I principi contenuti nella decisione del 10 novembre 2020 n. 25164

04 Dicembre 2020

Non c'è traccia del principio di integrale riparazione del danno nella sentenza del 10 novembre. Esso viene dato quasi per scontato. Importante quindi fissare non solo il nuovo contenuto del risarcimento integrale, ma il come esso venga realizzato. Perché un risarcimento rispetti il principio di integralità, devono quindi essere presi in considerazione...
L'integralità dettata dal legislatore e recepita poi dalla Terza Sezione

Non c'è traccia del principio di integrale riparazione del danno nella sentenza del 10 novembre. Esso viene dato quasi per scontato. Importante quindi fissare non solo il nuovo contenuto del risarcimento integrale, ma il come esso venga realizzato. Perché un risarcimento rispetti il principio di integralità, devono quindi essere presi in considerazione tre distinti profili :

a) il danno biologico (“…lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento, che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”, art.138,punto2, lettera a) Codice delle Assicurazioni ).

b) il danno morale non suscettibile di accertamento medico-legale, anch'esso preso in considerazione dallo stesso art. 138, punto 2, del Codice delle Assicurazioni (“ al fine di considerare la componente morale da lesione dell'integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico …è incrementata in via progressiva e per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione” ).

c) infine, la personalizzazione del danno biologico “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l'ammontare del risarcimento del danno calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale…può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%”.

In tema di responsabilità civile, terreno di eccellenza del diritto pretorio, fa quasi specie partire dal dato normativo e vedere come le lunghissime tensioni sul perimetro del danno non patrimoniale siano state risolte ora con univoca certezza: l'art.138 del Codice delle Assicurazioni nella nuova formulazione fa dunque chiarezza sul danno non patrimoniale risarcibile, superando con sole cinque righe, anni di contrapposizione feroci tra i “falchi” e le “colombe” della responsabilità civile, tra i cc.dd. “filoassicurativi” e invece coloro secondo i quali il risarcimento costituisce niente altro che una semplice variabile indipendente e che il principio di sostenibilità fosse una invenzione elaborata a da qualche pericoloso antisovranista.

È il legislatore, quindi, che nel 2017 ha scandito la nuova identità dell'integrale riparazione poi implementata dai Giudici della Terza Sezione con maggiore precisione a partite dalla fine marzo 2018.

Contro l'automatismo risarcitorio

La Cassazione prosegue poi la sua lodevole e apprezzabile battaglia contro l'automatismo risarcitorio. La battaglia sembrava aver raggiunto il suo zenit l'11 novembre 2008 quando le Sezioni Unite avevano indicato che anche in materia di danno non patrimoniale fosse irrinunziabile offrire la prova, anche attraverso le presunzioni.

Purtroppo, le tabelle di Milano avevano bloccato questo orientamento giurisprudenziale. Preoccupate di introdurre modificazioni peggiorative al generale livello risarcitorio goduto dalle vittime prima dell'11 novembre (danno biologico, più danno morale determinato in una quota del biologico e più eventuale personalizzazione), le Tabelle avevano creato un'unica voce di danno non patrimoniale in modo sintonico con le indicazioni della Cassazione, che aveva appunto parlato del danno non patrimoniale come di una categoria unitaria, ma riempendola con le valorizzazioni economiche del danno biologico e del danno morale: in tal modo si disattendevano le regole indicate dalle stesse sezioni unite che esigevano la prova di ogni singola posta di danno. E continuare a liquidare il danno morale nel modo come veniva fatto prima del 2008 era chiaramente contrario ai principi della prova. Molti avevano denunziato questo fatto, ma il quadro non era cambiato. I danneggiati continuano a ricevere lo stesso tipo di risarcimento. Visto che evidentemente con le Sezioni Unite del 2008 tutto era cambiato ma per non cambiare nulla, le compagnie assicurative non avevano dovuto nemmeno rimodulare il livello dei premi, visto che il livello del risarcimento era rimasto immutato.

La situazione doveva, però, prima o poi, sbloccarsi e questo si verifica puntualmente nel novembre del 2020, mese che pare destinato a ospitare temporalmente le principali novità della responsabilità civile in generale e del danno alla persona in particolare: se non è dato ravvisare l'esistenza del danno morale, l'unitaria voce della tabella di Milano deve essere ridotta della quota del danno morale. E nella decisione 25164 la Terza Sezione applica immediatamente i nuovi (ma forse vecchi) criteri, cassando la decisione triestina che, da una parte, aveva concesso la personalizzazione del danno biologico in assenza di quei requisiti eccezionali e straordinari che solo la possano consentire, e dall'altra, aveva concesso, quasi out of the blue, 20 mila euro per un improbabile danno morale.

C'era bisogno di una giurisprudenza che estirpasse con la massima determinazione possibile la patologia dell' automatismo. Il risarcimento finale sarà verosimilmente più basso, ma più rispettoso delle regole di responsabilità civile. In questa rinnovata prospettiva diventa decisivo non tanto il quantum del risarcimento, ma il modo con il quale il risarcimento viene concesso.

In particolare la prova del pregiudizio morale

Nella sentenza, la Corte affronta poi il problema della prova della componente morale della lesione della salute: superando tutte le incertezze legate ad alcune pregresse elaborazioni in tema di danno presunto (nella declinazione impropria di un pregiudizio in re ipsa), bisogna appoggiarsi - ampiamente e senza timore - alla prova presuntiva, che trovi le proprie basi in massime di esperienza che operano sul piano della valutazione delle conseguenze notorie dei fatti, e non su quello diverso dell'accadimento storico. In tal modo si evita il formarsi di una patologia istruttoria molto diffusa e molto criticabile (“articolare estenuanti capitoli di prova relativi al significativo mutamento di stati di animo interiori da cui possa inferirsi la dimostrazione del pregiudizio patito”). Insomma, una lesione grave della salute non potrà non determinare una sofferenza soggettiva maggiore di quella rilevabile in presenza di una lesione di minore entità, perché nell'esperienza comune ciò non accade, salvo incidano altre situazioni peculiari: in tal caso, allora, ove l'attore provi le circostanze, gli sarà consentito inferirne una presunzione sull'entità del danno. E leggendo le decisioni della Cassazione degli ultimi mesi si trovano interessanti anticipazioni a queste affermazioni: in un caso deciso prima dell'estate, in cui si discuteva proprio del danno morale da lesione parentale, si è affermato che lo stesso “allegato e poi provato anche solo per presunzioni semplici costituisce assai frequentemente l'aspetto più significativo della perdita del rapporto parentale”(Così testualmente, Cass. civ., 13 maggio 2020, n. 8887).

Contro le duplicazioni risarcitorie

Accanto all'automatismo, il rischio era quello di creare delle vere e proprie duplicazioni risarcitorie, rischio che storicamente si era materializzato al momento della tensione esistenzialista: si discuteva se oltre al danno biologico e al danno morale dovesse essere risarcita una terza voce di danno, cioè il danno esistenziale. E le Sezioni unite pretesero di risolvere il problema enucleando una categoria unitaria di danno non patrimoniale, quasi che la costruzione di questa categoria fosse di per sé sufficiente a risolvere gli indubbi profili di sovrapposizione esistenti tra le diverse voci di danno non patrimoniale. L'impianto delineato dalla legge 124/2017 sembra in grado di prevenire l'insorgere di queste patologie. Oltre alla 25164 del 10 novembre, bisogna ricordare le altre decisioni rese dalla Cassazione: in questo fertile novembre. In particolare, va ricordata la decisione 24473 del 4 novembre 2020, ove si era avuto modo di chiarire che:

a) i profili esistenziali, oggi chiamati dinamico-relazionali, possono costituire lo strumento per un aumento di ciò che viene riconosciuto a titolo di danno biologico con personalizzazione dello stesso “solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali ed affatto peculiari: le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l'id quod plerumque accidit…non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento”;

b) il risarcimento del c.d. danno esistenziale costituisce evidente duplicazione del danno biologico in base alla nuova formulazione dell'art. 138 del Codice delle Assicurazioni, visto che viene definito biologico il danno che esplica la sua incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali;

c) va liquidata poi una somma autonoma “alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute” (Cfr. Il mio commento, Nell'attesa delle tabelle legali, confermate le voci di danno e fissati i criteri per la prova del pregiudizio morale, in corso di pubblicazione in Foro it. 2021).

Nel settore del danno alla persona si raggiunge, così, nel 2020, quel quadro auspicato di grande certezza che evidentemente le Sezioni unite del 2008 non erano riuscite a conseguire.

Necessità di una riscrittura delle tabelle di Milano

La Corte di Cassazione sa benissimo che negli Uffici Giudiziari italiani circolano con diverse fortune ben tre Tabelle giudiziali: Milano, Roma nonché quelle del Triveneto. Sa bene che le Tabelle di Milano sono le più diffuse tra gli uffici Giudiziari e che la Cassazione ha guardato ad esse nel 2011 quando ne ha praticamente riconosciuto dignità paranormativa.

Dopo la svolta legislativa del 2017, erano state poi emanate le Tabelle della Corte di Appello di Roma con una carica fortemente polemica nei confronti di quelle milanesi, censurate per tante ragioni, ma soprattutto per due principali: non aver considerato il danno morale come voce di danno autonomo e non aver aumentato in modo proporzionale il valore del punto di invalidità quando si supera il cinquantesimo punto. Il risarcimento assicurato dalle Tabelle capitoline è quindi più alto di quello riconosciuto da Milano.

La Cassazione, dicevo, è evidentemente al corrente di questo e pur non spendendo alcun commento su questo dato, credo che condivida che la pluralità di tabelle non costituisca un elemento positivo se si ha a cuore l'uniformità del diritto in una materia così densa di riferimenti costituzionali .

Nella sentenza 25164 si continua a guardare alle Tabelle di Milano come punto di riferimento e non solo perché il caso triestino era stato giudicato con l'applicazione delle sue Tabelle. La Corte di cassazione nel momento in cui vuole fissare le voci di danno risarcibili avrebbe potuto allontanarsi dalla sentenza “Amatucci” del 2011 e manifestare apprezzamento per altre tabelle, in primis quelle romane. Sarebbe stata l'occasione propizia per “sdoganare” quelle di Milano e abbracciarne altre. Non l'ha fatto evidentemente perché ritiene ancora che le Tabelle milanesi siano più vicine a realizzare il risarcimento giusto (Manifestano sul punto una diversa opinione sia F.MARTINI, Danni non patrimoniali, risarcimenti a rischio, in Il Sole 24 Ore 30 novembre 2020 e prima D.SPERA, I 10 punti del danno biologico: commento a Cass. civ., n. 25164/2020 sul danno morale, personalizzazione e tabella milanese, in RIDARE,17 novembre 2020). Solo che per rispettare integralità risarcitoria, divieto di automatismo e duplicazioni risarcitorie, il giudice di merito deve sottoporre le Tabelle di Milano ad alcune operazioni aritmetiche Quando è presente il danno morale, oltre al danno biologico, le Tabelle milanesi continuano ad apparire adeguate e quindi applicabili in modo sostanzialmente integrale: “in caso di positivo accertamento dell'esistenza di quest'ultimo (recte: danno morale) determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervengono(non correttamente..)…all'indicazione di un valore monetario complessivo (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno)”. Se, invece, non è presente il danno morale, bisogna, allora, riconoscere “la sola voce del danno biologico, depurata dall'aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, liquidando, conseguentemente il solo danno dinamico-relazionale”. Inoltre, se nel caso concreto è dato ravvisare la sola sussistenza dei profili dinamico-relazionali oltre al danno biologico, va applicato il valore “del solo danno biologico, depurato….dalla componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella” .

Queste sono le chiare, irrinunziabili indicazioni della Cassazione: dovrebbe essere compito ora dell'Osservatorio della Giustizia Civile provvedere alla risistemazione delle voci in modo da agevolare il compito della giurisprudenza ed evitare eccessivi sindacati da parte dei giudici di legittimità.

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