Art. 2112 c.c.: se non è contestata la cessione non si applicano i termini di decadenza
09 Dicembre 2020
Il lavoratore che intende agire nei confronti del cessionario dell'azienda, facendo valere nei suoi confronti la prosecuzione del contratto di lavoro, deve rispettare i termini previsti per l'impugnazione del licenziamento?
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la cessione dei contratti di lavoro nei casi di trasferimento di azienda di cui all'art. 2112 c.c., avviene automaticamente sicché non potrebbe sostenersi l'onere a carico del lavoratore di agire in giudizio al fine di far valere nei confronti del cessionario l'avvenuta prosecuzione del rapporto precedentemente instaurato con il cedente.
L'acquisito dell'azienda include il relativo personale per cui tale prosecuzione risulta essere già avvenuta ope legis.
Solo nei casi in cui il dipendente voglia contestare l'avvenuta/non avvenuta cessione del suo contratto ex art. 2112 c.c. trovano applicazione i termini decadenziali di cui all'art. 32, comma 4 lett. c), l. n. 183/2010.
Ne consegue che, qualora il lavoratore – facendo leva sull'avvenuta cessione del contratto - agisca per far valere un diritto controverso nei confronti del cessionario, subentrato nella posizione del cedente, la pretesa relativa non potrebbe ritenersi sottoposta alla disciplina sancita per i casi di impugnazione sopra precisati.
In questa ipotesi, infatti, l'intervenuta cessione ope legis non è oggetto di contestazione, venendo piuttosto a costituire un elemento rafforzativo della causa petendi nel ricorso del lavoratore.
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