Donazione a figli e successiva rivendita: plusvalenza da cessione di immobili?

La Redazione
02 Dicembre 2020

Esclusa la natura elusiva della complessiva operazione di donazione dell'immobile da genitore a figli e successiva alienazione del bene a terzi, trattandosi di una normale operazione di pianificazione del patrimonio familiare: ciò a maggior ragione ove, con la successiva vendita, sia stata comunque realizzata una plusvalenza.

In tema di donazioni, la Cassazione, con sentenza n. 26947/2020, ha escluso la natura elusiva della complessiva operazione di donazione dell'immobile da genitore a figli e successiva alienazione del bene a terzi, trattandosi di una normale operazione di pianificazione del patrimonio familiare: ciò a maggior ragione ove, con la successiva vendita, sia stata comunque realizzata una plusvalenza.

Nel caso di specie, l'Agenzia, con l'atto impugnato presumeva un'interposizione fittizia, ha così imputato i maggiori redditi derivanti dalla plusvalenza, ai genitori donanti piuttosto che ai figli donatari che avevano formalmente venduto i terreni donati.

In entrambi i giudizi di merito venivano rigettate le argomentazioni dell'Agenzia delle entrate; in particolare, secondo la CTR l'accertamento andava annullato in quanto l'art. 37-bis d.P.R. n. 600/1973, vigente ratione temporis, non prevedeva tra le operazioni elusive, quella posta in essere tra le parti scandita dalla sequenza donazione e successiva vendita dei terreni donati.

La questione, giunta davanti ai Giudici di legittimità, ha visto il rigetto nel merito del ricorso delle Entrate che hanno denunciato insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato alcuni elementi.

Nello specifico:

  • che le donazioni erano state effettuate dai contribuenti in favore dei loro figli;
  • tra le donazioni e le vendite sono decorsi meno di cinque mesi;
  • il valore dichiarato nelle compravendite non è dissimile a quello delle due donazioni;
  • a seguito delle donazioni i terreni hanno riacquistato la loro unitarietà in capo al singolo acquirente;
  • vi è stato un risparmio di imposta, in quanto se i donanti avessero inteso vendere i beni direttamente agli acquirenti, avrebbero pagato un'imposta relativa alla plusvalenza realizzata sensibilmente superiore a quella versata dai rispettivi figli, che grazie al valore indicato nell'atto di donazione, avevano abbattuto di molto la base imponibile.

Alla base del ragionamento di rigetto della richiesta dell'AdE, la Suprema Corte ricorda che la disciplina antielusiva dell'interposizione, prevista dall'art. 37, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (in base al quale l'imputazione dei redditi avviene in base all'effettivo possessore degli stessi, anche per interposta persona), non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l'applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d'imposta: ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell'ambito della quale può ricomprendersi l'interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali (cfr. Cass. 33221/2018 e 5408/2017; più datate Cass. 449/2013 e 13089/2012).

Tale profilo va, dunque, contemperato con la libertà di pianificazione della successione da parte dei genitori e col carattere genuino della donazione ai figli (vedi Cass. 12316/2017 e 17128/2018).

Nel caso in disamina nulla di tutto questo era avvenuto; la CTR ha individuato come finalità della operazione una pianificazione familiare ("razionalizzazione fiscale del loro patrimonio"), e dall'altro, valorizzato quale elemento di fatto decisivo la plusvalenza comunque realizzatasi (seppur in misura inferiore) con la successiva vendita.

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