Estesa ai reati tributari la c.d. confisca allargata

Saverio Capolupo
02 Dicembre 2020

Con il Decreto Legge n. 124/2019 è stata introdotta la c.d. confisca allargata (o estesa) per i reati di frode, fatture false e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, qualora l'imposta evasa superi un determinato ammontare.Al riguardo trovano applicazione i presupposti indicati dall'art. 240-bis c.p. e le indicazioni elaborate dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla corretta perimetrazione della norma penalistica.Per la quantificazione dell'imposta evasa, quale parametro edittale per l'adozione del provvedimento, la giurisprudenza di legittimità ha sempre privilegiato le determinazioni operate dalla magistratura. In merito alla fascia di ragionevolezza temporale, entro la quale la presunzione di illegittima provenienza dei beni è destinata ad operare, la stessa va determinata tenendo conto anche delle diverse caratteristiche della singola vicenda concreta e, dunque, del grado di pericolosità sociale che il fatto rivela agli effetti della misura ablatoria.
Premessa

Con il Decreto Legge n. 124/2019 è stata introdotta la c.d. confisca allargata (o estesa) per i reati di frode, fatture false e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, qualora l'imposta evasa superi un determinato ammontare.

Al riguardo trovano applicazione i presupposti indicati dall'art. 240-bis c.p. e le indicazioni elaborate dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla corretta perimetrazione della norma penalistica.

Per la quantificazione dell'imposta evasa, quale parametro edittale per l'adozione del provvedimento, la giurisprudenza di legittimità ha sempre privilegiato le determinazioni operate dalla magistratura.

In merito alla fascia di ragionevolezza temporale, entro la quale la presunzione di illegittima provenienza dei beni è destinata ad operare, la stessa va determinata tenendo conto anche delle diverse caratteristiche della singola vicenda concreta e, dunque, del grado di pericolosità sociale che il fatto rivela agli effetti della misura ablatoria.

Le finalità dell'istituto

Dopo, l'introduzione della confisca per uno dei delitti previsti dal D.Lgs n. 74/2000 avvenuta nel 2015 in occasione della revisione del sistema sanzionatorio tributario, con il decreto legge n. 124/2019 è stato introdotto l'art. 12-ter avente ad oggetto ”casi particolari di confisca” per taluni reati e al verificarsi di determinati presupposti, che, a sua volta, rinvia all'art. 240-bis c.p.

La novella legislativa chiude un dibattito degli ultimi dieci anni che ha visto divisi tecnici e dottrina tra fautori dell'estensione dell'istinto ai reati fiscali e gli oppositori, se non altro per motivi emozionali dettati da assimilazione alla criminalità organizzata ritenuta inaccettabile, considerato che la c.d. confisca allagata è stata concepita ed applicata con proprio con riferimento ai fenomeni mafiosi, peraltro con risultati più che soddiscaneti.

Il principio che ha indotto il legislatore ad operare detta estensione va ricercata nella convinzione, pressoché generalizzata, secondo cui l'unico strumento vero in termini sia di prevenzione sia di repressione debba essere individuato nell'aggressione dei beni patrimoniali che, al di là del formale titolo giuridico, di fatto appartengono e vengono gestiti dagli autori di reati ritenuti socialmente pericolosi.

Ovviamente, senza avventurarsi in paraganoni in termini di allarme sociale tra reati tributari e reati della criminalità organizzata, sta di fatto che le misure finora adottate nel comparto fiscale per combattere l'evasione non hanno certamente consentito il perseguimento degli obiettivi prefissi, cioè una riduzione dell'evasione e dell'elusione fiscale.

I presupposti

Come principio generale, ai sensi dell'art. 240-bis c.p., è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.

In via generale, pertanto, affinché venga adottata la confisca allargata devono verificarsi i seguenti presupposti:

  • condanna o applicazione della pena su richiesta (c.d. patteggiamento) per uno dei reati tassativamente previsti dalla norma;
  • individuazione di un complesso di elementi patrimoniali o di singoli beni (immobili, mobili, aziende, disponibilità finanziarie, ecc.) di cui il condannato sia titolare o abbia, anche per interposta persona fisica o giuridica, la disponibilità a qualsiasi titolo;
  • dimostrazione che i beni individuati sono "sproporzionati" in termini di valore rispetto ai redditi dichiarati o all'attività economica svolta;
  • la mancata giustificazione della legittima provenienza dei suddetti beni da parte del condannato.

In merito va sottolineato che il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, salvo che l'obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge, ponendo in tal modo fine a posizioni difensive ampiamente praticate nei tribunali.

La giurisprudenza ha chiarito che al verificarsi dei citati presupposti giuridici scatta una presunzione "iuris tantum" d'illecita accumulazione patrimoniale, che può essere superata dall'interessato sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene sequestrato in quanto acquistato con proventi proporzionati alla propria capacità reddituale lecita e, quindi, anche attingendo al patrimonio legittimamente accumulato (Cass., Sez. IV , n. 51331 del 13/09/2018).

In tal modo non è prevista una vera e propria inversione dello onere della prova sulla legittima provenienza dei beni, inversione che, se sussistesse, non si sottrarrebbe a fondati sospetti di (il)legittimità costituzionale.

A carico dell'interessato, però, è posto, sempre che sia accertata l'esistenza degli elementi indicati, un onere di allegazione poiché rientra nel suo stesso interesse lo sminuire od elidere l'efficacia probatoria degli elementi acquisiti a suo carico.

Opera in tal caso, pertanto, il c.d. "principio di vicinanza della prova" secondo il quale in tema di distribuzione dell'onere probatorio, spetta alla pubblica accusa la prova del reato; tuttavia, ove l'imputato deduca eccezioni o argomenti difensivi, spetta a lui provare o allegare, sulla base di concreti ed oggettivi elementi fattuali, le suddette eccezioni perché è l'imputato che, in considerazione del citato principio può acquisire o quantomeno fornire, tramite l'allegazione, tutti gli elementi per provare il fondamento della tesi difensiva.

Tale tipologia di confisca, diversamente dalla confisca "per equivalente", di cui è stata riconosciuta la natura eminentemente sanzionatoria, esplica una funzione precipuamente preventiva e, quindi, mantiene le caratteristiche proprie della misura di sicurezza patrimoniale, ancorché atipica.

Ne consegue che non è soggetta al principio di irretroattività della norma penale di cui all'art. 25 Cost. e art. 2 c.p., quanto al principio secondo cui le misure di sicurezza sono regolate dalla legge vigente al momento della loro applicazione.

Tale interpretazione, in quanto non avente natura di "pena", ad avviso della giurisprudenza di legittimità, non integra neanche una violazione dell'art. 7 CEDU, senza che al riguardo possano porsi dubbi di costituzionalità, già risolti negativamente (Cass., Sez. 1, n. 44534 del 24/10/2012).

Sotto tale aspetto, infatti, deve osservarsi che il sequestro di un bene, sia dal punto di vista logico che giuridico, non è mai caratterizzato in termini assoluti, dovendo in realtà essere sempre posto in diretto rapporto rispetto alle finalità proprie del vincolo.

I reati considerati

Con specifico riferimento alla materia tributaria, l'istituto in esame si applica per i seguenti reati:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2), quando l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro;
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3), quando l'imposta evasa è superiore a 100.000 euro;
  • emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8), quando l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a 200.000 euro;
  • sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11), quando l'ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a 100.000 o 200.000 euro (per l'ipotesi di cui al comma 1) ovvero quando l'ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro (per l'ipotesi di cui al comma 2).

Per quanto concerne la quantificazione dell'imposta evasa, quale presupposto indispensabile per l'adozione del provvedimento, si ripropone l'annosa questione se occorre richiamarsi alla quantificazione effettuata dall'Agenzia delle Entrate o dal Tribunale qualora, ovviamente, i risultati divergano.

Trattasi di una problematica che si è posta, in via generale, per la identificazione della soglia edittale per tutti i reati di evasione e che ha trovato nella giurisprudenza di legittimità una risposta che privilegia le determinazioni operate dalla magistratura.

Non vi è motivo, pertanto, per escludere che detto criterio debba trovare applicazione anche per il caso in esame.

Fittizia intestazione e disponibilità

In merito alla nozione di "disponibilità" del bene formalmente intestato ad un soggetto diverso dal destinatario della decisione penale sul reato-presupposto della confisca estesa, si ritiene che debba esservi la prova della "riconducibilità" del bene ad una iniziativa economica di tale soggetto, posto che la confisca cd. estesa è uno strumento giuridico teso al recupero (con finalità e profili funzionali non dissimili rispetto alla confisca di prevenzione) di beni - in senso ampio - derivanti dalla attività illecita posta in essere dal reo.

Circa il fattore di legittimazione della confisca “estesa” lo stesso è stato individuato nella presunzione di illecita accumulazione patrimoniale basata sulla condanna per uno dei reati cd. spia (selezionati dal legislatore ed innanzi richiamati per il comparto fiscale) cui si uniscono, in unione tra loro, le situazioni di titolarità o disponibilità dei beni in capo al condannato, la sproporzione tra redditi e investimenti, e la mancata dimostrazione - da parte di costui - della legittima provenienza delle risorse impiegate per i diversi acquisti.

Ne consegue che la presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale non opera nel caso in cui il cespite sequestrato sia formalmente intestato ad un terzo ma si assume si trovi nella effettiva titolarità della persona condannata per uno dei reati indicati nella disposizione menzionata.

In tal caso sussiste l'onere di dimostrare l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, in modo che possa affermarsi, con certezza, che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell'acquisizione del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca.

Il giudice ha, a sua volta, l'obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario ma anche elementi fattuali che si connotino dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, tali da costituire prova indiretta del superamento della coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene.

In sostanza, il provvedimento per essere giuridicamente sostenibile deve essere supportato da prove adeguate, anche indiziaria purché assistita dagli ordinari parametri di logicità e concludenza della fittizietà di tale intestazione, posto che in caso contrario non potrebbero operare i meccanismi di semplificazione della ablazione contenuti nella disposizione di legge.

La presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale non è stata ritenuta operante, per contro, nel caso in cui il cespite sequestrato sia formalmente intestato ad un terzo ma si assume si trovi nella effettiva titolarità della persona condannata per uno dei reati considerati.

In tal caso è necessario che venga fornita la prova circa l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, in modo che possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell'acquisizione del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca.

Il tema dell'estensione

Le finalità dell'istituto hanno indotto la giurisprudenza a ritenere l'applicazione della confisca allargata anche successivamente alla morte dell'imputato sempre, che si sia verificata la irrevocabilità della condanna. Tale evento, invero, non è stato ritenuto di ostacolo nè alla "applicazione" della confisca allargata nè alla sua "esecuzione", a condizione che l'applicazione sia già stata disposta prima dell'evento estintivo.

L'indicato principio, tuttavia, è stato mitigato dalla stessa giurisprudenza laddove ha affermato anche che al verificarsi del citato evento non deve seguire necessariamente la confisca.

Invero, in presenza della causa di estinzione della pena, la quale presuppone una condanna definitiva, i termini di applicabilità della confisca sono quelli fissati dalla singola norma di riferimento che, per quanto interessa in questa sede, deve essere individuata nell'art. 240-bis c.p. e nell'art. 13-ter del D.Lgs n. 74/2000.

Le ragioni di detta estinzione sono state ampiamente chiariti dalla medesima giurisprudenza sia pure con riferimento al fenomeno mafioso che, evidentemente, non può essere mutuato totalmente ai fini fiscali posto che, sebbene per i reati tributari considerati dall'indicato art. 13-ter siano configurabili condotte oggettivamente gravi, manca, almeno di norma, il carattere dell'intimidazione che, per contro, connota i reati di criminalità organizzata.

Si ritiene utile, poi, richiamare le indicazioni della Corte di cassazione che, con riferimento all'istituto della confisca ordinaria (art. 240 c.p.), nel ritenere sussistente la possibilità di applicare siffatta speciale tipologia di confisca anche a seguito di estinzione della pena, ha indicato una spiegazione aggiuntiva individuata nel fatto che essa unisce la funzione repressiva propria di ogni misura di sicurezza patrimoniale a quella, preminente, derivata dallo schema dell'affine misura di prevenzione patrimoniale antimafia prevista ora dal D.Lgs. n. 159/2011, art. 24, "di ostacolo preventivo teso ad evitare il proliferare di ricchezza di provenienza non giustificata, immessa nel circuito di realtà economiche a forte influenza criminale”.

In sostanza, il legislatore ha inteso neutralizzare tale realtà colpendo le fonti di un flusso sotterraneo sospetto in rapporto alle capacità reddituali di soggetti condannati per determinati delitti fatta salva la contraria dimostrazione da parte di costoro della provenienza dell'accumulo che superi la presunzione "iuris tantum", per il nesso intravisto dal legislatore tra soggetto condannato per determinati delitti e il suo patrimonio ingiustificato.

Sempre sul versante della rilevanza temporale, devono essere anche richiamate le indicazioni della Corte costituzionale (21 febbraio 2018, n. 33) secondo cui la confisca penale "allargata" deve essere ricondotta a un ambito di ragionevolezza temporale, nel senso che il momento di acquisizione del bene non dovrebbe risultare talmente lontano dall'epoca di realizzazione del reato spia da rendere ictu oculi irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da una attività illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui è intervenuta condanna.

In conclusione, la fascia di ragionevolezza temporale, entro la quale la presunzione è destinata ad operare, va determinata tenendo conto anche delle diverse caratteristiche della singola vicenda concreta e, dunque, del grado di pericolosità sociale che il fatto rivela agli effetti della misura ablatoria.

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