di legittimità hanno affermato in particolare che la sanatoria deve avvenire entro la prima udienza del giudizio di appello - purché effettivamente celebrata e non di mero rinvio - in quanto è nel corso della stessa che il giudice è tenuto a svolgere, anche d'ufficio, i controlli in ordine alla regolarità della costituzione in giudizio; e che in difetto di sanatoria entro la prima udienza, e in mancanza di richiesta e di concessione della rimessione in termini di cui all'art 153, c. 2 c.p.c., la nullità si "consolida" e deve essere dichiarata l'improcedibilità del gravame.

Ebbene sulla scorta di tale disamina, ed in mancanza di una valida prova della notifica, che peraltro avrebbe dovuto essere prodotta entro il termine della prima udienza, la Corte di Appello di Napoli dichiarava improcedibile l'appello non essendovi prova della iscrizione a ruolo dell'appello nel termine di 10 giorni dalla notifica.

Osservazioni

La decisione non può che essere condivisa e, se pur da un lato sembra peccare di eccessivo formalismo, dall'altro evidenzia l'importanza, in un processo sempre più interamente telematico, di saper utilizzare correttamente gli strumenti telematici e gestire correttamente le prove digitali soprattutto inerenti alle notificazioni in proprio a mezzo PEC.

La sentenza in commento infatti, esplicitando anche i dettagli tecnici delle notifiche a mezzo PEC, porta all'attenzione la possibilità che un messaggio PEC o una ricevuta di accettazione e consegna non prodotte nel formato nativo digitale (eml o msg) non consentano di provare con esattezza se detta PEC sia mai stata consegnata al destinatario.

Tanto, soprattutto nel caso in cui non sia lo stesso destinatario della notifica a produrre correttamente il file della notifica ricevuta.

Ebbene, detto orientamento potrà sicuramente rivelarsi rivoluzionario in tutti quei casi in cui ci si voglia avvalere di una notifica effettuata a mezzo PEC, ad esempio anche ai fini della decorrenza del termine breve, e non si produca correttamente la prova.

La mancata produzione in formato corretto della prova della notifica dunque, comporterebbe la logica conseguenza che detta notifica si debba considerare come mai effettuata, in particolare laddove il destinatario negasse di averla ricevuta, disconoscendo la conformità della mera stampa della prova della notifica anche ai sensi dell'art. 2712 c.c..

Inoltre, la Corte Partenopea affronta l'interessante tema dell'attestazione di conformità avvenuta in una circostanza, quale l'iscrizione a ruolo dell'appello, in cui era ed è possibile procedere mediante deposito telematico.

Infatti, sottolinea la Corte, come la deroga all'obbligatorietà del deposito con modalità telematiche della prova della notifica mediante stampa dei messaggi PEC e relative ricevute, operi soltanto in quegli uffici giudiziari (al momento in cui si scrive uffici Unep, Giudice di Pace e Cassazione) ove non sia attivo il servizio di deposito telematico.

Ne consegue che, laddove sia possibile il deposito telematico, viene meno la qualifica di pubblico ufficiale per l'avvocato che procede all'attestazione e, detta attestazione, deve considerarsi come tamquam non esset.

Allo stesso modo dunque l'avvocato che ad esempio voglia avvalersi di una notifica effettuata ai fini della decorrenza del termine breve, laddove voglia avvalersene, dovrà necessariamente depositare la prova digitale di detta notifica.

Infatti, sul punto la Suprema Corte, con riferimento alle notifiche cartacee, si è più volte espressa e da ultimo con l'ordinanza del Civile n. 24415/2020 ha sancito che ai fini della prova del momento di decorrenza del termine breve per proporre impugnazione, la parte che eccepisce la tardività è tenuta a produrre copia autentica della sentenza impugnata corredata dalle relative prove della notificazione.

Tale produzione, secondo la Corte salvo ammissione di ricezione da parte del destinatario, non ammette alternative, al punto che la sua mancanza determina l'impossibilità della decorrenza del termine breve e la conseguente applicazione del termine lungo per impugnare.